Congedo
- Congedo è l'ultima poesia delle Rime nuove.
- Si divide in tre parti. Nella prima (str. 1-3) Carducci dice ciò che il poeta non è; nella seconda parte (str. 4-6) Carducci dice ciò che invece il poeta è; nella terza parte (str. 7-fine) Carducci enumera i motivi d'ispirazione del poeta-artiere, un miracolo, l'ispirazione, che soltanto Dio conosce.
Il poeta, o vulgo sciocco,
un pitocco[3]
non è già[4], che a l'altrui mensa
via con lazzi[5] turpi e matti
porta i piatti
ed il pan ruba in dispensa.
non è già[4], che a l'altrui mensa
via con lazzi[5] turpi e matti
porta i piatti
ed il pan ruba in dispensa.
E né meno è un perdigiorno
che va intorno
dando il capo ne' cantoni[6],
e co 'l naso sempre a l'aria
gli occhi svaria[7]
dietro gli angeli e i rondoni.
che va intorno
dando il capo ne' cantoni[6],
e co 'l naso sempre a l'aria
gli occhi svaria[7]
dietro gli angeli e i rondoni.
E né meno è un giardiniero
che il sentiero
de la vita co 'l letame
utilizza, e cavolfiori
pe' signori
e viole ha per le dame.
che il sentiero
de la vita co 'l letame
utilizza, e cavolfiori
pe' signori
e viole ha per le dame.
Il poeta è un grande artiere[8],
che al mestiere
fece i muscoli d'acciaio:
capo ha fier, collo robusto,
nudo il busto,
duro il braccio, e l'occhio gaio[9].
che al mestiere
fece i muscoli d'acciaio:
capo ha fier, collo robusto,
nudo il busto,
duro il braccio, e l'occhio gaio[9].
Non a pena l'augel pia[10]
e giulía[11]
ride l'alba a la collina,
ei co 'l mantice[12] ridesta
fiamma e festa
e lavor ne la fucina[13]:
e giulía[11]
ride l'alba a la collina,
ei co 'l mantice[12] ridesta
fiamma e festa
e lavor ne la fucina[13]:
E la fiamma guizza e brilla
e sfavilla
e rosseggia balda audace,
e poi sibila e poi rugge
e poi fugge[14]
scoppiettando da la brace.
e sfavilla
e rosseggia balda audace,
e poi sibila e poi rugge
e poi fugge[14]
scoppiettando da la brace.
Che sia ciò, non lo so io;
lo sa Dio
che sorride al grande artiero.
lo sa Dio
che sorride al grande artiero.
Ne le fiamme così ardenti
gli elementi
de l'amore e del pensiero
gli elementi
de l'amore e del pensiero
egli gitta, e le memorie
e le glorie
de' suoi padri e di sua gente.
Il passato e l'avvenire
a fluire[15]
va nel masso incandescente.
e le glorie
de' suoi padri e di sua gente.
Il passato e l'avvenire
a fluire[15]
va nel masso incandescente.
Ei l'afferra, e poi del maglio
co 'l travaglio
ei lo doma su l'incude.
Picchia e canta. Il sole ascende,
e risplende
su la fronte e l'opra rude.
co 'l travaglio
ei lo doma su l'incude.
Picchia e canta. Il sole ascende,
e risplende
su la fronte e l'opra rude.
Picchia. E per la libertade
ecco spade,
ecco scudi di fortezza:
ecco serti[16] di vittoria
per la gloria,
e diademi[17] a la bellezza.
ecco spade,
ecco scudi di fortezza:
ecco serti[16] di vittoria
per la gloria,
e diademi[17] a la bellezza.
Picchia. Ed ecco istoriati
a i penati[18]
tabernacoli ed al rito:
ecco tripodi ed altari[19],
ecco rari
fregi e vasi pe 'l convito[20].
Per sé il pover manualea i penati[18]
tabernacoli ed al rito:
ecco tripodi ed altari[19],
ecco rari
fregi e vasi pe 'l convito[20].
fa uno strale[21]
d'oro, e il[22] lancia contro 'l sole:
guarda come in alto ascenda[23]
e risplenda,
guarda e gode, e più non vuole.
Il
libro, pubblicato nel 1887, comprende centocinque poesie, composte tra il 1861
e il 1887 e distribuite in nove libri ed in esso Carducci fissò un'immagine
ideale di sé e della propria arte, offrendo con essa una compiuta sintesi
poetica dalle origini giovanili fino agli esiti più maturi.
Tra
i filoni tematici più importanti della raccolta, il primo è quello della poesia
storica: in queste liriche, Carducci indossa i panni del poeta vate, maestro e
guida della nazione, per riproporre episodi del Medioevo italiano – Il comune rustico, La leggenda di Teodorico, Su
i campi di Marengo, Faida di comune.
Le sue ricostruzioni storiche sono rigorose e riescono a penetrare e far
rivivere lo spirito dei fati narrati. Talvolta la celebrazione investe la
storia recente: è il caso dei dodici sonetti di Ca ira, dedicati alla vittoria dei francesi a Valmy nel 1792 contro
gli austro prussiani.
Un
secondo filone è quello intimistico e autobiografico, che si sviluppa tra
memoria, natura e immaginazione poetica. A poesie di tipo nostalgico – Visione e Nostalgia – si accompagnano testi ambientati nella vita della campagna,
con i suoi umili quadri di vita animale e vegetale – Il bove e San Martino.
L'ispirazione
più sincera si rivela nei testi della trilogia maremmana – Traversando la Maremma toscana, Idillio
maremmano, Davanti San Guido – e
nelle due liriche ispirate alla morte del figlioletto Dante – Pianto antico e Funere mersit acerbo.
Altre
liriche sono dedicate alla celebrazione della bellezza classica: è la linea che
ispira le tre bellissime odi delle Primavere
elleniche tra le più felici dell'intera produzione di Carducci.
Molte liriche delle Rime nuove nascono da un motivo comune:
l'opposizione tra l'esaltazione della vita e il pensiero o sentimento della
morte, della caducità e fragilità di ogni esistenza terrena. I due motivi sono
complementari, poiché l'amore per ciò che vive rende più forte la coscienza
dell'ineluttabilità della fine; in tal modo ogni gioia dell'ora presente è
incrinata da note di dolore e da tristi presentimenti. È precisamente questa
dialettica che ispira la parte più suggestiva della poesia carducciana.
[2] Giosuè Carducci
– Figlio di un medico condotto affiliato alla carboneria, Carducci nacque a
Valdicastello, Lucca, presso Pietrasanta nel 1835, trascorse l'infanzia in
Versilia e in Maremma, il cui passaggio fece rivivere in tante sue poesie;
adolescente si recò con la famiglia a Firenze e a Pisa, laureandosi in lettere
con una tesi sulla poesia cavalleresca nel 1856.
Insegnò
in un ginnasio, esperienza, questa, che sarebbe confluita nelle autobiografiche
Risorse di San Miniato nel 1863.
Il
suo interesse per la filosofia lo indusse a fondare, nel 1859, la rivista Il Poliziano, che tuttavia ebbe vita
breve.
All’insegnamento,
dal quale era stato sospeso per tre anni a causa delle sue idee
filorepubblicane, tornò a dedicarsi tra il 1860 e il 1904, quando, su nomina
del ministro Terenzio Mamiani, fu titolare della cattedra di letteratura
italiana nell'Università di Bologna, cattedra che tenne fin quasi alla morte,
facendo fiorire intorno a sé una «scuola» numerosa e seria. In politica
combatté il papato e la monarchia, ma a questa si riavvicinò verso la fine
degli anni ’70 e, in seguito, nominato senatore nel 1890, si schierò con il
governo conservatore di Francesco Crispi.
Carducci
morì a Bologna nel 1907.
La
sua vasta produzione poetica costituisce le raccolte:
- Juvenilia (1850-1857)
e Levia Gravia (1857-1870) esprimono le concezioni laiche e
repubblicane di Carducci, e costituiscono un complesso apprendistato
poetico, in cui egli sperimentò molte forme della tradizione lirica
italiana.
- Giambi ed epodi (1882), che comprendeva componimenti già pubblicati
nella raccolta Poesie (1871), prevalsero i tomi polemici.
- Rime nuove (1861-1887) sono
probabilmente la raccolta migliore, quella in cui Carducci seppe alternare
con maggiore ricchezza l’ispirazione intima e privata alla poesia storica
e politica. Questo doppio registro caratterizza anche, sia pure con minore
felicità espressiva, l’ultima raccolta di versi, Rime e ritmi (1898).
- Odi barbare (1877-1893) cercano di
riprodurre in versi italiani i metri della lirica greco-latina.
- Rime e ritmi (1898)
- Carducci fu anche
autore di scritti in prosa di tono lirico-autobiografico e fu inoltre
critico, oratore, polemista.
Grande influenza ebbe il
magistero carducciano nel campo della critica. Suoi allievi furono Giovanni
Pascoli, Severino Ferrari, Renato Serra, Manara Valgimigli, e, se la sua
lezione si iscrive entro i confini storici del positivismo, l’attenzione ai
valori testuali evidente negli studi su Petrarca, Poliziano, Parino fa di
Carducci un precursore della critica stilistica. Lo sterminato, vivace ed
estroso epistolario, contribuì a rendere meno paludata la figura di un poeta
stretto nella propria ufficialità.
[6] dando … cantoni: sbattendo la
testa contro le cantonate.
[8] Artiere: artigiano.
[9] Nudo… gaio: notare i chiasmi
[11] Giulìa: sta per giuliva e si concorda
con l’alba
[12] Mantice: Apparecchio di forma varia mediante il quale si aspira aria
in una sacca per poi soffiarla con forza, al fine di attivare la fiamma
[13] Fucina: officina
[14] E …. fugge: notare l’anafora
[15] Fluire: colare concordato con va
quindi cola
[16] Serti: corone
[17] Diademi: corone
[18] La poesia che celebra la storia patria oggettivata negli altari
dedicati al culto e ai penati
[19] La poesia celebrativa in genere i tripodi e gli altari vanno
bene per ogni cerimonia
[20] La più raffinata celebrazione di eventi del presente [i vasi e
gli ornamenti per il convito
[22] Il: poetico sta per lo pronome
[23] Ascenda: salga
La poesia 'Congedo' scritta da Giosuè Carducci è suddiviso in tre parti. La prima parte dice che il poeta porta via i piatti e ruba il pane dalla dispensa. Dice anche che il poeta non è un perdigiorno e nemmeno un giardiniere. La seconda parte invece dice invece che il poeta è un grande artigiano che fece i muscoli d'acciaio nel suo mestiere e che quando arriva l'alba, la fiamma è in festa, brilla e scoppietta. Nella terza parte gli elementi dell'amore e del pensiero e le memorie di suo padre e dei suoi parenti vengono gettati in un masso incandescente. Il fabbro picchia col martello sull'incudine,ed ecco spade, scudi e corone, altari e tripodi. Per sè il poeta lancia contro il sole una strale d'oro e gode.
RispondiEliminaAnnarita Chierchia II B
SARAH DI PALMA.
RispondiEliminaIl poeta non è un accattone, che ruba il pane dalla dispensa, o un nullafacente, che va in giro col naso all' insù e non è nemmeno un giardiniere.
Il poeta è un grande fabbro e non appena spunta il sole del nuovo giorno, lui è già lì che lavora. Egli getta gli elementi dell' amore e del pensiero e i ricordi dei suoi antenati nelle fiamme, tutto scorre in una massa incandescente che comincia a prendere forma dopo essere lavorata col martello. Intanto una nuova giornata sta volgendo al termine, ma lui continua a lavorare; ed ecco spade, scudi, corone per la gloria e per la bellezza. A lavoro finito, il poeta guarda la sua opera e gode, ed è tutto ciò che gli serve.
Il poeta non è un accattone, che porta i piatti, nemmeno un perdigiorno e neanche un giardiniere. Lui è un grande artigiano che grazie al suo lavoro fece i muscoli d'acciaio e nel suo lavoro la fiamma brilla e sfavilla.
RispondiEliminaEgli forma con gli elementi dell'amore e del pensiero una massa incandescente che viene lavorata con il martello.
Ecco spade, scudi e corone, tabernacoli, altari e vasi rari.
Il poeta per se lancia una freccia d'oro contro il sole e gode e non ha bisogno d'altro.
Maria Vitiello IIB
Il poeta non è un pitocco nè una nullafacente che da testate nell'angolo dell'edificio e non è nemmeno un giardiniere che utilizza il sentiero della vita con il letame.
RispondiEliminaIl poeta è un grande artigiano che con il suo lavoro fa i muscoli d'acciaio, egli con il mantice risveglia le fiamme e si muovono in modo vivace.
Egli getta gli elementi dell'amore e del pensiero in una massa incandescente e viene lavorata col martello sull'incudine.
Ed ecco spade, scudi e corone, ecco tabernacoli, altari e vasi rari.
Per se il poeta lancia una freccia d'oro, guarda e gode.
Annarita Sorrentino II B
Carducci, nella poesia "Congedo" narra la storia di un poeta, il quale non mette subito in risalto la sua vita,ma divide la poesia in parti e pian piano c'è lo fa capire.
RispondiEliminaCarducci,inizia col dire che il poeta non è nè un'accattone,nè un nullafacente e nè un giardiniere,ma è un artigiano che è fiero del lavoro che compie.
Inoltre dice che il poeta all'improvviso getta gli elementi dell'amore in una massa incandescente in cui scorrono il futuro e il passato e con il martello li domina sull'incudine.
Infine,il sole splende sul viso del poeta e per lui il povero manuale fu una freccia d'oro,la quale la lanciò contro il sole ed essa saliva sempre più in altro e risplendeva.
Carmela Gargiulo II B
Il poeta non è un perdigiorno che perde tempo all'aria aperta e che si distrae nelle sue ispirazioni.Non è nemmeno un giardiniere che fertilizza il suo giardino , per produrre cavolfiori e le viole per le donne.Il poeta è un grande artigiano, che getta gli elementi dell'amore e del pensiero, i ricordi e le glorie dei suoi antenati e del suo popolo ; è una persona piena di ispirazioni che dopo che l'opera è conclusa, attende la sua gloria.
RispondiEliminaCatello Romano II B
La poesia "Congedo" di Carducci appartiene alle Rime nuove,caratterizzate dall'uso della rima;al suo interno si può notare l'enumerazione delle caratteristiche del poeta.
RispondiEliminaL'autore non lo vede né come un avaro che commette atti buffoneschi né come un fannullone né come un giardiniere che concima il percorso della vita.
Nella seconda parte della poesia invece il poeta viene paragonato ad un grande artigiano che proprio a causa del duro lavoro ha fatto i muscoli d'acciaio.
Alla fine l'autore descrive proprio il mestiere del povero manuale che per se fa una freccia d'oro,la lancia contro il sole e guarda come ascende.
Carmela Coticelli II B
Il poeta non è un parassita che con inganni ruba il pane. Ne tanto meno è uno scansafatiche, che gira a vuoto con il naso all'aria a guardare gli uccelli. Il poeta non è neanche un giardiniere, che scrive le cose a caso, per le occasioni.
RispondiEliminaMa è un grande artigiano che seguendo le ispirazioni, alimenta il suo fuoco poetico e dalla sua mente zampillano mille idee.
Nella sua ispirazione ci sono anche le proprie esperienze personali.
Quando poi l'opera è conclusa, il poeta aspetta la sua meritata gloria.
(Antonio castiglione II B)
La poesia "Congedo" di Carducci parla del lavoro del poeta. È si divide in tre parti.
RispondiEliminaNella prima viene detto che il poeta non è un fannullone che si procura da vivere scrivendo sciocchezze, né che sia un sognatore, con la testa tra le nuvole, o un giardiniere.
Nella seconda parte il poeta viene paragonato ad un artigiano, che col duro lavoro sviluppa muscoli fortissimi e all’alba, come l’artigiano apre la fucina, lui torna a cercare l’ispirazione alle sue idee.
Infine, nella terza parte il poeta descrive le sue fonti di ispirazione, e dice che a volte forse è Dio ad illuminare la sua mente creativa. Le sue ispirazioni sono dovute anche alle proprie esperienze personali e alla propria cultura, e piano piano il testo prende forma e lui attende il suo momento di gloria.
Giuseppe Martire II B
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIl poeta non è uno sciocco che con inganno ruba il pane dalle dispense altrui, non è uno scansafatiche che con la testa rivolta verso l'alto perde lo sguardo verso gli angeli e gli uccelli, non è nemmeno un giardiniere che fa cose a caso quando gli capita l'occasione.
RispondiEliminaMa Egli è un grande artigiano che, prendendo l'ispirazione dal suo lavoro,scrive opere che riguardano anche le sue esperienze personali e dopo averle finite aspetta la sua meritata gloria. (Luigi Sorrentino II B)
La poesia "Congedo"di Carducci è suddivisa in tre parti:
RispondiEliminala prima ci fa capire che il poeta nonè un accattone che porta i piatti e nemmeno un nullafacenteche per guardare il cielo sbatte la testa contro gli angoli dei palazzie nemmeno un giardiniere che utilizza il letame per il sentiero della sua vita.
La seconda parte invece ci dice che il poeta è un grande artigiano che grazie al suo mestiere fece i muscoli d'acciaio che con il mantice risveglia le fiamme e la festa.
Ed infine il poeta getta gli elementi dell'amore e del pensiero in una massa incandescente e poi per se lancia una freccia d'oro contro il sole, guarda e gode.
Giovanna Calabrese II B