MAT 1 La seconda guerra persiana - Nel 480 a.C. ha inizio la Seconda
guerra persiana. La linea difensiva fu attestata al passo
delle Termopili (agosto-settembre 480 a.C.). Qui prese posizione un
esercito di circa 7000 uomini, al comando del re spartano Leonida. La
flotta greca, forte di 270 navi, si schierò invece all’estremità settentrionale
dell’Eubea, presso capo Artemisio, per impedire uno sbarco dei nemici alle
spalle delle difese alleate.
I Persiani attaccarono per due giorni
lo schieramento greco alle Termopili, senza riuscire a sopraffarlo. Il terzo
giorno, Efialte, un pastore greco, tradì i Greci indicando ai Persiani un
sentiero attraverso la montagna, seguendo il quale il sovrano persiano Serse succeduto
al padre Dario I) riuscì a sorprendere i Greci alle spalle. Leonida, venuto a
conoscenza del tradimento, congedò tutti gli alleati per risparmiarli (le forze
persiane erano ben più numerose e la sconfitta greca pressoché certa). Lui e i
suoi 300 “opliti” spartani sarebbero rimasti per coprire la
ritirata. Tutti gli Spartani morirono sul campo. A capo Artemisio, intanto, i Greci non
erano riusciti ad arrestare le flotta persiana nella sua navigazione verso
Atene. Si profilava un disastro. L’aristocratico ateniese Temistocle (525
a. C. circa – 460 a. C) allora, visto che nulla più si opponeva all’avanzata
dei Persiani, fece evacuare Atene e trasferì tutta la popolazione dell’Attica
sulle isole di Salamina ed Egina; poi portò la flotta greca
nello stretto braccio di mare tra l’Attica e l’isola di Salamina e attese.
L’esercito di Serse invase l’Attica, incendiò e saccheggiò Atene, puntando
quindi verso il Peloponneso, dal quale lo separava però la linea difensiva
organizzata dagli Spartani. L’audace piano di Temistocle riuscì alla
perfezione: egli attirò la flotta nemica nello stretto braccio di mare fra
Salamina e l’Attica e le navi persiane si ritrovarono prive di libertà di
manovra, una addosso all’altra. Non riuscendo a manovrare e ostacolandosi le une
con le altre, le navi persiane vennero attaccate, speronate e incendiate
dalle triremi greche, sotto gli occhi di re Serse, che osservava lo
scontro assiso su un trono, dalle pendici di un monte vicino.
L’atto finale della Seconda guerra
persiana si ebbe a partire dalla primavera del 479 a.C., quando l’esercito
persiano, comandato dal generale Mardonio, si mise nuovamente in marcia
verso l’Attica. A distanza di pochi mesi la popolazione di Atene abbandonò
ancora una volta la città. Gli Ateniesi chiesero aiuto agli Spartani, che però
si mostrarono riluttanti. Tuttavia il timore che gli Ateniesi, esasperati,
decidessero di stringere una pace separata con i Persiani, li spinse a inviare
i rinforzi. La battaglia decisiva si svolse in Beozia, nei pressi della città
di Platea. I Greci riuscirono a mettere in campo un esercito ragguardevole
(circa 70.000 uomini), alla guida del re spartano Pausania. Ancora una
volta le truppe nemiche erano molto superiori per numero, ma ancora una volta
il modo di combattere greco si rivelò superiore a quello persiano e gli
invasori subirono una gravissima sconfitta (20 agosto 479 a.C.).
Di lì a pochi giorni, la flotta greca
ottenne una brillante vittoria sulla flotta persiana presso il promontorio
di Micale, a nord di Mileto (27 agosto 479 a.C.).
I Greci interpretarono le guerre
persiane come un conflitto di civiltà, come uno scontro fra libertà e
schiavitù. Le città greche avevano saputo difendere la loro libertà, scrivendo
alcune delle pagine più eroiche della storia universale. Naturalmente, questo
punto di vista, che è giunto sino a noi attraverso i secoli, dipende anche dal
fatto che tutto ciò che sappiamo della vicenda deriva da fonti greche, e
in particolare dall’opera di Erodoto, le Storie. Probabilmente questo
conflitto non ebbe per i Persiani la stessa centralità che per i Greci, i quali
lo vinsero anche grazie all’effettiva superiorità dello loro truppe cittadine,
in lotta per la propria sopravvivenza, rispetto a quelle mercenarie assoldate
dal re persiano.
T 6 La resa dei conti
·
Il libro parla di un bambino di nome
Talos. Purtroppo egli è zoppo, così viene considerato invalido dalla legge di
Sparta. Quindi il padre Aristarchos, essendo uno dei capifamiglia più
importanti di Sparta, lo abbandona a malavoglia su un monte vicino alla città,
chiamato Taigeto.
·
Un giorno un ilota di nome Kritolaos
lo trova e decide di prendersene cura, visto che il bambino è ancora un
neonato. Decide di affidarlo alla figlia perché lui deve lavorare nei campi
durante il giorno e non può assisterlo. Il bambino cresce e impara molte cose
sul lavoro nei campi e sulle cose della vita quotidiana. Kritolaos lo sottopone
a duri allenamenti per rinforzare quel piede rattrappito che trascina con tanta
fatica. Poi gli mostra un’armatura nascosta da molti anni in una grotta:è l’armatura
del re Aristodemos, e c’è anche una spada e un arco di corno. Talos si esercita
con l’arco e diventa molto bravo. Poi si innamora di una bellissima ragazza di
nome Antinea, che egli salva quando un gruppo di spartani si prende gioco di
lei.
·
Il tempo passa e un giorno Kritolaos
muore, mentre la guerra tra Sparta e i persiani si avvicina. Così, durante la
preparazione dei guerrieri, Talos viene scelto da un guerriero di nome Brithos
come servo personale. Brithos è il capo di quelli che hanno aggredito Antinea e
ha scelto Talos perché ha visto in lui una grande forza in quello scontro.
Allora l’esercito di 300 uomini, comandato dal re Leonidas, parte verso le
Termopili per affrontare i persiani capeggiati da Serse. Lo scontro è terribile
perché i persiani sono in numero nettamente superiore. Prima di morire , il re
spartano scrive un messaggio per gli Efori e gli Anziani di Sparta, così ordina
a Brithos, Aghias e Talos di portarlo a Sparta. Essi eseguono l’ordine del re
mentre i loro compagni muoiono in guerra, ma appena arrivati in città e
consegnato il messaggio agli Efori si sparge la voce che il messaggio è vuoto.
Preso dalla disperazione Aghias si impicca in casa sua e quindi Brithos, perso
il padre Aristarchos in guerra e il suo migliore amico decide di suicidarsi. Il
suo tentativo fallisce perché Talos e un suo amico di nome Karas glielo
impediscono. Essi lo convincono a combattere per il suo onore e lui accetta di
seguirli. Talos riprende il suo mitico arco e insieme a Brithos crea scompiglio
tra i gruppi persiani sparsi per la Grecia. Intanto c’è un’altra guerra fra
Sparta e i persiani e si svolge a Platea. Inizia la guerra e Brithos decide di
suicidarsi ad insaputa di Talos andando incontro ai persiani da solo.
1.
Era ormai la primavera avanzata e a Sparta[3],
poiché era morto Kleombrotos, la reggenza fu affidata a suo figlio Pausanias,
non essendo ancora il figlio di Leonìdas[4] in
età per regnare. L'altro Re, Leotichidas, era in Asia con la flotta alleata
per fronteggiare un nuovo attacco che il Gran Re voleva sferrare contro la
Grecia. Lo scontro sarebbe stato certo quello decisivo e così il governo di
Sparta reclutò tutti gli uomini che poté, compresi gli Iloti, ai quali fu dato
un armamento leggero. Appena il concentramento delle truppe fu terminato,
l'armata si mosse raccogliendo per via tutti gli alleati.
2.
Avvertito di quanto stava accadendo, il generale persiano
Mardonios, che stava portando di nuovo il suo esercito verso l'Attica, si
ritirò in Beozia, dove poteva contare sull'appoggio dei Tebani a lui fedeli.
Passato l'istmo, Pausanias penetrò in Beozia schierando la sua armata presso il
fiume Asopos. Era un esercito quale prima di allora non si era mai visto. Da
Atene, Corinto, Mègara, Egìna, Trezène, Erètria, migliaia di opliti si erano radunati
per respingere una volta per tutte i Persiani dalla Grecia, e vendicare i
caduti delle Thermòpili e di Salamina. Sennonché in quel terreno piuttosto
aperto, la cavalleria dei Persiani, veloce ed agilissima, aveva buon gioco e
spesso l'esercito ellenico doveva ridursi sulla difensiva. Lontano dai posti di rifornimento, il grande esercito
non riusciva a mantenere le
comunicazioni e rischiava di restare senza viveri. I cavalieri persiani, poi, con le loro incursioni,
respingevano dal fiume tutti coloro
che cercavano di rifornirsi di acqua; la fonte Gargaphia, infatti, l'avevano già interrata e inquinata cosicché Pausanias era anche minacciato di
rimanere senz'acqua. Mandò un
distaccamento di serventi e di portatori a rifornirsi di viveri, ma questi non fecero più ritorno: la cavalleria di Mardònios doveva averli tagliati fuori dal
valico sul monte Kithàiron.
3.
Tutte queste cose Talos[5]
era venuto a sapere dagli Iloti che cercavano di provvedere l'acqua lungo il
torrente Oeròe che, essendo un po' fuori mano, era meno
esposto agli attacchi della cavalleria persiana.
4.
Sulla cima di una collina, nei pressi
del villaggio di Krèusis, egli scrutava i fuochi degli
accampamenti greci dislocati nella piana: erano sparsi
qua e là senza ordine e rivelavano la situazione di
scoraggiamento e di rilassatezza che stava spargendosi tra
le file dei combattenti. Brithos[6],
che al suo fianco osservava la scena, si batté una mano su una
coscia: «Maledizione,» esclamò «si faranno massacrare. O si tolgono
di lì o attaccano battaglia e la fanno finita.»
«Non deve essere facile» ribatté Talos. «Una
ritirata potrebbe trasformarsi in un disastro. Pausanias è praticamente privo
di cavalleria e qui non siamo alle Termopili. Penso comunque che domani sarà la giornata decisiva.» Si volse verso il compagno che era divenuto improvvisamente
silenzioso.
«Vuoi dire che è giunta
anche per me la giornata decisiva?» chiese Brithos.
«Se la tua decisione è
ancora valida, sì; domani i tuoi compagni e il tuo Re sapranno chi è veramente
l'uomo che hanno respinto da sé come vile.»
Brithos si sedette
sull'erba secca. Era una bellissima notte, migliaia di lucciole
vagavano per le stoppie e il canto intermittente dei grilli si
spargeva nell'aria profumata di fieno.
«A cosa pensi?» disse
Talos.
«A questi mesi
trascorsi... a domani. Io sono vivo perchè tu mi hai impedito di
uccidermi e mi hai dato uno scopo per continuare; domani io
entrerò in battaglia e se ci sarà vittoria» se io mi saprò riscattare,
rientrerò nella mia casa, nella città.»
«Capisco cosa vuoi dire» lo
interruppe Talos. «Tu sarai di nuovo uno
spartiate e io un ilota. Vuoi dire forse che il tuo animo è triste?»
«Non so,» disse
Brithos «le mie mani sudano e non mi era mai successo, nemmeno
alle Termopili. Ho aspettato questo momento per mesi e ora non vorrei che fosse
giunto; ci sono tante cose che vorrei sapere, di me, e anche di te, ma non c'è più tempo. Se vinco
la mia battaglia, la tua e la mia vita prenderanno strade diverse. Se la
perdo, comunque, non saprò ciò che avrei voluto. Abbiamo combattuto insieme,
protetto la vita l'uno dell'altro cento volte; abbiamo ucciso per vivere o per sopravvivere, come tu mi dicesti quella notte sul
mare, eppure io non so ancora perché
tutto questo è avvenuto, perché un ilota
mi ha salvato la vita, un uomo che si è trovato con la punta del mio giavellotto alla gola. Non so perché
tu hai lasciato tua madre e la tua
gente e non so perché quell'arco antico
e terribile è nelle tue mani...»
Talos che stava
appoggiato al tronco di un olivo selvatico, volgendo le spalle al
compagno, si sedette a sua volta: rigirava tra le dita uno
stelo di avena.
A un certo punto corrugò la fronte, come se cercasse di ricordare qualcosa, poi parlò:
Il drago e il lupo prima con odio
implacabile
si lacerano, poi, quando domato
dal
dardo che il medo lunga-chioma scaglia tremendo
giace
trafitto il leone di Sparta,
prende
la spada colui che ha tremato,
l'arco
ricurvo impugna il custode
d'armenti,
insieme a gloria immortale
correndo...
I versi gli
uscirono, suscitati dalla mente, improvvisamente chiari, i versi
di Perialla, la Pizia fuggiasca.
«Perché queste
parole, Talos?» chiese Brithos, riscuotendolo dai suoi
pensieri.
«È una profezia,
Brithos, che solo ora, in questo momento mi è chiara. Il drago
dei Kleomenidi e il lupo del Taigeto si erano lacerti dapprima
con odio implacabile e poi insieme corrono verso la gloria.
Colui-che-ha-tremato e il pastore d'armenti... siamo noi.»
«Chi ha pronunciato quelle parole...
quando?... » chiese di nuovo Brithos. «Sono parole di una profezia veritiera...
Ricordi la Pizia Perialla?»
«Sì» mormorò Brithos. «E ricordo
la fine atroce di Re Kleomènes[7].»
«Io l'ho
vista, nella capanna di Karas, e mi ha fatto questa profezia. Quei versi sono rimasti sepolti nella mia mente per lungo
tempo, senza senso, e ora soltanto li ho sentiti risuonare dentro di me. Qualcosa dunque unisce i nostri
destini, Brithos, è quella cosa che
ha fermato la tua mano quel giorno nella pianura e che ha spinto me a
fermare la tua quella notte nella foresta.
Ma più di questo non so, non riesco a vedere, gli dei sanno, Brithos, ma raramente lasciano che noi
conosciamo i loro pensieri.»
«Cos'altro ti
disse la Pizia?»
«Disse altre cose, ma non so
interpretarle, ora; certo il momento non è ancora giunto. Mi chiedi
perché nelle mie mani c'è
il grande arco di corno. Ebbene un giorno qualcuno me lo ha consegnato perché lo custodissi e mi ha
insegnato ad usarlo, così come mi ha insegnato a usare il mio piede zoppo, a
muovere il mio corpo, così come ha educato il mio cuore e la mia mente. In quell'arco sta rinchiuso un segreto
della mia gente. Non chiedermi di
rivelartelo poiché sei uno spartiate, Brithos,
e la tua stirpe tiene soggiogato il mio popolo.»
«Sei un guerriero... Talos, tu sei un guerriero, non è
vero? Un guerriero e un capo fra la tua gente. È questo forse che ci ha uniti ed è questo che tiene separati i nostri
destini; anche se il nostro animo lo vuole, non possiamo infrangere i limiti
che gli dei ci hanno assegnato.»
«Non gli dei, Brithos, gli uomini... Guardami, nessuno nasce schiavo. Mi hai mai visto tremare? Mi hai mai
visto tradire? Eppure ho pascolato
per anni le greggi del vecchio Kratippos,
ho coltivato i suoi campi obbedendo senza ribellarmi, piangendo in segreto per le umiliazioni, per il
dolore, per la paura. Quella notte terribile, il mio cane, Krios[8],
fu straziato dalle zanne del tuo molosso[9]:
ma chi dei due fu più coraggioso? Il mio
piccolo bastardo che ha dato la vita per difendere il suo gregge o il tuo mostro nero, assetato di
sangue? Il mio popolo a volte
raccoglie i bambini che voi abbandonate
perché siano pasto delle belve e li alleva, e questo è coraggio maggiore del vostro. Chi merita dunque di
essere servo? No, Brithos, non dirmi
che il fato ci ha fatti servi, che gli dei
vi hanno dato su di noi il potere.»
5.
Brithos lo guardò con l'animo in tumulto, e se Talos
avesse potuto vedere l'espressione di quegli occhi avrebbe rivisto lo sguardo pieno di doloroso stupore del
guerriero del dragone, laggiù nella pianura,
in un giorno lontano della sua fanciullezza.
«Talos,» gli disse Brithos con una
strana eccitazione nella voce «Talos... ma tu...»
«Brithos, mio padre si chiamava Hylas, figlio di Kritolaos l'ilota, e la levatrice, togliendomi dal ventre
di mia madre, offese il mio piede. Questa è la verità che Kritolaos, mio
nonno, il più saggio e il più sincero degli uomini, mi ha detto e per questa discendenza quello che voi spartani
chiamate "lo zoppo", per la
sua gente, è Talos, il lupo.»
I due giovani rimasero a lungo in silenzio a guardare i fuochi nella piana. I richiami delle sentinelle
giungevano di tanto in tanto fino a
loro mescolati al canto dei grilli.
Talos riprese a parlare: «Per questo»
disse «con la luce del nuovo giorno le nostre vie si divideranno. Domani ti
aiuterò a rivestire l'armatura come si conviene che faccia un ilota, ma andrai solo, poiché in
quel campo non ci sarà gloria per la mia
gente... Soltanto morte. Ricorda
però, dietro alla corazza di bronzo batterà anche il cuore di Talos, assieme al tuo».
Tacque, perché un nodo gli stringeva la
gola e Brithos pianse quella notte a lungo, in silenzio.
6. Pausanias, consultati i suoi
ufficiali e i comandanti degli alleati, si era reso conto che non era più
possibile rimanere in quella posizione dove le sue fanterie oplitiche non
potevano reggere le incursioni, continue e micidiali, della cavalleria persiana
Bisognava arretrare su posizioni più protette e vantaggiose per ingaggiare
battaglia. Acconsentì dunque a mettere in esecuzione un piano di ritirata. Gli
alleati si sarebbero mossi per primi col favore delle tenebre senza spegnere i
fuochi per dare l'illusione al nemico di essere sempre accampati nello stesso
luogo e avrebbero cercato di raggiungere la zona più angusta a ridosso
dell'Heraion di Platea; da ultimi li avrebbero seguiti in due colonne parallele
i Peloponnesiaci e gli Ateniesi, che occupavano la parte destra dello
schieramento. Sennonché se il buio da un lato li proteggeva nella manovra di disimpegno,
dall'altro li ostacolava nella marcia e ben presto il Re di Sparta dovette
accorgersi di aver perso il collegamento. Soltanto gli Ateniesi procedevano di
conserva con le truppe a circa uno stadio di distanza, marciando lungo la linea
delle colline e tenendosi a mezza costa per porsi eventualmente al riparo dalla
cavalleria nemica.
7. Questa, del resto, non si fece
attendere molto: appena i raggi del sole illuminarono la pianura, gli
esploratori di Mardonios si accorsero che l'accampamento greco era deserto e
subito il generale mise in marcia il suo esercito e lanciò la cavalleria
all'inseguimento. Appena questa giunse a contatto con le retrovie di Pausanias,
cominciò un carosello infernale. Gruppi di cavalieri si gettavano sulle colonne
in marcia bersagliandole con un nugolo di frecce e di giavellotti. Molti
guerrieri cadevano senza che si potesse far nulla per respingere gli
attaccanti che evitavano il contatto diretto, fidando sulla grande gittata dei
loro archi.
8. La situazione era difficile.
Pausanias, furente contro gli alleati dai quali pensava di essere stato ormai
abbandonato, diede ordine di fare fronte compatto verso il nemico e i due tronconi
in ritirata riuscirono, non senza perdite, a saldarsi. Erano in linea gli
opliti spartani e tegeati, i fanti ateniesi e i platensi di pesante armatura.
Questi ultimi, che combattevano avendo alle spalle le rovine ancora fumanti
della loro città devastata dai Persiani, erano animati da una formidabile
determinazione e pieni di desiderio di vendetta.
9. Pausanias diede ordine di serrare le
file e la parola d'ordine, correndo rapida da uomo a uomo, fece ispessire il
fronte cosicché l'azione della cavalleria cominciò a spegnersi. Intanto un
messo raggiungeva al gran galoppo gli alleati schierati davanti all'Heràion[10]
ingiungendo loro di raggiungere subito le linee di combattimento, ma ne
otteneva un rifiuto: se l'ordine era stato di attestarsi all'Heràion, venissero
gli altri a raggiungerli; portarsi di nuovo allo scoperto sarebbe stata Pura
follia. L'esercito di Pausanias, impossibilitato a proseguire la ritirata e
tenuto sotto controllo dalla cavalleria nemica, continuava a sperare nei
rinforzi, mentre la fanteria avversaria avanzava spiegando tutta la sua
superiorità numerica, schierando in linea anche i traditori tebani.
10. Arrivò il messo a cavallo con la
bestia schiumante di sudore, annunciando che gli alleati attendevano schierati
davanti a Platea e che di lì non intendevano muoversi. Pausanias si sentì
perduto e lo scoramento si diffuse tra i soldati, stanchi della marcia e dei
continui attacchi della cavalleria nemica. Mardonios si preparava a vibrare il
colpo di grazia rendendosi conto che le truppe che aveva di fronte erano
confuse e in preda alla paura. Si fece avanti in sella al suo cavallo bianco
Per lanciare l'ordine d'attacco: un gran silenzio calò sul campo disseminato
di morti e feriti.
11. In quel momento, un grido che
sembrava uscire da sottoterra, echeggiò sui fianchi delle colline che
circondavano il campo di battaglia:
ALALALAI!
Tutti si volsero dalla parte da cui si era udito ma non si
vedeva che uno scoglio bruciato dal sole. Gli
opliti greci si volsero di nuovo al nemico. Il grido di guerra risuonò
ancora:
ALALALAI!
E sulla pietra grigia comparve un oplita che cominciò a
scendere la china di corsa portandosi in pochi attimi nello spazio tra i due
eserciti: aveva in testa l'elmi coi tre cimieri e imbracciava lo scudo col
dragone. Levò l'asta verso l’esercito greco e con voce tonante gridò ancora:
ALALALAI!
12. In quel momento Talos che si era affacciato
dallo spuntone roccioso vide quel gesto e rabbrividì: Brithos stava attaccando da
solo l'armata nemica! Si gettò giù dal colle urlando, chiamandolo con grida
disperate, come un pazzo. Si fermò sui piedi scorticati, sanguinanti e cominciò
a saettare come una furia nel punto in cui Brithos stava precipitandosi nella
sua folle corsa.
13. Tutto avvenne nello spazio di un
attimo e si compì il prodigio: quarantamila lance si abbassarono minacciose e
l'immensa falange, irta di punte come un istrice orrendo ondeggiò un istante
poi esplose in quel grido come il crepitare secco di un tuono:
ALALALALALAI!
e senza attendere l'ordine, i fanti d'Atene e di Platea, gli
opliti di Sparta, di Makìstos, di Amìklae, di Tegèa si lanciarono contro il
fronte persiano come un fiume in piena che rompe improvviso gli argini.
14. Raggiunsero la fanteria nemica cozzando
con un fragore che squarciò l'aria di piombo e un gruppo di opliti ateniesi
cercò subito di aprirsi un varco nel punto in cui le creste nere ondeggiavano
in mezzo ad un mare di picche. Inglobato nella massa dei nemici, Brithos
roteava lo scudo e la spada falciando tutti quelli che aveva di fronte ma,
oppresso da tutte le parti, col cuore che gli esplodeva in petto, inondato di
sudore e di sangue, sentiva ormai piegarsi le ginocchia. Gettò dal petto con un
ultimo grido tutta la forza della sua giovinezza, rovesciando la potenza del
suo braccio sui nemici che aveva davanti. Poi crollò sgarrettato dal di
dietro. Cadde sulla schiena protendendo lo scudo in avanti per difendersi
ancora, per colpire nell'ultimo guizzo di energia, poi, trafitto alle cosce,
agli inguini, alla gola, giacque in un lago di sangue.
15. Ma ormai le lance greche respingevano
dalle sue membra la marea urlante, ormai Mardonios veniva trascinato giù dalla
sua superba cavalcatura e la valanga di bronzo travolgeva i fanti medi e
kissei, rovesciava all'ala sinistra i valorosi saci[11]
chiudendosi come una tenaglia mortale sul centro.
16. Talos, arrancando tra i mucchi di
cadaveri, lo raggiunse che respirava ancora, lo liberò dai corpi dei nemici
caduti, dallo scudo lordo di sangue, freneticamente; gli sollevò la testa, un fiotto
di sangue gli usciva da una larga ferita sotto la gola e il volto aveva già il
pallore della morte.
« Hai voluto morire... Hai voluto morire, nel giorno del tuo
trionfo...»
Il guerriero morente riuscì con uno sforzo immane a sollevare
la mano e a puntarla sulla sua corazza insanguinata.
«Cosa...
c'è ... dietro questa corazza... Talos, cosa c'è?»
E
rovesciò il capo all'indietro, senza vita.
17. Il sole stava ormai tramontando sul
campo insanguinato di Platea, sui corpi sconciati dalle ferite, sui morti
accavallati l'uno sull'altro, e il fitto polverio sembrava d'oro, attraversato
dai raggi del sole cadente. Talos si alzò guardandosi intorno, come
risvegliato da un sogno; vide in lontananza una figura massiccia avanzare in
groppa a un asinello: Karas[12].
«Arrivi tardi» disse cupo. «È tutto finito.» Karas osservò il
corpo di Brithos già composto come per le esequie:
« È morto come desiderava, dopo aver riscattato il suo nome.
Gli sarà data sepoltura con tutti gli onori.»
« No »
rispose Talos. «No, non da loro. Io gli preparerò le esequie.»
18. Presero il corpo e lo trasportarono
ai limiti del campo, poi Talos andò a prendere dell'acqua al fiume per lavarlo,
mentre Karas radunava della legna raccogliendo aste spezzate e rottami di
carri dal vicino campo persiano, alzando una modesta pira. Si sedettero uno
vicino all'altro vegliando la salma che ora giaceva su una rozza barella in
cima alla pira, ricoperta col mantello nero che Brithos aveva indossato al
funerale di Aghìas[13]
e che aveva portato con sé per tutti quei mesi.
19. «Avrei voluto giungere in tempo»
disse Karas. «Ma il mio viaggio è stato lungo e pieno di pericoli.»
«Anche se fossi giunto in tempo, non avresti potuto far nulla»
disse tristemente Talos. «Aveva deciso di morire, non e altra spiegazione. La
tua missione?» chiese poi.
«É
compiuta: Ephialtes[14]
è morto; l'ho strangolato con le mie mani.»
«Bene, e ora, mio buon amico, diamo l'estremo saluto a Brithos,
figlio di Aristarchos[15],
Kleomenide... Colui-che-ha-tre-mato» aggiunse con un ghigno amaro. Karas andò
verso l'accampamento persiano che ancora bruciava e tornò con un tizzone in
mano. Qualcosa distrasse a un certo punto il suo sguardo, batté una mano sulla
spalla di Talos: «Guarda» disse. Il giovane si girò nella direzione che gli
veniva indicata e vide una figura incappucciata con le spalle coperte da un
lungo mantello grigio che avanzava lentamente in mezzo al campo di battaglia e
che poi si fermò, restando immobile a trenta passi di distanza.
«È lui,» disse Talos «sembra lo stesso che stava davanti alla
tua capanna, quella notte...»
«Vuoi che me ne occupi io?» chiese Karas.
«No, non m'importa nulla, lascialo stare.»
20. Prese il tizzone dalle sue mani e
appiccò il fuoco al rogo. Le fiamme si alzarono gagliarde, alimentate dalla brezza
della sera e raggiunsero presto il corpo avvolto nel mantello nero. In
lontananza si vedeva il fumo alzarsi dalle grandi pire che i Greci avevano
alzato nel loro accampamento e su cui cominciavano ad ardere i corpi che man
mano erano condotti dal campo di battaglia. Talos si tagliò i capelli e li
gettò tra le fiamme, poi gettò il suo bastone di corniolo, forte e flessibile,
che un giorno per lui aveva scelto Kritolaos[16].
21. In quel momento sentì una mano
appoggiarsi sulla sua spalla. Si volse con gli occhi velati di lacrime e si
trovò davanti il Re Pausanias: aveva tra le mani il grande scudo col dragone;
sul bordo, con la punta del pugnale, aveva inciso un nome: Kleidemos
Aristarchou Kleomenides[17].
«Questo è il tuo nome» gli disse. «Sparta ha perduto tuo padre
e tuo fratello, due grandi guerrieri: una così nobile famiglia non può
estinguersi. Sei stato lontano per lungo tempo: è giunto il momento che tu
ritorni fra la tua gente. Guarda» aggiunse, e puntò il dito verso il campo
greco. Una lunga colonna di soldati muoveva alla loro volta dall'accampamento inquadrati
nei ranghi, ancora coperti di sangue e di polvere marciavano al suono dei
flauti e al rullo dei tamburi.
22. Si schierarono davanti al rogo ormai
spento, in silenzio, un ufficiale sguainò la spada e lanciò un ordine: i
soldati si irrigidirono nel saluto alzando le aste che brillarono agli ultimi
raggi del tramonto. Per tre volte lanciarono al cielo il grido di guerra che
aveva dato loro il coraggio di vincere l'ultima battaglia, il grido di
Brithos, "Colui-che-ha-tremato".
23. Se ne andarono e il suono del flauto
si spense lontano Karas raccolse le ceneri e le ossa dal rogo ormai spento e
le compose nello scudo ricoprendole con il suo mantello. Guardò le nubi rosse
all'orizzonte e poi Talos, mormorando:
24. «La fulgida gloria come sole
tramonta, Al popolo di bronzo egli volge le spalle. Quando Enosìgeo[18]
scuote di Pelope[19] il
suolo. Al grido del sangue egli chiude l'orecchio quando possente nella città
dei morti del cuore la voce lo chiama...»
25. «Ricordati di queste parole, Talos,
figlio di Sparta e figlio della tua gente, il giorno in cui mi rivedrai».
26. Prese l'asinello per la cavezza e
scomparve nelle ombre della sera.
27. […]
28. Si spense il fragore della strage che
per tutta la notte aveva risuonato incessante nella sua mente. Al campo greco
la tromba suonò l'adunata e Kleidemos si alzò. Indossò lentamente l'armatura,
prese lo scudo e la lancia e si incamminò. Intorno a lui cominciava a vibrare
il ronzio delle mosche... le mosche, compagne di Thanatos.
29. Attraversò l'accampamento come in un
sogno, senza vedere nulla, finché la voce di una guardia lo riscosse:
«Seguimi, Kleidemos, il reggente Pausanias ti aspetta nella
sua tenda.»
30. Entrò poco dopo, passando tra le due
guardie che scostarono la stuoia pendente sull'ingresso. Stentò un momento a
distinguere ciò che lo circondava poi, quando i suoi occhi stanchi si furono
abituati alla penembra del padiglione reale, vide davanti a sé il reggente.
31. Non molto alto, aveva grigi i capelli
e la corta barba aguzza; le mani ben curate non sembravano quelle di un
guerriero e così pure il suo abbigliamento denotava una ricercatezza che
Kleidemos non aveva mai veduto tra gli Spartani.
32. Su di un tavolo scintillavano due
coppe d'argento nelle quali era stato versato del vino rosso.
33. «Bevi, » disse il reggente
porgendogli una delle coppe «oggi è un grande giorno per la Grecia e questo
vino di Koos è delizioso. Nella tenda di Mardonios ce n'era in quantità e queste
coppe fanno parte del suo servizio da tavola. Non c'è dubbio che questi
barbari sanno apprezzare le delizie della vita.»
Kleidemos rifiutò con un gesto della mano; aveva i crampi
allo stomaco per non aver toccato cibo da molto tempo. Pausanias depose allora
la coppa, poi, indicandogli uno sgabello: «Siedi,» gli disse «sarai stanco». Il
giovane si abbandonò sul sedile: aveva gli occhi rossi, il volto stanco, i
capelli sporchi di cenere. Pausanias rimase un poco a guardarlo: «Gli stessi occhi
grandi e scuri...» disse dopo un poco «le stesse labbra sottili... sei il
ritratto di tua madre».
Kleidemos si riscosse: « Mia madre... » mormorò «mia madre
ha gli occhi piccoli e grigi... ».
Pausanias si sedette su una sedia a braccioli rigirando fra
le mani la coppa persiana come se cercasse le parole giuste:
«Capisco ciò che vuoi dire» riprese poi. «Noi tutti siamo per
te degli estranei, forse addirittura dei nemici, ma devi ascoltare ugualmente
quello che voglio dirti perché molto ti resta da vivere tra i figli di
Sparta.»
«Le armi che indossi furono di tuo padre e di tuo fratello e tua
madre non ti ha mai dimenticato. Tu sai bene che avremmo potuto ignorare la
tua esistenza e lasciare che tu tornassi tra gli Iloti della montagna a vivere
il resto dei tuoi giorni come un pastore... ma noi pensiamo che tu non
potresti più vivere in quel modo; tu sei diventato un guerriero e hai combattuto
con tuo fratello Brithos per molti mesi. Tu eri con lui alle Termopili, tu
ritornasti con lui a Sparta, tu lo hai aiutato a riconquistare il suo onore. E
ora, tu sei l'ultimo superstite di una grande famiglia che non deve
estinguersi...»
Kleidemos alzò lo sguardo che teneva fisso sul pavimento: «Ci
sono molte cose che non posso capire e molte cose che non so anche se posso
immaginarle. Se è vero ciò che affermi, dimmi come posso tornare dalla donna
che mi ha partorito per poi abbandonarmi e abbandonare colei che senza il legame
del sangue mi ha raccolto, nutrito e amato... Dimmi come posso lasciare per
sempre la gente umile e sventurata che mi ha accolto benché figlio di nemici
per tornare nella città crudele che li opprime, nella città che mi ha
abbandonato ai lupi del Taigeto perché ero zoppo. Credi tu che un uomo possa nascere
due volte? Io fui strappato agli Inferi e colui che mi raccolse, Kritolaos, il
più saggio degli uomini, mi diede il nome di Talos perché non dimenticassi mai
la mia disgrazia... Dimmi come potrò chiamarmi da questo momento Kleidemos...
Non ho mai visto mia madre e mio padre non è nulla più che un volto... uno
sguardo... il dragone sullo scudo dei Kleomenidi. E mio fratello Brithos... è
cenere ormai, sul campo di Platea... ».
Pausanias si asciugò la fronte sudata: «Ascoltami,» disse «a
tutto questo c'è una risposta, ma non credere di poter capire... ora... Molti
sono i misteri nella vita degli uomini e la loro sorte è nelle mani degli
dei... Ma io posso rivelarti molto che tu non sai, io posso dirti che Sparta
non è crudele con i suoi figli... Tutti noi dobbiamo sottostare alla legge che
è al di sopra di tutti, anche dei Re. Questo sanno bene le madri di Sparta che
vedono i loro figli andare incontro alla morte, questo sapeva tuo padre, il
grande Aristarchos, quando ti portò sul Taigeto, tanti anni fa, in una notte di
pioggia e di angoscia, stringendoti al petto. Il peso di quel gesto terribile
eppure necessario avrebbe stritolato il suo cuore per gli anni a venire. La
lama che gli trapassò il cuore alle Termopili non era più aguzza e crudele di
quella che gli lacerò l'anima quella notte... Da allora un velo nero scese sui
suoi occhi e nessuno più vide la gioia brillare sul suo volto. Nulla gli è
stato risparmiato... dal primo momento in cui ti seppe vivo, il suo tormento fu
anche più grande e crudele. Egli sentì il sangue tramutarsi in ghiaccio vedendo
una notte Brithos salire armato sulla montagna deciso forse ad ucciderti
eppure la sua bocca non proferì una parola. Lacrime cocenti che nessuno mai
vide, nemmeno tua madre, gli scavarono lentamente le guance un anno dopo
l'altro in un'agonia senza fine... egli ti ha amato fino all'ultimo...
disperatamente... egli è caduto disprezzando la sua vita, versando il suo
sangue nella polvere ardente... afflitto per te. Questo era tuo padre, il
grande Aristarchos... il dragone».
Kleidemos aveva alzato il suo sguardo dal pavimento e stava
immobile, con le mani appoggiate sulle cosce. Di tanto in tanto il suo petto si
sollevava in un lungo sospiro... solo due grosse lacrime indicavano la vita sul
suo volto di pietra grigia. Pausanias appoggiò la coppa sul tavolo accanto a
sé, si portò un momento le mani al volto grondante e restò in silenzio come se
ascoltasse il frinire delle cicale, il ronzio confuso delle voci fuori dalla
tenda. Riprese a parlare e la sua voce dallo strano timbro metallico tradiva
una certa emozione: «E a tua madre la sorte... o la malignità degli dei non ha
riservato una vita migliore. La sua superba bellezza è sfiorita prima del
tempo, distrutta da una pena mortale quando le fosti strappato dalle braccia;
ha perduto suo marito, l'uomo che ha amato fin da bambina con tutta l'anima, ha
visto tornare vivo suo figlio Brithos dalle Termopili quando già lo piangeva
morto per poi perderlo di nuovo quando scomparve, un anno fa, dopo il suicidio
del suo amico Aghìas; e domani saprà che era vivo nel momento in cui le
porgeranno l'urna che contiene le sue ceneri... Le donne di Sparta sanno bene
di aver partorito mortali i loro figli ma il loro strazio non è minore per questo.
Non le resti che tu ora e lei ti aspetta anche se non osa sperare che tornerai.
»
Kleidemos si asciugò gli occhi: «Un'altra donna mi aspetta
nella sua capanna sul Taigeto, colei che ho sempre chiamato madre » disse con
voce atona.
«Lo so» riprese il reggente « quella donna ti è molto cara.
Potrai vederla quando vorrai. Ricorda comunque che lei è stata molto più
fortunata che la sventurata che ti ha partorito... e questo non è tutto. So che
le nostre leggi ti appaiono disumane, spietate, ma ti sembra forse che il
mondo sia diverso? Noi dobbiamo sopravvivere in un mondo che non ha pietà per i
vinti. Hai visto ieri la furia degli invasori. Il corpo di Re Leonìdas fu
trovato alle Termopili decapitato e crocefisso e così sarebbe stato di me se
avessi perduto. Il valore di Brithos, il suo sacrificio sono valsi a salvare
migliaia dei suoi compagni, di giovani come te che le madri avrebbero dovuto
piangere per il resto dei loro giorni. Certo, quegli stessi compagni, un anno
fa lo infamarono con ingiuste accuse fino a spingerlo sull'orlo del suicidio ma
egli ha saputo riscattarsi e il suo nome sarà celebrato nei secoli, un nome
che egli ti ha lasciato in eredità con il suo ultimo alito di vita. Brithos
vaga ora nel regno delle ombre e il suo spirito non troverà pace finché non
saprà che tu hai accettato l'eredità di sacrificio e di onore scolpita sullo
scudo dei Kleomenidi. Hai davanti a te il grande bivio: una delle strade
conduce a una vita tranquilla e oscura, l'altra ad una esistenza difficile e
turbolenta, ma che ti offre l'eredità di una stirpe di eroi. A te tocca
scegliere e nessuno può aiutarti in questo momento così duro. Gli dei ti hanno portato
a questo punto, ricordalo; la tua vita è segnata e io credo che non tornerai
indietro. »
34. Pausanias tacque abbassando lo
sguardo poi batté la spada sul suo scudo appeso al palo che sosteneva la tenda:
entrarono subito alcune donne portando dell'acqua. Spogliarono il giovane e lo
lavarono mentre altre gli preparavano un giaciglio. Kleidemos si lasciò
massaggiare le membra indolenzite e accetto la tazza di brodo caldo che gli
veniva offerta poi, adagiatosi sul giaciglio, piombò in un sonno pesante.
35. Il reggente lo guardò a lungo con uno
strano sorriso poi, chiamata una delle guardie: «Nessuno deve entrare in questa
tenda» ordinò. «Per nessuna ragione si disturbi il sonno di quest'uomo finché
non sarò tornato. Se dovesse svegliarsi lasciatelo libero di andare dove vuole,
seguitelo soltanto, senza farvi vedere e
tenetemi informato dei suoi movimenti.»
36. La guardia uscì a riprendere il suo
posto; poco dopo, armato di tutto punto anche il reggente uscì, saltò a
cavallo e attraversò al galoppo l'accampamento seguito da un gruppo di guardie
reali diretto al campo persiano già presidiato dalle sue truppe fino dalla sera
precedente.
37. Nella tenda che era stata del
comandante persiano lo attendevano tutti gli strateghi alleati.
38. «Amici!» esclamò il reggente
Pausanias prendendo una coppa. «Amici, libo a Zeus Re e a Herakles Condottiero
che ci hanno concesso la vittoria sui barbari, e brindo alla concordia di tutti
i Greci che ha reso grande e memorabile questo giorno.»
39. Un coro di acclamazioni accompagnò le
sue parole mentre i servi passavano a mescere nelle coppe presto vuotate. Ma
Pausanias non aveva ancora finito di parlare: «Signori ufficiali,» riprese
«lasciatemi dire che questi barbari devono essere veramente pazzi! Possedevano
tutte queste cose meravigliose e hanno fatto tanta fatica, hanno affrontato un
viaggio tanto lungo per venire a contenderci il nostro misero brodo nero».
40. Tutti gli ospiti risero divertiti e
diedero inizio al banchetto che continuò fino a sera. Ma in quel giorno la
mente di Pausanias rimase colpita dallo splendore della ricchezza e del lusso
persiano ed egli cominciò ad avere a noia la frugalità severa di Sparta.
Laboratorio
Ricerca e stampa 7 documenti in cui
si parla dell’educazione a Sparta
1. http://www.ilgiornale.it/news/cultura/frusta-furti-e-femminismo-ecco-leducazione-sparta-1130698.html
Riassumi ogni giorno anche di
domenica i brani sequenza per sequenza
Comprensione del testo
1. Riassumi il testo nelle 40 sequenze
2. Classifica le 40 sequenze
Analisi del testo
1. Individua tutte le apposizioni
semplici o composte presenti nel testo e dichiara di chi o che cosa esse sono
apposizioni.
2. Individua tutti i complementi di
vocazione presenti nel testo
3. Individua tutti gli avverbi presenti
nel testo
4. Individua tutti gli avverbi relativi
presenti nel testo
5. Individua tutti le proposizioni
relative presenti nel testo e, completandole con la loro proposizione reggente,
svolgine l’analisi logica del periodo e della proposizione.
6. Quanti e chi sono i personaggi del testo?
7. Quali sono le loro caratteristiche
fisiche, la loro indole, le loro aspirazioni, le loro qualità, negative o
positive. Costruisci un discorso argomentato.
8. La costruzione del personaggio prende
avvio dalla cosiddetta presentazione?
Se sì avviene attraverso: a) il narratore,
quando questi interviene a fornire informazioni esplicite sul carattere e/o su
altri aspetti del personaggio, magari commentando e valutando il suo operato,
in tal senso la presentazione è sostanzialmente oggettiva? b) dal personaggio stesso, quando si tratta di
un autoritratto disegnato in prima persona e perciò in tal senso la
presentazione è sostanzialmente oggettiva? c) da un altro personaggio e in tal senso la presentazione è sostanzialmente
soggettiva? d) il narratore, dal personaggio stesso e da un altro personaggio: si tratta di una
presentazione composita affidata a più persone (narratore, personaggi vari),
ognuna delle quali aggiunge secondo il proprio punto di vista una nota al
ritratto di un determinato personaggio. Costruisci un discorso argomentato.
9. Il personaggio è presentato solo in
modo indiretto, attraverso le sue azioni, i suoi comportamenti, i suoi
discorsi, che il lettore interpreta
come altrettanti indizi del modo di
essere del personaggio stesso.
10. Il tipo di caratterizzazione
introduce aspetti fisici individuali, psicologici individuali, sociali individuali, culturali individuali, ideologici individuali.
11. Quale ruolo ha ciascun personaggio
Laboratorio
Servendoti dei riassunti che hai
effettuato svolgi a tua scelta un articolo o una relazione o un saggio breve
Comunicazione. La scrittura documentata – Per
scrittura documentata si intende una scrittura basata su altri scritti, testi o
fonti da cui attingere, per elaborare un nuovo documento.
La
scrittura documentata muove dunque da una base documentaria
che può essere acquisita:
·
attraverso una ricerca bibliografica
·
ricavata da un singolo testo
·
raccolta attraverso una ricerca sul
campo.
Forme
di scrittura documentata sono l’articolo,
la relazione ed il saggio breve.
La
scelta di un modello di scrittura, tra quelli previsti
dall’esame di stato, presuppone, da parte di chi scrive, la
conoscenza dei requisiti specifici che differenziano un modello di scrittura da
un altro, soprattutto in base
·
alle differenti funzioni comunicative
·
alle diverse norme di trasmissione
del messaggio
·
al contesto
·
allo scopo
·
al punto di vista dell’emittente
·
all’attenzione
·
al destinatario
Riflessioni sulla
lingua. Apposizione – L’apposizione è un
nome che si colloca accanto ad un altro nome, per meglio descriverlo e
determinarlo.
Es.: Il poeta (apposizione del soggetto) G. Leopardi (soggetto) scrisse (predicato verbale) le Ricordanze (complemento oggetto).
Riflessioni sulla
lingua. Complemento di
vocazione – Il complemento di vocazione indica la persona o la cosa personificata[20] che si chiama o
si invoca. Spesso è preceduto dall’interiezione - o.
Es.: O Signore,
aiutami!
Riflessioni sulla
lingua. Avverbio - L’avverbio è una
parte invariabile del discorso che serve a modificare il significato di quelle
parole (verbi, aggettivi, altri avverbi o intere proposizioni) a cui si
affianca.
Sono considerati
avverbi anche le locuzioni avverbiali,
ovvero espressioni formate da più parole, che hanno il significato di un
avverbio (di corsa, alla carlona, di certo, in su, in un batter d’occhio, da
quando, etc.).
Avverbi relativi - Gli avverbi dove e ove
(= nel qual luogo), donde (= dal qual luogo) si dicono
relativi perché oltre a indicare luogo, servono a congiungere due proposizioni,
come i pronomi relativi.
Così pure dovunque
e ovunque
(= in qualsiasi luogo nel quale) e comunque (= in qualsiasi modo nel
quale), hanno significato relativo (come gli indefiniti qualunque, chiunque)
ossia congiungono una proposizione dipendente relativa alla reggente, senza
bisogno di altro relativo.
Es: Mi trovo bene
dovunque vada
Comunque faccia
sbaglio. (Invece di dovunque s’usa dappertutto, se non c’è la relativa: Mi
trovo bene dappertutto).
Quanto singolare si
riferisce solo a cosa e significa “ciò che, tutto ciò che, tutto quello che” I
plurali, quanti, quante, si riferiscono a persone e cose e significano “tutti
quelli che, tutte quelle che”.
Es: Gli do quanto (ciò che) gli spetta.
Quanti (tutti quelli che) verranno saranno i benvenuti.
Chiunque,
chicchessia, pronomi, e l’aggettivo qualunque oltre al valore indefinito di
tutti, ogni, hanno pure valore relativo di tutti quelli che:
Es: Chiunque (tutti
quelli che) tace acconsente
Ti comprerò
qualunque (tutti quelli che) giocattolo tu desideri.
Riflessioni sulla
lingua. Le proposizioni
relative -
Le proposizioni subordinate relative sono proposizioni che completano il senso
del periodo, determinando o espandendo un nome della reggente cui sono
collegate mediante un pronome o un avverbio relativo. Esse svolgono nella frase
la stessa funzione che nella proposizione hanno l’attributo e l’apposizione.
Quando svolgono
questa funzione, le relative sono dette anche attributive o appositive e sono
considerate relative proprie. Quando invece svolgono, nel periodo, la funzione
che nella proposizione hanno i complementi indiretti, sono considerate relative
improprie o circostanziali.
Riflessioni sulla
lingua. La proposizione
relativa propria La proposizione subordinata relativa propria precisa un nome
della reggente cui è collegata mediante un pronome o un avverbio relativi:
Es: Ho letto il
libro che mi hai regalato.
La proposizione
relativa è introdotta:
·
da un pronome relativo[21],
come che, cui, il quale, o misto,
come chi, chiunque:
Es:
Voglio conoscere il ragazzo con cui esci;
Chi ha detto
una cosa simile è un incompetente
·
da un avverbio relativo, come dove, da dove, o relativo
indefinito, come ovunque, dovunque:
Es.: La
città dove vivo è Bologna.
Paolo si
trova bene ovunque vada.
Nella forma esplicita, la relativa ha il
verbo:
·
all’indicativo, quando
esprime un fatto, presentandolo come certo e reale:
Es: Ho
conosciuto una persona che parla perfettamente il russo.
·
al congiuntivo o al
condizionale, quando indica un fatto come incerto, possibile, desiderato,
temuto, ipotizzato e simili:
Es: Ho
bisogno di una persona che parli perfettamente il russo.
Mi è
stata presentata una persona che potrebbe aiutarci.
Nella forma implicita, la relativa ha il
verbo:
·
al participio, presente
o passato, che di fatto può sempre essere risolto in forma di relativa
esplicita:
Es:
Antonio, pur avendo studiato ingegneria, ora fa un lavoro non rispondente alle
sue aspirazioni (= che non risponde alle sue aspirazioni).
Non mi è
ancora arrivato il pacco spedito da Milano sette giorni fa (= che è stato
spedito da Milano sette giorni fa).
·
all’infinito,
introdotto da un pronome relativo in funzione di complemento indiretto:
Es:
Cerco una bella stoffa con cui foderare il divano.
Avete
trovato una baby sitter (a) cui affidare i bambini?
·
all’infinito, preceduto
dalla preposizione da o senza alcuna preposizione. Anche in questo caso, la
relativa implicita è risolvibile in una relativa esplicita:
Es:
Questo è l’abito da portare in tintoria (= che deve essere portato in
tintoria).
Ho
sentito il gatto miagolare (= che miagolava).
Educazione letteraria. Il ruolo dei personaggi - I principali ruoli
che i personaggi possono ricoprire sono:
·
Personaggio principale: è il personaggio
intorno al quale ruota la storia e che dà l’impulso all’azione narrativa.
Possono essere principali anche più personaggi;
·
Personaggi secondari: sono i personaggi
che agiscono sullo sfondo della vicenda narrata; tuttavia essi sono utilissimi
a determinare il contesto, il luogo e a dare informazioni, a creare atmosfere,
insomma a rendere completo il quadro.
I personaggi di un
testo narrativo vanno esaminati anche in relazione ai compiti che sono loro
stati assegnati e che si trovano a svolgere.
Le principali
funzioni sono:
·
Protagonista: è il personaggio principale che è al centro del
racconto, anche quando non compare
direttamente in scena è il centro dei discorsi e delle azioni;
·
Antagonista: è il personaggio
che si oppone al protagonista, che cerca di contrastarlo, ostacolarlo sul piano
delle azioni o che gli si oppone anche
soltanto sul piano psicologico. La ragione dello scontro col
protagonista è in genere la conquista dell’oggetto di attrazione; Spesso proprio l’antagonista determina la rottura
dell’equilibrio che dà inizio alla
vicenda, ma può anche entrare in scena quando ormai l’equilibrio iniziale è
decisamente già rotto. In ogni caso, con il suo comportamento è sempre il
motore dello sviluppo dell’azione.
·
Oggetto: è il personaggio che costituisce lo scopo
dell’impegno o del desiderio del protagonista,
contrastato in ciò dall’antagonista. La sua funzione, in una narrazione, è fondamentale perché spesso è, senza alcuna colpa,
la causa scatenante della vicenda.
·
Aiutante: è quel personaggio
secondario che aiuta il protagonista nella sua azione. Gli aiutanti che
dovrebbero aiutarlo a volte, per i motivi diversi, possono danneggiarlo.
Oppositore: è quel personaggio secondario che ostacola il protagonista nella sua
azione. Di solito l’oppositore è al servizio dell’antagonista di cui quindi è
l’aiutante, ma può anche agire di sua iniziativa. Anche gli oppositori possono essere più di uno e possono trasformarsi
in falsi aiutanti, cambiando campo e passando dalla parte del protagonista.
Pausanias svela a Talos le sue vere origini e gli
consegna l’armatura del suo vero padre Aristarchos. Sconsolato, Talos, o meglio
Kleidemos (è il suo vero nome), va alla sua nuova casa a Sparta e trova la sua
vera madre che però muore per la gioia di abbracciarlo. Quindi Kleidemos, disperato,
si arruola nell’esercito di Sparta e diventa il capo del quarto battaglione.
Egli segue il re Pausanias nei suoi piani per unificare la città fra iloti e
spartani, ma poi Pausanias muore e alla fine cade il progetto.
Kleidemos scopre il contenuto del messaggio del re
Leonidas che è stato rubato e sostituito con uno vuoto da una spia degli Efori.
Il messaggio dice che anche il re Leonidas vuole unificare la città per il
coraggio dimostrato dai servi in guerra. Tutto questo non è stato permesso
dagli Efori e dagli Anziani. Quindi Kleidemos si schiera dalla parte degli
iloti e li porta a Ithome, una città che loro stessi hanno ricostruito. Intanto
Kleidemos fa un figlio con Antinea e lo chiama Aristodemos.
Gli spartani vogliono combattere gli iloti, e ci sono
molti morti e feriti da entrambe le parti, ma dopo alcuni presagi mandati dagli
dei (come il terremoto) gli spartani decidono di ritirarsi concedendo la
libertà agli iloti. Allora Karas, appena saputa la notizia, corre a cercare
Kleidemos, ma trova solo la sua armatura insanguinata senza alcuna traccia del
corpo.
[2]
Valerio Massimo Manfredi, archeologo e scrittore italiano, dopo essersi
laureato in lettere classiche all’Università di Bologna è subito entrato nel
mondo dell’archeologia, specializzandosi in topografia del mondo antico
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Ha insegnato nella stessa
università Cattolica dal 1980 all’86 per poi iniziare una intensa carriera
accademica prima all’Università di Venezia (1987) e dopo presso la Loyola
University of Chicago, all’Ecole Pratique des Hautes Etudes della Sorbona di
Parigi e alla Bocconi di Milano.
Tra gli anni Settanta e gli
Ottanta ha progettato e condotto le spedizioni Anabasi per la ricostruzione sul
campo dell’itinerario della ritirata dei Diecimila, ma sono numerose le sue partecipazioni
a campagne di scavo: Lavinium, Forum Gallorum, Forte Urbano in Italia.
Prestigiose quelle condotte in terra straniera come ad Har Karkom, in Israele e
la Campagna di ricognizione e rilievo con Timothy Mitford sul sito del “Trofeo
dei Diecimila” in Anatolia orientale (2002).
Ha tenuto conferenze e
seminari in alcuni dei più prestigiosi atenei come il New College di Oxford,
University of California Los Angeles, Lectio Magistralis alla National
University of Canberra (Australia), inoltre Lectio magistralis Università
dell’Avana, Cuba, Universidad de Antiochia, Medellin (Colombia), Universidad de
Bilbao, Universidad Internacional Menendez Pelayo (Tenerife) e molte altre.
Ha pubblicato numerosi
articoli e saggi in sede accademica e ha scritto romanzi di grande successo,
tradotti in tutto il mondo (per un totale di circa dodici milioni di copie
vendute a livello internazionale).
Moltissimi i riconoscimenti
ricevuti: nel 2003 Nomina a Commendatore della Repubblica “motu proprio” del
Presidente Carlo Azeglio Ciampi, Il premio Corrado Alvaro Rhegium Julii (2003)
e premio Librai Città di Padova, nel 2004 il Premio Hemingway per la narrativa,
nel 2008 il premio Bancarella e nel 2010 il premio Scanno.
È autore anche di soggetti
e sceneggiature per il cinema e la televisione.
La sua trilogia Alexandros
è stata acquistata da Universal Pictures per una produzione cinematografica e
Dino De Laurentiis ha realizzato L’Ultima legione (Ben Kingsley, Colin Firth,
Aishwarya Rai, Thomas Sangster, regia di Doug Lefler). Ha inoltre partecipato
alla sceneggiatura di September eleven 1687 ispirato alla vita di
Marco D’Aviano e diretto da Renzo Martinelli.
Ha adattato per il cinema
Le Memorie di Adriano di M. Yourcenar per John Boorman.
Valerio Massimo Manfredi
collabora come giornalista scientifico a varie testate in Italia e all’estero.
Ha condotto con successo i programmi televisivi Stargate – linea di confine e
Impero.
[3] Come tutte
le poleis greche, Sparta fu inizialmente
una monarchia.
Sparta fu
fondata in Laconia, nel Peloponneso, intorno all'anno 1000 da
una tribù di Dori.
Si
tratta di una città peculiare, sia per tradizione sia per ordinamento: basti
pensare alla tradizione letteraria, estremamente scarsa e limitata
alla poesia corale celebrativa o, per quanto riguarda la politica
interna, all'assenza di mura difensive, ritenute inutili a fronte della
presenza di soldati allenati.
Sparta,
pur avendo combattuto diverse guerre, tra cui possiamo ricordare
quelle contro i messeni, non si contraddistinsero per la fondazione di
colonie fuori dalla Grecia: l'unica, infatti, è l'odierna Taranto.
Per
quanto riguarda la sua organizzazione sociale e politica, Sparta è rigidamente
divisa in classi sociali: gli Spartiati, i Perieci, e gli Iloti.
Gli Spartiati sono
i discendenti degli antichi conquistatori, cittadini con pieni
diritti, possidenti terrieri e, soprattutto, guerrieri.
I Perieci, i
cosiddetti "abitanti dei dintorni",
sono i discendenti di quelle popolazioni autoctone precedenti
all'arrivo dei conquistatori e che si sono sottomesse ad essi. Sono liberi
e con diritti civili ma non politici e devono sostenere il servizio militare.
Gli Iloti sono
i discendenti dei Micenei che si opposero ai Dori per poi venir
sconfitti e ridotti in schiavitù, sono schiavi legati alla terra e
per questo non vendibili. Trattandosi di un gruppo molto numeroso, vengono
sottomessi col terrore. Va menzionata, a questo proposito, la krypteia, ovvero il rito di
passaggio dall'infanzia all'età adulta dei giovani Spartiati: per un
giorno all'anno i giovani disarmati dovevano uccidere un ilota, uno
qualsiasi incontrato per caso.
In
un secondo tempo, secondo una leggenda, il legislatore Licurgo, introdusse
una costituzione che fu detta licurgica che prevedeva il governo
aristocratico basato su un'oligarchia retta da pochi ricchi. Molto
probabilmente, tale costituzione non fu opera di un solo legislatore, ma fu il
prodotto di una lunga e faticosa evoluzione durata alcuni secoli.
Gli organi della
vita politica di Sparta, previsti dalla costituzione licurgica, erano:
1. due re, per questa ragione si parla di diarchia.
I re avevano il potere assoluto in tempo di guerra, mentre
in tempo di pace erano soggetti al controllo degli Efori. A loro
spettava la celebrazione dei riti sacri. I re, dunque, erano più dei sacerdoti che
dei monarchi. La loro carica era ereditaria. Tuttavia la successione al
trono non spettava al primogenito bensì al primo figlio nato dopo l'ascesa al
trono del padre.
2. l' Apella era
un'assemblea generale formata da tutti gli Spartiati che avevano
compiuto trent'anni. Essa si riuniva una volta al mese, aveva il
compito di eleggere gli Efori e i membri della Gherusia,
approvava o respingeva le leggi proposte dalla Gherusia.
3. la Gherusia era
un consiglio di anziani formato da 28 Spartiati di età
superiore ai 60 anni, detti Gheronti. I Gheronti venivano nominati
dall'Apella tra gli Spartiati appartenenti alle famiglie
più aristocratiche. Essi restavano in carica fino alla morte. I loro
compiti erano quelli di fare proposte di legge e giudicare i
reati più gravi.
4. Gli Efori erano
5 sorveglianti nominati ogni anno dall'Apella. Essi mettevano in pratica le
decisioni prese dall'Apella, controllavano l'educazione impartita ai giovani
Spartiati, controllavano la vita degli Spartiati e potevano chiamare a giudizio
anche i re. Agli Efori dovevano rendere conto i magistrati usciti di carica.
Essi potevano cacciare dalla classe degli Spartiati coloro che erano ritenuti
indegni di appartenere ancora ad essa, condannavano i cittadini a multe,
ammende e alla prigione. Il più anziano degli Efori aveva
il diritto di eponimia, cioè il diritto di dare il proprio nome
all'anno.
[4] Fratello del re Kleomenes,dopo la sua morte viene eletto re
dagli Efori e dagli Anziani,porterà Sparta a combattere alle Termopili contro
Persia;qui lui perderà la vita assieme ad Aristarchos.Scrive un messaggio e
chiede a Brithos,Talos e Aghias di consegnarlo agli Efori,Anziani e al re
Leotichidas.
[5] Talos - È il protagonista assoluto della narrazione. Egli viene
abbandonato dai genitori spartani a causa di una malformazione al piede
sinistro: questa era la dura legge di Sparta. Cresce con Kritolaos e sua figlia
credendo che essi siano i suoi congiunti di sangue. Da ragazzo porta il suo
gregge nei più alti alpeggi, rimanendo esterrefatto quando vede dei guerrieri
passare nelle campagne. Mostra una grande lealtà e forza, prendendo le redini
del suo popolo per combattere gli spartani.
[6] Brithos – È il fratello di Talos ma essendo stati divisi alla nascita
non lo sanno. Vive la sua giovinezza al servizio della polis come un vero
spartano e disprezza coloro che hanno paura di morire; fra i nuovi maggiorenni
lui è il più forte e si sentirà offeso nell'onore quando sarà sconfitto da
Talos durante uno scontro per una ilota.
[7] Kleomenes - Primo re che viene citato nel
racconto dello "Scudo di Talos", grande condottiero e abile guerriero
decide ad un tratto di lasciare la patria, nei suoi ultimi anni di vita ritorna
a Sparta ma considerato come traditore gli Efori decidono di mettere del veleno
all'interno dei cibi mangiati dal re, così alla fine diventato vecchio e pazzo
decide di suicidarsi.
[8] Krios - È il cane di Talos che poi viene
ucciso dal molosso(cane di grandi dimensioni) di Brithos (Melas).
[9] Melas - È il molosso che Aristarchos
regalò al figlio Brithos per il raggiungimento della maggiore età viene poi
sacrificato dalla madre per la sua morte.
[10] Tempio di Hera
[11] I Saci sono un antico gruppo di popolazioni per lo più nomadi
della Siberia e dell'Asia Centrale,
generalmente considerati il ramo orientale degli Sciti e quindi iranici.
[12] Karas - È un ilota che comparirà alla morte
di Kritolaos e aiuterà Talos a crescere. Possiede la conoscenza delle parole
che consentono di togliere la maledizione alla spada del re Aristodemo.
[13] Aghìas - È l'amico più stretto di
Brithos, sarà tra i 3 a cui il re Leonidas, sacrificatosi per la Grecia con il
suo esercito di 300 opliti al Passo delle Termopili, assegnerà il compito di
tornare a Sparta per consegnare un messaggio diretto al Consiglio degli Anziani
e agli Efori; purtroppo Aghìas morirà suicida perché accusato di tradimento e
codardagine da parte del popolo Spartiate.
[14] il traditore che avrebbe mostrato alle truppe
di Serse il passaggio attraverso il quale esse
accerchiarono Leonida alle Termopili (480
a. C.)
[15] Aristarchos – Padre di Brithos e Talos, in una
notte tempestosa abbandona il secondogenito Talos sul monte Taigeto perché nato
con una malformazione al piede; guerriero valoroso, muore nella battaglia delle
Termopili.
[16] Kritolaos - Egli è un pastore ilota che,
assieme al suo cane Krios, fa pascolare gli armenti nelle valli del Taigeto.
Una sera, mentre sta tornando a casa dopo una giornata di
lavoro, trova un fagotto abbandonato sotto una vecchia quercia e si accorge
subito che è un neonato: non potendo abbandonarlo al suo destino, lo porta
nella sua casa chiamandolo Talos. L'anziano pastore, assieme a sua figlia,
cresce il bambino come un figlio, dicendogli che il padre era morto e il suo
piede rattrappito era dovuto ad un errore della levatrice al momento del parto.
Kritolaos ha un ruolo fondamentale nella vita di Talos,
infatti non si limita solo a insegnarli il mestiere del pastore ma, quando il
giovane è ormai un adolescente, gli consegna anche un preziosissimo arco di
corno, appartenuto al suo re, e lo addestra al combattimento.
Kritolaos muore prima che Talos raggiunga la maturità ma,
prima di morire, gli dice prima o poi dovrà indossare l'armatura che lui stesso
gli ha mostrato nel nascondiglio sul monte Taigeto per combattere per il suo
popolo, ma prima sarebbe dovuto venire un uomo cieco da un occhio a togliere la
terribile maledizione che vi gravava sopra.
[17] In italiano : Kleidemo
figlio di Aristarco, Kleomenide.
[18] Enosigeo - epiteto riferito a Poseidone, con il significato di
scuotitore della terra, con riferimento alla capacità di provocare terremoti.
[19] Pelope - Pelope è una figura
della mitologia greca. Egli era figlio di Tantalo e Dione.
Il suo dominio si estese a tutta la penisola greca, che da lui prese il nome
di Peloponneso ; egli fu, inoltre, fondatore dei giochi
olimpici e signore della città greca di Pisa.
[20] Note di
retorica: la prosopopea, o personificazione – È una figura retorica e si ha quando si attribuiscono
qualità o azioni umane ad animali, oggetti, o concetti astratti. Spesso questi
parlano come se fossero persone. È una prosopopea anche il discorso di un
defunto.
Un esempio di prosopopea si
ha nelle Catilinarie di Cicerone in
cui egli immagina che la Patria sdegnata rimproveri Catilina, reo di aver
organizzato una congiura contro di essa.
[21]
I pronomi relativi -
I pronomi relativi sostituiscono un componente della frase, mettendo in
relazione proposizioni diverse. I pronomi relativi possono costituire, a
seconda dell’uso, il soggetto, il complemento oggetto o un complemento
indiretto della proposizione che introducono. Il pronome relativo serve in
genere ad evitare la ripetizione di un componente della frase, detto
antecedente.
Es: Non capisco la donna che sta parlando (che serve a
sostituire la donna).
Questo componente, nella frase principale, gioca il ruolo di
complemento oggetto (non capisco la donna), e costituisce l’antecedente che non
si vuole ripetere, e che è dunque sostituito dal pronome relativo che.
I principali pronomi relativi sono i seguenti:
·
Che: questo pronome assume solo il ruolo sintattico di
soggetto e complemento oggetto.
Es: La donna che vende la verdura è una
mia amica
La donna che vedi è una amica,
che, nella frase subordinata ha nella
prima frase il ruolo di soggetto (‘la donna vende’), nel secondo invece il
ruolo di complemento oggetto (‘vedi la donna’).
Es: il gioco che ho comprato costa
molto.
il libro che leggo è molto
interessante
la gonna che ho comprato è nuova
il ragazzo che sta parlando è un mio
amico.
l’amico che mi ha prestato il libro
mi ha telefonato per riaverlo.
Questo pronome, nella lingua
italiana, non fa dunque distinzioni per il caso come avverrebbe invece in
francese (qui per il soggetto oppure que per il complemento), né si tiene
conto di aspetti semantici come la distinzione tra cose e persone (in inglese,
per esempio, si distinguerebbe tra which
e who oppure whom).
·
Il quale (variabile secondo genere e numero:
la quale, i quali, le quali) Può sostituire che
nel ruolo di soggetto:
Es
Non capisco la donna
la quale sta parlando.
Il vantaggio di questo pronome sta
nel fatto di indicare esplicitamente genere e numero evitando quindi casi
ambigui.
Il quale può inoltre indicare
complementi indiretti se accompagnato da una preposizione:
Es: Non capisco la donna alla quale
avete regalato i libri. (alla quale
indica il complemento di termine).
·
Cui (indeclinabile) Questo pronome indica complementi
indiretti, combinato da una preposizione.
Es:
Non capisco la donna
a cui avete regalato i libri
Questi pronomi differiscono per il
ruolo sintattico che possono svolgere nella proposizione subordinata: soggetto,
complemento oggetto, soggetto, complementi indiretti.
o
Chi
( = colui che, qualcuno che)
o
Quanto
( = ciò che, tutto ciò che, tutto quello che)
o
Chiunque
( = tutti quelli che)
Questi
pronomi non prevedono specificazione dell’antecedente, dato che lo contengono.
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