Benvenuti in Quaderni di Lettere di Massimo Capuozzo

Sono presenti in questo sito le mie lezioni di grammantologia nel corso degli anni collaudate sul campo. Per le parti riguardanti la Storia mi sono valso della collaborazione del Dott. Antonio Del Gaudio

mercoledì 20 gennaio 2016

Le origini greche della filosofia occidentale

1)      Principali discipline filosofiche
Sempre rinnovata,[28] oggi la filosofia si è specializzata in numerose discipline, che si occupano di determinati settori della riflessione filosofica, in alcuni casi confinanti con altre scienze umane.
(tratto da wikipedia)

2)      Filosofia teoretica[modifica | modifica wikitesto]
Oggetto della filosofia teoretica è la conoscenza nel senso più astratto e generale; la possibilità e il fondamento del conoscere umano, e i suoi oggetti più universali e astratti, quali l'essere, il mondo, ecc.
·         Logica: la logica, originariamente, costituisce lo studio delle corrette modalità di funzionamento ed espressione della ragione umana (logos). Essa ha poi assunto il carattere particolare di disciplina che si occupa del corretto argomentare, da un punto di vista meramente formale e simbolico; in questo senso è una disciplina affine alla matematica.
·         Metafisica: la filosofia teoretica ha assunto per un lungo periodo storico il carattere di filosofia prima ovvero metafisica. Essa, letteralmente, è la conoscenza che si rivolge a quegli enti generalissimi che stanno "al di là" degli enti sensibili.
·         Ontologia: l'ontologia si occupa dello studio dell'essere in quanto essere, della sua differenza con l'ente (differenza ontologica), del suo rapporto col nulla, ovvero ciò che non è essere.
·         Epistemologia e gnoseologia: con differenti sfumature, entrambe si occupano dell'analisi dei limiti e delle modalità della conoscenza umana. Soprattutto nella filosofia contemporanea, il concetto di epistemologia riguarda più specificamente la conoscenza scientifica: in questo senso l'epistemologia ha ampie sovrapposizioni con la filosofia della scienza.
·         Filosofia della scienza: specificamente è la riflessione interna alla scienza sul metodo e sulla conoscenza scientifica.
·         Filosofia del linguaggio: è quell'aspetto della filosofia che si occupa di studiare il linguaggio nella sua relazione con la realtà. Correlandosi strettamente alla linguistica e alla logica, essa si occupa della genesi del linguaggio, del rapporto fra senso e significato e della modalità attraverso cui, in generale, il pensiero si esprime.
·         Teologia: è quella specifica disciplina che indaga sull'esistenza di entità superiori (Dio), cercando di stabilire il rapporto di conoscenza che si può avere tra l'ente supremo e l'essere umano.
·         Fisica: diversa dalla fisica scientifica, da cui è stata ormai soppiantata da almeno 4 secoli, in antichità studiava i fenomeni naturali senza servirsi del metodo scientifico.
(tratto da wikipedia)

3)      Filosofia pratica
·         Etica o morale: è il campo d'applicazione pratico della filosofia per eccellenza. Il suo oggetto è l'uomo in quanto essere sociale: essa in particolare si occupa di determinare ciò che è giusto o sbagliato, distinguendo il bene dal male in base a una determinata teoria dei valori o assiologia. L'etica è intesa anche come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà e di determinarne i limiti opportuni.
·         Estetica: è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale o di quello artistico, ovvero del giudizio di gusto. In origine, tuttavia, il termine estetica indicava l'analisi dei contenuti e delle modalità della conoscenza sensibile.
·         Filosofia del diritto: si tratta di una disciplina intermedia fra filosofia e diritto, che si occupa di definire i criteri attraverso cui si forma il sistema delle norme che regolano la convivenza umana, e i principi in base ai quali un sistema giuridico può essere riconosciuto come valido e vigente.
·         Filosofia della politica: oggetto di questa disciplina sono le istituzioni nella loro formazione, soprattutto per ciò che riguarda i fattori che regolano l'instaurazione e il mantenimento del potere nei confronti di coloro che vi sono sottoposti.
·         Filosofia della religione: è la disciplina che si occupa di studiare le caratteristiche delle principali religioni da un punto di vista filosofico, individuandone le caratteristiche costanti e universali e studiando il rapporto dell'uomo con la religione come formazione culturale e storica.
·         Filosofia della storia: la filosofia della storia si occupa della problematica classica del significato della storia e di un suo possibile fine teleologico. Essa si chiede se esista un disegno, uno scopo, un obiettivo o un principio guida nel processo della storia umana. Altre questioni su cui si interroga questa disciplina sono se l'oggetto della storia è la verità o il dover essere, se la storia è ciclica o lineare, o se esiste in essa il concetto di progresso.
(tratto da wikipedia)

4)      Nuove discipline
·         Bioetica: incrociando conoscenze filosofiche con analisi di tipo scientifico, antropologico e medico, si occupa in particolare degli aspetti etici connessi alla vita, umana e non. Problematiche bioetiche essenziali concernono dunque la riproduzione, la nascita, la morte, l'identità genetica, l'ingegneria genetica ecc.
·         Filosofia della mente: sulla scorta delle moderne scoperte scientifiche riguardanti il funzionamento del sistema nervoso umano, si è sviluppata questa disciplina filosofica, che si occupa di indagare il rapporto fra la mente, come forma organizzativa della coscienza, e il cervello come struttura meramente fisica; nonché il rapporto della mente con il corpo e con il mondo.
·         Consulenza filosofica: nasce in Germania, con il nome di Philosophische Praxis, ad opera di Gerd Achenbach eBergisch Gladbach nel maggio del 1981[30] diventando oggetto anche di polemiche da parte sia del mondo della filosofia accademica sia da quello delle pratiche psicoterapeutiche. I sostenitori della consulenza filosofica dichiarano che essa costituisce una peculiare applicazione della filosofia, assimilabile ma non coincidente, con le terapie psicologiche.[31][32]. Michael Zdrenka già nel 1998[33] censiva circa 130 praticanti di questa disciplina, ma da allora il loro numero è probabilmente cresciuto, per lo sviluppo di tale attività in alcuni paesi. Gerd Achenbach, intervistato al riguardo, afferma di conoscerne parecchi soprattutto in Olanda, Israele e America[34]
·         Neurofilosofia: una disciplina che tenta di stabilire un rapporto tra le neuroscienze e la filosofia al duplice scopo di render più chiare le risposte alle domande fondamentali della speculazione filosofica avvalendosi delle scoperte neuroscientifiche e nello stesso tempo fornire alle indagini scientifiche sulla mente strumenti speculativi più precisi che evitino confusioni linguistiche o concettuali.[35][36]
(tratto da wikipedia)


5)      Che cos’è la filosofia
La filosofia è una particolare forma di conoscenza, una particolare espressione della cultura, cioè della coscienza che l’uomo ha di se stesso e della realtà che lo circonda. Gli storici della filosofia ritengono (per le ragioni che vedremo oltre) che essa sia stata creata nell’antica Grecia, a partire dal VI secolo a.C. Quindi per definire la filosofia dobbiamo far riferimento anzi tutto a ciò che i Greci stessi intendevano con questo termine, al significato e alle caratteristiche che essi attribuivano a questa particolare attività del pensiero umano. Successivamente, nel corso della storia, la filosofia ha assunto anche altri significati e altre funzioni, ma la definizione data dagli antichi Greci conserva la sua validità perché identifica i tratti essenziali della filosofia. Quindi, per comprendere che cos’è la filosofia, partiamo dalla definizione fornita dai primi filosofi antichi.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

6) I caratteri essenziali della filosofia antica
La tradizione vuole che il creatore del termine "filo-sofia" sia stato Pitagora: cosa, questa, che, se non è storicamente sicura, è tuttavia verosimile. Il termine è stato certamente coniato da uno spirito religioso, che presupponeva come possibile solo agli dèi una sophia (σοϕία = sapienza), ossia un possesso certo e totale del vero, mentre riservava all’uomo solamente una tendenza alla sophia, un continuo avvicinarsi al vero, un amore di sapere mai appagato del tutto, da cui, appunto, il nome "filo-sofia", ossia "amore di sapienza". Che cosa intesero i Greci con questa amata e ricercata "sapienza"? Fin dal suo primo nascere, la filosofia presentò i seguenti tre connotati, riguardanti:
a) il suo contenuto;
b) il suo metodo;
c) il suo scopo.
Per quanto concerne il contenuto, la filosofia vuole spiegare la totalità delle cose, ossia tutta quanta la realtà, senza esclusione di parti o di momenti. La filosofia si distingue pertanto dalle scienze particolari, che si chiamano così appunto perché si limitano a spiegare parti o settori della realtà, gruppi di cose o di fenomeni” (p.e. la matematica studia soltanto i numeri; la fisica studia i corpi materiali, la biologia studia gli organismi viventi, la zoologia studia gli animali, la botanica i vegetali, l’astronomia le stelle e i pianeti ecc.). Tuttavia la realtà totale non può essere conosciuta e spiegata semplicemente elencando tutti gli elementi che sono contenuti in essa, infatti sarebbe impossibile redigere un elenco completo, ed inoltre un elenco di tal genere, anche se potesse essere realizzato, non spiegherebbe la struttura della realtà, l’organizzazione della realtà totale. Quindi la filosofia, per conoscere e spiegare l’intera realtà, ne cerca le cause prime, o il primo principio, o gli aspetti universali. Infatti già i primi filosofi ricercavano «il principio (arché - ἀρχή ) di tutte le cose», e anche Aristotele, concepisce la filosofia come la scienza dei primi principi e delle prime cause, ossia delle cause di tutto l’essere, come la scienza più universale. “Si trova però nella storia della filosofia un altro concetto della filosofia stessa: è quello della filosofia come impostazione e soluzione del problema della vita: che significato, che valore ha la vita umana? e in che modo l’uomo può condurre una vita buona e può realizzarsi, raggiungendo la felicità? Ma i due problemi - quello dell’essere nella sua totalità, e quello della vita umana – sono strettamente connessi, perché l’uomo fa parte del tutto, e risolvere il problema del tutto significa anche risolvere il problema dell’uomo, del valore della vita umana; infatti, per sapere quale significato ha la vita umana bisogna vedere da dove essa proviene e dove termina (sono io il prodotto di forze cieche o di una provvidenza ordinatrice? Il termine della mia vita è il nulla o è il conseguimento di un’altra vita, più intensa e più alta?) Per rispondere a questa domanda dobbiamo svolgere tutta la filosofia, dobbiamo studiare tutta la realtà. Per questo la filosofia, pur nella sua apparente astrazione, incide così profondamente sulla vita. Non è indifferente per la vita morale di un uomo la filosofia che egli professa, mentre è indifferente il suo grado di conoscenza in fatto di matematica o di chimica.”
Per quanto concerne il metodo, la filosofia mira ad essere spiegazione puramente razionale di quella totalità che ha come oggetto. Ciò che vale in filosofia è l’argomento di ragione, la motivazione logica, il logos (λόγος). Non basta alla filosofia constatare, accertare dati di fatto, adunare esperienze: la filosofia deve andare oltre il fatto, oltre le esperienze, per trovare la causa o le cause solo con la ragione. È proprio questo il carattere che conferisce "scientificità" alla filosofia. Si dirà che tale carattere è comune anche alle altre scienze, le quali non sono mai mero accertamento empirico, ma sono sempre ricerca di cause e di ragioni; ma la differenza sta nel fatto che le scienze particolari, come abbiamo già detto, sono ricerche razionali di realtà particolari e di settori particolari, la filosofia, invece, è ricerca razionale di tutta la realtà (del principio o dei princìpi di tutta quanta la realtà). E, con questo, viene chiarita anche la differenza fra filosofia, arte e religione. Anche la grande arte e le grandi religioni mirano a cogliere il senso della totalità del reale, ma lo fanno, l’una, con il mito e la fantasia, l’altra, invece, con la credenza e con la fede, mentre la filosofia cerca la spiegazione della totalità del reale appunto a livello di logos.” Riguardo a questo va notato che, prima della nascita della filosofia, la sapienza degli antichi Greci, (e anche la sapienza degli altri popoli antichi), era espressa e tramandata soprattutto attraverso i miti narrati nelle opere letterarie: i miti erano racconti (e non argomentazioni) nei quali i popoli trovavano risposta ai grandi interrogativi sull’origine dell’universo, dell’uomo, della società e delle leggi, sulla divinità e sui rapporti tra gli uomini e gli dei, sul destino dell’uomo, sul bene e sul male. Tutte le credenze religiose erano fondate sui miti. L’origine dei miti era remota e avvolta dal mistero, e si tendeva ad attribuire ai miti un’origine divina e a credere nei miti. Il mito non era un discorso argomentativo che poteva essere compreso razionalmente ed eventualmente discusso e criticato, era invece un racconto che doveva essere accettato e creduto. La filosofia greca nasce proprio differenziandosi dalla mitologia, criticandola, respingendo il credere senza ragioni, e propone invece spiegazioni che si reggono su argomentazioni razionali, e che pertanto possono essere valutate, discusse e criticate da tutti gli esseri umani.
Lo scopo o il fine della filosofia sta nel puro desiderio di conoscere e di contemplare la verità. La filosofia greca è, insomma, disinteressato amore di verità. Gli uomini - scrive Aristotele - nel filosofare «ricercarono il conoscere al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica». E infatti la filosofia nasce solo dopo che gli uomini hanno risolto i problemi fondamentali della sussistenza e si sono liberati delle più urgenti necessità materiali. «È evidente dunque - conclude Aristotele - che noi non ricerchiamo la filosofia per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa, e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, diciamo libera: essa sola è fine a se stessa». È fine a se stessa perché ha di mira la verità, la quale è cercata, contemplata e fruita come tale.” L’aggettivo Teoretica con cui si qualifica la filosofia designa esattamente la sua finalità puramente conoscitiva e il suo carattere disinteressato. Tuttavia il fatto che la filosofia sia “teoretica”, cioè disinteressata e priva di utilità pratica, non comporta che essa sia del tutto inutile e superflua. Essa non è asservita a scopi utilitaristici, ma possiede una grande rilevanza morale e politica. Infatti la concezione della realtà intera e dell’esistenza umana incide profondamente sulla vita morale degli uomini, sui loro comportamenti individuali e collettivi. Inoltre occorre precisare che nell’antichità molti filosofi hanno attribuito alla filosofia lo scopo di guidare gli uomini alla “vita buona” e alla felicità, le hanno quindi assegnato una funzione etica: la filosofia dunque non cerca solo la sapienza (la conoscenza della verità), ma cerca anche la saggezza, cioè l’arte di vivere bene. Soprattutto nella tarda antichità (nel periodo ellenistico e nel periodo dell’impero romano) il filosofo è stato identificato con il saggio, colui che sa fronteggiare i mali della vita e sa conservarsi libero e sereno anche nelle circostanze più ostili ; in tal senso la filosofia è stata anche considerata una via di “salvezza” ed è stata avvicinata alla religione. “Questi tre connotati della filosofia (contenuto, metodo e scopo) rendono evidente l’assoluta originalità di questa creazione greca. Anche i popoli orientali ebbero una "sapienza" che tentava di interpretare il senso di tutte le cose (il senso dell'intero), e che non era asservita a scopi pratici. Ma tale sapienza era intrisa di rappresentazioni fantastiche e mitiche e questo la riportava nella sfera dell’arte, della poesia o della religione. Nell'aver tentato questo approccio con il tutto facendo uso della sola ragione (del logos) e del metodo razionale, sta, in conclusione, la grande scoperta della greca "filo-sofia". Una scoperta che ha condizionato strutturalmente e in maniera irreversibile tutto l’Occidente.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

7) La filosofia come bisogno primario dello spirito umano
Ma perché l’uomo ha sentito il bisogno di filosofare? Gli antichi rispondevano che tale bisogno si radica in maniera strutturale nella stessa natura dell’uomo: «Tutti gli uomini - scrive Aristotele - per natura aspirano al sapere». E ancora: «L’esercitare la sapienza e il conoscere sono desiderabili per se stessi dagli uomini: non è possibile, infatti, vivere da uomini senza queste cose». E gli uomini tendono al sapere perché si sentono pieni di "stupore" o di "meraviglia". Dicono Platone e Aristotele: «Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porre problemi sempre maggiori, come i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri e poi i problemi riguardanti l'origine dell’intero universo». Dunque, proprio questa "meraviglia", la quale sorge nell’uomo che si pone nei confronti del Tutto (dell’intero) e si chiede quale sia l’origine e il fondamento di esso e quale posto occupi egli stesso in questo universo, è la radice della filosofia. E se così è, la filosofia è ineliminabile e irrinunciabile, appunto perché è ineliminabile la meraviglia di fronte all’essere, così come irrinunciabile è il bisogno di soddisfare ad essa. Perché c'è questo tutto? Da che cosa è sorto? Qual è la sua ragion d’essere? Sono problemi, questi, che equivalgono al seguente: perché c'è l'essere e non il nulla? E un momento particolare di tale problema generale è anche il seguente: perché c'è l’uomo? perché io esisto? Come è evidente, si tratta di problemi che l’uomo non può non porsi, o, comunque, sono problemi che, nella misura in cui vengono rifiutati, menomano colui che li rifiuta. E sono problemi che mantengono il loro senso preciso anche dopo il trionfo delle scienze particolari moderne, perché nessuna di queste è fatta per risolverli. Le scienze rispondono solamente a domande sulla parte e non a domande sul senso del "tutto". Per queste ragioni, dunque, potremmo ripetere, con Aristotele, che, non solo in origine, ma anche ora, e sempre, la vecchia domanda sull’intero ha senso, e avrà senso, fino a quando l’uomo proverà "meraviglia" di fronte all’essere delle cose e di fronte al proprio esserci.” “Prima di intraprendere lo studio della storia della filosofia è bene aver presente il significato di alcuni termini che ricorrono continuamente in questa disciplina, termini che saranno afferrati in tutta la loro portata solo alla fine del Corso, ma di cui è possibile avere una comprensione preliminare.
¨ Storicamente parlando, la filosofia («amore del sapere», dal greco ϕιλέω, «amare» e σοϕία, «sapienza») si è configurata come un’indagine critica e razionale intorno agli interrogativi di fondo che l’uomo si pone circa se stesso e le realtà che lo circondano. Gli ambiti problematici in cui si è articolato il discorso dei filosofi dell’Occidente, a cominciare da quelli del mondo antico, sono rappresentati soprattutto dalla metafisica, dalla gnoseologia e dall’etica.
¨ Per metafisica (dal greco μετὰ τα ϕυσικὰ, «dopo la fisica») si intende quella parte della filosofia che si interroga sulle strutture ultime e sulle cause supreme delle cose. All’inizio, con i presocratici, la metafisica ha preso le sembianze della cosmologia (dal greco κόσμος, «universo» e λόγος, «discorso, ragione, pensiero»), ossia di un’indagine intorno all’universo naturale e ai princìpi che lo costituiscono. In seguito, soprattutto con Aristotele, si è presentata soprattutto nelle vesti dell’ontologia (dal greco ὢν-ὄντος participio presente di εἶναι, «essere» e λόγος), ossia di una trattazione intorno all’essere o alla realtà in generale. Strettamente connessa alla metafisica è la teologia (dal greco θεός, «Dio» e λόγος), che si interroga intorno all’esistenza di Dio. In altri termini, la metafisica è quella sezione del pensiero filosofico che si è storicamente concretizzata in domande del tipo: «quali sono i princìpi e gli elementi di base dell’universo?», «che cos’è l’essere e quali sono le sue strutture di fondo?», «esiste o meno un Dio?», «l’ordine del cosmo obbedisce ad un piano intelligente o è frutto di una necessità meccanica?» ecc.
¨ Per gnoseologia (dal greco γνῶσις, «conoscenza» e λόγος) si intende quella parte della filosofia che si occupa dei problemi relativi alla genesi, alla natura e alla validità della conoscenza. Infatti, i filosofi non si sono interrogati solo intorno alla struttura della realtà, ma anche sui mezzi tramite cui la conosciamo. La gnoseologia o teoria della conoscenza si concretizza in domande del tipo: «da dove provengono le nostre cognizioni?»,  «quali relazioni sussistono fra i sensi e la ragione?», «che valore hanno i nostri concetti?», «quali sono le garanzie di un sapere vero?» ecc. Connessa in qualche modo alla gnoseologia è la logica (dal greco λόγος) la quale, almeno nella accezione greca del termine si occupa di ciò che concerne i nostri discorsi e le modalità attraverso cui formuliamo i nostri ragionamenti.
¨ L’etica (dal greco ἔθος, «abitudine») o morale (dal latino mos «costume, modo di vita») è quella parte della filosofia che studia il nostro comportamento e le norme cui esso obbedisce, sia descrivendo come di fatto agiamo, sia prescrivendo come dovremmo agire. In altri termini, l’etica è quella sezione del pensiero filosofico che si è storicamente concretizzata in domande del tipo: «quali sono i motivi che spingono gli individui ad agire?», «che cos’è il bene?», «qual è il fine ultimo di tutte le nostre azioni?», «che cos’è la felicità?», «da dove possiamo ricavare le norme ispiratrici della nostra condotta?» ecc. Strettamente connessa all’etica è la filosofia politica che si occupa (in modo descrittivo e prescrittivo) dei problemi relativi alla vita associata, concretizzandosi in questioni del tipo: «qual è il fine dello Stato?», «quali sono le forme ottimali di governo?», «chi deve comandare?», «che cos’è la giustizia, che cos’è la libertà?» ecc.
¨ Parallelamente a queste tematiche la filosofia ha storicamente affrontato altre questioni: dal problema delle leggi (filosofia del diritto), a quello dell’arte e della bellezza (estetica, dal greco αἴσθησις, «sensazione» ); dal problema del linguaggio (filosofia del linguaggio) a quello della scienza (epistemologia, dal greco ἐπιστήμη , «scienza»,); dal problema dell’uomo e del suo posto nel mondo (antropologia, dal greco ἄνθρωπος, «uomo») a quello della civiltà e della storia (filosofia della storia) ecc.
¨ Oltre a questi termini che indicano settori e aspetti della ricerca filosofica, va chiarita l’espressione filosofia teoretica (oppure speculativa), che sta a indicare il carattere puro e disinteressato della ricerca filosofica, finalizzata alla conoscenza della verità in se stessa, senza obiettivi pratici o finalità utilitaristiche. Da ciò la vastità e ricchezza del discorso filosofico, il quale appare come un aspetto costitutivo di ciò che denominiamo con il termine “uomo”, al punto che Platone affermava che non si può essere uomini senza essere, in qualche modo, filosofi. Ecco taluni passi di Abbagnano che esemplificano la stretta connessione fra esistere e filosofare: «La filosofia non si giustifica come lavoro d’indagine o ricerca dottrinale, se non la si riconosce formata sulla natura stessa dell’uomo, in quanto esistenza», «Trattare oggi della natura della filosofia significa ritenere già fermamente stabilito un punto essenziale: la necessità per l’uomo, per ciò che egli è, per ciò che deve essere, del filosofare», «Filosofare significa per l’uomo, in primo luogo, affrontare ad occhi aperti il proprio destino e porsi chiaramente i problemi che risultano dal proprio rapporto con se stesso, con gli altri uomini e con il mondo».”
(tratto da Che cos’è la filosofia)

8) La filosofia come creazione del genio ellenico
La filosofia, sia come termine sia come concetto, è considerata dalla quasi totalità degli studiosi come una creazione peculiare dei Greci. In effetti, tutte le altre componenti della civiltà greca hanno un corrispettivo presso altri popoli dell’Oriente che raggiunsero anteriormente o parallelamente ai Greci livelli di progresso assai elevati; infatti credenze e culti religiosi, manifestazioni artistiche di varia natura, conoscenze e abilità tecniche, istituzioni politiche, organizzazioni militari esistevano anche presso i popoli orientali che si affacciarono alla civiltà prima dei Greci.
Per quanto concerne la filosofia, invece, noi ci troviamo di fronte a un fenomeno così nuovo che non soltanto non ha un corrispettivo identico presso questi popoli, ma che non ha nemmeno qualcosa di analogo e di paragonabile con la filosofia greca. Rilevare tutto ciò significa riconoscere che in questo campo i Greci diedero alla civiltà qualcosa che essa non aveva , e che – come vedremo – si sarebbe rivelata di tale portata rivoluzionaria da mutare il volto alla civiltà medesima. Se non si tiene ben presente tale concetto, è impossibile comprendere perché la civiltà occidentale, sotto la spinta dei Greci, abbia preso una direzione completamente differente da quella dell’Oriente. In particolare, non si può comprendere perché la scienza sia potuta nascere solamente in Occidente e non in Oriente; infatti gli Orientali, quando hanno voluto beneficiare della scienza occidentale e dei suoi risultati, hanno dovuto far proprie anche alcune categorie della logica occidentale, ed è stata proprio la filosofia greca che ha creato queste categorie e questa logica, ossia un modo di pensare e una mentalità del tutto nuovi, ed è stata la filosofia, con le sue categorie razionali, a render possibile la nascita della scienza e , in certo senso, a generarla. E riconoscere questo significa riconoscere ai Greci il merito dì aver apportato un contributo davvero eccezionale alla storia della civiltà.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

9) L’impossibilità di una derivazione della filosofia dall’Oriente
Naturalmente, non sono mancati, sia da parte di alcuni antichi, sia da parte di storici della filosofia moderni (specie nell’età romantica), tentativi di far derivare la filosofia greca dall’Oriente, soprattutto sulla base di generiche analogie constatabili tra le concezioni dei primi filosofi greci e certe idee proprie della sapienza orientale. Tuttavia, nessuno è riuscito in questo intento, e la critica rigorosa, già a partire dalla fine del XIX secolo, ha addotto una serie di argomentazioni incontrovertibili contro la tesi della derivazione della filosofia dei Greci dall’Oriente:
·         In epoca classica nessuno dei filosofi né degli storici greci fa il minimo accenno ad una derivazione della filosofia dall’Oriente.
·         Noi non siamo a conoscenza di qualche utilizzazione da parte dei Greci di scritti orientali né di traduzioni dei medesimi.
·         Se anche si potesse dimostrare che qualche idea dei filosofi greci abbia antecedenti nella sapienza orientale, e che da questa sia potuta derivare, non cambierebbe la sostanza del problema che stiamo discutendo. Infatti, i popoli orientali con i quali i Greci vennero a contatto possedevano, sì, una forma di "sapienza" fatta di convinzioni religiose, miti teologici e "cosmogonici", ma non una scienza filosofica basata sulla pura ragione; perciò, dal momento in cui la filosofia nacque in Grecia, rappresentò una nuova forma di espressione spirituale, tale che, nell’istante stesso in cui accoglieva i frutti di altre forme di vita spirituale, li trasformava strutturalmente, dando loro una forma rigorosamente logica.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

10) Le cognizioni scientifiche egizie e caldaiche e la trasformazione operata dai Greci
Dagli Orientali i Greci presero, invece, alcune conoscenze scientifiche. Infatti: dagli Egizi derivarono alcune conoscenze matematico-geometriche; dai Babilonesi alcune cognizioni astronomiche.
Ma anche quelle nozioni sono state radicalmente trasformate dai Greci proprio a livello conoscitivo.
·         Per quanto ci risulta, la matematica egizia consisteva prevalentemente nella conoscenza di operazioni di calcolo aritmetico aventi scopi pratici, come ad esempio il modo di misurare certe quantità di derrate alimentari, oppure di dividere un determinato numero di cose fra un dato numero di persone. E così, analogamente, la geometria doveva avere carattere prevalentemente pratico e rispondere, ad esempio, alla necessità di rimisurare i campi dopo le periodiche inondazioni del Nilo, o alla necessità della progettazione e della costruzione delle piramidi. Tuttavia, è chiaro che gli Egizi, nel raggiungere quelle conoscenze matematico-geometriche, esplicarono una attività di ragione, e anche assai considerevole. Ma nella rielaborazione dei Greci quelle conoscenze divennero qualcosa di assai più consistente, compiendo un vero e proprio salto di qualità. Essi, infatti, soprattutto con Pitagora e i Pitagorici, trasformarono quelle nozioni in una teoria generale e sistematica dei numeri e delle figure geometriche, andando assai al di là degli scopi prevalentemente pratici cui gli Egizi sembrano essersi limitati.
·         La stessa considerazione vale per le nozioni astronomiche. I Babilonesi le elaborarono a scopi prevalentemente pratici, ossia per fare gli oroscopi e le predizioni; i Greci le purificarono e le coltivarono a fini prevalentemente conoscitivi, in virtù di quello spirito "teoretico" mirante all'amore della pura conoscenza, da cui nacque e trasse alimento la filosofia.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

11) I poemi di Omero, di Esiodo e i poeti gnomici
Gli studiosi sono concordi nel ritenere che, per poter capire la filosofia di un popolo e di una civiltà, è indispensabile far riferimento:
·         all’arte, infatti la grande arte tende a raggiungere in maniera mitica e fantastica, ossia mediante l’intuizione e l’immaginazione, obiettivi che sono propri anche della filosofia.
·         alla religione che, analogamente all’arte, tende a raggiungere per via di fede certi obiettivi che la filosofia cerca di raggiungere con i concetti e con la ragione.
·         alle condizioni socio-politiche di questo popolo infatti non meno importanti (e oggi si insiste molto su questo punto) sono le condizioni socio-economiche e politiche che spesso condizionano il nascere di determinate idee e che, in particolare, nel mondo greco, creando le prime forme della libertà istituzionalizzata e della democrazia, hanno reso possibile appunto il nascere della filosofia, che della libertà si alimenta in maniera essenziale.
Incominciamo dal primo punto. Anteriormente alla nascita della filosofia i poeti ebbero grandissima importanza nell’educazione e nella formazione spirituale dell’uomo greco, assai più di quanto essi l’avessero presso altri popoli. La prima grecità cercò alimento spirituale prevalentemente nei poemi omerici, ossia nell’Iliade e nell’ Odissea (che, come è noto, esercitarono un influsso analogo a quello che la Bibbia esercitò presso gli Ebrei, non essendoci in Grecia testi sacri). Ora, i poemi omerici contengono alcune peculiarità che li differenziano dai poemi che stanno all’origine della civiltà di altri popoli e contengono già alcuni di quei caratteri dello spirito greco che risulteranno essenziali per la creazione della filosofia.
·         Infatti, Omero ha un forte senso dell’ armonia, della proporzione, del limite e della misura;
·         non si limita a narrare una serie di fatti, ma ne ricerca anche le cause e le ragioni (sia pure a livello mitico-fantastico);
·         cerca in vario modo di presentare la realtà nella sua interezza, sia pure in forma mitica (dei e uomini, cielo e terra, guerra e pace, bene e male, gioia e dolore, totalità dei valori che reggono la vita dell’uomo).
Molto importante fu poi, per i Greci, Esiodo con la sua Teogonia, che narra la nascita di tutti gli dei. E poiché molti dei coincidono con parti dell’universo e con fenomeni del cosmo, la teogonia diventa anche cosmogonia, ossia spiegazione mitico-poetica e fantastica della genesi dell’universo e dei fenomeni cosmici, a partire dal Caos originario, che fu il primo a generarsi. Questo poema spianò la strada alla successiva cosmologia filosofica, che cercherà con la ragione, e non più con la fantasia, il “principio primo” da cui tutto si è generato. E lo stesso Esiodo, con l’altro suo poema Le opere e i giorni, ma soprattutto i poeti successivi impressero nella mentalità greca alcuni principi che saranno di grande importanza per il costituirsi dell’etica e in genere del pensiero filosofico antico. La giustizia viene esaltata come valore supremo in molti poeti e diventerà addirittura concetto ontologico (concernente l’essere, cioè fondamentale), oltre che morale e politico, in molti filosofi e specialmente in Platone. Un altro concetto i poeti lirici fissarono in maniera stabile: quello del limite, ossia del né troppo né troppo poco, vale a dire il concetto della giusta misura, che costituisce il connotato più peculiare dello spirito greco e il centro del pensiero filosofico classico. Ricordiamo, da ultimo, una sentenza, attribuita a uno degli antichi saggi e incisa sul tempio di Delfi sacro ad Apollo: “Conosci te stesso”. Questa sentenza, che fu famosissima fra i Greci, diverrà non solo il motto del pensiero di Socrate, ma addirittura il principio basilare del sapere filosofico greco fino agli ultimi Neoplatonici.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

12) Le due forme della religione greca
La seconda componente cui bisogna fare riferimento per capire la genesi della filosofia greca, come abbiamo detto sopra, è la religione. Ma quando si parla di religione greca bisogna distinguere tra la religione pubblica, che ha il suo modello nella rappresentazione degli dèi e del culto dataci da Omero, e la religione dei misteri. Fra queste due forme di religiosità ci sono numerosi elementi comuni (come, ad esempio, la concezione di base politeistica), ma anche importanti differenze che diventano addirittura, in alcuni punti salienti (come, ad esempio, nella concezione dell’uomo, del senso della sua vita e dei suoi destini ultimi), vere e proprie antitesi. Per spiegare la nascita della filosofia sono molto importanti ambedue le forme di religione, ma - almeno per certi aspetti - ancor più la seconda.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

13 Alcuni tratti essenziali della religione pubblica (olimpica).
Per Omero e per Esiodo, che costituiscono il punto di riferimento per le credenze proprie della religione pubblica, si può dire che tutto quanto è divino, perché tutto ciò che accade viene spiegato in funzione di interventi degli dei. I fenomeni naturali sono promossi da numi: tuoni e fulmini sono scagliati da Zeus dall’alto dell’Olimpo, i flutti del mare sono sollevati dal tridente di Posidone, il sole è portato dall’aureo carro di Apollo, e così di seguito. Ma anche la vita associata degli uomini, le sorti delle città, le guerre e le paci sono immaginate come collegate agli dèi in modo non accidentale e talora addirittura essenziale. Ma chi sono questi dèi? Come da tempo gli studiosi hanno riconosciuto e messo in evidenza, questi dèi sono forze naturali personificate in forme umane idealizzate, oppure sono forze ed aspetti dell’uomo sublimati e calati in splendide sembianze antropomorfe. (Oltre agli esempi sopra addotti, ricordiamo che Zeus è la personificazione della giustizia, Atena dell’intelligenza, Afrodite dell’amore, e così via.) Questi dei sono, dunque, uomini amplificati e idealizzati, e, pertanto, differenti dall’uomo comune solo per quantità e non per qualità (infatti gli Dei sono immortali e potenti, ma possiedono gli stessi caratteri fisici, psichici e morali degli uomini, possiedono perfino le passioni e i vizi degli uomini; non c’è nella religione olimpica greca l’idea di una perfezione morale degli dei, di una bontà e di un amore verso gli uomini connaturato alle divinità, gli dei anzi – come possono essere nemici fra di loro – così possono essere ostili agli uomini, perfino invidiosi della felicità umana! e il culto che gli uomini offrono agli dei ha lo scopo di ottenere i loro favori, la loro protezione, ma anche di allontanare la loro ira). Per questo gli studiosi classificano la religione pubblica dei Greci come una forma di naturalismo, in quanto essa richiede all’uomo non di mutare la propria natura, ossia di elevarsi al di sopra di se medesimo, ma, al contrario, di seguire la propria natura. Fare in onore degli dei ciò che è conforme alla propria natura è tutto quanto si richiede all'uomo. E come naturalistica fu la religione pubblica greca, così naturalistica fu la prima filosofia greca, e il riferimento alla natura rimase una costante del pensiero greco nel corso di tutto il suo sviluppo storico. Aggiungiamo che nella concezione religiosa omerica la vera vita dell’uomo è la vita terrena, infatti non c’è una vita migliore dopo la morte: al massimo c’è la sopravvivenza nell’Ade di un tenue residuo personale che rimpiange dolorosamente la luce del Sole; perciò l’uomo non deve vivere in funzione della vita ultraterrena, ma deve cercare di vivere pienamente e di realizzarsi nella breve vita terrena, e la massima realizzazione umana consiste nella conquista della gloria, grazie alla quale colui che muore rimane vivo nella memoria dei posteri.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

14) L’Orfismo e le sue credenze essenziali
Ma la religione pubblica non fu sentita da tutti i Greci come soddisfacente (infatti essa non garantiva una salvezza ultraterrena, e alla maggior parte delle persone era preclusa quella forma di realizzazione terrena data dalla gloria), e per questo si svilupparono, presso cerchie ristrette, i misteri, aventi proprie credenze specifiche (sia pure inserite nel generale quadro del politeismo) e proprie pratiche. Fra i misteri influirono sulla filosofia greca soprattutto quelli orfici, e di questi dobbiamo brevemente parlare. L'Orfismo e gli Orfici derivano il loro nome dal poeta tracio Orfeo, il presunto fondatore, i cui tratti storici sono interamente ricoperti dalla nebbia del mito. L'Orfismo è particolarmente importante perché, come gli studiosi moderni hanno riconosciuto, introduce nella civiltà greca un nuovo schema di credenze e una nuova interpretazione dell'esistenza umana. Infatti, mentre la tradizionale concezione greca, a partire da Omero, riteneva l’uomo mortale e poneva la fine totale della sua esistenza appunto con la morte, l’Orfismo proclama l’immortalità dell’anima e concepisce l’uomo secondo lo schema dualistico che contrappone il corpo all’anima. Il nucleo delle credenze orfiche può essere riassunto come segue.
·         Nell’uomo alberga un principio divino, un demone (anima), caduto in un corpo a motivo di una colpa originaria.
·         Questo demone non solo preesiste al corpo, ma non muore col corpo, ed è destinato a reincarnarsi in corpi successivi (non solo di esseri umani, ma anche di animali), per espiare quella colpa originaria.
·         La "vita orfica" con i suoi riti e le sue pratiche è la sola in grado di porre fine al ciclo delle reincarnazioni e di liberare, così, l’anima dal corpo. N.B. La reincarnazione (o metempsicosi) in questa concezione non è considerata un bene, infatti essa prolunga “l’esilio” e la penitenza dell’anima, il vero bene consiste invece nella liberazione del demone-anima dalla vita corporea.
·         Per chi si è purificato (per gli iniziati ai misteri orfici), nell’al di là vi è un premio (così come per i non iniziati vi sono punizioni). In alcune laminette orfiche trovate nei sepolcri dei seguaci di questa setta si leggono - tra l’altro - queste parole che riassumono il nucleo centrale della dottrina: «Rallegrati, tu che hai patito la passione: questo prima non l’avevi ancora patito. Da uomo sei nato Dio»; «Felice e beatissimo, sarai Dio anziché mortale»; «Da uomo nascerai Dio perché dal divino derivi». Il che significa che il destino ultimo dell'uomo è quello di «ritornare ad essere presso gli dèi».
Con questo nuovo schema di credenza, l’uomo vedeva per la prima volta contrapporsi in sé due principi fra loro in contrasto e in lotta: l’anima (demone) e il corpo (come tomba o luogo di espiazione dell’anima). Si incrina, così, la visione naturalistica; l'uomo comprende che alcune tendenze legate al corpo sono da reprimere, e la purificazione (o liberazione) dell’elemento divino da quello corporeo diviene lo scopo del vivere.
Da ciò deriva l’ASCETISMO, cioè l’insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti che servono per liberare l’anima dagli istinti e dai bisogni corporei (ASCESI in greco significa lotta, e indica appunto la lotta dell’anima contro il corpo). Ora, si tenga presente questo. Senza l'Orfismo non si spiega Pitagora, non Eraclito, non Empedocle, e, non si spiega una parte essenziale del pensiero di Platone e poi di tutta la tradizione che deriva da Platone, il che significa che non si spiega una grossa parte della filosofia antica, come avremo modo di vedere meglio più avanti.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

15) Mancanza di dogmi e dei loro custodi nella religione greca
Un'ultima notazione è necessaria. I Greci non ebbero libri sacri o ritenuti frutto di divina rivelazione. Essi, di conseguenza, non ebbero una dogmatica (cioè un nucleo dottrinale) fissa ed immodificabile. I poeti, come abbiamo visto, costituirono il veicolo di diffusione delle loro credenze religiose. Inoltre (e questa è una ulteriore conseguenza della mancanza di libri sacri e di una dogmatica fissa), in Grecia non poté nemmeno sussistere una casta sacerdotale custode del dogma (i sacerdoti in Grecia ebbero scarsa rilevanza e scarsissimo potere, perché né ebbero la prerogativa di conservare i dogmi, né ebbero il monopolio delle offerte religiose e dell’officiatura dei sacrifici).
Questa mancanza di dogmi e di custodi dei medesimi lasciò ampia libertà al pensiero filosofico, il quale non incontrò quegli ostacoli che avrebbe trovato in paesi orientali, dove la libera speculazione avrebbe trovato resistenza e restrizioni difficilmente superabili. Perciò gli studiosi giustamente sottolineano questa circostanza favorevole alla nascita della filosofia che si verificò presso i Greci, e che, nell’antichità, non ha uguali.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

16) Le condizioni socio-politico-economiche che favorirono il sorgere della filosofia
Gli studiosi, già nel secolo scorso e soprattutto nel nostro secolo, hanno giustamente messo l’accento anche sulla libertà politica di cui beneficiarono i Greci rispetto ai popoli orientali. L’uomo orientale era tenuto a una cieca obbedienza non solo al potere religioso ma altresì a quello politico, mentre il Greco anche a questo riguardo godette di una situazione privilegiata, perché, per primo nella storia, riuscì a darsi libere istituzioni politiche.
Nei secoli VII e VI a.C. la Grecia subì una trasformazione socio-economica considerevole. Da paese prevalentemente agricolo quale era si trasformò, sviluppando in misura sempre crescente l’artigianato ed il commercio. Fu così necessario fondare centri di smistamento per il commercio, che sorsero dapprima nelle colonie ioniche, in particolar modo a Mileto, e poi anche altrove. Le città divennero fiorenti centri commerciali, e questo comportò un incremento demografico cospicuo. Il nuovo ceto di commercianti e di artigiani raggiunse a poco a poco una notevole forza economica e si oppose all’accentramento del potere politico, che era nelle mani della nobiltà terriera. Con le lotte che i Greci ingaggiarono per trasformare le vecchie forme aristocratiche di governo nelle nuove forme repubblicane, nacquero le condizioni, il senso e l’amore della libertà. Ma c'è un fatto molto importante da rilevare, che conferma quanto ora si è detto, nel modo migliore: la filosofia nacque prima nelle colonie che non nella madrepatria - e, precisamente, prima nelle colonie d’Oriente dell’Asia Minore (a Mileto) e subito dopo nelle colonie d’Occidente dell’Italia meridionale - appunto perché le colonie con la loro operosità e con i loro commerci raggiunsero per prime il benessere, e, a causa della lontananza dalla madrepatria, poterono darsi libere istituzioni prima di quest’ultima. Furono, dunque, le più favorevoli condizioni socio-politico-economiche delle colonie che, unitamente ai fattori illustrati nei precedenti paragrafi, permisero il sorgere e il fiorire in esse della filosofia, la quale poi, passata nella madrepatria, raggiunse le più alte vette ad Atene, cioè proprio in quella città in cui fiorì la più grande libertà di cui i Greci abbiano goduto. Dunque, la capitale della filosofia greca fu la capitale della libertà greca.
Un ultimo rilievo resta da fare. Col costituirsi e consolidarsi della Polis, cioè della Città-Stato, il Greco non sentì più alcuna antitesi e alcun vincolo alla propria libertà; anzi, fu portato a cogliere se medesimo essenzialmente come cittadino. L'uomo, per il Greco, venne a coincidere con il cittadino medesimo. E così lo Stato divenne e rimase fino all'età ellenistica l'orizzonte etico dell'uomo greco. I cittadini sentirono i fini dello Stato come propri fini, il bene dello Stato come il proprio bene, la grandezza dello Stato come la propria grandezza, la libertà dello Stato come la propria libertà. Se non si tiene presente questo, non si può capire gran parte della filosofia greca, in particolare l’etica e tutta la politica dell’età classica, e poi anche i complessi rivolgimenti dell'età ellenistica.
(tratto da Che cos’è la filosofia)

17) Le fasi e i periodi della storia della filosofia antica
La filosofia antica greca e greco-romana ha una storia più che millenaria. Parte dal secolo VI a.C. e giunge fino al 529 d.C., anno in cui l’imperatore Giustiniano fece chiudere le scuole pagane e fece disperdere i loro seguaci. In questo arco di tempo si possono distinguere i seguenti periodi.
·         Il periodo naturalistico, caratterizzato dal problema della physis (cioè della natura) e del cosmo, e che tra il VI e il V secolo a.C. vede succedersi gli Ionici, i Pitagorici, gli Eleati, i Pluralisti e i Fisici eclettici.
·         Il periodo cosiddetto umanistico, che coincide, in parte, con l’ultima fase della filosofia naturalistica e con la dissoluzione della medesima e che ha come protagonisti i Sofisti e soprattutto Socrate, il quale per la prima volta cerca di determinare l’essenza dell'uomo.
·         Il momento delle grandi sintesi di Platone e di Aristotele, che coincide con il secolo IV a.C., e risulta caratterizzato soprattutto dalla scoperta del soprasensibile e dalla esplicitazione e dalla organica formulazione di vari problemi della filosofia.
·         Segue il periodo caratterizzato dalle Scuole Ellenistiche, che va dalla conquista di Alessandro Magno alla fine dell’era pagana, e che vede il sorgere dei grandi movimenti dell’Epicureismo e dello Stoicismo, caratterizzati dalla finalità prevalentemente etica che essi attribuiscono alla filosofia.
·         Il periodo religioso del pensiero antico-pagano si svolge ormai quasi per intero in epoca cristiana ed è caratterizzato soprattutto da una grandiosa rinascita del Platonismo, che culminerà con il movimento neoplatonico. Il rifiorire delle altre scuole sarà condizionato in vario modo dal Platonismo medesimo.
·         In questo periodo nasce e si sviluppa il pensiero cristiano che tenta di formulare razionalmente la dottrina della nuova religione e di definirla alla luce della ragione con categorie derivate dai filosofi greci. Questo momento del pensiero antico non costituisce, però, un coronamento del pensiero dei Greci, ma segna, piuttosto, la messa in crisi e il superamento del loro modo di pensare, e, così, prepara la civiltà medievale e le basi di quello che sarà il pensiero cristiano "europeo". Pertanto, questo momento del pensiero, pur tenendo ben presenti i legami che esso ha con l’ultima fase del pensiero pagano, va studiato a sé stante, appunto come pensiero antico-cristiano, e va considerato come premessa e come fondazione del pensiero e della filosofia medievali.”
(tratto da Che cos’è la filosofia)

18) La formazione della civiltà greca
Per comprendere la situazione politica e sociale della Grecia del VI sec. a.C., occorre analizzare le tappe attraverso le quali si è formata questa civiltà.
Prima dell'arrivo delle popolazioni indoeuropee, che la colonizzeranno a partire dal 2000 a.C., la Grecia è divisa in una zona continentale, più arretrata, e in una zona costiera e di isole, relativamente più progredita. I primi nomadi che vi giunsero si divisero presto in due gruppi: uno si insediò nel nord e si dedicò alla pastorizia, mentre l'altro si stabilì al sud e sviluppò l'agricoltura. Proprio questo secondo gruppo diede luogo, fondendosi con gli Egei e assorbendo influssi cretesi, alla civiltà micenea, la prima testimonianza storica di una grande civiltà in Grecia.
La struttura politica dei Micenei era basata sull'appartenenza al clan e non al territorio, caratteristica questa che permarrà a lungo nella cultura greca e che si riscontrerà anche nella polis.
Ben presto i Micenei divennero abili imprenditori e mercanti il cui successo era legato alla grande produzione di bronzo (avevano monopolizzato il controllo del rame di Cipro e dello stagno del Caucaso).
Con la crisi generale legata al decadere dell'impiego del bronzo, ai Micenei subentrarono i Dori, i quali padroneggiavano le armi di ferro e si insediarono nel nord ellenico.
I Micenei, a differenza degli imperi orientali antichi, avevano creato un modello civile che dava più spazio e importanza al singolo individuo, anche perchè i problemi organizzativi che dovettero affrontare erano più semplici di quelli incontrati dai paesi orientali molto più densamente popolati dei primi. Essi diffusero la struttura detta mègaron (casa con tetto a due spioventi) che anticipa la struttura del tempio greco classico.
I Dori, di carattere tenace e votato ad una rigida disciplina, costrinsero le popolazioni ioniche, dalla mentalità più libera e attenta alle esigenze del singolo, ad emigrare verso le coste dell'Asia Minore, portando con loro la cultura micenea e le sue tradizioni. Qui essi fonderanno numerose città che si arricchiranno grazie ai commerci con i vicini paesi orientali.
Durante questo periodo, definito medioevo ellenico, viene adottato dai greci l'alfabeto dei Fenici, fatto di sole consonanti, al quale essi aggiungono le vocali. L'organizzazione sociale è basata sui clan e, successivamente, su tribù più ampie rette da capi molto potenti: a favorire un'organizzazione sociale così frammentaria contribuì molto l'eccessivo frazionamento del territorio. L'attività più diffusa era quella agricola, mentre si registra un abbandono dell'artigianato e del commercio.
Nell'VIII sec. a.C. si affermano le repubbliche aristocratiche, guidate da grandi famiglie nobili che si erano arricchite grazie ai possedimenti fondiari e alle guerre: queste si riunirono ben presto a formare una casta chiusa che si impadronì del potere per esercitarlo ai danni delle classi più povere, costrette a subire gravi ingiustizie soiali.
In questo contesto nasce la polis (prima nelle colonie dell'Asia Minore poi nella penisola): con questo termine si intende la città-stato, ovvero una piccola comunità statale che abbraccia città e contado e il cui elemento essenziale non è il territorio, ma la comunità dei cittadini. Si ritiene che vi sia stata una certa continuità tra la polis e la precedente struttura tribale.
Tra il 750 e il 550 a.C. assistiamo ad una seconda migrazione, dovuta questa volta essenzialmente a motivi  economici: il territorio greco si rivelò infatti povero di materie prime e di nutrimenti, per cui era facile il sovrappopolamento e quindi si rendeva necessario emigrare e fondare colonie in zone più fertili.
A questi motivi va aggiunta l'incapacità politica dello Stato gentilizio di trovare soluzione ai conflitti sociali fra ricchi e poveri. I governi erano estranei ai primi viaggi di colonizzazione, per cui questi risultarono spesso male organizzati. Da parte di chi partiva, una volta giunti sul luogo in cui sarebbe nata la nuova polis, cessavano tutte le distinzioni basate sulla vecchia nobiltà e si costruiva una società in cui l'unico criterio di distinzione era il valore personale. Visto il successo di queste spedizioni, in un secondo tempo anche i governi presero parte all'organizzazione dei viaggi. Molte delle nuove colonie da agricole si trasformarono presto in centri di traffico, basti pensare a Mileto che divenne un punto di partenza per le migrazioni verso il Mar Nero. Verso la fine del VI sec. questa espansione fu bloccata a occidente dagli etruschi e a oriente dai persiani.
(tratto da homolaicus.com)

19) Conseguenze sociali della colonizzazione
Questa espansione del mondo greco provocò l'afflusso di molte ricchezze che contribuirono alla nascita di una classe media economicamente indipendente, che ben presto si trovò in lotta con gli aristocratici. L'economia ellenica divenne mercantile e manifatturiera, grazie anche alla diffusione della moneta, introdotta per la prima volta dagli Ioni dell'Asia Minore nel VII sec a.C.. A differenza dei Persiani, che tesaurizzavano le ricchezze, i Greci investivano il denaro per creare nuova ricchezza. I centri più produttivi erano situati nelle colonie dell'Asia Minore ( Mileto per i tappeti, Mègara per i tessuti, Samo per la metallurgia), le città si ampliarono e si sviluppò l'arte nautica. Gli aristocratici solo in alcuni casi scelsero di entrare in affari, ritenendo più degne del loro ceto sociale la pirateria, la difesa militare delle polis e lo sfruttamento dell'altrui attività.
Le classi sociali emergenti tolsero ben presto però il monopolio della difesa militare della polis agli aristocratici, introducendo l'arruolamento dei cittadini. Il nuovo esercito (falange) poggiava sulla fanteria e sulla sua forza d'urto, anzichè sul vecchio duello cavalleresco. Era ormai inevitabile che il ceto emerso da questi cambiamenti ambisse a ricoprire ruoli più importanti nella gestione della polis.
L'esistenza di una borghesia ricca accanto all'aristocrazia non aveva eliminato il problema di una classe di poveri sfruttati (contadini), ma anzi, sfruttando proprio questo malcontento, la borghesia si alleò con il popolo per insidiare i privilegi della nobiltà. Il valore su cui si basava il nuovo ceto sociale era il denaro (censo) e proprio su questo esso voleva fondare un'organizzazione comunitaria (timocrazia). Il primo passo in questa direzione fu costituito da un'intensa attività legislativa, che non riuscì però ad eliminare le profonde disuguaglianze sociali. Ben presto la crisi fra latifondisti e piccoli proprietari da una parte e borghesia e popolo dall'altra riesplose, rendendo necessario l'intervento di principi assoluti (tiranni).
Nonostante il giudizio negativo dei greci dell'età classica, questa fu una fase storica nella quale fu garantito il rispetto di certe regole e in cui molti poveri poterono migliorare la loro situazione economica: i tiranni infatti erano nemici dell'aristocrazia e in molti casi alleati del popolo, anche se finivano per perseguire pur sempre un interesse privato. Certo è che questa fase storica contribuì a rafforzare le istituzioni statali, tanto che rappresentò il ponte verso la successiva fase democratica di molte polis (Sparta, che non visse questa fase, rimase ancorata ad una struttura oligarchica conservatrice, mentre ad Atene si realizzarono strutture democratiche).
(tratto da homolaicus.com)

20) Il panellenismo e la religione greca
Come abbiamo già avuto occasione di notare, nel popolo greco non si era formata un'unità politica, ma solo la coscienza di appartenere ad un unico gruppo etnico e linguistico. A differenza degli orientali, dei quali pure hanno subito l'influsso, i greci hanno un carattere particolarista che favorisce l'inventiva personale e non ama l'accentramento del potere nelle mani di pochi. Altro elemento unificante è la religione, di cui il mito costituisce il filo conduttore; bisogna inoltre notare che manca una casta sacerdotale che detiene il potere attraverso l'elaborazione di dogmi di fede, per cui l'autorità del mito viene affidata ai poeti.
Per i greci il mito era religione, poesia e filosofia, ovvero un modo di pensare i problemi dell'esistenza attraverso immagini simboliche: è questo un elemento che va tenuto presente per capire la nascita della riflessione filosofica in questo contesto.
A costituire una coscienza religiosa comune contribuì la partecipa-zione ai giochi sacri panellenici.
Il tipo di religione diffuso fra gli aristocratici non soddisfaceva però le esigenze del popolo, per cui presto ci fu un'apertura agli influssi religiosi orientali: si diffusero così le pratiche misteriche che prospettavano la sopravvivenza dell'anima nell'aldilà e una sua redenzione (problema questo poco sentito dalla religione olimpica, protesa all'esaltazione del corpo e dei valori terreni e che quindi era lontana dai problemi dei poveri). Molto successo ebbe allora il culto di Dioniso, al quale si opponeva la versione spirituale dell'orfismo: è in quest'ultima che troviamo, per la prima volta in Grecia, il concetto di caduta e una serie di dogmi. Sarà l'orfismo a sopravvivere al crollo delle tirannidi, proprio perchè più aperto alle esigenze di diverse classi sociali, dal momento che non distingueva fra ricchi e poveri.
La religione in Grecia conosce diverse fasi di sviluppo, ma è difficile stabilire esattamente le sue radici storiche in quanto non si hanno molti elementi a disposizione: non è possibile, per esempio, sapere quanto abbiano influito culti di origine indoeuropea e quanto la cultura cretese-micenea.
Solo a partire dal X sec. a.C. sino alla vittoria del cristianesimo (IV) sec. disponiamo di documenti esaurienti. Emergono nei primi secoli presenze di totemismo, culti attinenti alle arti e ai mestieri e forme di magia malefica e curativa. Vi erano poi rituali per soli uomini o per sole donne (forse ai giochi olimpici le donne non erano ammesse).
Tranne una breve parentesi, la sepoltura dei morti (inumazione) è sempre stata praticata, anzi il destino delle anime dei morti era legato più alla corretta esecuzione della sepoltura che alla condotta in vita da parte del defunto (come testimoniano i poemi di Omero).
Tutti questi elementi sono tipici della fase tribale, mentre con la formazione e l'ascesa al potere delle famiglie aristocratiche, si diffuse il culto degli eroi (evoluzione della più antica forma della venerazione degli antenati, per cui ora anziché adorare ciascuno il proprio eroe, alcuni eroi popolari, spesso guerrieri, vengono imposti alla massa). Oltre a questi continuavano a essere diffusi culti locali agrari, specialmente tra le masse popolari.
La fase successiva vede la diffusione del culto degli dei protettori della polis ; si tratta di un culto ufficiale statale e obbligatorio per tutti i cittadini, i quali sotto questo aspetto erano quindi privati di ogni libertà, basti pensare al caso di Socrate che fu condannato perchè si rifiutava di adorare questi dei (dei protettori che possiamo considerare a ragione gli antenati dei nostri santi protettori). Accanto agli dei locali vi erano anche quelli panellenici, venerati in tutta la Grecia e facenti parte del pantheon (in genere si ricorreva alla protezione dei primi nelle guerre fra polis e ai secondi quando si combatteva contro altre nazioni).
Il culto degli dei locali era il riflesso delle vecchie divisioni politiche all'interno della Grecia, mentre la tendenza all'unificazione fra gli  dei appartenenti al pantheon e i  culti locali rispecchia l'accentramento economico e culturale dell'epoca delle polis.
E' interessante notare l'uso politico che venne fatto, in diverse circostanze, di questi culti: valga per tutti l'esempio dei tiranni che appoggiarono il culto agrario di Dioniso, caro alle masse popolari, nella lotta contro l'aristocrazia che tentava invece di imporre il culto degli eroi.
Occorre accennare anche all'esistenza di alcuni dei che incarnavano singoli concetti astratti (Plutone = abbondanza). Per quanto riguarda poi la credenza nel destino non si tratta di una credenza popolare, ma di una speculazione filosofico-mitologica dell'aristocrazia nella fase di disgregazione delle antiche usanze dell'ordinamento tribale.
(tratto da homolaicus.com)

21) Mitologia
Accanto ai miti che sono personificazioni di elementi naturali, fenomeni della natura, troviamo le cosmogonie (Esiodo), dalle quali è però assente il motivo della creazione divina, mentre vi si trova invece una concezione ciclica del tempo. Così pure non troviamo nemmeno un mito sull'origine dell'uomo. Altri miti conosciuti sono quelli culturali, personificazioni del genio umano, di fondatori di città o legislatori: in questo modo, essendo sempre questi personaggi degli aristocratici, l'aristocrazia circondava di un'aureola di sacralità i propri privilegi.
Altri miti su eroi culturali furono quelli che elevarono artisti e poeti (Omero), leggende che esaltavano una professione e la volevano legare ad una famiglia in particolare. Occorre notare che la mitologia greca aveva dei caratteri particolari che la distinguevano dalle altre allora diffuse: gli dei greci infatti non erano altro se non l'idealizzazione della figura umana a cui veniva aggiunta l'immortalità. Facevano eccezione i miti importati dall'oriente.
I miti di Esiodo si rivolgevano alle classi povere per offrire loro una consolazione alle miserie in cui erano costrette a vivere, mentre quelli omerici si rivolgevano ad un pubblico aristocratico: i motivi di questa diversità vanno ricercati nella diversa estrazione sociale dei due poeti.
Il clero in Grecia non si è mai costituito come casta o ceto chiuso e questo fatto ha reso più facile la nascita di una riflessione laica sulla natura; inoltre  non vi era nemmeno l'oppressione religiosa diffusa in oriente La carica di sacerdote poteva essere elettiva o ereditaria; veniva richiesta la castità, fatto questo che spingeva molti giovani sacerdoti a lasciare l'incarico appena raggiunta la maturità. Siccome i templi avevano una loro economia e possedevano terreni, i sacerdoti amministravano grosse somme di denaro, spesso prestandolo in cambio di interesse, per cui il tempio fungeva da banca e il sacerdote diveniva un usuraio.
Il culto era comunque molto frammentario, se si eccettuano alcuni culti di carattere panellenico. Risulta comunque chiaro che questi venivano utilizzati quali strumenti politici per guidare il popolo a fare certe scelte (basti pensare al potere degli oracoli, manovrati da sacerdoti molto abili in politica e in grado quindi di suggerire mosse politiche finalizzate al conseguimento di fini personali).
(tratto da homolaicus.com)

22) Orfici e pitagorici
Un discorso a parte meritano questi culti, apparsi nel VI sec. a.C., che influenzeranno molto la nascente filosofia. Di tipo settario, l'Orfismo risente di influssi filosofico-religiosi di tipo orientale e possiede propri libri sacri in cui si parla di un dio morto e risorto; inoltre  offre anche, per la prima volta, un mito sull'origine dell'uomo (sarebbe nato dalla cenere dei titani, bruciati da Giove perchè avevano ucciso Zagreo-Dioniso il quale, tra l'altro, risorgerà). L'orfismo divenne la religione dei pitagorici, i quali non erano semplicemente una setta religiosa, ma anche il partito politico dell'aristocrazia e una scuola filosofica. Caratteristiche dell'orfismo furono la dottrina della trasmigrazione delle anime, la venerazione del sole e del fuoco, una visione magica dei numeri.
Un elemento fondamentale, per il futuro sviluppo delle religioni salvifiche, è la diffusione dei misteri eleusini: questi, da culti agrari locali, si trasformarono ben presto in culti molto diffusi, grazie alla loro offerta di una speranza di felicità per la vita nell'aldilà che non si poteva trovare negli altri culti greci. E' probabile quindi che la loro diffusione (VI sec.a.C.), in un'epoca in cui il malessere dei ceti più poveri andava aumentando, sia dovuta al desiderio dell'aristocrazia di distrarre l'attenzione di quella classe sociale dai problemi terreni.
Una cosa analoga era accaduta per Dioniso, culto agrario locale ripreso dagli orfici che lo identificarono con Zagreo e lo considerarono un salvatore.
In Grecia non attecchirono il misticismo orientale e l'abitudine di divinizzare il re, tranne durante l'ellenismo, fase di generale crisi dei valori in cui elementi stranieri penetrarono con maggior facilità.
L'influsso della religione sulla filosofia risulta evidente in Talete, dove l'idea di un'origine del mondo dall'acqua richiama il mito di Oceano, padre di tutto ciò che esiste; Socrate e Platone, per esporre meglio il loro pensiero, fecero ricorso spesso al mito; il neoplatonismo è chiaramente un sistema religioso-filosofico.
Al tempo stesso in Grecia troviamo una concezione atea della vita che non ha eguali nel mondo di allora, basti pensare all'ironia di Omero sugli dei ( Platone, nel suo stato ideale, voleva proibirne la lettura per l'immoralità) e alle critiche e ai dubbi degli autori delle tragedie (Euripide, basandosi sull'esistenza dell'ingiustizia sulla terra, giunse a negarne l'esistenza). Ma soprattutto la filosofia si fece portatrice di un razionalismo anti-religioso che trovava nella "materia in movimento" la spiegazione di ogni cosa. Per il suo ateismo Anassagora fu cacciato da Atene e le sue opere bruciate.
(tratto da homolaicus.com)

23) La nascita della filosofia
Nel contesto della cultura greca il significato del termine filosofia oscilla tra due poli estremi: da un lato esso indica la cultura in generale e l'educazione; dall'altro indica una determinata disciplina scientifica che ha per oggetto i princìpi primi, le strutture generali dell'essere e dio.
Una tesi molto diffusa vuole che l'origine della filosofia in Grecia sia dovuta ad un preponderante influsso orientale. Contro questa spiegazione si schiera Zeller, il quale mostra come, alla luce dei documenti in nostro possesso, tale tesi non sia sostenibile. Troppe sono infatti le differenze fra il pensiero orientale e quello greco, per cui risulta abbastanza chiaro che la filosofia in Grecia è da considerarsi un fenomeno indigeno.
Presso gli orientali non troviamo per esempio nessuna spiegazione naturalistica delle cose, ma solo miti e cosmogonie; inoltre, mentre presso gli orientali il sapere era monopolio della casta sacerdotale, in Grecia esso è libero perchè, come abbiamo detto sopra, non esiste nulla di simile ad una gerarchia sacerdotale ( i cristiani dovranno infatti prendere l'impero romano come modello della loro struttura gerarchica). Se influsso vi è stato quindi, questo non può dirsi determinante.
Detto questo, Zeller individua i fattori che possono aver stimolato la nascita della filosofia in una serie di elementi tipici della società greca di quell'epoca: la posizione geografica di ponte fra Europa e Asia; lo spirito amante del bello e del sapere; una religione che non pone ostacoli allo sviluppo della riflessione, ma anzi la favorisce; una struttura politica che garantisce un certo margine di libertà ai cittadini; un commercio in costante sviluppo e che richiedeva lo sviluppo di una riflessione che potesse essergli utile; un primo tentativo di spiegare i fenomeni secondo una visione naturalistica presente nei miti di Omero e di Esiodo.
Nel VI sec. a.C. la contrapposizione fra mito e logos, dove il primo è suffragato dalla tradizione mentre il secondo da operazioni logiche della mente, costringerà il primo ai soli ambiti della religione e della poesia.
La riflessione filosofica non coinvolse il pensiero di larghe masse di uomini, ma ebbe la sua base sociale in una minoranza progressista appartenente alla classe dominante. Furono questi intellettuali a togliere l'alone sacrale che ricopriva le cose per scoprire l'oggettività dei fenomeni.
La nuova cultura, che i primi filosofi creano, deve rispondere ad una serie di problemi nuovi, nati nelle città ioniche del VI sec. a.C.: occorre cioè ricostruire il contesto naturale e storico a misura della città. E' chiaro infatti che questi problemi difficilmente sarebbero potuti sorgere in una società agricola, quale era quella greca precedente, dove la natura consisteva nell'insieme dei fenomeni che non dipendono dall'uomo, e tutto si risolveva nel culto della divinità e nel rituale. E' proprio la città a compiere quella rottura che toglie l'uomo dal contatto con la natura e lo porta ad inventare nuovi mestieri e un modo diverso di vivere e di strutturarsi socialmente. Il filosofo allora prenderà il posto che nell'antica società tribale era occupato dal sacerdote, e cioè quello di depositario del sapere.

(tratto da homolaicus.com)