Benvenuti in Quaderni di Lettere di Massimo Capuozzo

Sono presenti in questo sito le mie lezioni di grammantologia nel corso degli anni collaudate sul campo. Per le parti riguardanti la Storia mi sono valso della collaborazione del Dott. Antonio Del Gaudio

venerdì 29 dicembre 2017

Storia - Classe II - modulo 2 - unità 3 e 4

«Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37).

 

3. L’alba del Cristianesimo - Le origini del Cristianesimo si perdono nel Giudaismo: i primi cristiani erano e volevano rimanere ebrei, e Gesù stesso non pensò mai, probabilmente, di fondare una nuova religione.

Solo con la predicazione ai pagani si pose il problema di distinguere tra cristiani (che avevano accolto la predicazione di Cristo) ed ebrei (che non l’avevano accolta). È, infatti, ad Antiochia - una comunità di convertiti dal paganesimo - che la stessa parola cristiano fa la sua comparsa.

 
a) L’ambiente del Nuovo Testamento - Ai tempi di Gesù, il Giudaismo era assai più variegato di quanto non si presenti ai nostri giorni: esistevano, infatti, vari gruppi - diversi per costumi, credenze e interessi politici - spesso in aperto contrasto tra loro.
·         I sadducei riconoscevano la Torah (la Legge, ovvero i primi cinque libri della Bibbia) accanto alle altre scritture bibliche. Dal punto di vista dottrinale, non credevano nella resurrezione né in una vita ultraterrena.
·         I farisei, al contrario riconoscevano, accanto alle Scritture, una tradizione rabbinica orale, fatta da loro risalire a Mosè. Dal punto di vista dottrinale, credevano in una vita ultraterrena e nella resurrezione dei morti.
·         Gli zeloti erano una setta di orientamento messianico-politico[1]. Praticavano una tenace resistenza armata contro i romani che, all’epoca, occupavano la Palestina.
·         Una nota a parte meritano gli esseni, un altro gruppo settario di tipo messianico, mai nominati nel Nuovo Testamento. Il gruppo fu fondato da un sacerdote che, lasciata Gerusalemme, si era recato nel deserto, nei pressi del Mar Morto.
Vi erano anche altri gruppi, come i samaritani (abitanti della Samarìa) che riconoscevano la sola Torah e non esercitavano il culto del Tempio di Gerusalemme, e i terapeuti, numericamente meno rilevanti.
 
T 1 Ama il prossimo tuo come te stesso
Dal Vangelo di San Luca, capitolo 10
1.      Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo, dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio». Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: «Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino». Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma[2] sarà trattata meno duramente di quella città. Guai a te, Corazìn[3], guai a te, Betsàida[4]! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da qualche tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao[5], sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».
2.      I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni[6] si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
3.      In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
4.      E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
5.      Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
6.      Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».

Comprensione del testo
1.       Riassumi a parole tue in sei brevi sequenze il brano di San  Luca
Analisi del testo: natura ed analisi formale[7].
1.       A quale genere letterario[8] appartiene il testo? A quale sottogenere letterario appartiene il testo? Rispetto alla definizione tradizionale del genere letterario o del sottogenere, che cosa mantiene e che cosa trasforma?
2.       Dal punto di vista sintattico, prevalgono costruzioni[9] difficili, elaboratissime, o espressioni colloquiali? Una volta individuata la prevalenza, spiegane le motivazioni.
3.       Dal punto di vista sintattico, prevalgono frasi lunghe o frasi brevi?
4.       Sono frasi ricche di proposizioni subordinate o prevale là coordinazione: perché fa ricorso a questa struttura sintattica?
5.       Quando prevalgono le frasi più complesse, di ampio respiro e quando prevalgono frasi più brevi?
 
b) Gesù e la sua predicazione - La predicazione di Gesù (durata circa tre anni, intorno all’anno 30) fu di portata rivoluzionaria. Il Vangelo (dal greco euagghlion, lieto annuncio) sovvertiva drasticamente l’impostazione rigida della morale del tempo, così come sovvertiva il legalismo farisaico, fatto di una moltitudine di regole e leggi che arrivavano spesso a schiacciare l’individuo.
Per questo motivo fu osteggiato e infine condannato a morte e crocifisso. Gesù si proclamò come il Messia atteso dagli ebrei e annunciato dai profeti nelle Scritture, predicò una morale fondata sulla totale libertà dell’uomo, piuttosto che sulla rigida osservanza di regole e precetti.

T 2 Filippo e Pietro evangelizzano la Samaria
Dagli Atti degli Apostoli
1.      Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola.
2.      Filippo, sceso in una città della Samaria[10], predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.
3.      Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la magia e faceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un grande personaggio. A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano: «Costui è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande». Gli prestavano attenzione, perché per molto tempo li aveva stupiti con le sue magie. Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche lo stesso Simone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a Filippo. Rimaneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano.
4.      Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
5.      Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: «Date anche a me questo potere perché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli rispose: «Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro, perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio! Non hai nulla da spartire né da guadagnare in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Convèrtiti dunque da questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonata l’intenzione del tuo cuore. Ti vedo infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci dell’iniquità». 
6.      Rispose allora Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto». Essi poi, dopo aver testimoniato e annunciato la parola del Signore, ritornavano a Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi dei Samaritani.

Comprensione del testo
1.       Riassumi a parole tue in sei brevi sequenze il brano di San  Luca.
2.       Individua gli scarti culturali presenti nel testo, e per ciascuno scarto, indicane la definizione, dopo una ricerca o mediante inferenza[11].
LABORATORIO
Analisi del testo
1.       Individua tutti i nomi primitivi, derivati[12] e alterati[13] presenti nel brano
2.       I nomi primitivi sono pochi: elenca quelli presenti nel brano, definiscine la radice e di qualcuno costruiscine per quello che puoi la famiglia di parole
3.       Qual è il tema centrale del componimento e com’è esposto? Quali sono, se ci sono, i temi secondari e come sono esposti?
4.       Quali sono i nessi di relazione fra il tema-centrale e gli eventuali temi secondari?
5.      Analizza in dettaglio, enunciandone però la trattazione, una situazione o un personaggio o qualche particolare immagine presente nel brano, spiegandone la relazione con il tema centrale del componimento.
Per approfondire
Procurati una carta fisica della Palestina e con l’aiuto di pastelli, individua la Galilea, la Giudea e la Samaria e poi con una breve ricerca indica quando si sono formati questi tre stati  

c) La predicazione degli Apostoli - Dopo la morte di Gesù, i primi discepoli cominciarono subito ad organizzarsi. La predicazione fu dapprima diretta ai soli ebrei per poi aprirsi anche ai gentili, i greci e gli altri non ebrei. Molti discepoli si recarono per questo fino ai luoghi più sperduti del mondo allora conosciuto.
Una menzione a parte merita su questo punto l’operato dell’Apostolo S. Paolo che riuscì ad organizzare e dirigere un grande numero di comunità, da Roma all’Asia minore.
Comunità di convertiti dal paganesimo nacquero così ad Antiochia, a Corinto, a Roma e in altri grandi centri del tempo.
 
d) Il Concilio di Gerusalemme - Un avvenimento particolarmente importante a cui Paolo partecipa è il Concilio di Gerusalemme (o Apostolico).
Negli Atti degli Apostoli, Luca racconta del conflitto che Paolo e Barnaba (dunque la chiesa di Antiochia) dovettero affrontare con «alcuni, venuti dalla Giudea», i quali «insegnavano ai fratelli questa dottrina: “Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosè, non potete esser salvi”». In pratica, alcuni esponenti della chiesa-madre di Gerusalemme, giunti ad Antiochia sostenevano che, per poter diventare cristiani, bisognava prima diventare ebrei (farsi circoncidere e sottomettersi alla Torah).
Per dirimere la questione, che aveva suscitato tensione e disorientamento, era stato deciso che Barnaba e Paolo presentassero il problema alla chiesa di Gerusalemme.
Il Concilio affrontò due problemi: la circoncisione e le questioni relative ai cibi. Nel fare ciò il suo intento era di porre l’accento sulla rottura del cristianesimo dal giudaismo senza che il collegio apostolico e presbiterale di Gerusalemme imponesse delle condizioni ai convertiti dal paganesimo. Luca ci presenta Pietro come colui la cui voce prevale nella questione della circoncisione e Giacomo come la personalità influente che decide la questione delle leggi relative ai cibi. Il contributo di Paolo al Concilio è soltanto implicito ed indiretto. Nella narrazione lucana, egli non accetta passivamente una decisione, ma gioca un ruolo attivo nel formarla.
Riunita per la prima volta in assemblea (apostoli e anziani) la comunità di Gerusalemme – per bocca di Giacomo, dopo l’intervento di Pietro – aveva stabilito: «non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani, ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dall’impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue»; dunque non è necessario per i cristiani che provengono dal paganesimo essere circoncisi e diventare ebrei per salvarsi, ma è sufficiente il rispetto di alcune direttive di purità alimentare (come quella di astenersi dal sangue) prescritte dalla legge di Mosè.
Questa decisione di fatto apre le porte della missione ai non ebrei, “premiando” la linea della chiesa di Antiochia, che diventerà sempre più – con Paolo protagonista – il centro propulsore della missione alle genti.
Il Concilio Apostolico rappresenta la svolta decisiva, quando cioè il collegio apostolico e presbiterale di Gerusalemme riconosce ufficialmente l’evangelizzazione dei gentili: in tal modo la Chiesa cristiana si svincola ufficialmente dalla sua matrice giudaica. Questo è l’ultimo atto di Pietro o del collegio apostolico; adesso anche i Dodici si separano.
La Chiesa madre di Gerusalemme continuerà ad esercitare la sua influenza, ma sotto la direzione di Giacomo. Paolo dominerà nella diaspora e nei suoi viaggi missionari presso i gentili. Fino a questo momento Gerusalemme era stato il punto focale del Cristianesimo: le città o regioni della Palestina o Siria che venivano evangelizzate venivano incorporate nella madre Chiesa dai suoi inviati. Persino il I viaggio missionario di Paolo fu come una preparazione agli atti del Concilio e allo sganciarsi della Chiesa dalla sua matrice, dopo di che la Parola, fatta libera e matura, prosegue la sua marcia fino all’estremità della terra.

Gli esegeti collocano questo summit di alte autorità cristiane attorno al 49 d.C. Questo Concilio termina con la scelta di inviare alcuni rappresentanti ad Antiochia per comunicare la decisione presa che viene così sintetizzata in una lettera: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene».

 

e) I primi cristiani - Negli Atti degli Apostoli si legge: «Intanto quelli che erano stati dispersi dopo la persecuzione scoppiata al tempo di Stefano, erano arrivati fin nella Fenicia, a Cipro e ad Antiochia e non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni fra loro, cittadini di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia, cominciarono a parlare anche ai Greci, predicando la buona novella del Signore Gesù. E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore. La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barnaba ad Antiochia. Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo [Paolo] e trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani». (Atti degli Apostoli, XI, 19-26).

Queste poche righe fotografano in modo impressionante il momento in cui gli Apostoli cominciarono ad aprirsi anche ai non ebrei, ai pagani.
La chiesa di Gerusalemme era la chiesa-madre, di matrice giudeo-cristiana, il punto di partenza e di riferimento da cui si è irradiata tutta la chiesa. Essa è infatti la chiesa degli apostoli, ai quali è affidato un compito che ha una sfera di influenza che va oltre i confini della stessa comunità, come testimoniano le iniziative missionarie di Pietro e di Giovanni alle chiese di Samaria, impiantate da Filippo; ma questa centralità della chiesa-madre di Gerusalemme è attestata anche dalle altre chiese, sorte dentro o fuori il territorio palestinese, che si riferiscono ad essa per una sorta di riconoscimento.
La comunità di Gerusalemme subito dopo la risurrezione conobbe una crescita molto grande. A questo punto fu necessario decentrare la direzione della comunità eleggendo un comitato di sette “diaconi” per i convertiti di lingua greca, con compiti direttivi e di servizio ai poveri. In seguito alla persecuzione giudaica scatenata contro questo gruppo che avverrà la diaspora dei primi giudeo-cristiani fuori della Giudea e della Palestina e la nascita di nuovi centri, come Antiochia di Siria. Non è dunque possibile parlare di una comunità primitiva al singolare: la stessa la pluralità delle chiese ha favorito la rapida diffusione del Vangelo che, in meno di 30-40 anni, era riuscito ad abbracciare tutto l’arco del Mediterraneo.
Alla chiesa-madre di Gerusalemme, nella quale emerge la figura di Giacomo fratello del Signore come suo leader locale, è riconosciuto dalle altre chiese un ruolo di riferimento comune, di modo che essa assume così, fin dagli inizi, una funzione unificante della chiesa primitiva.
Non ci sono molte notizie sull’organizzazione delle comunità extrapalestinesi, ad eccezione di Antiochia di Siria, in cui si parla di profeti e di maestri tra cui spiccano in cima la figura di Barnaba, gigante dell’evangelizzazione e, alla fine, Saulo. A questo gruppo è affidata la responsabilità e l’animazione della comunità locale per mezzo dell’esortazione e dell’insegnamento.
Qui Paolo si forma alla scuola di Barnaba e compie con lui il primo viaggio missionario (anni 45-49), rivolto ancora quasi esclusivamente ai giudei della diaspora, prima della svolta del “concilio di Gerusalemme”.
A differenza della comunità di Gerusalemme, ad Antiochia (come pure a Efeso o a Corinto) non c’è comunione dei beni e si va sviluppando un modo diverso di concepire la missione. La tendenza di questa chiesa, fin dalla sua fondazione ad opera degli “ellenisti”, era quella di parlare di Gesù non solo ai “giudei” ma anche ai “greci”; ciò, però, aveva causato la reazione di Gerusalemme, che concepiva la missione come un fatto interno, intra-giudaico; ma la reazione di Barnaba, nel constatare come lo Spirito conducesse molti pagani alla fede, da uomo «pieno di Spirito Santo» qual era, era stata di lode e di esortazione a continuare l’opera. Una linea di tendenza che poi sarà confermata dalla svolta del cosiddetto “concilio di Gerusalemme”.

T3 Il martirio di Stefano
Da Gli atti degli apostoli di Luca
1.      Disse allora il sommo sacerdote: «Le cose stanno proprio così?». Stefano rispose: «Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran[14], e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò. Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui. Poi Dio parlò così: La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo ciò usciranno e mi adoreranno in questo luogo. E gli diede l’alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. Ma i patriarchi, gelosi di Giuseppe, lo vendettero perché fosse condotto in Egitto. Dio però era con lui e lo liberò da tutte le sue tribolazioni e gli diede grazia e sapienza davanti al faraone, re d’Egitto, il quale lo nominò governatore dell’Egitto e di tutta la sua casa. 
2.      Su tutto l’Egitto e su Canaan[15] vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto c’era del cibo, vi inviò i nostri padri una prima volta; la seconda volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e così fu nota al faraone la stirpe di Giuseppe. Giuseppe allora mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutta la sua parentela, in tutto settantacinque persone. 
3.      Giacobbe discese in Egitto. Egli morì, come anche i nostri padri; essi furono trasportati in Sichem[16] e deposti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato, pagando in denaro, dai figli di Emor, a Sichem.
4.      Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, finché sorse in Egitto un altro re, che non conosceva Giuseppe. Questi, agendo con inganno contro la nostra gente, oppresse i nostri padri fino al punto di costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non sopravvivessero. In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Quando compì quarant’anni, gli venne il desiderio di fare visita ai suoi fratelli, i figli d’Israele. Vedendone uno che veniva maltrattato, ne prese le difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano. Egli pensava che i suoi fratelli avrebbero compreso che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero. Il giorno dopo egli si presentò in mezzo a loro mentre stavano litigando e cercava di rappacificarli. Disse: “Uomini, siete fratelli! Perché vi maltrattate l’un l’altro?”. Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo: “Chi ti ha costituito capo e giudice sopra di noi? Vuoi forse uccidermi, come ieri hai ucciso l’Egiziano?”. A queste parole Mosè fuggì e andò a vivere da straniero nella terra di Madian[17], dove ebbe due figli.
5.      Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto”.
6.      Questo Mosè, che essi avevano rinnegato dicendo: “Chi ti ha costituito capo e giudice?”, proprio lui Dio mandò come capo e liberatore, per mezzo dell’angelo che gli era apparso nel roveto. Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me”. Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l’Egitto, dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono per l’opera delle loro mani. 
7.      Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo, come è scritto nel libro dei Profeti: Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant’anni nel deserto, o casa d’Israele?
8.      Avete preso con voi la tenda di Moloc[18] e la stella del vostro dio Refan[19], immagini che vi siete fabbricate per adorarle! Perciò vi deporterò al di là di Babilonia.
9.      Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide[20]. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una casa.
10.  L’Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo, come dice il profeta: Il cielo è il mio trono e la terra sgabello dei miei piedi. Quale casa potrete costruirmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non è forse la mia mano che ha creato tutte queste cose?
11.  Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l’avete osservata».
12.  All’udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». 
13.  Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
14.  Saulo approvava la sua uccisione.
15.  In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. 
16.  Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere.

Comprensione del testo
1.       Riassumi a parole tue in sedici brevi sequenze il brano di San Luca.
Laboratorio di analisi del testo
2.       La vicenda è narrata da un narratore esterno[21] o in prima persona un narratore interno[22]? Se si tratta di un narratore esterno, è un narratore onnisciente[23] che esplicita la propria presenza ed esprime giudizi personali oppure è un narratore occulto[24] che si limita a raccontare le azioni e a descrivere i personaggi? inoltre, il punto di vista del narratore esterno o neutro oppure, in qualche momento o in tutta la vicenda, coincide con il punto di vista di qualche personaggio? infine, questo punto di vista cambia, nel corso della narrazione? Se si tratta di un narratore interno chi è? inoltre è il protagonista della vicenda o un personaggio secondario o uno spettatore? infine, dichiara il proprio ruolo oppure lo si deduce dal racconto?
3.       Nella vicenda vi è un protagonista[25]? di chi si tratta? vi è un antagonista[26]? di chi si tratta? vi è un oggetto[27]? di chi o di che cosa si tratta? infine ci sono personaggi secondari come aiutanti[28] ed oppositori[29]? di chi si tratta? Protagonisti e personaggi secondari sono negativi o positivi? quali sono, inoltre, da che cosa emergono le caratteristiche principali dei personaggi? quale relazione esiste infine tra i personaggi del brano? Quale particolare significato conferisce alla vicenda il ruolo assunto dai personaggi ed il rapporto fra i personaggi?
4.       Nel brano sono chiaramente distinguibili le parti in cui i personaggi agiscono da quelle in cui parlano o esprimono i loro pensieri? I pensieri o le parole dei personaggi vengono presentati prevalentemente con, discorso diretto[30], discorso indiretto[31], discorso diretto libero[32], discorso indiretto libero[33], monologo interiore[34] o flusso di coscienza [35].

T 4 La persecuzione di Nerone
Dagli Annales di Tacito[36]
1.      Questi erano i provvedimenti presi su iniziativa degli uomini. Subito furono offerti sacrifici espiatori agli dei e furono consultati i libri sibillini, in osservanza ai quali si svolsero pubbliche preghiere a Vulcano, Cerere e Proserpina e Giunone fu oggetto di riti propiziatori per opera delle matrone, prima sul Campidoglio, poi preso la spiaggia vicina, e con l’acqua attinta da lì si asperse il tempio e la statua della dea; e le donne sposate con mariti viventi celebrarono i sellisterni[37] e le veglie sacre.
2.      “Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani.
3.      Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano.
4.      Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte.
5.      Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo.”

Comprensione del testo
5.       Riassumi a parole tue in cinque brevi sequenze il brano di Tacito
6.       Indica tutti i personaggi citati nel brano e il ruolo che essi svolgono
Analisi del testo
1.       Per quale motivo i cristiani divennero un facile bersaglio su cui scaricare la responsabilità della catastrofe? Tacito prende posizione a proposito della colpevolezza dei cristiani?
2.       Più in generale, cosa pensa lo storico riguardo ai cristiani? Quali notizie si possono ricavare dal brano in merito alla nascita del cristianesimo?
3.       Quali atroci condanne furono costretti a subire i presunti colpevoli dell’incendio? Quale giudizio emerge sull’imperatore?

f) Le prime persecuzioni - Il Cristianesimo cominciò presto a diffondersi in tutto il territorio dell’Impero Romano; i cristiani furono presto conosciuti e identificati dai romani come una delle molte ramificazioni del mondo giudaico del tempo.
I primi anni furono di tolleranza: le prime persecuzioni furono condotte da ebrei ostili alla parola dei discepoli dell'oscuro Nazareno, (si pensi al martirio di S. Stefano o all'incarcerazione di S. Pietro).
I romani volevano in un primo momento sostenere i cristiani piuttosto che gli altri ebrei: era questo il periodo delle più cruente rivolte antiromane (le ultime delle quali furono soffocate nel sangue) e i cristiani, che predicavano la fedeltà ai poteri costituiti, secondo il detto del rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio, erano evidentemente considerati meno pericolosi.
Questa situazione di relativa calma subì però una svolta decisiva tra la fine del 62 e l’inizio del 63, ad opera dell’imperatore Nerone, responsabile della prima persecuzione anticristiana del 64: i cristiani furono accusati di essere i diretti responsabili dell’incendio di Roma.
Dal 64 al 313 ci fu un susseguirsi di periodi di persecuzione e periodi di tolleranza.
È importante però distinguere due distinte tipologie di persecuzione:
·         persecuzioni sistematiche ordinate dall'autorità imperiale;
·         persecuzioni da parte del popolo.
Le ragioni delle persecuzioni erano varie:
·         la preoccupazione delle autorità politiche per la forza persuasiva delle comunità cristiane che, con la loro organizzazione gerarchica, apparivano come uno Stato nello Stato;
·         il rifiuto dei cristiani di riconoscere la divinità dell'imperatore;
·         l'inquietudine dell'opinione pubblica che vedeva nella crisi dell'Impero una vendetta degli dei.
Spesso lo Stato si trovò costretto a fare da braccio secolare al fanatismo del popolo che spiegano i molti processi ed esecuzioni subiti dai cristiani anche in tempi di tolleranza.
Esistono di fatto editti[38], rescritti[39] e provvedimenti di vario genere, più o meno intolleranti, ma non leggi vere e proprie.
Alcuni testi, come l'editto di Adriano, sembrano quasi scritti allo scopo di evitare le persecuzioni. Ma l’assenza di una legislazione anticristiana a Roma offrì il fianco alle argomentazioni della prima letteratura apologetica greca e latina (si pensi particolarmente a Tertulliano che, da buon giurista, rilevò dettagliatamente questa incongruenza legale).
Le persecuzioni furono un autentico battesimo di fuoco: a causa di esse il Cristianesimo nascente si fortificò, si strutturò, si disciplinò in modo perfetto, riuscendo non solo a sopravvivere, ma anche ad imporsi. Da ciò il detto di Tertulliano, secondo cui il sangue dei cristiani è seme.

4. Il secondo secolo – Il II secolo vede la Chiesa già strutturata e in grado di confrontarsi e di scontrarsi con la cultura pagana. Molti scrittori cristiani si pongono così a difesa della loro fede dando origine alla letteratura apologetica. Questo periodo vede anche un moltiplicarsi di varie eresie, per le quali prenderà vita la prima letteratura eresiologica[40] cristiana.

a) La formazione della struttura ecclesiale - Tra la fine del I e l’inizio del II secolo, la concezione della Chiesa ha già forma compiuta, come ci testimoniano le lettere di S. Ignazio d’Antiochia.
La gerarchia ecclesiastica si era strutturata secondo tre gradi precisi:
·         il vescovo, capo della Chiesa locale ed eletto dai fedeli;
·         i presbiteri o sacerdoti, che assistono il vescovo nelle celebrazioni e in alcune altre mansioni;
·         i diaconi, assistenti diretti del vescovo, che svolgono un’importante funzione nelle celebrazioni e nell’assistenza ai poveri.
In questo periodo non esiste ancora alcun primato diverso da quello del vescovo locale[41].

T 5 L'immortalità dell'anima e la risurrezione (capp. 18 – 22)
Da Apologia Prima[42] di San Giustino[43]

1.      18 Volgete lo sguardo alla fine di ciascuno degli imperatori precedenti, come siano morti della morte comune a tutti. Se questa conducesse alla cessazione di ogni sensibilità, sarebbe un guadagno per tutti gli ingiusti. Ma poiché a tutti coloro che sono vissuti rimane la sensibilità ed è apprestata una punizione eterna, non trascurate di persuadervi e di credere che queste sono cose vere.
2.      La negromanzia, infatti, e le osservazioni di fanciulli incontaminati e le evocazioni di anime umane e gli spiriti che, presso i maghi, sono detti evocatori di sogni e loro assistenti e tutti i fenomeni che avvengono per opera dei conoscitori di scienze occulte, vi persuadano che anche dopo la morte le anime mantengono le facoltà sensitive; ve ne persuadano anche gli uomini posseduti e agitati dalle anime dei defunti, che tutti chiamano indemoniati e furiosi, e quelli che voi chiamate oracoli di Anfiloco[44] e di Dodona[45] e della Pizia[46], e quanti altri esistono di tal genere, e gli insegnamenti degli scrittori – Empedocle[47] e Pitagora[48] e Platone[49] e Socrate[50], e la fossa nominata da Omero e la discesa di Ulisse alla scoperta di quei misteri – e di quanti affermano cose simili.
3.      Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poiché diciamo che nulla è impossibile a Dio.
4.      19 E, per chi ci pensa bene, qualora non esistessimo nel corpo, cosa potrebbe apparire più incredibile del fatto che qualcuno ci dicesse che da una piccola stilla del seme umano è possibile che derivino e ossa e nervi e carne, manifestata con la forma che noi vediamo?
5.      Immaginiamo ora per ipotesi: se voi non foste così come siete né foste generati da tali persone, e qualcuno, mostrandovi il seme umano e poi un'immagine dipinta, affermasse con assoluta certezza che da un simile seme nasce un essere siffatto, prima di vederlo, voi ci credereste?
6.      Nessuno oserebbe negare che non gli credereste! Nello stesso modo, perché non avete ancora visto un morto resuscitare siete dominati dall'incredulità. Ma, come all'inizio non avreste creduto che potessero nascere uomini così fatti da una piccola stilla, eppure li vedete formati, così dovete pensare che non sia impossibile che i corpi umani, dissolti e disfatti nella terra come semi, al momento opportuno, per ordine di Dio, risorgano e "si rivestano di incorruttibilità".
7.      Non si può dire quale potenza degna di Dio ammettano coloro che dicono che ogni cosa torna a ciò da cui fu generata, e che neppure Dio può nulla contro questa legge; ma noi ne deduciamo che non avrebbero creduto fosse possibile che mai si generassero esseri siffatti, tali quali vedono, cioè se stessi e tutto l'universo: e generati da quali elementi!
8.      Abbiamo imparato che è meglio credere anche a ciò che è impossibile, sia alla nostra natura sia agli uomini, piuttosto che non credervi, come gli altri, poiché sappiamo che anche il nostro Maestro Gesù Cristo ha detto: "Ciò che è impossibile presso gli uomini, è possibile presso Dio". E disse anche: "Non temete coloro che vi uccidono e, dopo, non possono fare alcunché; temete invece colui che può, dopo la morte, gettare sia l'anima sia il corpo nella Geenna".
9.      La Geenna è il luogo dove sono destinati ad essere puniti quanti sono vissuti iniquamente e non credono che avverrà quanto Dio attraverso Cristo, ci ha insegnato.
10.  20 Sia la Sibilla sia Istaspe profetarono la distruzione, attraverso il fuoco, di ciò che è corruttibile.
11.  I filosofi chiamati Stoici insegnano che anche Dio stesso si dissolve nel fuoco, ed affermano che il mondo, dopo una trasformazione, risorgerà. Noi invece pensiamo che Dio, creatore del tutto, sia qualcosa di superiore a ciò che muta.
12.  Se dunque noi sosteniamo alcune teorie simili ai poeti ed ai filosofi da voi onorati ed alcune anche superiori e divine e, soli, possiamo dimostrarvele, perché siamo ingiustamente odiati più di tutti?
13.  Quando diciamo che tutto è stato ordinato e prodotto da Dio, sembreremo sostenere una dottrina di Platone; quando parliamo di distruzione nel fuoco, quella degli Stoici; quando diciamo che le anime degli iniqui sono punite mantenendo la sensibilità anche dopo la morte, e che le anime dei buoni, liberate dalle pene, vivono felici, sembreremo sostenere le stesse teorie di poeti e di filosofi; quando diciamo che non bisogna adorare opere di mano umana, siamo d'accordo con il comico Menandro e con quanti espressero le stesse idee. Dimostrarono infatti che il creatore è superiore a ciò che è creato.
14.  21 Quando noi diciamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, Gesù Cristo il nostro Maestro, è stato generato senza connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo, non portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati figli di Zeus.
15.  Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos interpretativo e maestro di ogni arte; Asclepio, che fu anche medico e, colpito dal fulmine, ascese al cielo; Dioniso, che fu dilaniato; Eracle, che si gettò nel fuoco per sfuggire alle fatiche; i Dioscuri, figli di Leda; e Perseo, figlio di Danae; e Bellerofonte, che di tra gli uomini ascese con il cavallo Pegaso.
16.  Che bisogno c'è poi di parlare di Arianna, e di quanti, al pari di lei, si dice siano stati trasformati in astri? O dei vostri imperatori che, morti, sempre ritenete degni dell'immortalità, anzi producete persino qualcuno che giura di aver visto il Cesare cremato, elevarsi dalla pira verso il cielo! Ma a chi già conosce questi fatti non è necessario dire quali azioni si raccontino di ciascuno dei cosiddetti figli di Zeus; dirò solo che tutto questo è stato scritto per aiutare ed esortare i discepoli: tutti infatti stimano bello farsi iettatori degli dei! Ma da ogni anima retta sia lontano questo convincimento circa gli dei, che persino colui che, secondo loro, è re e genitore di ogni cosa, Zeus, sia parricida e figlio di simile padre, e che, vinto dalla smania di malvagi e turpi piaceri, sia arrivato a corrompere Ganimede e molte donne, e che i suoi figli abbiano continuato a compiere azioni simili alle sue.
17.  Invece, come abbiamo già detto, furono i demoni cattivi a compiere queste azioni. Noi abbiamo appreso che ottengono l'immortalità solo coloro che conducono una vita santa e virtuosa, vicino a Dio e crediamo che coloro che vivono iniquamente e non si pentono sono puniti nel fuoco eterno.
18.  22 Il Figlio di Dio, chiamato Gesù, se anche fosse solo uomo comune per sapienza, sarebbe degno di essere chiamato figlio di Dio. Infatti tutti gli scrittori chiamano Dio padre sia degli uomini sia degli dei. Se poi, come abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa concezione è comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero di Zeus.
19.  Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso anche questo è comune ai figli di Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi, furono soggetti a sofferenze. Anche di loro infatti si narrano patimenti di morte non eguali, ma diversi. Cosicché neppure nella particolarità della sofferenza Egli sembra essere inferiore; anzi, come abbiamo promesso, nel seguito del discorso dimostreremo che è anche superiore; o meglio, questo e già dimostrato: infatti chi è superiore si rivela dalle opere.
20.  Se poi diciamo che è stato generato da una vergine, anche questo sia per voi un elemento comune con Perseo. Quando affermiamo che Egli ha risanato zoppi e paralitici ed infelici dalla nascita, e che ha resuscitato dei morti, anche in queste affermazioni appariremo concordare con le azioni che la tradizione attribuisce ad Asclepio.

Comprensione del testo
Riassumi brevemente il contenuto del teso
Laboratorio
1.       Qual è il problema generale[51] affrontato nel brano e quali sono gli eventuali sotto-problemi affrontati?
2.                Qual è la tesi[52] di fondo sostenuta? quali sono gli argomenti[53] a sostegno della tesi generale?
3.       Vengono presentate antitesi[54] o argomenti altrui non condivisi? se sì, quali sono quali sono le antitesi ed attraverso - quali argomenti sono eventualmente confutate?
4.       Quali sono le prove di validità degli argomenti? quali fra di esse sono dati oggettivi (fatti, nozioni, leggi generalmente valide, testimonianze, pareri o citazioni di esperti)? Quali sono dati soggettivi (opinioni personali dell'autore, suoi giudizi, sue interpretazioni, opinioni di persone diverse dallo scrivente o di determinati gruppi)?
5.       A quale conclusione[55] giunge l'autore?

T 6 Una conversazione fra amici
Da Octavius[56] di Minucio Felice[57] 
1.      Mentre riflettevo e rievocavo nel mio animo il ricordo di Ottavio, caro e fedelissimo amico, mi restò addosso tanta dolcezza e affetto per lui che mi parve di ritornare al passato, più che semplicemente rievocare con la memoria cose ormai compiute e passate: a tal punto la sua immagine, quanto più era sottratta alla vista, era avviluppata al mio cuore e ai miei sensi più profondi. Giustamente quell’uomo illustre e pio andandosene ci ha lasciato immensa nostalgia di lui, perché aveva verso di me tale affetto che nelle cose sia gravi che leggere si trovava sempre in accordo con me, voleva e non voleva le stesse cose: si sarebbe potuto credere che eravamo un’anima sola divisa in due. Era il solo a conoscenza delle mie passioni, e il solo compagno anche dei miei errori, e quando, dissipata la caligine, emersi dall’abisso delle tenebre alla luce della sapienza e della verità, non respinse il compagno, ma, cosa più onorevole ancora, lo anticipò. Mentre dunque ripassavo col pensiero tutto il tempo della nostra comunanza e familiarità, fermai particolarmente la mia attenzione su quella conversazione in cui egli convertì alla vera religione con serissimi argomenti Cecilio, che era ancora attaccato alle vanità della superstizione.
2.      Era venuto a Roma per affari e per vedermi, lasciando la casa, la moglie, i figli che – cosa che li rende più amabili – erano negli anni dell’innocenza e ancora balbettavano parole a metà, con un accento reso più dolce dall’impaccio della lingua. Non posso esprimere a parole quanta esultanza ho provato al suo arrivo, perché la mia letizia era aumentata dalla sorpresa della presenza del mio amico. Dopo uno o due giorni in cui l’assiduità della nostra compagnia aveva saziato l’avidità del nostro desiderio, e ci eravamo reciprocamente raccontati quello che a motivo della lontananza ignoravamo l’uno dell’altro, decidemmo di andare a Ostia, bellissima città, perché la cura delle acque era a me gradita e appropriata per asciugare gli umori del mio corpo, e anche perché le ferie per la vendemmia avevano allentato le attività del Foro. Infatti la stagione estiva stava declinando verso il clima temperato dell’autunno. Una mattina mentre camminavamo verso il mare perché la brezza ristorasse dolcemente le nostre membra e la sabbia cedesse mollemente, con nostro grandissimo piacere, sotto i nostri passi, Cecilio vide una statua di Serapide e, come usa fare il volgo superstizioso, la toccò e la baciò.
3.      Ottavio allora disse: “Non è da uomo onesto, fratello Marco, lasciare un uomo che a casa e fuori ti sta sempre accanto in una tale cieca ignoranza da permettere che in pieno giorno vada a sbattere in pietre, per quanto effigiate, profumate e coronate: sai bene che la vergogna del suo errore ricade su di te non meno che su di lui”. Durante queste sue parole avevamo già attraversato il centro della città e ci trovavamo sulla spiaggia aperta. Là le onde lievi si infrangevano all’estremità della sabbia come spianandola per il passeggio, e poiché il mare è sempre in movimento anche quando non c’è vento, sebbene non invadesse la terra con le onde bianche e spumeggianti, ci divertimmo moltissimo a guardare le increspature e le sinuosità, mettendo i piedi proprio sul limite, mentre le acque volta a volta fluivano verso di noi e si ritiravano assorbendo nel loro seno le nostre impronte. Così camminando lentamente e tranquillamente costeggiavamo le dolci curve della riva, ingannando il cammino con la conversazione, che riguardava soprattutto il racconto che Ottavio faceva del suo viaggio per mare. Ma dopo aver percorso un tratto di strada discorrendo, tornammo indietro sui nostri passi per la medesima via, e quando arrivammo al punto dove stavano a riposo delle barche tirate a secco e posate su tronchi d’albero al riparo dall’umidità del terreno, vedemmo dei ragazzi che con grandi grida giocavano a gettare in mare dei ciottoli. Questo gioco consiste nel raccogliere sulla spiaggia un sasso tondo e levigato dalle acque; poi, tenendolo tra le dita dalla parte del palmo, ci si piega il più possibile verso terra e lo si fa rotolare in mare in modo che il proiettile rasenti il pelo delle acque o galleggi scivolando con un movimento leggero, o balzi riemergendo sulla cresta dell’onde con continui rimbalzi. Vincitore della gara fra i ragazzi era quello che mandava il suo ciottolo più lontano e con il maggior numero di rimbalzi.
4.      Mentre noi ci divertivamo a quello spettacolo, Cecilio non ci badava e la gara non gli dava piacere, ma taceva stando da parte angosciato: il suo volto dimostrava che stava soffrendo. Io gli dissi allora: “Che succede? Come mai, Cecilio, non ritrovo la tua vivacità e l’allegria che hai negli occhi anche nei momenti difficili?”. Lui rispose: “Mi tocca e mi rimorde il discorso fatto poco fa dal nostro Ottavio, che ti ha rimproverato di negligenza per accusare senza parere me di una cosa più grave, l’ignoranza. Mi spingerò ancora più in là: devo trattare di nuovo interamente la questione con Ottavio. Se è d’accordo, discuterò con lui come adepto di quella setta, in modo che capirà subito che è più facile discorrere tra amici che confrontare le teorie. Sediamoci dunque su questi argini di pietra che si protendono in mare a protezione dei bagnanti, in modo da riposarci dalla passeggiata e discutere con più attenzione”. Ci sedemmo come lui aveva proposto: io stavo in mezzo avendo ciascuno di loro al mio fianco non in segno di omaggio, di onore o di distinzione sociale, perché l’amicizia rende sempre gli uomini uguali se già non li trova uguali, ma perché in qualità di arbitro potessi ascoltare i due contendenti tenendoli separati.

T 7 Il Cristianesimo non è una nuova filosofia
Dall’Apologetico[58] di Tertulliano[59]
1.      In che cosa sono simili il filosofo e il cristiano, i discepoli della Grecia e quelli del Cielo, coloro che trafficano per la gloria o per la vita, coloro che agiscono a parole o coi fatti, chi edifica o chi distrugge, chi falsifica o chi ristabilisce la verità, chi se ne appropria o chi la custodisce? Anche qui mi soccorre l’antichità dianzi riaffermata della Sacra Scrittura, perché facilmente s’intenderà a cagione di tale antichità che essa fu il tesoro da cui derivò ogni successiva sapienza. E se non volessi mitigare il pondo già grave di questo libro, avrei potuto dilungarmi in tale dimostrazione. Quale dei poeti, quale dei sofisti, che non abbia attinto alla fonte dei profeti? Ad essa, dunque, i filosofi soddisfecero il loro genio assetato, in modo che quanto ha uno preso da noi a noi lo accomuna. Perciò, ritengo, la filosofia fu messa al bando da alcune legislazioni, intendo parlare di quella di Tebe, di Sparta, di Argo[60]. Mentre costoro, vogliosi soltanto, come dicemmo, di gloria e di belle parole[61], si sforzavano di accostarsi alle nostre dottrine, se trovavano qualcosa che soddisfacesse la loro abitudine di curiosità nei nostri santi libri, se ne appropriavano; ma la scarsa persuasione del loro carattere divino non bastava ad impedire loro di raffazzonarli, e non li comprendevano abbastanza, anche perché in quei tempi le Scritture erano ancora un poco oscure e dagli stessi Giudei tenute velate, come cosa che riguardava loro soltanto. Infatti, la verità quanto più era semplice, tanto più lo spirito critico degli uomini disprezzava di porvi fede, vacillava, e fu così che resero incerto anche ciò che avevano trovato di certo.
2.      Avendo infatti trovato soltanto Dio, non ne parlarono così come l’avevano trovato, ma discussero intorno ai suoi attributi, alla sua natura, alla sua dimora. Gli uni lo dissero incorporeo, altri corporeo, quali i platonici e gli stoici; altri composto di atomi o di numeri, come Epicuro e Pitagora; altri ancora di fuoco come sembra ad Eraclito; i platonici dicono che si prende cura del mondo, gli epicurei lo vogliono ozioso e disoccupato e, per dir così, negativo nei confronti delle cose umane; posto dagli stoici fuori del mondo e, a guisa di tornitore, ne farebbe girare dall’esterno la mole; posto dai platonici nell’interno del mondo, ove, a guisa di timoniere, prende posto all’interno della nave che conduce. Così pure intorno al mondo stesso variano le opinioni: se sia sempre esistito, se sia destinato a scomparire o a rimanere; così pure litigano intorno alla natura dell’anima, che alcuni vogliono divina ed eterna, altri dissolubile[62]; secondo il proprio sentimento ciascuno vi ha aggiunto o mutato qualcosa. E non v’è da meravigliarsi, se il genio dei filosofi ha sfigurato i nostri vecchi documenti: usciti dalla loro scuola, certi uomini hanno snaturato con le loro argomentazioni personali, conformemente ai sentimenti dei filosofi, anche il nostro piccolo recente libro, e da una sola via hanno tratto una folla di sentieri obliqui e inestricabili[63]. Ciò noi diciamo, perché la notoria varietà della nostra setta non ci faccia ritener simili a quei filosofi, e dalla varietà si cerchi di stabilire un indebolimento della verità. Prontamente noi opponiamo ai nostri falsificatori, che la sola regola della fede è quella che proviene da Cristo che l’ha affidata ai propri compagni; è facile provare che quegli interpreti discordanti sono di parecchio posteriori ai compagni di Cristo. Tutte le cose che sono state inventate contro la verità sono state imbastite con elementi della stessa verità, ed è agli spiriti dell’errore che dobbiamo tale contraffazione. Da essi fu segretamente predisposta la falsificazione della nostra così salutare disciplina, da essi furono messe in circolazione anche talune fandonie, per indebolire con la loro verosimiglianza la fede nella verità o piuttosto per attirare a sé tale fede, in modo che si arrivi a dichiarare che non si deve credere ai cristiani, come neppure ai poeti ed ai filosofi, oppure che si debba credere ai poeti ed ai filosofi, perché non si deve credere ai cristiani. Così si ride quando noi prediciamo il giudizio di Dio. Infatti i poeti ed i filosofi pongono il tribunale presso gli inferi. E se noi minacciamo la Geenna[64], che è un deposito sotterraneo di misterioso fuoco destinato alla punizione, veniamo parimenti beffeggiati. Eppure vi è un fiume nel regno dei morti: Piriflegetonte[65]. E se noi parliamo del Paradiso, luogo di una divina bellezza destinato a ricevere i santi spiriti, che una specie di muraglia, formata da quella famosa zona ignea, separa dal mondo comunemente noto, noi troviamo i Campi Elisi[66] in possesso della generale credenza. Donde, vi chiedo, i filosofi e i poeti hanno tratto conoscenze tanto simili alle nostre? Non altrove che dalle nostre credenze. Se ad esse, poiché queste precedettero nel tempo, allora debbono venir maggiormente creduti i nostri misteri, se le loro imitazioni furono ritenute degne di fede. Se invece trovano origine nella loro immaginazione, ne conseguirebbe che i nostri misteri deriverebbero da copie loro posteriori, ciò che è contrario alla natura delle cose: giacché mai l’ombra precedette il corpo o la copia il proprio originale.

Comprensione
1.        Riassumi a parole tue in due sequenze il contenuto del passo.
2.       In che senso poeti e filosofi pagani dipendono dalla stessa fonte dei cristiani?
3.       Per quale ragione, secondo Tertulliano, pur avendo a disposizione i «santi libri» i filosofi pagani li hanno «raffazzonati»?
4.       A chi si riferisce Tertulliano quando parla di coloro che «da una sola via hanno tratto una folla di sentieri obliqui e inestricabili»?
Analisi del testo
1.       Qual è l’antico tesoro da cui deriva ogni altra sapienza?
2.       Elenca ciò che i filosofi avrebbero detto di Dio, nella versione caricaturale che ne dà Tertulliano.
3.       Quali sono le affinità che Tertulliano riscontra tra il modo pagano e quello cristiano di pensare l’inferno e il paradiso?
4.       E perché, secondo lui, esistono queste affinità?

b) Il confronto con la cultura pagana - Questo è il secolo dell’incontro e, conseguentemente, dello scontro tra Cristianesimo nascente e cultura pagana. È quindi soprattutto il secolo degli Apologisti[67], quegli scrittori cristiani che tentarono in ogni modo di difendere la fede cristiana dagli attacchi della cultura del tempo.
Lo scontro con il paganesimo si attuò nel II secolo soprattutto sul versante culturale. Mancano in questo periodo le grandi persecuzioni che caratterizzano al contrario il I e il III secolo, ma ciò non significa che si tratti di un tempo di piena tolleranza: lo dimostrano, tra gli altri, il martirio di S. Ignazio nel 110 e quello di S. Giustino nel 165.

T 8 La filosofia è l’alimento delle eresie
Da Contro gli eretici di Tertulliano (cap VII)
1.      La condizione del tempo presente ci spinge ad avvertire che non dobbiamo meravigliarci di queste eresie: sia del fatto che esistono, era infatti stato preannunziato che esse sarebbero sorte; sia del fatto che minano la fede di alcuni, perché esistono appunto perché la fede, messa alla prova, ne fosse anche confermata. Non c’è dunque ragione ed è sciocco che i più si scandalizzino perché le eresie abbiano tanta forza: se non la avessero, non esisterebbero neppure. Infatti quando qualcosa esiste, in qualsiasi modo, come ha un motivo per esistere, così ha anche la forza grazie a cui esiste e non può non esistere. [...]
2.      Sono queste le dottrine di uomini e di demòni sorte da quel che sia lo spirito della pretesa sapienza mondana, per le orecchie che non sanno trovar pace e tranquillità. Il Signore, l'ha chiamata follia tale saggezza, e la stoltezza del mondo ha scelto appunto, per confonder quella che sia l'umana filosofia.
3.      È la filosofia stessa, invero, che dà materia a quella che si chiama mondana saggezza, dal momento che, con molta libertà e pretesa arroganza, interpreta la natura divina, i suoi disegni e i suoi procedimenti.
4.      Diciamolo francamente: le eresie stesse sono quelle che attingono forza e consistenza da tali principi filosofici. È dalla filosofia infatti, che Valentino prende la concezione degli Eoni e di una quantità di forme, di cui non saprei dire neppure il numero: infinite esse sono; e il concetto di una Trinità umana: o non era costui stato discepolo di Platone? E non è da quella stessa fonte, che scaturisce il dio di Marcione, preferibile agli altri? almeno ha un carattere di tranquillità; e anche la sua dottrina deriva dagli Stoici.
5.      Sono stati gli Epicurei quelli che hanno sostenuto il principio che l'anima è soggetta alla morte, e se tu vuoi negare il principio della resurrezione della carne, tu potrai attingere per questo punto dai dettami di tutti quanti gli antichi filosofi: dove trovi che la materia è uguagliata colla natura di Dio, quivi potrai riconoscere la dottrina di Zenone; ed ecco invece che ti vien fuori Eraclito, quando si parli di una divinità che abbia in sé natura ignea; è la stessa materia, in fondo, che viene trattata, agitata, e da eretici e da filosofi: donde il male e perché? donde l'uomo e come egli è sorto? Ed ecco il problema che ultimamente Valentino s'è posto: donde Iddio? Deriva dall'Entimesi o dall'Ectroma[68]
6.      Aristotele, mal facesti, tu, che hai loro insegnato la dialettica, arte abile ugualmente e a costruire e a distruggere, diversa e sfuggevole nelle sue asserzioni, immoderata, sforzata nelle sue congetture; aspra, difficile nelle sue argomentazioni, che crea con facilità contrasti; laboriosa e molesta talvolta a se stessa, che tutto pone in discussione sottile, perchè appunto nulla sfugga all'attento e minuzioso esame di lei! Di qui proprio derivano quei racconti favolosi, quelle genealogie interminabili, quelle questioni lunghe ed oziose, quelle discussioni sottili, che s'insinuano negli animi come qualcosa di malefico che ti consuma e ti uccide.
7.      L'Apostolo, quando vuole preservarci da quello che è male, ci avverte appunto di star bene in guardia contro l'opera della filosofia: egli la ricorda chiaramente, espressamente: scrive ai Colossesi: Guardatevi, perchè non vi sia qualcuno che non v'inganni colla filosofia, che, con vane apparenze di verità, non vi tragga fuori dalla retta strada, secondo l'umana tradizione e contrariamente alla provvidenza dello Spirito Santo.
8.      Paolo era stato in Atene, e questa specie di umana sapienza l'aveva ben conosciuta colle relazioni che aveva avuto coi filosofi: pretende essa alla verità, ma non fa che impedire il raggiungimento di questa, e, divisa com'è in una quantità di sette contrastanti intimamente fra loro, da luogo a credenze varie e contraddittorie.
9.      Può esservi forse qualcosa di comune fra Atene e Gerusalemme? quale relazione potrà stabilirsi fra la Chiesa e l'accademia? fra gli eretici e i Cristiani? È dal portico di Salomone che la nostra dottrina trae l'origine sua; fu lui stesso che ci ha insegnato che Iddio si deve cercare nella semplicità e nella bontà del nostro cuore. Se la vedano un po' coloro che hanno messo fuori un Cristianesimo stoico, platonico, dialettico. Che bisogno abbiamo noi di ricerche, dopo Gesù Cristo? che cosa dobbiamo richiedere noi, dopo che abbiamo avuto il Vangelo? Noi fermamente crediamo, e non sentiamo più desiderio di credere oltre: perchè questo soprattutto è il canone fondamentale della dottrina nostra: il non esservi altra cosa da credere, al di là di ciò che già noi sinceramente crediamo.

c) Le prime eresie[69]- Le eresie conosciute dal Cristianesimo nel I secolo furono soprattutto quelle dette giudaizzanti (ad esempio gli ebioniti), ma già dal I secolo cominciavano a diffondersi le forme più primitive dello Gnosticismo[70], (doceti e nicolaiti).
Il II secolo segnò invece la vera esplosione delle varie sette gnostiche dagli encratiti, ai marcioniti, ai valentiniani. Ci fu anche la nascita dei primi movimenti carismatici, come il montanismo[71]. Tutto ciò portò presto alla prima produzione eresiologica cristiana: l’opera Contro le eresie di S. Ireneo di Lione è degli ultimi anni di questo secolo.

T 9 Lettera di Plinio il Giovane[72] a Traiano
1.      È essenziale per me, signore, riferirti tutti i miei dubbi. Chi infatti potrebbe meglio di te guidare le mie esitazioni o correggere la mia ignoranza? In realtà non sono mai stato presente a un interrogatorio di Cristiani, così non so quale punizione sia richiesta o quanto debba essere spinta avanti. Non comprendo nemmeno le basi legali per un atto di accusa, né quanto stringente tale atto debba essere.
2.      Nemmeno ho chiaro il tipo di accusa relativamente all’età delle persone, se cioè nessuna distinzione debba essere fatta tra giovani e anziani, e ancora se un perdono debba essere concesso in caso di ravvedimento o se invece non vi sia alcun riconoscimento per chi cessi di essere Cristiano. È forse il nome “Cristiano” a essere perseguibile di per sé, anche se non vi sono atti criminali, o la “criminalità” è inevitabilmente connessa al nome stesso?
3.      Nel frattempo con coloro che mi sono presentati come Cristiani io mi comporto in questo modo: chiedo loro direttamente se sono Cristiani, lo chiedo anche, per essere sicuro, una seconda e una terza volta, e indico loro il pericolo della loro situazione. Se essi persistono, ordino la loro esecuzione. Non ho problemi riguardo a questo, perché qualunque sia la loro ammissione o dichiarazione,  ho deciso che la loro ostinazione e irremovibile fermezza dovrebbe essere ragione sufficiente per la punizione. 
4.      Ho mandato a Roma per il processo alcuni che erano virtualmente folli per questo culto, ma erano cittadini romani.
5.      Man mano che procedo in questo modo di affrontare la situazione, come spesso accade il numero e il tipo di accuse diviene sempre più ampio.
6.      È stata fatta pervenire una lista anonima che contiene i nomi di molte persone autorevoli. Io ho deciso di lasciar cadere le accuse su chiunque, tra quelli nella lista, affermasse di non essere e di non essere mai stato Cristiano, a patto che essi ripetessero con me un’invocazione agli Dei e offrissero vino e incenso alla tua statua, che io ho fatto condurre nell’aula insieme con le statue degli Dei, proprio a questo scopo. Oltre a ciò, essi dovevano formalmente maledire Cristo, cosa che, ho ben compreso, un vero Cristiano non farebbe mai.
7.      Altri, sempre in quella lista anonima, erano indicati come Cristiani nel passato, ma ora ravvedutisi. Alcuni dicevano che essi lo erano stati e avevano smesso di esserlo da tre, da molti o addirittura da venti anni. Tutti costoro onorarono la tua statua, quelle degli Dei e maledirono Cristo.
8.      Essi affermarono che tutto ciò che avevano fatto era stato di andare a un incontro in un dato giorno, prima dell’alba, di cantare in risposta un inno a Cristo come Dio, giurando con una santa ostia di non commettere alcun delitto, di non rubare o rapinare, di non commettere adulterio, di non giurare il falso o di rifiutare di restituire una somma affidata loro. Quando tutto ciò era finito, era usanza che se ne andassero per vie diverse e poi si riunissero per consumare assieme un cibo semplice. Dopo però il mio editto che proibiva tutte le associazioni politiche, essi avevano smesso di frequentare tali riunioni.
9.      Ho pensato a questo punto che fosse necessario ottenere informazioni da due schiave, che esse chiamano ministrae, per mezzo della tortura. Non ho trovato nulla degno di biasimo se non la cieca e incrollabile natura della loro superstizione.
10.  Così, posposto ogni atto di accusa, mi sono rivolto a te. Occorre prendere sul serio questa situazione, specialmente a causa del gran numero di persone che cadono in questo pericolo. Un gran numero di persone di ogni età, di ogni classe sociale, donne e uomini, sono messi sotto accusa e tutto lascia pensare che la cosa continuerà. Il contagio di questo culto prende non solo le grandi città, ma anche quelle minori e perfino i villaggi e le campagne. Per ora sembra possibile controllare la situazione e addirittura rovesciarla. 
11.  Perché è abbastanza evidente che i templi degli Dei, che sono stati per lungo tempo, vuoti, ora cominciano a essere di nuovo pieni, si compiono i sacri riti che erano stati lasciati perdere, si vende di nuovo nelle botteghe, anche se per un certo tempo nessuno la comprava, la carne sacra per i sacrifici. Sembra ragionevole pensare che molti potrebbero essere convinti ad abiurare, se ci fosse una procedura legale per l’abiura stessa.

Analisi del testo
1.       Elenca i nomi primitivi presenti nel brano, definiscine la radice e di qualcuno costruiscine per quello che puoi la famiglia di parole.
2.       Qual è il tema centrale del componimento e com’è esposto? Quali sono, se ci sono, i temi secondari e come sono esposti?
3.       Quali sono i nessi di relazione fra il tema-centrale e gli eventuali temi secondari?
4.       Analizza in dettaglio, enunciandone però la trattazione, una situazione o un personaggio o qualche particolare immagine presente nel brano, spiegandone la relazione con il tema centrale del componimento.
5.       A quale genere letterario appartiene il testo? A quale sottogenere letterario appartiene il testo? Rispetto alla definizione tradizionale del genere letterario o del sottogenere, che cosa mantiene e che cosa trasforma?
6.       Dal punto di vista sintattico, prevalgono costruzioni difficili, elaboratissime, o espressioni colloquiali? Una volta individuata la prevalenza, spiegane le motivazioni.
7.       Dal punto di vista sintattico, prevalgono frasi lunghe o frasi brevi? Sono frasi ricche di proposizioni subordinate o prevale là coordinazione: perché fa ricorso a questa struttura sintattica? Quando prevalgono le frasi più complesse, di ampio respiro e quando prevalgono frasi più brevi?




[1] Il messianismo indica, all'interno della fede ebraico-cristiana, una visione del mondo incentrata sull'attesa di un Messia. In senso più lato, il messianismo denota un'attesa di rinnovamento e trasformazione radicale della società da parte di un popolo. Questa concezione è considerata una caratteristica, tipica ma non esclusiva, della cultura ebraica.
Il messianismo politico nel corso dei secoli si era sviluppato con accenti fortemente nazionalistici.
[2] Sodoma è un'antica città nominata ripetutamente nella Bibbia, situata nei pressi del Mar Morto. Nell'Antico Testamento si narra della distruzione di questa città e di Gomorra, Adma, Zoar e Zeboim (la cosiddetta Pentapoli), per opera divina, a causa dell'empietà dei suoi abitanti. Secondo la narrazione biblica le cinque città, denominate "città della pianura", erano situate sulla riva del fiume Giordano, a sud di Canaan. La pianura, che sarebbe quindi situata nella zona a nord del Mar Morto, nella Genesi viene paragonata al giardino dell'Eden.
[3] Corazin è una città della Galilea.
[4] Betsaida era una cittadina  al confine con la Galilea, a nord del Lago di Tiberiade, citata nella Bibbia. Il Vangelo di Giovanni riporta che vi nacquero gli apostoli Pietro, Andrea e Filippo. Secondo il Vangelo di Marco Gesù vi compì il miracolo della guarigione di un cieco. In un altro passo, Gesù rimprovera Betsaida poiché non s'è convertita nonostante abbia assistito a numerosi miracoli.
[5] Cafàrnao è un'antica città della Galilea, situata sulle rive nord-occidentali del lago di Tiberiade. Secondo i Vangeli, Gesù vi abitò dopo aver lasciato Nazareth: qui iniziò la sua predicazione e vi compì numerosi miracoli.
[6] Il demonio nella tradizione cristiana, spirito e simbolo del male; è per lo più sinononimo di diavolo.
[7] Ai formalisti russi che lavorarono sulla loro teoria agli inizi del '900, ma le cui opere furono tradotte e conosciute in Europa a partire dagli anni '30, si deve il primo approccio critico e scientifico alla letteratura. Il Formalismo russo ha focalizzato la propria analisi sul testo: questo vuol dire che, di fronte ad un testo letterario, il critico formalista non va a cercare il materiale per la propria interpretazione in cose che si trovano intorno al testo (ad es. chi è l'autore, in che periodo è stato scritto il testo, il contesto storico in cui è nato, ecc.), ma unicamente al suo interno (nelle sue caratteristiche formali). Lo scopo .principale era quello di riuscire a fornire modelli o ipotesi scientifiche per spiegare; come gli effetti estetici sono prodotti da determinate tecniche letterarie.
[8] Il genere letterario è il luogo all'interno del quale un'opera letteraria trova la sua identità, riconoscendosi in altre ad essa affini per scelte tematiche, stilistiche e strutturali dunque genere letterario è ciascuna delle suddivisioni che, in conformità a criteri contenutistici e formali, distinguono tradizionalmente la produzione letteraria
1.       Genere  saggistico  riguarda l'arte di scrivere saggi critici che possono avere due forme: il trattato ed il saggio; il trattato è opera di considerevole estensione che si occupa metodicamente di una scienza, di una disciplina, di una dottrina o di parti di esse; il saggio è uno scritto di carattere critico su un particolare argomento storico, politico, economico, sociologico ecc.
2.       Genere narrativo è assai ampio e variegato e riguarda tutto ciò che ha per oggetto la narrazione di avvenimenti reali, quando sono senza fabula, diario, epistolografia, odeporia, o fantastici, quando sono cum fabula, romanzo, racconto breve, novella, favola e fiaba.
3.       Genere epico riguarda ampia narrazione in versi, avente come oggetto la celebrazione delle imprese di un guerriero o di un intero popolo, colti in avvenimenti in parte leggendari, sull'esito dei quali non poca importanza ha l'elemento soprannaturale. L'epica si articola in vari sottogeneri:
  • L'epica mitologica che ha come oggetto la mitologia,
  • L'epica cavalleresca che ha come oggetto le gesta dei cavalieri medievali,
  • L'epica storica che ha come oggetto eventi storici particolarmente importanti per la vita di un popolo
  • L'epica eroicomica parodia dei poemi epici, particolarmente in voga nel Seicento, in cui un soggetto futile è cantato in tema solenne o un argomento eroico in stile basso e plebeo
4.       Genere  lirico o lirica è la forma poetica che esprime nel modo più soggettivo e immediato il sentimento del poeta, evidenziandone l'esperienza psicologica, sentimentale, fantastica e autobiografica. La lirica si articola in vari sotto generi:
·         la poesia civile che esalta le virtù proprie del cittadino ed ha la finalità di sensibilizzare su questioni politico-sociali,
·         la poesia didascalica che ha come scopo l’ammaestramento scientifico morale e religioso del lettore
·         l'innografia che ha carattere religioso,
·         la poesia comico-giocosa che si basa sulla parodia e lo scherzo e ha forma apparentemente antiletteraria,
·         la poesia satirica che ritrae con intenti critici e morali personaggi e ambienti della realtà e dell'attualità, in toni che vanno dalla tranquilla ironia alla denuncia, all'invettiva più acre.
5.       Genere drammaturgico riguarda qualsiasi componimento in prosa o in versi destinato alla rappresentazione scenica avente per oggetto un fatto storico o di invenzione e per protagonisti uomini di qualunque condizione sociale esso comprende vari sottogeneri
·         La tragedia è una rappresentazione scenica in prosa o in versi, diviso in atti e scene che abbia per oggetto un fatto grandioso e terribile di personaggi illustri della storia o del mito, tale da provocare negli spettatori una viva emozione, volta a purificarli da determinate passioni (catarsi), e che si conclude con un evento luttuoso (catastrofe).
·         La commedia è la rappresentazione scenica in prosa o in versi, diviso in atti e scene, di un episodio della vita di ogni giorno, con personaggi comuni e spesso di modeste condizioni, per lo più divertente e briosa e nella maggior parte dei casi caratterizzata da un conclusione felice; la commedia a sua volta si suddivide in:
-          commedia di carattere che dipinge un particolare carattere o difetto umano
-          commedia d'intreccio che si fonda su vicende complicate
-          commedia di ambiente che subordina personaggi e intreccio all'ambientazione naturale e umana della vicenda, puntando piuttosto sul colore
-          commedia musicale spettacolo musicale in parte anche recitato, simile all'operetta, con soggetto comico o sentimentale.
·         La sacra rappresentazione è un'opera drammatica di carattere sacro con personaggi sacri.
·         Il dramma pastorale è una composizione drammatica ispirata all'ambiente dei pastori e alla vita campestre. La commedia dell'arte il teatro degli attori italiani nei secoli XVI-XVIII, caratterizzato da recitazione improvvisata su canovacci e dalla presenza delle maschere.
·         Il melodramma è una composizione drammatica, generalmente in versi, musicata e cantata.
·         Il dramma moderno nacque all'inizio dell'Ottocento come reazione all'esaurirsi della necessità storica della tragedia e come esigenza di una maggiore aderenza alla realtà, si e sviluppala in varie direzioni, in corrispondenza delle esigenze ideologiche dell'autore e delle inclinazioni del gusto, dando luogo, cosi, al dramma storico, al dramma a tesi, al dramma borghese, al dramma psicologico.
[9] La costruzione è un'ordinata disposizione delle parole in una frase o delle frasi in un periodo.
[10] Samaria è un termine geografico usato per una regione montuosa situata tra la Galilea (a nord) e la Giudea (a sud) ed è la regione centrale della biblica terra d'Israele. I Samaritani professano il Samaritanesimo, una religione abramitica strettamente correlata all'Ebraismo; basano le loro credenze sulla loro Torah e affermano che la loro venerazione per il Dio biblico è l'autentica religione professata dagli Israeliti prima del loro esilio a Babilonia, conservatasi grazie ai pochi che erano rimasti in Terra Santa, ed opposta a quell'Ebraismo antico che considerano modificato e alterato dagli Israeliti tornati da Babilonia.
[11] Inferenza – l’inferenza è un processo mentale con cui si ricava una conseguenza da alcune premesse.
[12] Nomi primitivi e derivati - Il nome base è detto primitivo è infatti il nome iniziale da cui derivano tutta la famiglia di nomi che appunto si chiamano derivati. Il nome primitivo e i suoi derivati hanno la stessa radice. La differenza tra i nomi è dovuta alla parte finale chiamata suffisso.
[13] Nomi alterati - I nomi si dicono alterati quando cambia la desinenza finale con l’inserimento di suffissi per dare sfumature in senso “diminutivo”, “vezzeggiativo”, accrescitivo, “ dispregiativo”.
1.       Accrescitivo = quando accrescono , aumentano la grandezza del nome. Si usa il suffisso : one ( per i nomi maschili) / ona (per i nomi femminili)
2.       Diminutivo = quando  danno l’idea di piccolezza.Si usano diversi suffissi: ino/ina,  etto/etta, ello/ella, icino/icina, olino/olina, icello\icella, icciolo/icciola
3.       Vezzeggiativo = quando danno l’idea di affetto, di  simpatia, talvolta anche con sfumatura  diminutiva: uccia/uccio, uzzo\uzza, cino/cina
NB. La differenza tra diminutivi e vezzeggiativi è molto  lieve e molto spesso questi alterati contengono in sé entrambi i concetti. Ad esempio la parola “bambinello” può voler dire “piccolo. bambino” ( diminutivo) ma anche “caro bambino” ( vezzeggiativo)
A volte il significato dipende dal nome; ad esempio il suffisso “icino “ nella parola “cuore” che diventa  “cuoricino”, ha un valore vezzeggiativo (dolce cuore); mentre lo stesso suffisso nella parola “pelle”, che diventa “pellicina”, ha un valore diminutivo( piccola pelle).
4.       Dispregiativi =  quando danno l’idea di disprezzo antipatia, un giudizio negativo: accio/ accia, astro/ astra, ucolo /ucola, iciattolo/iciattola
Particolarità
 1 A volte il nome alterato cambia genere.
Esempio: donna (nome femminile)= un donnone (nome maschile) che vuol dire= donna grande e grossa
Febbre (nome femminile)= un febbrone (nome  maschile) che vuol dire = febbre molto alta
 2 Alcuni nomi nel diventare alterati cambiano in parte la radice.
 Esempio:  uomo = omone, cane  = cagnone
3 Nella lingua moderna si possono fare gli alterati usando particolari suffissi come: super; maxi; mini
[14] Carran, in latino Carrhae è un'antica città della Mesopotamia settentrionale corrispondente all'odierna Harran, in Turchia..
[15] Canaan è un antico termine geografico che si riferisce ad una regione che comprende, grosso modo, il territorio attuale di Libano, Israele e parti di Siria e Giordania.
[16] Sichem è un'antica città, oggi sito archeologico nei pressi della città moderna di Nablus in Cisgiordania.
[17] Nella Bibbia, Madian è un figlio di Abramo e della sua concubina Chetura secondo alcuni Agàr. I suoi discendenti, i Madianiti, colonizzarono il territorio a est del Giordano e anche gran parte dell'area a est del Mar Morto e verso sud occuparono parte del selvaggio e disabitato deserto d'Arabia. Durante il periodo dell'Esodo il loro territorio includeva anche porzioni della penisola del Sinai.
[18] Moloch è il nome sia di un dio, sia di un particolare tipo di sacrificio storicamente associato al fuoco. Moloch è stato storicamente associato con culture di tutto il Vicino Oriente antico, tra cui gli Ebrei, gli Egizi, i Cananei, i Fenici e culture correlate nell'Africa settentrionale e nel Vicino Oriente.
Oggi il termine "Moloch" viene usato in senso figurato per designare un'organizzazione o una persona che domanda o richiede un sacrificio assai costoso.
[19] Refan è il nome di un dio egiziano identificato o associato con il pianeta Saturno.
[20] Davide figlio di Iesse, è stato il secondo re d'Israele durante la prima metà del X secolo a.C.
Valoroso guerriero, musicista e poeta, accreditato dalla tradizione quale autore di molti salmi, Davide viene descritto nella Bibbia come un personaggio dal carattere complesso, capace al contempo di grandi crudeltà e generosità, dotato di spregiudicatezza politica e umana ma al tempo stesso in grado di riconoscere i propri limiti ed errori.
La vita di Davide è di particolare importanza nelle tre religioni abramitiche, l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam.
Nell'ebraismo, Davide, della tribù di Giuda, è il re di Israele e da lui discenderà il Messia. Nel cristianesimo, da Davide discende Giuseppe, padre putativo di Gesù. Nell'islam, Davide è considerato un profeta.
[21] Il narratore esterno si ha quando la voce narrante non partecipa alla storia che racconta, ma è soltanto la voce narrante che riferisce la storia dall'esterno, parlando in terza persona.
L'adozione del narratore esterno che racconta in terza persona consente di presentare i fatti da più punti di vista e in genere fa sì che la storia sia proposta con un taglio oggettivo ed emotivamente più distaccato.
[22] Il narratore interno si ha quando la voce narrante è uno dei personaggi della vicenda e, quindi, narra in prima persona (io narrante)  i fatti ai quali partecipa o ha partecipalo come protagonista, come figura secondaria o anche in qualità di semplice testimone.
L'adozione del narratore interno che registra i fatti in prima persona comporta necessariamente un punto di vista piuttosto limitato, perché tutta la storia è vista solo attraverso gli occhi del narratore, ma in genere conferisce alla storia la tensione emotiva di una vicenda vissuta come esperienza diretta e personale.
[23] Il narratore onnisciente si ha quando rivela in modo esplicito la sua funzione di narratore e di regista del racconto, intervenendo a fornire spiegazioni, sollecitare l'attenzione del lettore, esprimere giudizi e considerazioni.
[24] Il narratore occulto si ha quando si pone l'obiettivo di una narrazione oggettiva che sembra svolgersi da sé e quindi si limita a raccontare i fatti senza intervenire con spiegazioni o commenti.
[25] Il protagonista è il personaggio principale che è al centro del discorso narrativo, anche quando non compare direttamente in scena.
[26] L’antagonista è il personaggio che contrasta il protagonista sul piano delle azioni o che gli si oppone anche soltanto sul piano psicologico. Spesso è proprio lui a determinare la rottura dell’equilibrio che da inizio alla vicenda, ma può anche entrare in scena quando ormai l'equilibrio iniziale è decisamente già rotto. In ogni caso, con il suo comportamento è sempre il motore dello sviluppo dell'azione.
[27] L’oggetto è il personaggio che costituisce lo scopo dell'impegno o del desiderio del protagonista, contrastato in ciò dall'antagonista. La sua funzione, in un racconto o in un romanzo, è fondamentale perché spesso è, senza alcuna colpa, la causa scatenante della vicenda.
[28] L’aiutante è il personaggio che assiste, aiuta, protegge e favorisce il protagonista. Gli aiutanti che dovrebbero aiutarlo ma che invece, per i motivi più diversi, finiscono per danneggiarlo.
[29] L'oppositore è il personaggio che cerca di ostacolare il protagonista. Di solito l'oppositore è al servizio dell'antagonista di cui quindi è l’aiutante, ma può anche agire di sua iniziativa. Anche gli oppositori possono essere più di uno e possono trasformarsi in falsi aiutanti, cambiando campo e passando dalla parte del protagonista.
[30] Nel discorso diretto il narratore riferisce le parole del personaggio direttamente, cedendo a tutti gli effetti la parola al personaggio, collocandosi momentaneamente in secondo piano.
[31] Nel discorso indiretto il narratore non riferisce direttamente le parole del personaggio, ma le riporta indirettamente, attraverso la mediazione della propria voce, inserendole cioè nel tessuto narrativo come frasi dipendenti rette da verbi dichiarativi.
[32] Il discorso diretto libero si ha quando mancano i verbi dichiarativi e le battute si succedono una dietro l'altra con grande immediatezza, senza essere introdotte in alcun modo. Questo modo di presentare le parole dei personaggi è immediato e vivace, nella sua semplicità e consente di ridurre al minimo la distanza fra il narratore e la storia e di porre il lettore direttamente di fronte ai personaggi, senza la mediazione del narratore.
[33] Nel discorso indiretto libero il narratore riporta i discorsi del personaggio in modo indiretto, ma senza introdurli con i consueti verbi dichiarativi e utilizzando uno stile coerente con il modo di esprimersi del personaggio. Questa tecnica espressiva, che fonde insieme le caratteristiche del discorso diretto e del discorso indiretto, consente di mettere in primo piano le parole del personaggio senza interrompere la continuità narrativa e senza appesantire il testo con troppi nessi subordinanti.
[34] Il soliloquio e il monologo interiore sono la trascrizione diretta, cioè in prima persona, senza mediazioni da parte del narratore, delle parole che il personaggio pensa tra sé e sé, ma secondo alcuni studiosi, si differenziano l'uno dall'altro. Nel soliloquio, infatti, il personaggio si rivolge idealmente a un interlocutore preciso, lontano dalla scena, ma a lui ben presente; nel monologo interiore, invece, questo non succede e il personaggio si limita a esporre le proprie riflessioni.
[35] Il flusso di coscienza è la registrazione diretta di una serie confusa e quasi caotica di pensieri, emozioni e immagini che si susseguono, spesso in modo del tutto illogico, nella mente o nell'inconscio di un personaggio.
[36] Publio Cornelio Tacito (55 - 120 d. C) probabilmente nacque nella Gallia Narbonese (ma forse a Terni o a Roma), da una ricca famiglia del rango equestre. Studiò a Roma e divenne presto famoso come oratore. Divenne anche amico di
Plinio il Giovane. Iniziò la carriera politica sotto Vespasiano e poi sotto Tito e Domiziano. Poté però dedicarsi alla carriera letteraria solo dopo la morte dell’ultimo dei Flavi.
Fu questore nell’81-82, pretore nell’88 e nel 97 divenne console sotto Nerva. Abbandonata in seguito l’oratoria, si dedicò solamente alla ricerca storica. Il primo degli scritti di Tacito in ordine cronologico fu il “Dialogo degli oratori” (81 d.C.); seguirono poi a breve intervallo nel 98 la “Vita di Agricola” e la monografia geografico-etnografica sulla Germania; da ultimo, nella piena maturità, vennero composte le Hitoriae e gli Annales, che narrano gli avvenimenti del primo secolo dell'età imperiale, dalla morte di Augusto a quella di Domiziano (14-96 d.C.).
[37] Il sellisternium o solisternium era un banchetto rituale per le dee nell'antica religione romana. Si basava su una variante delle teogonie greche, ed era considerata una forma di rito appropriatamente "greca" per alcune divinità romane ritenute originariamente greche, o con controparti chiaramente greche.
[38]Editto - ordinanza emessa da magistrati
[39]Rescritto - pronunciamento scritto di un sovrano avente valore di legge o di decisione inappellabile.
[40] L'eresiologìa è lo studio delle eresie e dei moti ereticali nel loro aspetto storico e teologico.
[41]Roma - La supremazia di Roma è di diritto divino e riposa su  Matteo (16:17-19), e Giovanni (21:15-17). Ormai praticamente nessuno nega che San Pietro visitò Roma e venne lì martirizzato. 
Nella prima metà del terzo secolo San Cipriano  usa  il termine Trono di San Pietro per la Sede romana e Tertulliano afferma che  la Chiesa Romana era stato fondata da Pietro mentre si ha una prima elencazione dei Vescovi di Roma da parte di Ippolito che inizia con Pietro. Ireneo (che visita Roma nel 177) parla di Igino come nono Vescovo di Roma.
Le prime prove del primato rispetto agli altri vescovi risalgono a Papa Clemente (88-101) nella sua epistola ai Corinzi scritta quando l’insegnamento Apostolico era ancora fresco e gli Apostoli Giovanni e Matteo erano forse ancora vivi. Alcuni anni più tardi (verso il 107) Sant’Ignazio di Antiochia parla della Chiesa Romana come presiedenda su tutte le altre e Sant’Ireneo ritiene che ogni Chiesa deve essere d’accordo con essa.
San Cipriano (morto nel 258) attribuì un primato effettivo al Papa e Novaziano ritiene che il papa ha autorità per deporre un vescovo eretico.
Tale primato era noto anche agli Imperatori pagani: quando nel 270 Paolo di Samosata, Patriarca di Alessandria deposto, si appella  all’Imperatore Aureliano questi praticamente risponde di rivolgersi al Papa.
Nel 330 il trasferimento della capitale a Costantinopoli accresce il potere dei papi in Occidente, mentre in Oriente viene visto sempre più come primato onorifico. E’ difficile, con un approccio laico, dirimere se all’epoca il Papa godesse della primazia o della supremazia.
Nel 381 il Concilio di Costantinopoli riconosce esplicitamente che la Sede romana è la prima della Cristianità.
[42] Il brano è tratto dalla ‘Apologia prima’ un’opera indirizzata all'imperatore Antonino Pio e al Senato romano.
In essa compare un tema che sarà ampiamente sviluppato dall'apologetica cristiana, cioè la critica della prassi diffusa presso i tribunali romani, per la quale il solo fatto di appartenere alla religione cristiana era motivo sufficiente di condanna.
Giustino inoltre polemizza con i pagani riguardo ad alcune contraddizioni interne alla società romana, per esempio fa notare come, mentre i cristiani sono condannati a morte perché ritenuti atei, vari filosofi greci e latini sostengono apertamente l'ateismo senza conseguenze. L'opera si conclude con una petizione che contiene una lettera dell'imperatore Adriano, la quale serve a Giustino per mostrare come anche un'autorità imperiale era del parere di giudicare i cristiani in base alle loro azioni e non in base a dei pregiudizi; ed una lettera dell'Imperatore Marco Aurelio e del "Miracolo della pioggia" durante le guerre marcomanniche.
[43] Giustino nacque a Sichem, in Samaria, nel II secolo dopo Cristo, ma era probabilmente di origine romana. Giovane quieto, aveva cercato attraverso lo studio della filosofia la verità e con essa la felicità, senza peraltro raggiungerla. Si ritirò allora nel deserto, dove incontrò un vecchio saggio al quale confidò i suoi tormenti. "Leggi i profeti, leggi il Vangelo - gli suggerì il vecchio - e troverai quello che cerchi".
Giustino li lesse e la grazia di Dio gli illuminò la mente e gli riscaldò il cuore. Giustino non rinnegò per questo la filosofia, anzi trasse da essa motivi per dimostrare la ragionevolezza del Cristianesimo: lo fece scrivendo una celebre Apologia e sostenendo accesi dibattiti con i più filosofi del tempo. L'eco della sua attività giunse all'orecchio del prefetto di Roma, impegnato in una dura persecuzione contro i cristiani. Così Giustiniano fu processato. "Ho studiato tutte le scienze, ma solo nella dottrina dei cristiani religiosamente seguiti ho trovato la verità" rispose al prefetto che lo interrogava. E poiché non si scostò di un passo dalla professione di fede pronunciata, fu condannato a morte. Fu decapitato, dopo aver subito il tormento e l'ingiuria della flagellazione.
La figura di Giustino attrasse l'attenzione di Lev Tolstoj il quale nel 1874 dedicò al santo cristiano una breve agiografia, Vita e passione di Giustino filosofo martire.
[44] Si riferisce all’oracolo di Oropo, fra Attica e Beozia, consacrato all'eroe Anfiarao, divinizzato dopo la morte. Si narra infatti che Anfiarao aveva ereditato il dono di prevedere gli eventi futuri.
[45] Nella città di Dodona nell'Epiro, in Grecia nord-occidentale, si trovava un oracolo dedicato a due divinità pelasgiche, Zeus, il dio del fulmine re dell'Olimpo, e la Dea Madre, identificata con Dione. Secondo quanto riportato dallo storico del V secolo Erodoto, Dodona fu il più antico oracolo di tutta la Grecia, datandolo in epoca pre-ellenica, forse risalente al II millennio a.C.
[46] Nel mondo greco la Pizia o Pitia indica la sacerdotessa di Apollo che nel santuario di Delfi, situato presso l'omphalos, l'«ombelico del mondo», dava i responsi. La posizione fu ricoperta da donne scelte di Delfi per circa 2000 anni, dal 1400 a.C. fino al 392 d.C. quando la pratica fu proibita dall'imperatore romano Teodosio I che, dopo aver reso il Cristianesimo religione di Stato nel 380, aveva soppresso i culti pagani attraverso i decreti teodosiani.
[47] Empedocle di Agrigento (492 – 432 a.C.) fu medico, taumaturgo e scienziato. Compose due poemi di cui conserviamo una gran quantità di frammenti: “Sulla natura” di carattere cosmologico, e “Le purificazioni” di carattere teologico che si ispira all’orfismo e al pitagorismo.
Nel poema “Sulla natura” spiega che la nascita delle sostanze presenti nel cosmo deriva dall’unione di quattro elementi fondamentali (acqua, aria, terra, fuoco) che rappresentano le radici del cosmo e che la loro morte deriva dalla disunione di questi elementi.
Nei “Catarmoi” riprende la dottrina orfico-pitagorica della metempsicosi.
Più che di anima, Empedocle parla di “demone”: esso rappresenta il nostro io più profondo che sopravvive anche dopo la morte trasmigrando in altri corpi. Lui stesso rivela di essere stato «un tempo fanciullo e fanciulla, arbusto e uccello e muto pesce del mare».
Secondo Empedocle, esiste una legge necessaria di giustizia che fa scontare agli uomini, attraverso una serie successive di nascite e morti, i peccati di cui si macchiano: l’anima che si macchia di reati di sangue fra viene considerata anche l’uccisione degli animali, sarà costretta, per purificarsi, a trasmigrare di corpo in corpo per circa diecimila anni.
[48] Pitagora (Samo, tra il 580 e il 570 – Metaponto495 a.C. circa) ci è rappresentata dalla tradizione come un profeta mago, operatore di miracoli. Gli è stata attribuita una sapienza nascosta, che avrebbe preso direttamente dal suo Dio protettore; Apollo, per bocca di una sacerdotessa di Delfi.
Fondò una scuola che fu anche un'associazione religiosa e politica e si diffuse in tutte le città greche d'Italia meridionale, assumendo il potere politico ed esercitandolo in senso aristocratico.
Nella dottrina della metempsicosi: la scienza diventa metodo per purificarsi e condurre l'anima alla salvezza: la sola dottrina filosofica che gli si può attribuire con certezza è quella della Metempsicosi.
La Metempsicosi è la trasmigrazione dell'anima, dopo la morte, in corpi di animali o persone. Pitagora considerava infatti il corpo come una prigione dell'anima, come la tomba dell'anima, la vita corporea era dunque una punizione.
La scienza assume quindi un valore di purificazione; il mezzo per purificare l'anima e condurla alla salvezza e alla liberazione.
[49] Secondo Platone l'anima ci fa conoscere le idee e per questo è l'organo fondamentale della conoscenza umana.
Platone è un seguace dell'Innatismo, cioè la teoria secondo cui la fonte principale della conoscenza non sta nell'esperienza ma nell'anima. Già alla nascita possiamo conoscere il mondo circostante. Nel dialogo dal titolo Fedro si dice che un tempo l'anima aveva le ali e volava verso le idee. Poi a causa di una colpa originaria ha perso la capacità di volare ed è stata imprigionata nel corpo. La filosofia che è conoscenza delle idee aiuta a volare, a riprendere contatto con le idee. L'anima è la vera essenza dell'uomo cioè la sua forma perché il corpo è imperfetto.
L'anima è immortale e Platone fornisce diverse dimostrazioni o prove dell'immortalità.
Tutte le cose nascono dal loro contrario. Dal vivente nasce il morto e dalla morte nasce la vita. Niente muore mai del tutto. Con questa prova, Platone intende dare un fondamento religioso e filosofico alla maieutica di Socrate. L'anima infatti può partorire la verità perché ricorda un sapere che già possedeva in un'altra vita, ma di cui ha perso consapevolezza. Ogni nuova conoscenza che acquisiamo si collega a contenuti già presenti nella nostra mente. L'anima possiede una predisposizione alla conoscenza. A contatto con l'esperienza si risveglia il nostro sapere nascosto: ad esempio lo scrittore Proust, mangiando un biscotto alla mandorla, ricordava i giardini dell'infanzia. Ricordare che per Platone anima e mente coincidono. Platone quindi ha anticipato l'esistenza dell'inconscio.
Ciò che è composto, come il corpo, per natura è destinato a corrompersi: ad esempio, decomposizione. Invece l'anima è semplice cioè non può subire nessuna dissoluzione. Dopo la morte il destino dell'anima sarà diverso da quello del corpo. L'anima è principio di vita per il corpo e quindi partecipa dell'idea di vita. Quindi l'anima non può morire perché è impossibile nello stesso tempo prendere parte a un'idea e al suo opposto.
L'anima pur essendo unita al suo interno è distinguibile in tre componenti la cui prevalenza determina il carattere di ciascuno. L'uomo saggio sa trovare l'equilibrio tra le parti:
·         Razionale, se prevale quest'anima il carattere sarà equilibrato e calcolatore.
·         Irascibile quando quest'anima può allearsi o con la razionale o con la desiderativa. È il cuore l'unico organo capace di mediare a seconda delle circostanze.
·         Concupiscibile è l'anima istintiva che guida i nostri desideri e la sede è nel basso ventre.
L'immagine del carro trainato dai due cavalli è presente nel Fedro. Il guidatore rappresenta la razionalità. Il cavallo buono è il cuore e il cattivo il desiderio. La ragione ha una funzione direttiva rispetto alla volontà del cuore e al sentimento, cioè al desiderio. Importanza della cura dell'anima, che è armonia, microcosmo. Ognuno di noi rappresenta un'immagine ridotta dell'universo. Nell'universo infatti c'è armonia ed equilibrio e così ogni essere umano, grazie alla filosofia, può trovare in sé il proprio ordine.
Platone nota che mentre a ogni malattia andiamo dal medico per curare il corpo, non facciamo altrettanto per l'anima ma alla cura dell'anima è fondamentale per diventare esseri liberi.
Il mito di Er narra di un soldato armeno: Er, morto di morte apparente per dieci giorni, disceso quindi da vivo nel mondo dei morti, ha contemplato la vita ultraterrena, ha visto come vengono assegnate le anime ai corpi che si reincarnano e ha capito che la responsabilità di ciò spetta solo agli uomini. È inutile incolpare gli dei delle conseguenze delle nostre azioni. Qualunque sia la vita che ci spetta, la felicità o infelicità è legata alle nostre azioni.
[50] Socrate (Atene 470/469 - 399 a.C.) non ha scritto opere. Il suo Pensiero è noto dai "Dialoghi" di Platone, alla commedia "Le nuvole" di Aristofane ai "Memorabili" di Senofonte. Il punto di riferimento per definire la sua personalità è la "Apologia di Socrate". Nel "Fedone" di Platone, Socrate sostiene una dottrina dell'anima di derivazione orfico-pitagorica: l'anima è immortale, è principio di vita, è quanto di più vero l'uomo possiede e la filosofia è una vera e propria "cura dell'anima" in quanto l'anima è l'unico titolo del messaggio filosofico.
Socrate sostiene la "virtù dell'anima". La parola greca che è tradotta in "virtù" è "areté".
Essa ha un significato ampio: non è solo "virtù" nel senso etico del termine, ma è anche "virtù" nel senso di "funzione", "capacità", "qualità". Per Socrate, come per Platone ed Aristotele, la "virtù dell'anima" sta nel raggiungere il suo bene: l'eudaimonia (felicità). Solo l'eliminazione della malattia dell'anima, ossia il vizio, stabilire l'adempimento di raccontare bene.
Mentre per Socrate già semplicemente "essere virtuoso" significa "essere felice", per Aristotele questo non basta: sicuramente "essere virtuoso" (si intende anche: possedere un patrimonio, degli amici, una famiglia, la salute, ecc., Oltre che comportarsi bene) è una condizione necessaria per "essere felice", ma non è sufficiente; infatti, per Aristotele, la felicità è la realizzazione della parte migliore dell'anima, l'intelletto. Aristotele, dunque, ritiene che l'anima sia divisa in parti, mentre per Socrate (che mutua molte cause teorie dai pitagorici) l'anima è una entità monolitica.
Si dice che gli antichi sono sostenitori di una "etica eudaimonistica", un'etica il cui scopo è il successo di una cosa ma bisogna vivere teoreticamente). Per l' "etica cristiana", invece, la felicità non può essere raggiunta in vita, ma viene raggiunta in un altro mondo. L'etica post-kantiana è soprannominata "etica deontica" perché si fonda sul senso del dovere: perché devo essere virtuoso? Perché devo!
[51] Il problema,cioè qualcosa su cui prendere una decisione, sta alla base di ogni testo argomentativo
[52] La tesi è l'opinione che l'autore del testo esprime sul problema in questione la propria tesi, cioè la propria opinione.
[53] L’argomentazione è una prova portata dall'autore del testo, allo scopo di convincere i suoi interlocutori a condividere la sua tesi.
[54] L’antitesi per prevenire le possibili obiezioni dei suoi interlocutori, l'autore espone lui stesso la tesi da essi sostenuta e contraria alla sua, cioè l'antitesi; Tu sostieni che un cane farebbe la guardia alla casa e sarebbe più affettuoso di un micio, ma io non sono d'accordo.
[55] Le conclusioni sono la somma della sua argomentazione in una conclusione in cui ribadisce la sua tesi riguardo al problema.
[56] Nell’Octavius, un dialogo tra il pagano Cecilio Natale e il cristiano Ottavio Ianuario, un avvocato provinciale, amico e compagno di studi di Felice Minucio, Felice dapprima ricorda l’amico Ottavio. Inizia poi a raccontare la conversazione durante la quale Ottavio convertì al cristianesimo il comune amico Cecilio.
Cecilio propone le ragioni del paganesimo: l’uomo che è finito non può conoscere il dio infinito, bisogna tuttavia mantenere la religione degli avi, per conservare la tradizione e l’unità politica dell’Impero, fondata sul politeismo.
Egli accusa i cristiani di uccidere bambini, mangiare carne umana (fraintendendo l’eucarestia: il rito del “mangiare il corpo di Cristo”) e di incesto (per via del loro uso di chiamarsi “fratelli” e “sorelle” anche tra coniugi).
Ottavio controbatte esponendo il contenuto della sua religione: la provvidenza di Dio è testimoniata dalla bellezza e armonia del cosmo; la religione pagana è sanguinaria, basata com’è su sacrifici di bestie innocenti e spesso anche di esseri umani, mentre il Cristianesimo si fonda su carità, fede e semplicità. Cecilio alla fine si dichiara convinto.
L’Octavius è scritto in un latino elegante e si ispira ai dialoghi di Cicerone, di cui riprende la cura per l’ambientazione e la tecnica espositiva, nel tentativo di instaurare un dialogo con il paganesimo. Minucio tende a conciliare concezione classica e messaggio cristiano, pur non nascondendo la sua condanna del materialismo religioso dei Romani.
Ottavio, Cecilio e Minucio si recano per la cura delle acque ad Ostia dove, durante una passeggiata lungo la spiaggia, Cecilio tocca e bacia una statua di Serapide. Ottavio rimprovera quindi Minucio per non aver messo in guardia Cecilio dalla venerazione superstiziosa delle statue. Nel frattempo i tre amici continuano a passeggiare e vedono alcuni ragazzi che giocano con i sassi sulla riva del mare. Cecilio, indifferente al gioco dei ragazzi, rimane turbato dalle parole di Ottavio sulla superstizione e gli chiede di poter discutere sull’argomento.
[57] Marco Minucio Felice, nativo della Numidia, esercitò l’avvocatura a Roma. Di famiglia pagana, trasferitosi a Roma si convertì al cristianesimo e scrisse un dialogo apologetico, l’Octavius (fine II secolo d. C.), esponendo la discussione, a cui Minucio partecipa come moderatore, tra il pagano Cecilio ed il cristiano Ottavio.
[58] Tertulliano scrive l’Apologetico nel 197, pochi anni dopo la sua conversione al Cristianesimo.
Si tratta, probabilmente, della prima opera di questo tipo scritta in lingua latina: un’orazione in stile retorico rivolta ai magistrati di Cartagine e, più in generale ai pagani, per difendere i cristiani dalle accuse di illegalità e di irreligiosità loro rivolte.
Nella parte finale dell’opera, Tertulliano si rivolge, per confutarli, a quei pagani che considerano il cristianesimo come un nuovo tipo di filosofia. Egli delinea un confronto tra il modo di vivere e di pensare dei filosofi e dei cristiani, da cui emergono le profonde differenze di moralità e di integrità intellettuale.
In questo passo Tertulliano, con tono a volte ironico, mostra come i filosofi greci, pur avendo anch’essi attinto all’unica antica sapienza, quella trasmessa da Dio a Mosè e ai Profeti, non siano stati in grado di dire cose sensate su Dio e sul mondo.
Tertulliano mescola alle critiche ai filosofi l’attacco agli gnostici e agli eretici, colpevoli di aver imparato dai filosofi a deformare il senso delle Scritture Tertulliano scrive l’Apologetico nel 197, pochi anni dopo la sua conversione al cristianesimo.
[59] Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, conosciuto semplicemente come Tertulliano, è stato uno scrittore romano e apologeta cristiano, fra i più celebri del suo tempo. Negli ultimi anni della sua vita entrò in contatto con alcune sette ritenute eretiche, come quella riconducibile al prete Montano; per questo motivo fu l'unico apologeta cristiano antico, insieme ad Origene, a non ottenere il titolo di Padre della Chiesa.
[60] Si tratta di notizia priva di fondamento storico.
[61] Nella parte precedente Tertulliano ha sottolineato come gli unici veri moventi dei filosofi, che fingono di cercare la verità, siano la gloria e la vanità.
[62] Il riferimento è agli epicurei, i quali sostengono che l’anima è fatta di atomi. Il riferimento è agli epicurei, i quali sostengono che l’anima è fatta di atomi.
[63] Tertulliano si riferisce agli eretici e agli gnostici, che avrebbero imparato dai filosofi a stravolgere il senso dei Vangeli.
[64] Secondo i Vangeli sinottici, il nome della valle infernale, dove i malvagi bruceranno nel fuoco eterno.
[65] Uno dei fiumi che scorrono nell’Ade, il cui nome significa letteralmente «ciò che arde come fuoco»: cfr. per esempio, Odissea, libro X, v. 513
[66] La terra felice dei beati. Presente già nell’Odissea come luogo collocato a occidente della Terra (libro IV, vv. 563), essa sarà poi proiettata nell’aldilà e spesso richiamata nel mondo latino
[67] I Padri apologisti - Gli Apologisti sono quegli scrittori ecclesiastici che, soprattutto nel II secolo, cercarono di difendere il Cristianesimo perseguitato.
I loro scritti segnarono così un momento di incontro e di scontro tra Cristianesimo nascente e cultura pagana

L’apologetica cristiana del II secolo - Gli Apologisti sono quegli scrittori ecclesiastici che, soprattutto nel II secolo, cercarono di dimostrare l’innocenza dei cristiani perseguitati e di esaltare la fede cristiana.

Le apologie potevano essere dirette sia contro i pagani sia contro gli ebrei.

·         Le prime (ad esempio l’Apologetico di Tertulliano o le Apologie di S. Giustino) venivano generalmente indirizzate alle autorità politiche o al popolo o, talvolta, a una singola persona;

·         Le seconde hanno un carattere particolare perché l’apologista cerca con esse di comprovare il compimento delle profezie precristiane sulla base dell’Antico Testamento: un ottimo esempio è il Dialogo con l’ebreo Trifone di S. Giustino.

I primi Apologisti - Gli scritti degli Apologisti segnarono un momento di scontro, ma anche di incontro, del Cristianesimo nascente con una cultura pagana ormai in declino ed ebbero grande importanza perché contribuirono non poco al riconoscimento ufficiale della Chiesa. La lingua usata fu il greco prima e più tardi il latino.

Tra gli apologisti di lingua greca del II secolo vanno menzionati:

·         San. Giustino (di cui sono noti il Dialogo con Trifone e le due Apologie);
·         Atenagora, filosofo cristiano di Atene, e S. Teofilo di Antiochia.
Tra gli apologisti latini del II e III secolo dobbiamo menzionare:
·         Marco Minucio Felice, autore dell’Octavius;
·         Tertulliano.
[68]  animazione della Sapienza Superiore come Eone a sè separato dal Pleroma o mondo ideale superiore: Ectroma: significherebbe: l'ultimo degli Eoni: Cristo.
[69] Eresia - Dal greco hairesis: scelta, opinione. Una dottrina contraria alla fede comune della Chiesa, al dogma. L’eretico sceglie una parte della dottrina cristiana, tralasciando più o meno volutamente altre parti. Non è corretto affermare che sia eretica una dottrina diversa da quella ufficiale, ma piuttosto è eretica l’assolutizzazione di un singolo punto della dottrina a discapito di altri.

[70] Le origini dello Gnosticismo - Sin dal XIX secolo il problema delle origini dello Gnosticismo ha appassionato e diviso gli studiosi, che non hanno tutt’oggi una posizione univoca e definitiva sull’argomento.

Si può dire che esistono due principali “scuole di pensiero” sull’argomento:

·         Alcuni affermano, in vario modo, l’origine cristiana dello Gnosticismo sottolineando i punti di contatto con la dottrina cristiana.

·         Altri sostengono invece un’origine non cristiana, e precisamente orientale (iranica), di questo movimento religioso. È la tesi oggi maggiormente sostenuta.

La biblioteca gnostica di Nag Hammadi - La nostra conoscenza dello Gnosticismo è molto migliorata dopo la scoperta di una vera e propria “biblioteca” gnostica a Nag Hammadi, in Egitto. Il ritrovamento di testi sino a oggi sconosciuti ha infatti permesso di verificare le citazioni e i sunti della dottrina gnostica tramandatici dai Padri della Chiesa in opere antieretiche.

Quelle citazioni e quei sunti erano - a quanto pare - abbastanza precise, anche se lo studio diretto dei testi originali permette di allargare le conoscenze.

La dottrina gnostica - Lo Gnosticismo non era un movimento unitario, ma lacerato da profonde divisioni e frammentato in una moltitudine di sette e “scuole”, a volte dagli usi e dalle dottrine diametralmente opposti.

Ciononostante è possibile riassumere sommariamente le loro dottrine in alcuni punti fondamentali.

1.       Secondo gli gnostici il mondo non è stato creato dal Dio di Gesù Cristo ma da un dio inferiore, il demiurgo, caratterizzato in modo negativo;

2.       La materia, creata dal demiurgo, è negativa. “Vivere nel corpo è come essere in esilio”, lontano dal vero Dio;

3.       Lo gnostico giunge a conoscenza di questa condizione grazie al pneuma, lo spirito, inteso quasi come una scintilla divina sepolta nell’uomo, e per questa conoscenza è in grado di salvarsi, ritornando a Dio.

La Chiesa contro lo GnosticismoL’eco degli scontri tra cristiani e gnostici si fa sentire già negli scritti del Nuovo Testamento. Il Prologo del Vangelo di Giovanni sembra redatto proprio allo scopo di confutare la dottrina gnostica della creazione. Allo stesso modo altri scritti di Giovanni portano traccia dello scontro con alcune sette gnostiche particolari, come i nicolaiti e i doceti.

Il più importante avversario dello gnosticismo fu il vescovo Ireneo di Lione, autore di una monumentale opera dal titolo Contro le eresie.

In quest’opera come in testi antignostici di altri autori si evidenziano i punti di maggior distanza tra Cristianesimo e Gnosticismo: in particolare, viene ribadita la generale bontà della creazione ed affermata risolutamente la salvezza solo per l’opera mediatrice di Cristo, e non per una qualche particolare conoscenza.

[71] Montanismo - Eresia che prende il nome da quello del fondatore, Montano, che costituì una vera e propria chiesa scismatica nel 170. Si tratta in definitiva di una sorta di movimento carismatico ante-litteram, dai forti accenti millenaristi.
[72] Plinio il giovane nacque a Como nel 61 da una facoltosa famiglia di rango equestre. Alla morte del padre fu adottato dallo zio Plinio il Vecchio che gli diede il proprio nome. Studiò a Roma sotto la guida del famoso oratore Quintiliano.
Fu avvocato e uomo politico sotto i Flavi, console nel 100 e poi governatore della Bitinia sotto Traiano, che celebrò nel magniloquente “Panegirico”. Morì probabilmente nel 112.
Nell’“Epistolario”, in 10 libri, annotò fatti di interesse pubblico e privato, che ci offrono uno spaccato della società del tempo.
Notevole storicamente il X libro, comprendente il carteggio di Plinio con Traiano sulla situazione giuridica dei cristiani; tra le lettere di maggiore interesse va inoltre ricordata l’epistola all'amico Publio Cornelio Tacito, che narra l’eruzione del Vesuvio in cui perse la vita lo zio Plinio il Vecchio. Plinio appare nelle lettere come un generoso filantropo, interessato alle attività culturali, alle arti e all'architettura.