Benvenuti in Quaderni di Lettere di Massimo Capuozzo

Sono presenti in questo sito le mie lezioni di grammantologia nel corso degli anni collaudate sul campo. Per le parti riguardanti la Storia mi sono valso della collaborazione del Dott. Antonio Del Gaudio

mercoledì 21 settembre 2016

I Modulo I unità I MODULO Preistoria e protostoria

I Modulo I unità
I MODULO
Preistoria e protostoria[1]
La preistoria - La preistoria è il periodo della storia precedente l'invenzione della scrittura[2].
Con la comparsa di testimonianze scritte infatti gli storici hanno, per la loro ricostruzione degli eventi, una più ampia documentazione che giustifica questa periodizzazione convenzionale.
La lunghissima fase della storia dell'uomo prima dell'invenzione della scrittura inizia 100 mila anni fa quando nella regione dell'attuale Sud-Africa emerse un tipo umano detto Homo Sapiens Sapiens che fisicamente risulta in tutto identico all'uomo attuale.
Tuttavia due milioni di anni fa, nella regione intorno al Lago Vittoria, un ominide utilizzò per la prima volta degli utensili e con questi creò altri utensili, dando inizio alla storia della tecnica e alla storia del pensiero anche se proprio nella tecnica, il pensiero umano ha avuto la sua preistorica applicazione prima di divenire in seguito anche religione[3], arte[4], filosofia[5] e scienza[6].
Perciò si prova un sentimento religioso per quel primo utensile che non ha paragoni in tutta la storia dell'universo giustifica l’inizio della preistoria umana appunto circa 2 milioni di anni fa con il primo utensile anche se i gruppi di ominidi che utilizzarono utensili non erano fisicamente come gli umani attuali cioè homo sapiens sapiens.
Queste considerazioni hanno allungato di molto il periodo di cui la preistoria si occupa.
Il termine Preistoria indica pure la disciplina, la paleontologia[7] che studia la presenza e l'attività dell'uomo nella preistoria.
L’età della pietra è suddivisa in due fasi principali:
·         la fase paleolitica o della pietra antica che comprende tutto il periodo dalla comparsa dell’uomo fino all’invenzione dell’agricoltura.
·         la fase neolitica o della pietra nuova che coincide con la nascita e l’affermazione dell’agricoltura e dei primi villaggi stabili.

Il paleolitico – È un periodo di continui cambiamenti climatici in cui si alternano quattro glaciazioni, epoche caratterizzate da clima polare, ed interglaciazioni. Durante le glaciazioni l’Europa era completamente ghiacciata escluse le coste del Mediterraneo, mentre durante i periodi interglaciali il clima era temperato e piovoso.
Durante il paleolitico si verificò l’ominazione ossia la comparsa dell’uomo sulla terra.
Secondo la teoria evolutiva l’uomo si è evoluto dai primati.
Durante il Paleolitico inferiore compare l’Australopiteco fra i 3 ed i 4 milioni di anni fa.
L’Homo abilis, primo membro della famiglia umana, compare successivamente: diversamente dai precedenti ominidi era capace di usare utensili ed aveva una più grande struttura cerebrale. L’Homo abilis comincia ad usare strumenti di pietra ed utilizza grandi animali come fonte di cibo, e durante il quale la dimensione del cervello aveva cominciato a ingrandirsi in modo significativo.
Circa 1.600.000 di anni fa l’Homo erectus compare in Africa nella zona della Rift Valley: dall’Africa Orientale, si diffonde rapidamente in Europa e in Asia quindi è il primo ominide a diffusione intercontinentale. L’Homo erectus è un cacciatore e raccoglitore, egli impara ad utilizzare ed a produrre il fuoco, a fabbricare strumenti di pietra, a costruire capanne con le fronde degli alberi, a costruire muri di pietra. La scoperta del fuoco è un la conquista  fondamentale. Tutto questo, insieme con la capacità di costruire efficienti ripari, permette all’uomo di abbandonare i climi tropicali di cui è originario e di spostarsi verso i climi più rigidi. L’Homo erectus era più alto dell’Homo abilis, aveva un cervello più sviluppato e viveva regolarmente in luoghi in cui restava per un tempo più prolungato. L’Homo erectus era in grado di dare la caccia a grossi animali, spesso utilizzava la pelliccia per ripararsi dal freddo. Macellava le prede ed era in grado di costruire muri in pietra come riparo. L’Homo erectus scompare circa 250.000 anni fa.
Nel Paleolítico Medio compaiono l’Homo di Neanderthal e l’Homo sapiens, che hanno perso tutti i caratteri primitivi: i loro strumenti rivelano una tecnica notevole. Le mani possiedono le nostre stesse abilità: abile nella caccia, è capace di pensiero astratto e di idee creative. Conosce e produce il fuoco; costruisce oggetti complessi.
La sua economia era fondamentalmente predatoria: caccia, pesca, raccolta. Gli ominidi nomadi e la popolazione era molto ridotta. Alcune tribù praticavano l’infanticidio, non potendo nutrire i piccoli per cui le tribù erano poco numerose. Non possedevano il concetto di conservazione delle provviste, né quelli di proprietà privata e di divisione sociale del lavoro.
Nel Paleolítico Superiore comparve l’Homo Sapiens Sapiens o Uomo di Cro-magnon, capace di pensiero astratto e di idee creative, si serve di un linguaggio codificato, abita in case costruite e in grotte, pratica riti funebri, crea una cultura, pratica cacce organizzate. La popolazione aumenta.
L’uomo di Cromagnon credeva che quando la natura offriva l’abitazione, era bene sfruttarla. Sull’entrata della grotta spesso essi stendevano alcune pelli sorrette da un’armatura di rami per chiudere l’imboccatura e consentire all’ambiente di riscaldarsi. Al centro della grotta un fuoco serviva per riscaldare e per cuocere le carni.
Per ventimila anni, dal 30.000 al 10.000 a.C., essa produsse anche un’enorme quantità di opere d’arte: statuette d’argilla e di pietra e pitture e graffiti rinvenuti sulle pareti delle caverne scoperte in Francia, in Spagna e in Italia: intere pareti sono state dipinte con figure di animali, cervi, cavalli, bisonti, mammut e di uomini.
Queste figure facevano parte probabilmente di una sorta di rito magico per assicurarsi il successo della caccia, si credeva forse che colpire l’animale rappresentato durante il rito avrebbe favorito la sua cattura. Esse sono le più antiche espressioni artistiche dell’uomo: esse non scaturivano da ciò che noi oggi chiamiamo senso estetico[8]. Gli artisti preistorici non dipingevano per arredare le caverne: colori e forme rispondevano certamente a un’esigenza fortemente condivisa da tutta la comunità ed probabilmente essa cercava di placare le ansie create dalla difficoltà di trovare cibo. Le opere di Cro-Magnon insomma, avevano certamente un significato magico-religioso.
Il conquista del fuoco e la capacità di costruire permise agli uomini di difendersi dal freddo e dalle animali feroci e ancora di migliorare l’alimentazione: i membri della tribù collaboravano nella caccia, avevano un capo, lo sciamano[9], che dirigeva la caccia e teneva funzioni religiose per rendere la caccia più efficace e per permettere di nutrire più facilmente i piccoli.
In questo periodo aumenta la quantità e la qualità di strumenti di selce specializzati, ed aumentano anche gli strumenti che servono unicamente a fabbricarne altri e che dimostrano quindi nei loro costruttori un’elevata capacità di progettazione. Tra tutti emerge il bulino, un attrezzo appuntito di pietra, ideato per incidere ossa, corna di cervo, avorio e legno in modo da ricavarne altri attrezzi di uso quotidiano. Quando la selce divenne un materiale di largo consumo non ci si accontentò più di quella che si trovava sulla superficie della terra, ma si scavarono delle vere e proprie miniere con pozzi e gallerie.
L’arco, usato come arma per la caccia ai cervi e sfruttato nella sua applicazione pacifica: il trapano. Col bulino furono costruiti pugnali, aghi di osso dotati di cruna, fibbie e persino bottoni: questi popoli portavano indumenti di pelle cuciti, con maniche e pantaloni, che accrescevano notevolmente l’efficienza dei cacciatori durante i rigidi inverni della quarta glaciazione. Tra i progressi tecnici va segnalata anche l’invenzione della tecnica dell’incastro. Ormai le lance sono munite regolarmente di punte uncinate d’osso, di corno di cervo o di selce e alcune affilatissime lame di selce sono fissate in manichi di osso o di legno. Prima di allora tutto veniva direttamente impugnato dalla mano: l’incastro è il primo passo verso l’uso di un dispositivo meccanico.
Proseguendo su questa via, gli uomini paleolitici inventarono l’arco.
Dal punto di vista economico, tuttavia, i popoli dell’ultima fase del Paleolitico non avevano fatto nessun progresso rispetto ai loro predecessori. Vivevano ancora esclusivamente di caccia e di raccolta e la loro fiorente cultura non rispecchiava altro che un certo grado di ozio, reso possibile da una selvaggina particolarmente abbondante rispetto ai livelli degli stadi precedenti.

Il Neolitico – Per migliaia di secoli gli uomini vissero di caccia e di piante selvatiche; poi inventarono un nuovo sistema per procurarsi il cibo: la coltivazione delle piante e l’allevamento degli animali. L’invenzione di queste pratiche produsse un fondamentale cambiamento non solo nella vita economica, ma anche nella mentalità e nella cultura degli uomini, segnando il passaggio ad un atteggiamento attivo nella ricerca del cibo: l’uomo non si limitò più a cercare le piante o gli animali che si trovavano in natura, ma cominciò a produrre i suoi alimenti, a crearli con le sue mani, acquistando la capacità di trasformare le risorse naturali per la propria utilità. Fu una vera e propria rivoluzione, che diede origine a cambiamenti radicali nel modo di vivere e rappresentò una svolta decisiva nell’evoluzione della società umana.
Le tracce più antiche di lavori agricoli sono quelle del Vicino Oriente, tra l’Asia Minore sud-orientale e l’attuale Iraq. In questa zona sono stati dissepolti utensili agricoli in pietra che sembrano risalire a circa 10.000 anni fa: con essi sono stati trovati chicchi fossili di orzo e di frumento coltivati, testimonianza che in quelle terre, a quel tempo, l’uomo coltivava le piante e lavorava la terra. L’agricoltura ebbe dunque le sue prime origini negli altipiani del Vicino e Medio Oriente (Mesopotamia settentrionale, Anatolia[10] sud-orientale, Palestina), la cosiddetta mezzaluna fertile. Le prime piante coltivate furono l’orzo, il miglio, il frumento.
La Mezzaluna Fertile è una regione del Medio Oriente che include l'Antico Egitto, il Levante e la Mesopotamia. Questa regione è spesso indicata come la culla della civiltà per la sua straordinaria importanza nella storia umana dal Neolitico all'Età del Bronzo ed all’Età del Ferro.
Nelle fertili valli dei quattro grandi fiumi della regione, il Nilo, il Giordano, il Tigri e l’Eufrate, si svilupparono le prime civiltà agricole ed i primi grandi Stati dell'Antichità.
L'importanza della Mezzaluna Fertile è tuttavia associata soprattutto al Neolitico e alla nascita dell'agricoltura.
La zona occidentale intorno al Giordano e all'alto Eufrate diede le origini ai più antichi insediamenti neolitici noti, intorno al IX millennio; a questo periodo risale per esempio il sito di Gerico.
Intorno al Giordano, al Tigri e all'Eufrate si svilupparono le prime società complesse dell'Età del Bronzo, che divennero poi le prime nazioni e ad esse si riconducono anche i primi esempi di sistemi di scrittura.
Diversi cause resero questa regione il teatro ideale della rivoluzione neolitica. Il clima della Mezzaluna Fertile favoriva la crescita di diverse specie di cereali e legumi selvatici. Si trovavano nella regione le varianti selvatiche delle otto coltivazioni fondamentali del Neolitico.
Inoltre erano presenti quattro delle cinque più importanti specie animali da allevamento: le mucche, le capre, le pecore e i maiali; la quinta specie, il cavallo, non si trovava nella Mezzaluna, ma era diffuso in regioni limitrofe.
L’arte di coltivare le piante nacque probabilmente da osservazioni casuali e tali casuali circostanze poterono verificarsi un po’ ovunque tra i popoli raccoglitori. Tuttavia, la cronologia di apparizione dell’agricoltura fa pensare piuttosto a una sua espansione progressiva: dal Medio Oriente all’Asia, di qui all’America, forse seguendo gli spostamenti dei popoli agricoltori. Ciò appare evidente soprattutto in Europa, dove l’agricoltura si diffuse a iniziare circa da 8000 anni fa.
Sulle cause per cui l’uomo inventò l’agricoltura esistono due ipotesi:
·         alcuni studiosi la collegano alle mutate condizioni ambientali con cui gli uomini dovettero confrontarsi dopo la fine delle grandi glaciazioni infatti il clima diventò più caldo e più secco pertanto diminuì la selvaggina, fino ad allora, assieme ai frutti selvatici, base dell’alimentazione umana e così la scoperta che si potevano far crescere le piante, seminandole, aprì agli uomini un nuovo modo per vincere la fame.
·         Altri studiosi la collegano con la crescita demografica, che a un certo punto rese impossibile la sopravvivenza con la sola economia di caccia e raccolta; essa pertanto stimolò l’inventiva dei gruppi umani e provocò la nascita delle pratiche di coltivazione.
In tutte e due le ipotesi, promotore del cambiamento fu sempre il bisogno, che spinse gli uomini a cercare nuovi modi per procurarsi il cibo. La crescita progressiva delle risorse alimentari, messe a disposizione dalla pratica dell’agricoltura, consentì agli uomini di moltiplicarsi.
Scattò così un meccanismo sconosciuto nelle società primitive: l’abbondanza di cibo faceva crescere il numero degli uomini e questi tendevano ad allargarsi su nuovi territori alla ricerca di altre terre da coltivare.
A differenza di quanto era accaduto prima, i gruppi umani dediti all’agricoltura mostrarono una naturale tendenza all’espansione: anche questo motivo rende probabile l’ipotesi che l’agricoltura sia stata portata nelle varie regioni del mondo dai gruppi umani che progressivamente le occupavano.
Quasi certamente l’agricoltura fu un’invenzione della donna: erano infatti le donne ad occuparsi della raccolta delle piante, mentre gli uomini andavano a caccia.
La pratica dell’agricoltura richiese la costruzione di nuovi attrezzi, adatti alla nuova attività: nacque così la zappa, poi, molti secoli dopo, l’aratro di legno, al quale si aggiunse il giogo quando si scoprì che gli animali potevano essere impiegati nel lavoro dei campi.
Contemporaneamente alle tecniche agricole, l’uomo incominciò a scoprire i modi per addomesticare e allevare gli animali: galline, maiali, pecore, cammelli, cavalli, renne, asini, elefanti, bovini, cani.
Spesso agricoltura ed allevamento si integrarono: gli agricoltori erano anche allevatori e utilizzavano gli animali non soltanto come cibo, ma anche come aiuto nel lavoro dei campi e nei trasporti. Altre volte si formarono gruppi di uomini dediti esclusivamente alla pastorizia che conservavano abitudini nomadi ormai abbandonate dagli agricoltori.
In questi casi poteva accadere che i pastori entrassero in conflitto con gli agricoltori, in quanto i primi avevano bisogno di spazi aperti e di spostamenti frequenti, i secondi invece avevano necessità di recintare la terra, per proteggerla dal passaggio degli animali.
Per migliaia di anni il materiale più usato fu la pietra dura. Poi si scoprirono i metalli che a poco a poco si rivelarono di grande utilità e diventarono di larghissimo impiego: armi, attrezzi ecc.

L’età dei metalli – La scoperta dei metalli è stato un ulteriore passo decisivo nell’evoluzione delle culture umane.
L’età dei metalli ebbe inizio in tempi diversi a seconda delle regioni e si suddivide in:
·         età del rame o eneolitica
·         età del bronzo
·         età del ferro che per le sue caratteristiche di durezza e resistenza si diffuse come il metallo di più largo impiego.

T 1 Dagli uomini primitivi alla civiltà
Dal De rerum natura V, vv. 925-1160
La storia dell’umanità inizia con la descrizione della vita degli uomini primitivi, da come si nutrono a come si difendono dalle belve feroci. Seguono poi le descrizioni delle varie tappe della civiltà umana nel suo costituirsi: dalla scoperta del fuoco all’ordinamento sociale, dalla nascita delle istituzioni al loro degenerarsi in tirannia.

Allora il genere umano nei campi era molto più duro[11], com’è naturale: creato dalla dura terra, poggiato all’interno su ossa più grandi e più solide[12], connesso attraverso le carni da validi nervi, non era facile preda del caldo e neanche del freddo, né di cibi inconsueti[13], né di nessuna insidia del corpo.
Per molti percorsi del sole nel cielo[14] conducevano vagabondando una vita da fiere. Non c’era nessuno a tenere con forza l’aratro ricurvo, nessuno[15] sapeva trattare col ferro i campi, o piantare per terra nuovi virgulti, o tagliare col falcetto dagli alberi i vecchi rami[16]. Quello che il sole e le piogge donavano, quello che la terra produceva spontaneamente[17] bastava a saziare gli animi. Per lo più si rifocillavano tra le querce ricche di ghiande[18]; i frutti che ancor oggi tu vedi maturare d’inverno, prendendo il colore di porpora, la terra li produceva più grossi e in gran numero[19]. Molti altri grezzi alimenti li offriva allora la florida giovinezza del mondo, sufficienti ai poveri uomini[20]. Fiumi e fonti invitavano a placare la sete, come adesso i torrenti che scendono dagli alti monti richiamano per largo tratto famiglie di fiere assetate. Nel loro vagabondare occupavano le note sedi silvestri delle Ninfe[21], da dove sapevano che le acque scendevano a larghi fiotti a lavare le pietre umide, le pietre umide stillanti sopra di verde muschio, e in parte sgorgavano e tracimavano sulla pianura. Non sapevano ancora trattare gli oggetti col fuoco, usare le pelli e indossare le spoglie delle fiere[22]; abitavano i boschi e le grotte dei monti e, costretti a evitare la sferza dei venti e della pioggia, nascondevano le membra selvagge in mezzo ai cespugli. Non erano ancora in grado di mirare al vantaggio comune, non sapevano servirsi di legge o di costumanze[23]. Ciascuno prendeva per sé, spontaneamente, la preda che la fortuna gli offriva, ammaestrato a pensare alla sua vita e alla sua salute.
Nei boschi Venere univa i corpi di amanti[24]: il reciproco desiderio li avvicinava o la violenta furia dell’uomo e la passione sfrenata, o un compenso di ghiande o corbezzole e pere scelte[25].
Fidando nella forza straordinaria di mani e di piedi, inseguivano le razze delle bestie selvatiche col lancio di pietre e con l’uso di clave pesanti: molte ne vincevano, altre poche sfuggivano nelle loro tane. Come cinghiali setolosi stendevano nude per terra le membra selvagge, sorpresi dall’ora notturna, avvolgendosi tutt’intorno di foglie e di fronde. Non cercavano con clamore il giorno ed il sole, vagando atterriti per i campi nel buio notturno, ma in silenzio, sepolti nel sonno, aspettavano che il sole con la sua fiaccola rosea riportasse in cielo la luce[26]. Fin da bambini infatti erano sempre avvezzi a vedere prodursi in alternanza la luce e le tenebre, e dunque non poteva accadere che se ne stupissero, o che temessero che una notte eterna occupasse la terra, facendo sparire per sempre la luce del sole.
Più preoccupava piuttosto che spesso le belve rendevano rischioso il riposo a quegli infelici.
Scacciati da casa, fuggivano i loro rifugi di pietra all’arrivo di un cinghiale schiumante o di un forte leone e, per paura, nel cuore della notte cedevano ai crudeli ospiti il loro giaciglio ricoperto di fronde.
Non più di adesso le generazioni mortali lasciavano tra i lamenti la dolce luce dell’esistenza[27]. Più spesso di noi infatti, sorpresi e aggrediti coi denti, offrivano alle belve cibo vivente e riempivano di gemiti i boschi, i monti, le selve, vedendo le proprie viscere vive sepolte in un sepolcro vivo[28]. E quelli che col corpo mutilo si erano salvati con la fuga, poi, tenendo le mani tremanti sulle orribili piaghe, invocavano la morte con voci spaventose, fin quando li privavano della vita gli atroci spasimi – privi d’aiuto, e senza sapere che cosa richiedevano le loro ferite. Ma un solo giorno non mandava a morte migliaia di uomini raccolti sotto le insegne, né le distese torbide del mare sbattevano contro gli scogli uomini e navi[29]. Spesso il mare, invano sconvolto, infuriava a vuoto, e poi volubilmente deponeva le vuote minacce; la subdola lusinga delle acque tranquille non poteva trarre in inganno col sorriso delle onde. L’arte funesta della navigazione giaceva all’oscuro. La penuria di cibo portava alla morte le membra languenti, mentre adesso è l’abbondanza a sommergerle. Spesso per ignoranza somministravano a se stessi il veleno, mentre adesso con più attenzione lo somministrano ad altri.
Quando si furono procacciati capanne, pelli e fuoco e le donne si unirono a un solo uomo […] e riconobbero la prole che vedevano generata da sé, allora il genere umano cominciò ad ammorbidirsi[30]. Il fuoco infatti fece sì che le membra sensibili non riuscissero più a sopportare il freddo sotto la volta del cielo; inoltre Venere diminuì le forze, e i bambini spezzarono con le carezze facilmente l’indole severa dei genitori.
Allora i vicini cominciarono a stringere volentieri amicizia tra sé, per non offendere né essere offesi, e misero sotto protezione i bambini e le donne, indicando confusamente coi gesti e con la voce che tutti dovevano avere pietà dei più deboli.
La concordia non poteva prodursi sempre comunque, ma la migliore e maggior parte osservava lealmente i patti; altrimenti già allora il genere umano sarebbe stato distrutto e non avrebbe protratto fino ad oggi la sua discendenza.
La natura costrinse ad emettere i vari suoni della lingua, e il bisogno diede il nome alle cose, in modo non molto diverso da come l’incapacità di parlare stimola essa stessa al gesto i bambini, e fa sì che mostrino a dito le cose presenti[31]. Ognuno infatti sente come può usare le sue facoltà. Il vitello, anche prima che gli spuntino in fronte le corna, quando è irritato si avventa con esse minaccioso all’attacco. I cuccioli delle pantere e dei leoni si rivoltano a unghiate, zampate e morsi, quando appena si sono formati i denti e gli artigli. Vediamo che tutte le specie degli alati fidano nelle ali, e ad esse chiedono un trepido aiuto.
Pensare che dunque qualcuno abbia assegnato in antico i nomi alle cose e che da lui gli uomini abbiano appreso i vocaboli originari è una sciocchezza[32]; perché mai costui avrebbe potuto denominare tutte le cose ed emettere i vari suoni, e dobbiamo pensare che gli altri nello stesso momento non potessero farlo? E se anche altri non avessero usato tra loro il linguaggio, come quell’uno avrebbe avuto notizia del bisogno, e come avrebbe avuto il potere di sapere e intuire ciò che voleva fare? Da solo non poteva certo costringere molti a voler imparare, domati, i nomi delle cose. Non è facile insegnare con la ragione e convincere i sordi[33] a fare ciò che bisogna; non avrebbero tollerato, né sopportato un momento di più per nessuna ragione, che suoni non prima uditi colpissero inutilmente le loro orecchie. In fin dei conti, che c’è di tanto straordinario se il genere umano, dotato di lingua e di voce, indicò con nomi diversi le cose a seconda di sensazioni diverse? Anche le greggi mute, anche le razze delle fiere sono solite emettere voci dissimili e varie, quando hanno paura o dolore, oppure brilla la gioia[34]. Questo lo si capisce da fatti chiari. Quando i musi ampi e molli dei molossi sono irritati, dapprima fremono scoprendo i denti e, contraendosi per la rabbia, minacciano con suoni molto diversi da quando latrano e riempiono tutto lo spazio di voci. Ma quando lambiscono affettuosamente i loro piccoli, li toccano con le zampe o li assaltano a morsi, o con i denti sospesi fingono di farne bocconi[35], allora li vezzeggiano con tutt’altri uggiolii da quando abbaiano, lasciati soli in casa, o da quando, ritraendo il corpo, implorano di sfuggire alle percosse. E non ti pare che altrettanto diversi siano i nitriti quando un cavallo nel fiore della giovinezza impazza tra le cavalle, spinto dagli sproni dell’amore alato, da quando smania per la battaglia, ansimando dalle narici dilatate, o da altri casi in cui pure nitrisce con membra frementi?
Infine, le razze degli alati, i vari uccelli, gli sparvieri, le ossifraghe, gli smerghi che cercano nelle acque del mare il cibo e la vita, emettono in circostanze diverse suoni diversi da quando lottano per la vita e affrontano la loro preda. Una parte di loro varia le loro strida rauche col variare del tempo, come le cornacchie longeve[36] e gli stormi dei corvi, quando si dice che chiamano pioggia, e talvolta preannunziano il soffiare dei venti. Se dunque varie sensazioni spingono gli animali, per quanto muti, ad emettere suoni diversi, quanto più si deve pensare che gli uomini abbiano potuto designare cose diverse con parole diverse! E perché tu, anche senza parlare, non te lo chieda ti dirò che fu il fulmine a portare per primo in terra il fuoco, e da lì si diffuse il calore delle fiamme[37]. Vediamo infatti che molti corpi invasi dalle fiamme celesti risplendono, quando l’arma del cielo li ha avvolti del suo vapore. Quando un albero ramoso, scosso dai venti, vibra finendo sopra ai rami di un altro albero, sprizza il fuoco provocato dall’attrito violento, e scaturisce talvolta la vivida fiamma, mentre i rami e i tronchi si sfregano l’uno con l’altro. Entrambe queste cause possono aver dato il fuoco agli uomini. Poi il sole insegnò a cuocere il cibo, ammorbidendolo con il vapore della fiamma, perché vedevano nelle campagne tante cose maturare ai raggi e al calore del sole[38]. Ogni giorno di più chi aveva più ingegno e forza d’animo, mostrava come cambiare il tenore di vita grazie al fuoco e alle nuove scoperte[39].
I re cominciarono a fondare città e a stabilire fortezze per loro difesa e loro rifugio, e divisero campi e bestiame, assegnandoli a seconda della bellezza, della forza e dell’ingegno di ciascuno: molto infatti valevano la bellezza e la forza[40]. Più tardi si scoprì la ricchezza e l’oro che tolse facilmente l’onore a forza e bellezza, giacché quelli che sono pur nati forti e di bell’aspetto seguono comunque la fazione di chi è più ricco[41]. Se invece si considerasse la vita secondo la vera ragione, la vera ricchezza per l’uomo è vivere sobriamente e serenamente: del poco non c’è mai penuria. Ma gli uomini si vollero famosi e potenti, perché la loro fortuna durasse su fondamenti stabili, e loro potessero trascorrere una vita tranquilla da ricchi; invano perché, lottando per giungere ai sommi onori, si resero ostile il cammino dell’esistenza e l’invidia come un fulmine li colpì e li scagliò talvolta dalla cima con disonore fino al cupo Tartaro[42], perché con l’invidia, come con il fulmine, bruciano le cime e tutte le cose che sovrastano le altre, al punto che è molto meglio una tranquilla obbedienza che voler dominare e tenere il potere. Lascia dunque che si sfiniscano inutilmente e sudino sangue a lottare sullo stretto sentiero dell’ambizione[43]; costoro sanno per bocca d’altri e desiderano le cose più per fama che per i loro sensi, e questo accade e accadrà come fu nel passato.
Uccisi dunque i re[44], giacevano abbattuti l’antica maestà dei troni e gli scettri superbi, e l’insegna della fronte sovrana calpestata dal volgo piangeva, insanguinata, il grande onore, giacché si calpesta con piacere quello che prima si è troppo temuto. Così le cose precipitavano al peggio, al disordine, mentre ognuno cercava per sé il dominio e il potere. In seguito alcuni insegnarono a creare magistrature e stabilirono il diritto, perché accettassero di adottare le leggi.
Infatti il genere umano, sfinito da una vita violenta, moriva di odi, e perciò tanto più volentieri si sottomise alla legge e ad un rigoroso diritto. Poiché ognuno mirava a vendicarsi più ferocemente di quanto sia adesso concesso da leggi giuste, gli uomini si stancarono di vivere una vita violenta[45]. Da allora il timore delle pene macchia le gioie dell’esistenza[46]. La violenza e l’offesa irretiscono tutti, e spesso ritornano là dove sono partite: non è facile che possa vivere una vita tranquilla e serena che viola con le sue azioni i patti comuni di pace. Se anche inganna gli dei e gli uomini, non deve fidare di rimanere nascosto per sempre; al contrario si dice che molti, parlando nel sonno o delirando per la malattia, si tradirono, e confessarono colpe a lungo nascoste.



[1] Protostoria – La protostoria è il periodo in cui si passa dalle piccole comunità neolitiche allo Stato. Questo processo avvenne in tempi e luoghi diversi, dal quarto millennio avanti Cristo per il vicino oriente, alla conquista romana per l’Europa settentrionale.
[2] Scrittura - La scrittura è la rappresentazione grafica di oggetti e idee con l’uso di lettere o altri segni. I segni delle lettere sono annotazioni di suoni o gruppi di suoni e sono raggruppati in alfabeti.
Dopo la tradizione orale, con cui l'uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l'oralità fu fonte di trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso e facile da usare, la scrittura è invece il primo modo di comunicazione tra i popoli ed il primo mezzo usato per la conservazione e la trasmissione di dati.
[3] Religione - Una religione è un insieme di credenze, riti, comportamenti, riconosciuto da un gruppo di persone.
Sulla definizione del termine vi sono notevoli diversità tra le proposte dagli studiosi di cui si possono delineate due definizioni generali:
·         in senso stretto, la religione si riferisce al rapporto tra l'uomo e una o più divinità.
·         in senso lato, la religione è intesa come via di salvezza naturale e/o soprannaturale
La religione comprende in ogni caso elementi che possono essere collocati su tre livelli:
·         soggettivo: basato su credenze di natura filosofica, etica o metafisica riguardanti il cosmo, l'uomo, la divinità;
·         oggettivo: basato su riti-culti privati o collettivi che devono essere seguiti per garantire un adeguato legame tra l'uomo e la divinità;
·         sociale: basato su obblighi e divieti codificati e tramandati nel contesto sociale che regolano i rapporti tra gli individui.
Alcune religioni (ad es. Ebraismo Cristianesimo ed Islamismo) sono dette rivelate perché si ritengono depositarie di una rivelazione e spesso adottano dei testi sacri nei quali sono comprese tutte o parte delle rivelazioni divine.
Un'altra importante distinzione è quella tra religioni nazionali o etniche, diffuse esclusivamente o prevalentemente all'interno di un determinato gruppo etnico-sociale, e religioni universali, caratterizzate da una spinta missionaria più o meno marcata.
[4] Arte - L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana che, poggiando su accorgimenti tecnici e norme derivanti dallo studio e dall'esperienza, porta a forme creative di espressione estetica.
L'arte può essere considerata anche sotto l'aspetto di una professione di antica tradizione svolta nell'osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo.
Analizzando la storia del concetto di arte nel corso del tempo esso subisce una trasformazione graduale ma radicale.
Nel periodo ellenistico iniziarono le prime classificazioni e le arti furono divise in comuni e liberali, a seconda che richiedevano uno sforzo fisico o uno sforzo intellettuale.
[5] Filosofia - La definizione di filosofia è un problema filosofico di per sé, ma ancor più problematica è la questione dell’inizio filosofico. Se la filosofia indaga sé stessa, dove possiamo collocare la sua indagine? Si tratta dello studio del significato e della giustificazione della conoscenza del più generale aspetto delle cose.
La conoscenza è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenuti
·         attraverso l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori),
·         attraverso l'introspezione (a priori).
La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra loro, che singolarmente hanno valore e utilità inferiori.
L'aspetto sostanziale della conoscenza è che mentre l'informazione può esistere indipendentemente da chi la possa utilizzare, e quindi può in qualche modo essere preservata su un qualche tipo di supporto, la conoscenza esiste solo in quanto esiste una mente in grado di contenerla. In effetti, quando si afferma di aver esplicitato una conoscenza, si sta in realtà preservando le informazioni che la compongono e parte delle correlazioni fra loro, ma la conoscenza vera e propria torna a esser tale solo a fronte di un utilizzatore che riassoci tali informazioni alla propria esperienza personale. Fondamentalmente la conoscenza esiste solo in quanto esiste un'intelligenza che possa utilizzarla.
Tornando alla filosofia, essa è uno studio che è compiuto formulando linguisticamente i problemi, offrendone la soluzione e giustificandola, ed usando procedure rigorose per argomentarla. È inoltre lo studio dei principî primi e delle ragioni ultime. Non avendo la filosofia un campo materiale d'indagine specifico può essere considerata sia in chiave storica che sistematica, come madre delle scienze.
[6] Scienza - Per scienza si intende quel complesso organico di conoscenze, ottenuto con un processo sistematico di acquisizione delle stesse allo scopo di giungere ad una descrizione precisa della realtà fattuale delle cose e di una verità condivisa.
Le regole che governano tale processo di acquisizione di conoscenze sono generalmente conosciute come metodo scientifico. In ambito moderno, gli elementi chiave del metodo scientifico sono l'osservazione sperimentale di un evento (naturale o sociale), la formulazione di un'ipotesi generale sotto cui questo evento si verifica, e la possibilità di verifica dell'ipotesi mediante osservazioni successive.
Settori scientifici si articolano in:
·         scienze matematiche, fisiche e naturali
·         scienze sociali
·         tecnologia e scienze applicate
·         geografia
·         linguistica
·         filologia
[7] Paleontologia – La paleontologia è la scienza che studia gli esseri viventi, vissuti nel passato geologico e i loro ambienti di vita tramite il ritrovamento di resti fossili,  ossia di una qualsiasi testimonianza di vita geologicamente passata, come resti di organismi o tracce della loro esistenza.
[8] Senso estetico - è l’apprezzare qualcosa non perché serve, ma solo perché piace
[9] Lo sciamano – La figura dello sciamano nasce nelle società primitive per risolvere problematiche di base per la sopravvivenza di qualsiasi società, ovvero:
·         salute
·         riproduzione
·         sussistenza.
Secondo queste società primitive erano gli spiriti ultraterreni a decidere le sorti e quindi i problemi potevano essere risolti solo da un proprio simile che avesse la capacità ed i mezzi per entrare in contatto con questi spiriti, per affrontare quindi un viaggio ultraterreno nel mondo degli spiriti, che potesse quindi trovare lì la soluzione ai problemi. Lo sciamano è un ponte tra il mondo terreno e quello ultraterreno.
Lo sciamano, diversamente a quanto succede per il sacerdote o il re, non deriva da un'istituzione, ma ha base empirica, possiede facoltà innate o trasmesse ed ha un comportamento di carattere estatico, in trance è ponte fra le energie spirituali e quelle terrene, un canale della volontà divina e delle forze della natura che mette a disposizione dell'umanità attraverso l'amore e la comprensione. Durante l'estasi si impadronisce di lui una forza: con questo aiuto lo sciamano influisce sulla vita dei compagni.
Gli Sciamani sono protettori della mitologia dei raccoglitori–cacciatori con un ruolo fondamentale sull'evoluzione delle società di cui facevano parte. Le regole fondamentali della pratica sciamanica sono il rispetto dell'individualità e della libertà di ogni singolo individuo; divieto per lo sciamano di nuocere a sé e agli altri, di mancare di rispetto alla Madre Terra e a qualsiasi espressione di vita, nonché ricevere compensi in denaro.
[10] Anatolia - La penisola anatolica (nel mondo antico l’Asia Minore, oggi la penisola turca), manca di grandi fiumi. Nessun fiume è navigabile.
Alte catene montuose circondano l'altopiano, quindi il clima è asciutto e continentale con estati molto calde ed inverni freddi. Sulle coste la vegetazione è di tipo mediterraneo; i monti sono molto boscosi.
[11] Allora… più duro: gli uomini primitivi erano molto più resistenti perché le condizioni naturali della terra erano più difficili; essi vivevano nei campi, in opposizione alla società civilizzata che vive al coperto.
[12] poggiato… più solide: era un’idea diffusa nell’antichità che gli uomini primitivi avessero una corporatura più robusta dei moderni
[13] né di cibi inconsueti: i primitivi erano costretti a mangiare ciò che trovavano.
[14] Per molti… nel cielo: essi erano anche più longevi.
[15] Non c’era nessuno… nessuno: Lucrezio accenna alla mancanza dell’agricoltura e della metallurgia: l’insistenza sulle negazioni è modulo tipico delle descrizioni dell’età dell’oro, caratterizzata dall’assenza di tutte le istituzioni e le sovrastrutture dell’età presente.
[16] o tagliare… i vecchi rami: è l’operazione della potatura.
[17] spontaneamente: cioè senza il bisogno dell’agricoltura; la produzione spontanea è un altro elemento tipico dell’età dell’oro, che sottolinea la generosità della natura nei confronti dell’uomo.
[18] Per lo più… di ghiande: le ghiande sono espressione di frugalità che ricompare in tutti gli scrittori che descrivono la vita dei primi uomini.
[19] i frutti… in gran numero: i corbezzoli, frutti commestibili tipici della macchia mediterranea.
[20] sufficienti ai poveri uomini: l’aggettivo “poveri” si riferisce alla dura condizione di vita degli uomini primitivi.
[21] Nel loro vagabondare… Ninfe: Lucrezio descrive ora le abitazioni degli uomini primitivi.
[22] Non sapevano… delle fiere: torna la forma negativa utilizzata.
[23] Non erano… di costumanze: sempre in forma negativa, viene descritta la mancanza della vita civile e delle leggi.
[24] Nei boschi… di amanti: l’ultimo aspetto della vita primitiva sono i rapporti sessuali, di cui viene messa in evidenza la brutalità.
[25] o un compenso… pere scelte: allusione polemica alla degenerazione della società contemporanea, in cui gli innamorati dilapidano i loro patrimoni per soddisfare i desideri delle amanti.
[26] Non cercavano… la luce: Lucrezio critica la teoria, forse di matrice stoica, secondo la quale gli uomini primitivi temevano che dopo il tramonto il sole non risorgesse più; gli unici affanni erano dovuti a pericoli presenti e reali come le fiere, che minacciavano il loro sonno.
[27] Non più di adesso… dell’esistenza: ora Lucrezio rivolge l’attenzione alle cause di morte degli uomini primitivi.
[28] vedendo… in un sepolcro vivo: l’immagine è resa in latino anche attraverso gli effetti fonici della paronomasia e dell’allitterazione.
[29] Ma… navi: anche qui Lucrezio sottolinea il contrasto tra l’età antica e l’epoca contemporanea, in cui la morte è provocata dalle guerre e dai pericoli della navigazione.
[30] 20. Quando… ammorbidirsi: prima di passare a descrivere nei particolari le varie tappe della civiltà umana, Lucrezio ne offre un breve sommario: quando gli uomini hanno imparato a fabbricarsi le vesti e ad usare il fuoco, il matrimonio e le dimore stabili hanno ammansito i loro animi, allora comincia il bisogno di istituire rapporti di amicizia; il senso esige che si postuli la caduta di un verso.
[31] La natura… presenti: la sezione successiva è dedicata alla dimostrazione del principio epicureo secondo il quale il linguaggio ha un’origine naturale e istintiva, dal bisogno di dare un nome alle cose.
[32] Pensare… è una sciocchezza: la teoria che il linguaggio sia nato ad opera di un uomo che ha dato nome alle cose si trova in Platone.
[33] convincere i sordi: espressione proverbiale.
[34] Anche le greggi mute… la gioia: tramite gli esempi tratti dal mondo animale, Lucrezio conferma la teoria naturalista dell’origine del linguaggio.
[35] o con i denti sospesi… bocconi: cioè fanno attenzione a non chiudere la bocca per non fare del male ai piccoli.
[36] le cornacchie longeve: la longevità delle cornacchie è proverbiale.
[37] E perché tu… il calore delle fiamme: a fornire il fuoco ai mortali sono stati i fulmini o gli incendi scatenati nei boschi in seguito allo sfregamento dei rami degli alberi agitati dalla furia del vento.
[38] Poi il sole… al calore del sole: gli uomini si sono serviti del fuoco per cuocere gli alimenti, lasciandosi ammaestrare dall’analoga azione del sole sui frutti della terra.
[39] Ogni giorno… alle nuove scoperte: Lucrezio esamina ora il sorgere del potere nella società umana: gli uomini più dotati, che più avevano contribuito allo sviluppo, hanno acquistato progressivamente sempre maggiore autorità.
[40] a seconda… la forza: i reges si circondano di un’aristocrazia di proprietari, a cui assegnano le proprietà in virtù delle doti personali di bellezza e forza dell’ingegno.
[41] più tardi… di chi è più ricco: subentra poi una nuova casta di privilegiati, fondata non su doti personali, ma sul censo: la bellezza e la forza vengono sottoposte alla ricchezza.
[42] fino… Tartaro: la mitica regione sottoterra.
[43] sullo stretto sentiero dell’ambizione: il sentiero è stretto perché affollato di ambiziosi le cui mire si escludono a vicenda.
[44] Uccisi dunque i re…: alla cacciata dei re è seguito un periodo di anarchia, in cui ciascuno cercava di imporre con la forza la propria volontà sugli altri (vv. 1136- 1160).
[45] Poiché… una vita violenta: l’insostenibilità di tale situazione è stata la causa delle prime leggi e delle prime istituzioni civili, quando gli uomini si sono stancati di perseguire privatamente le proprie vendette e di farsi giustizia da soli.
[46] Da allora… le gioie dell’esistenza: il rispetto della giustizia fu imposto per mezzo della prospettiva del castigo.

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