L'architettura in età imperiale – L'architettura romana dell'età imperiale, che è quella
più ampiamente documentata, si giovò del perfezionamento di tecniche, come l'opus caementicium, già adottato in epoca sillana, costituito
da un conglomerato di calcestruzzo in pietrame e malta, che permisero la
costruzione di edifici sempre più grandiosi, coperti spesso a volta e a cupola.
Essa si ispira a costanti concetti di razionalità e utilità pratica. Tra gli
ordini architettonici si preferì quello corinzio con capitello costituito da un
corpo a tronco di cono rovesciato, decorato con foglie d'acanto e volute
angolari.
Le città furono
costruite o sistemate secondo regolari disposizioni a scacchiera derivanti dai castra (come
Torino, Como o Aosta, in Italia; Barcellona, in Spagna), organizzate intorno al
foro con gli edifici più importanti quali il capitolium, la
curia e la basilica e attraversato da due strade che si incrociano ad angolo
retto, il cardo e il decumano. A imitazione di Roma, le città
furono dotate degli altri monumenti necessari alla vita cittadina – terme,
teatri, anfiteatri, mercati – e fornite di perfetti impianti di acquedotti e
fognature.
Il classicismo augusteo e l'età
giulio-claudia – Perfezione tecnica e
formale, realismo romano, motivi ellenistici e gusto classicheggiante
caratterizzano la produzione artistica dell'età di Augusto (63-14 a.C.). Anche
in un monumento ufficiale come l'Ara
Pacis le diverse tendenze possono sembrare non perfettamente fuse, ma unica
è la concezione generale dell'opera, in cui architettura e decorazione
scultorea sono strettamente legate e le singole figurazioni appaiono
tipicamente romane anche nel significato, che era quello di esaltare la "romanità".
L'Ara Pacis è una delle più alte
espressioni dell'arte augustea e un'opera di profondo simbolismo, che acquista
significato nel quadro del passaggio storico dalla Repubblica all’Impero.
La sua costruzione fu
votata dal Senato romano nel 13 a.C. ed il completamento dell'opera richiese
tre anni e mezzo, per realizzare la ricca e complessa decorazione, affidata a
scultori attici attivi a Roma nel I secolo.
L'Ara Pacis è costituita da un recinto con
due fronti e due lati. Al centro dei lati più corti due aperture danno accesso
all'altare, sul quale venivano compiuti i sacrifici. La decorazione scultorea
corre sui lati esterni e su quelli interni del recinto sacro.
Quella esterna si
svolge su due fasce: la superiore reca un fregio figurato, l'inferiore una
decorazione vegetale a girali d'acanto che celano nel fogliame piccoli animali
o si intrecciano con rami di altre piante. L'intera composizione è sormontata
dalla presenza di cigni ad ali spiegate. La valenza simbolica dell'intero
disegno e dei singoli elementi allude allo stato aureo di natura e al ritorno
di un'età di rinascita e prosperità sotto la guida del princeps.
La fascia superiore
esterna del recinto rappresenta, sui lati nord e sud, una processione. Sul
fronte meridionale, compare Augusto a capo velato e coronato di alloro,
preceduto e seguito dai membri delle principali cariche sacerdotali dello
Stato: lo precedono i Pontifices e lo
circondano gli Augures mentre al suo
seguito si riconoscono i tre Flamines
maiores.
La processione
rappresenta il reditus di Augusto, il
suo ritorno a Roma dalle vittoriose campagne in Gallia e Spagna ed i consoli e
i massimi sacerdoti romani sarebbero rappresentati nell'atto di accogliere il
principe vittorioso, portatore di pace, prosperità e abbondanza.
Sullo stesso fronte
meridionale è ritratto Agrippa, amico, principale collaboratore e genero di
Augusto, morto durante la realizzazione dell’Ara Pacis. Agrippa apre la
sequenza dei familiari, concepita come un vero e proprio programma dinastico.
La successione dei congiunti è così sapientemente calcolata che tutti gli
imperatori romani, fino a Nerone, discendono dai membri della famiglia Giulia
qui raffigurati. Sul lato settentrionale del recinto la processione ritrae gli ordines sacerdotali mostrando in questo
modo la rappresentazione delle cariche religiose più importanti
dell’ordinamento romano.
Le due fronti
dall'edificio, ai lati delle porte, sono decorate nella fascia superiore da
quattro pannelli, due per ciascun lato. Sui pannelli del fronte occidentale
sono rappresentati Enea che sacrifica una
scrofa ai penati che celebra la discendenza della gens Julia, da Enea e da suo figlio Julo, da cui prende il nome la
famiglia di Augusto, e Romolo e Remo
allattati dalla lupa, molto frammentario, che rappresenta la lupa che allatta
Romolo e Remo alla presenza del dio Marte, padre dei gemelli, e del pastore
Faustolo. In questo modo l’Ara Pacis significava la doppia origine divina dei
romani e del principe: dal dio guerriero i primi, tramite i gemelli, da Venere
il secondo, tramite il pius Enea.
Sul fronte orientale
il pannello di sinistra rappresenta la cosiddetta Tellus, secondo il motivo ellenistico della terra fertile e dei
suoi frutti, rappresentati dai due putti che le siedono in grembo. La Tellus è interpretabile come divinità
polisemica, dalle molte valenze simboliche, riassuntiva dei significati di pace
e prosperità e assimilabile alle figure di Gea, Venere e Rea Silvia. Ai lati
due ninfe, una su un cigno, la seconda su un drago marino. Del pannello di
destra resta solo il frammento di una figura femminile seduta sopra un trofeo
d’armi: la dea Roma vincitrice, forse affiancata dalle figurazioni di Honos e Virtus.
L’Ara Pacis
accoglieva chi entrasse dalla via Flaminia con la rappresentazione della pax romana stabilita tramite l’imperio terra marique.
Anche lungo le pareti
interne del recinto si svolgono due fregi sovrapposti, rappresentanti
l'inferiore una palizzata in legno e il superiore una serie di ghirlande di
frutta e foglie.
L'altare interno è la
parte meno conservata dell'Ara. all'altezza
della mensa rimane invece una figurazione di dimensioni ridotte, dove si
distinguono le vestali.
Meno perfette
formalmente, forse più naturali e realistiche, furono altre opere, come il
fregio del tempio di Apollo Sosiano (20 a.C.) con Corteo trionfale. Precisione accademica, gusto
classico, sensibilità veristica mostrano anche i quasi 150 busti e statue di Augusto.
L’indirizzo
classicheggiante dell’età di Augusto, presente anche nella raffinata toreutica –
lavorazione artistica dei metalli come bronzo, ferro, oro, argento – nelle
gemme, nei cammei, continuò per tutta l’età giulio-claudia (sec. I d.C.). Nella
scultura i ritratti di questo periodo mostrano però, già con Caligola (12-41
d.C.) e poi con Claudio (41-54 d.C.) e Nerone (54-68 d.C.), notazioni più
realistiche e ricerca di caratterizzazione. Le opere in rilievo di carattere
storico (nell’Ara Pietatis Augustae del 43 d.C.) vedono l’introduzione di
sfondi architettonici con preciso valore topografico.
Nella pittura
parietale, che vede il susseguirsi di quattro stili.
Il primo stile (II – metà del I a.C.),
detto ad incrostazione, è semplicemente un rivestimento in stucco e colori atto
ad imitare lastre marmoree.
Il secondo stile (metà del I secolo a.C. – inizio
del I sec d.C.), è più complesso ed unisce alle prospettive architettoniche come
nella casa dei Grifi al Palatino o come
nella villa di Boscoreale grandi
scene figurate derivanti o ispirate da celebri quadri classici ed ellenistici
che ritraevano scene epiche e idilliache, ma non mancano paesaggi o scene di
giardino come nella Villa di Livia a
Prima Porta, ora al Museo nazionale
romano, o anche megalografie in cui copie di pitture greche e motivi romani
sono riuniti in un insieme abilmente omogeneo come nella Villa dei Misteri a Pompei.
Il terzo stile della prima metà del I sec
d.C., della parete reale, semplifica le prospettive e diminuisce la strutture
architettoniche dipinte, per dar luogo ad una sorta di indeterminatezza, che
pone i soggetti in uno spazio indefinito.
Il quarto stile della seconda metà del I
sec. a.C. utilizza un forte illusionismo prospettico, è molto fastoso e
rappresenta ambienti ricchi e sfarzosi.
La conquista
dell’Egitto portò all’introduzione di motivi egizi o egittizzanti come pigmei,
coccodrilli ecc. dell’arte alessandrina, che si aggiunsero, come moda
temporanea, alle altre componenti ellenistiche, soprattutto nella pittura e nel
rilievo.
L'età dei Flavi – Alla
morte di Nerone nel 68 d.C., si conclude il dominio della famiglia di Augusto e
si crearono disordini nella fase di successione, finché l’esercito non nominò
imperatore T. Flavio Vespasiano che con il figlio Tito (79-81d.C.),
succedutogli, garantì un periodo di stabilità, durante il quale l’arte romana
raggiunse il più alto splendore ed originalità, acquisendo un proprio
linguaggio.
Alcuni rilievi aulici
dell’età dei Flavi come l’Arco di Tito
al foro romano (eretto per celebrare le vittorie nella guerra giudaica, è ad un
fornice solo, si poggia su due grandi pilastri ed è sormontato da un attico)
sono caratterizzati dall’inserimento della figura nello spazio, con
sovrapposizione di piani, che dà ai rilievi un vivo senso chiaroscurale. L'Arco
venne costruito dal Senato in memoria dell'imperatore Tito dopo la sua morte
avvenuta nell'81 d.C.
L'arco, a un solo
fornice, conserva la maggior parte delle decorazioni dal lato del Colosseo;
sulla facciata si possono notare quattro semicolonne in marmo. La decorazione
più importante di tutto l'arco è quella posta all'interno.
Guardando in
direzione del Foro Romano, sul lato sinistro si possono
vedere dei portatori che trasportano oggetti conquistati nella campagna di Tito
contro gli Ebrei (in questo caso trombe d'argento e il candelabro a sette
bracci, gli oggetti più importanti al momento della conquista di Gerusalemme;
accanto ad essi si possono vedere altri portatori con cartelli sui quali con
buona probabilità erano incisi i nomi delle città conquistate).
All'estrema destra si
può notare un arco sormontato da due quadrighe: si tratta della Porta
Trionfale, situata nel Foro Boario, inizio della cerimonia del trionfo.
Sul pannello di
destra dell'Arco si può
vedere la quadriga su cui si trova Tito, preceduta dalla dea Roma che trattiene
i cavalli per il morso; alle spalle dell'imperatore sono raffigurate una
Vittoria e due figure maschili, un giovane a torso nudo e un anziano con la
toga, nei quali alla fine si sono riconosciute le personificazioni
rispettivamente del Popolo e del Senato di Roma; in secondo piano sono presenti
profili di teste e numerosi fasci littori a rappresentare l'affollamento dei
magistrati dietro al trionfatore.
La volta a cassettoni
posta al
centro dell'arco presenta la raffigurazione di Tito trasportato in cielo da
un'aquila (riferimento alla divinizzazione di tutti gli imperatori dopo la
morte).
Gli edifici più
importanti assunsero piante complesse, con ambienti anche poligonali,
circolari, o mistilinei, in cui erano sempre più largamente impiegate strutture
laterizie e volte a concrezione di materiale leggero come la Domus
Flavia dell’architetto
Rabirio.
A quest’epoca risale la costruzione, iniziata nel 75 d.C., dell’anfiteatro Flavio o Colosseo, così chiamato poiché era stato costruito presso una
statua colossale di Nerone, edificio ellittico adibito soprattutto ai giochi
dei gladiatori e dotato di un’arena coperta di sabbia, circondata da gradinate
divise in settori (cavea),
capaci di 45 000 posti. La struttura che circonda la cavea ha una facciata
esterna curvilinea che si articola su quattro piani.
L’età di Traiano – Le
tendenze plastiche e coloristiche dell'età dei Flavi si accentuarono nel lungo
fregio continuo della Colonna Traiana
(ai tempi anche colorata) in cui i diversi elementi formali genericamente
ellenistici sono fusi in una composizione pienamente romana non solo per
l'intento di esaltazione politica o per la nuova disposizione a rotolo
continuo, ma anche per l'espressione artistica, caratterizzata da grande
espressività e attenta ricerca psicologica.
Situata nel Foro di Traiano, questa colonna onoraria
venne inaugurata nel 113 d.C.
Alta 29,74 metri (40
metri se si considerano anche il basamento e il capitello), la colonna è
formata da 18 grandi tamburi sovrapposti (alti 1,5 metri con un diametro di 3,5
metri) in marmo di Carrara scavati all'interno per realizzare una scala a
chiocciola che porta fino al piccolo terrazzo posto sopra il capitello dorico.
Alla sommità della colonna era posta la statua di Traiano andata persa nel
Medioevo e sostituita nel 1587 (all'epoca di papa Sisto V) con l'attuale statua
di San Pietro. La colonna poggia su un basamento a forma di dado su uno zoccolo
coronato da una cornice con agli angoli quattro aquile che reggono dei festoni
e ornato su tre lati da rilievi di armi e insegne daciche. Sul quarto lato,
quello principale, è posto un pannello retto da due Vittorie e recante
un'iscrizione dedicatoria. All'interno del basamento, accessibile tramite una
porta posta sotto l'iscrizione, era custodita l'urna d'oro contenente le ceneri
di Traiano.
Lungo il fusto della colonna si svolge a spirale con 23 giri un fregio a rilievo (lungo circa 200 metri per un'altezza che varia, in funzione della prospettiva, dai 90 cm a 1,15 metri); questo fregio illustra le fasi più importanti delle guerre condotte da Traiano contro i Daci (che abitavano l'odierna Romania) nel 101-102 e nel 105-106 d.C.
Il fregio, nel quale sono state contate circa 2500 figure (Traiano è presente in una sessantina di scene), è stato realizzato come un rotolo che si svolge attorno al fusto della colonna la cui visione era facilitata dalla vista che si poteva avere dalle terrazze delle due biblioteche e della Basilica Ulpia, poste ai fianchi della colonna.
L'architettura dell’età di Traiano (98-117 d.C.) fu rivolta, in tutto l'impero, a grandiose opere pubbliche, dai porti di Roma e Civitavecchia in Italia ai monumenti della Spagna come l’acquedotto di Segovia e il ponte di Alcántara, a quelli dell'Africa romana, dove era traianeo l'impianto a castrum di Thamugadi. Esempio significativo fu anche il già nominato complesso, urbanistico e architettonico insieme, del Foro Traiano a Roma e le Terme sul colle Oppio (entrambi opera dell'architetto Apollodoro di Damasco), che costituiscono il primo grande esempio del nuovo tipo di impianto termale romano, con un nucleo monumentale centrale circondato da ampie aree libere.
L’età di Adriano e degli
Antonini – Intensissima e varia fu anche l'attività edilizia di Adriano
(117-138 d.C.) non solo in Grecia con la ricostruzione di Atene e nelle città
greche dell'Asia Minore come il Traianeo
di Pergamo, ma in tutto l'impero, dalla Britannia con il vallum di Adriano, all'Africa con le terme di Leptis Magna.
L'architettura fu
ricchissima di idee e di motivi, con predilezione per le linee curve, per le
planimetrie centralizzate e per i grandi ambienti coperti a volta di vario tipo
come la Villa Adriana di Tivoli ed il
Pantheon che caratterizzarono
l'architettura romana più tarda.
Il Pantheon,
così chiamato perché era un tempio dedicato a più divinità, fu concepito come
Augusteum, ossia come luogo sacro dedicato al divinizzato imperatore Augusto fu
fatto costruire dal genero dello stesso Augusto, il console Agrippa nel 27 a.C.,
nel quadro della ristrutturazione di tutto il Campo marzio centrale,
allora iniziata dallo stesso Agrippa è giunto
a noi quasi integro nella ricostruzione eseguita da Adriano nel 130 d.C. La
prima costruzione, realizzata fra il 27 e il 25 a. C. era di forma diversa
dall'attuale: era un tempio canonico di forma rettangolare mentre l'aspetto
attuale dell'edificio invece risale ai primi tempi del regno di Adriano, fra il
118 e il 125 d. C. La ricostruzione di età adrianea modificò completamente l’assetto
dell'edificio primitivo.
Il grande portico
colonnato (largo m. 33,10 e profondo m. 15,50) ha una facciata composta da
colonne monolitiche di granito, con capitelli e basi di marmo bianco. In corrispondenza
della prima, terza, sesta e ottava colonna si susseguono in profondità altre
due colonne, che formano così tre navate: più larga quella centrale, che
conduce all'ingresso, più strette le laterali, che si concludono con due grandi
nicchie per le statue di Augusto e di Agrippa.
La
cupola, perfettamente
emisferica, con un diametro di m. 43,30, la
più grande mai realizzata in muratura, è costruita in un conglomerato
particolarmente leggero, formato da malta e da scaglie di travertino,
sostituite man mano che si sale, da lapilli e pietra pomice. Essa fu
ottenuta con un'unica gettata al di sopra di una grandiosa centina di legno. È decorata
con cinque ordini di cassettoni concentrici (28 per ciascun ordine), che si
vanno restringendo fino all'apertura circolare, larga quasi m. 9, che la
conclude.
L'interno
del tempio presenta una pianta circolare caratterizzato dalla maestosità della
cupola a cassettoni.
L'unica
apertura è al centro della cupola e crea un effetto luminoso che esalta la
grandiosità e l'armonia del monumento.
In questo stesso
periodo Ci fu inoltre un ritorno a composte eleganze classicheggianti come nei tondi adrianei che vennero inseriti
nell'Arco di Costantino.
L'arte dei primi
Antonini mostra una tendenza al pittoricismo, in particolare nei ritratti, in
cui, grazie anche all'utilizzo del trapano, il contrasto tra la levigatezza
delle carni e le superfici mosse dei capelli o della barba appare sempre più
forte. La base della colonna
dell'imperatore Antonino Pio (138-161) a Roma (Vaticano) presenta, a
differenza di altri rilievi storici contemporanei di composta classicità,
figure di cavalieri a tutto tondo, galoppanti spesso di scorcio, immersi nello
spazio intorno al gruppo centrale.
Il pittoricismo, già
chiaro negli otto rilievi storici di Marco Aurelio (161-180) inseriti poi nell'Arco di Costantino, fu particolarmente
accentuato nel fregio della colonna aureliana,
più povera di invenzioni rispetto a quella di Traiano e dal modellato ruvido e
duro, ma dall'espressività forte e drammatica; la frequente posizione frontale
dell'imperatore, che ne indica il carattere divino, come anche la scena del miracolo
della pioggia nel paese dei Quadi, preludono all'elemento irrazionale e
metafisico che, rompendo la tradizione ellenistica, si affermò poi nell'arte
tardoantica e nel Medioevo.
Situata nella zona del campo Marzio settentrionale, in corrispondenza dell'attuale
piazza Montecitorio, la colonna Aureliana è uno dei più importanti monumenti di
questa zona antica ancora in
situ. Essa fu realizzata dopo il 180 (data della morte di Marco Aurelio), e
prima del 196 (poiché da un'iscrizione sappiamo che il custode ad essa
preposto, di nome Adrasto, ottenne il permesso di servirsi dei legni delle
impalcature per costruirsi una casa: i lavori erano dunque terminati).
La colonna ebbe come
modello quella di Traiano, ed era in antico
collegata attraverso una scalinata alla via Flaminia sottostante, ed era
situata in una posizione più elevata di ca. m. 3,86 dell'attuale. Aveva un
basamento altissimo, con sculture su tre lati, che furono distrutte nel 1589
per ordine di Sisto V, che curò un restauro della colonna e vi fece porre alla
sommità una statua di San Paolo.
L'altezza del fusto è
di m. 29,601 e quella totale di m. 41,951. Il fregio rappresenta
le guerre di Marco Aurelio contro Germani e Sarmati. Anche qui, come nella
colonna traiana, la narrazione degli eventi inizia col passaggio dell'esercito
romano su di un ponte attraverso il Danubio. A metà è presente inoltre - altra
analogia - una Vittoria che divide due serie di episodi (campagne del 172-173 e
174-175.
Vi sono tuttavia
importanti differenze con la colonna traiana: l'altezza del fregio è maggiore,
le figure meno dense, più staccate le une dalle altre dal fondo, ciò che
permette del resto una migliore leggibilità. Il rilievo perde la qualità di
raffinatezza compositiva, con la sua notevole complessità di piani e di sfondi,
che erano, nel monumento traianeo, un evidente riflesso della tradizione
ellenistica. Qui invece assistiamo alla tendenza alla semplificazione e alla
schematizzazione, mentre si mira ad animare le superfici con forti contrasti di
luce, ottenuti lavorando in profondità col trapano. Una scultura che si
potrebbe quasi definire "espressionistica" e che prelude già al
linguaggio che si affermerà con forza nel III sec. (si veda per esempio il
rilievo da noi presentato dell'arco di Settimio Severo che presenta un rapporto assai stretto
con questi).
La crisi della
società romana, che porterà alle violente convulsioni del III sec., primo segno
della impotenza dell'Impero, si riflette fedelmente nella tendenza ad
abbandonare i classici equilibri e le sottili raffinatezze formali dell'età
adrianea ed antonina, per forme capaci di esprimere contenuti ben altrimenti
drammatici: la tetra melanconia di alcuni pensieri di Marco Aurelio è la
migliore illustrazione letteraria dell'arte della colonna.
Da ricordare, infine,
la famosa statua di Marco Aurelio:
sebbene modesta nel trattamento delle superfici, rende la fermezza d’animo
dell’imperatore e il senso di moto nel passo del cavallo e rimane l’unico
esempio di statua equestre romana pervenutaci; all'epoca del posizionamento (la
statua venne eretta nel 176 d.C.) le statue equestri erano numerosissime, ma in
seguito vennero distrutte dai cristiani. La statua di Marco Aurelio venne
identificata con l'immagine di Costantino, imperatore convertitosi al
cristianesimo, e per questo risparmiata.
L’età dei severi e di
Diocleziano – La scultura dell'età dei Severi, caratterizzata dal vivace
colorismo, è documentata a Roma dall'Arco
di Settimio Severo, imperatore dal 193 al 211, che nelle file sovrapposte
di figure ripete lo schema del fregio continuo, e, a Leptis Magna, dall'Arco quadrifronte e dai pilastri della basilica, opera di artisti della scuola
di Afrodisia.
La scultura romana
del III secolo è rappresentata soprattutto da ritratti, spesso dai lineamenti
contratti e dolorosi, e dai sarcofagi, con figure sovraffollate e talora
deformate, ma di intensa espressività e con figurazioni simboliche
genericamente orientali. Nell'arco quadrifronte di Galerio a Salonicco, con
scene allegoriche più che belliche, le teste dei tetrarchi (secondo la
divisione dell'impero in quattro operata da Diocleziano) presentavano la
visione stereometrica propria del tardoantico.
Nella pittura non
mancano forme classicheggianti, anche nella sorgente arte cristiana.
Tra le ultime
grandiose realizzazioni architettoniche figurano le Terme di Caracalla (211-217) nelle quali erano presenti i grandi
mosaici con gladiatori, e le Terme di
Diocleziano (284-305) a Roma oltre che il suo palazzo di Spalato, nonché i monumenti imperiali di Treviri.
Il Palazzo di Diocleziano a Spalato è
un’enorme struttura che coincide con il centro storico della città: fu
realizzato tra il 293 ed il 305 per ordine dell’imperatore che voleva
qui la propria dimora.
Il palazzo presenta
le forme di un’enorme villa fortificata consacrata alla figura dell’imperatore,
per il quale esisteva già un mausoleo al suo interno. La pianta rispecchia
quella degli accampamenti militari romani, presentando il classico reticolo a
scacchiera formato da cardines e decumani. Tutta la struttura era
circondata da una massiccia cinta muraria, sulla quale si aprivano a nord la
Porta Aurea, ad est la Porta Argentea, ad ovest la Porta Ferrea e
infine a sud, sul mare la Porta Aenea o bronzea.
Uno degli ambienti
maggiormente conservati è il peristilio, lo sfarzoso giardino di Diocleziano
dove sarebbero avvenute le cerimonie ufficiali a cui partecipava l’imperatore e
la sua corte. Inoltre dal peristilio si accedeva ad ovest ad un tempio dedicato
probabilmente a Giove, mentre ad est si collocava il mausoleo imperiale, che in
età cristiana fu trasformato in cattedrale. L’appartamento privato, diviso in
due metà simmetriche, comprendeva una basilica privata, affiancata da
una doppia fila di stanze a pianta centrale e un complesso termale di cui
usufruiva l’imperatore e la sua corte.
Massimo Capuozzo
Fecimus quod potuimus
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