IV UNITÀ
T 5 Il mito di Deucalione e Pirra
·
Prometeo aveva un
figlio, Deucalione che aveva sposato Pirra, sua cugina, in
quanto figlia del fratello di suo padre, Epimeteo. I due giovani sposi si
stabilirono a Ftia, ai piedi del monte Parnaso, dove cercarono di regnare nel
bene e sforzandosi di dare la pace ai proprio sudditi.
·
Gli uomini però, usciti dal mondo
primitivo grazie all'illuminazione del fuoco e agli insegnamenti di
Prometeo, iniziarono a sentirsi al pari degli dèi, trascurando
gli obblighi religiosi; i popoli divennero superbi, cattivi e maligni, si
armarono gli uni contro gli altri e sulla Terra scoppiarono molte guerre che
portarono alla rovina molte città. Zeus allora decise di distruggere
il genere umano, sommergendolo sotto le acque col Diluvio
Universale.
·
Tutti gli uomini morirono, meno
due Pirra e Deucalione, perché Zeus sapeva che egli
era l'unico principe onesto, giusto e religioso, e Pirra, l'unica donna
savia e virtuosa che esistesse, perciò bisognava salvarli. Per volere di Zeus
furono messi su una barca e vi navigarono per tutta la durata del Diluvio, nove
giorni, fino a quando la barca non approdò sulla vetta del Parnaso, e l'unica
coppia umana sopravvissuta al castigo divino poté finalmente scendere
e toccare la terra.
·
Deucalione e Pirra si
ritrovarono uno spettacolo di desolazione, di rovine, camminarono fino ad una
valle dove trovarono un tempio. Lo riconobbero per l'oracolo di Temi, la dea
della giustizia; lo consultarono e ne ebbero questa enigmatica risposta:
"Uscite dal tempio e gettate dietro le vostre spalle le ossa della Gran
Madre".
·
Stettero a lungo a pensare a
queste parole, ma un giorno Deucalione si illuminò e capì che la Gran
Madre era la terra, e le ossa della Terra erano le pietre; così le pietre
gettate da Deucalione, appena toccarono la terra, diventarono uomini e quelle
gettate da Pirra, diventarono donne. In questo modo la Terra si ripopolò.
Divide dai campi Elei[3] gli
Aoni[4] la
Focide: una fertile terra, fin quando era terra, ma all'epoca un braccio di
mare, una piana vastissima di acque inattese. Vi sorge un monte scosceso, che
leva due vette alle stelle: si chiama Parnaso[5], e
sovrastano le cime le nuvole. Qui Deucalione (nient'altro lasciava scoperto
l'oceano) sbarcò da una piccola zattera insieme alla moglie: si prosternano
alle ninfe Coricie[6], ai numi dei monti, a Temi[7]
profetica, all'epoca custode degli oracoli.
Non esisteva a quel tempo un uomo migliore di lui, né più
amante del giusto, o una donna che più temesse gli dèi. Ma quando vide il mondo
allagato da chiare paludi, e solo un uomo rimasto di tante migliaia, e solo una
donna rimasta di tante migliaia, l'uno e l'altra innocenti, l'uno e l'altra
devoti agli dèi, Giove fece a brandelli le nuvole, e con l'Aquilone scacciò gli
uragani. Al cielo fa vedere la terra e l'etere alla terra.
Non dura, la rabbia del mare; posa la lancia tricuspide, il
re dell'oceano, placa le acque e fa emergere, chiamandolo, sopra gli abissi,
l'azzurro Tritone[8], le spalle coperte di
incrostazioni di murici; gli ordina di soffiare nella conchiglia sonora per
dare finalmente ai flutti e ai fiumi il segnale di ritirarsi. Tritone afferra
la vuota tromba, la tromba ritorta che cresce a spirale e dal basso s'allarga,
e, appena animata dal fiato là in mezzo all'oceano, empie di musica i lidi
sotto il primo e l'ultimo Febo[9].
Bastò che toccasse le labbra bagnate del dio sotto la barba grondante, e
cantasse a gran voce l'ordine di ritirata, perché l'ascoltasse ogni flutto per
terra e per mare e frenasse ogni flutto in ascolto. Il mare ritrova le rive,
rientrano gonfi nel letto i fiumi, le acque si abbassano, si vedono colli che
spuntano; la terra s'innalza e più calano i flutti più crescono i dossi e dopo
un giorno lunghissimo, i boschi mettono a nudo le cime e il fango rimasto
attaccato alle foglie.
Il mondo è tornato. Ma appena Deucalione lo vide deserto e
abbandonate le terre a un silenzio profondo, gli vengono agli occhi le lacrime,
e così parla a Pirra: «Sorella, moglie, che ormai sei l'unica donna superstite,
cui mi lega una stessa famiglia, il rapporto fraterno dei padri, poi il
matrimonio, e mi legano adesso le prove subite, tutte le terre che guardano a
occidente e a oriente siamo noi due a popolarle; gli altri se li è presi il
mare. Perfino la vita che abbiamo, non possiamo ancora fidarcene con certezza;
anche ora, le nuvole ci gettano il panico in cuore. Che proveresti, adesso, a
trovarti strappata al destino senza di me, disgraziata? In che modo potresti,
da sola, sopportare il terrore? Un conforto al dolore, a chi andresti a
richiederlo? Quanto a me, credi pure, se il mare si fosse preso anche te ti
seguirei, moglie, e il mare si prenderebbe anche me. Ah, se potessi, con l'arte
di mio padre, rimettere in piedi le genti, plasmare la terra e soffiarci le
anime dentro! Adesso il genere umano dipende soltanto da noi; così hanno voluto
i Celesti[10]: restiamo a campione
degli uomini».
Così disse: e piangevano. Scelsero d'invocare i poteri
celesti, consultando gli oracoli sacri per averne un soccorso. Senza indugio,
si mettono insieme per via verso le onde del Cefiso[11], non
limpide ancora, ma tornate a solcare il solito letto. Qui attingono l'acqua e
ne spruzzano il capo e le vesti, volgendo poi i passi al santuario della gran
dea, dai frontoni macchiati di lurido muschio: gli altari spogli di fuoco, ma
ancora in piedi.
Raggiunti i gradini del tempio, lui e lei si prosternano, la
faccia a terra e tremanti; baciarono la pietra gelata e dissero: «Se le
preghiere dei giusti sono capaci di conquistare gli dèi e intenerirli, se
possono stornare l'ira divina, rivelaci, Temi dolcissima, il mezzo per
compensare la morte del genere umano, soccorri il mondo sommerso!».
La dea si commosse, e concesse un responso: «Uscite dal
tempio, velatevi il capo e sciogliete la cinta degli abiti; le ossa della gran
madre, buttatele dietro le spalle».
Restarono a lungo smarriti: la prima a spezzare il silenzio è
Pirra: rifiuta, dichiara, di mettere in atto il comando, implora, con labbra
tremanti, perdono: le manca il coraggio di oltraggiare lo spettro materno
buttandone in giro le ossa. Ma dentro di loro ritornano al responso sentito, e
fra loro rimuginano quelle sentenze, oscure di occulti segreti. Finché, per
rassicurare la figlia di Epimeteo, il figlio di Prometeo pronuncia frasi di
conforto: «O la ragione mi inganna, o il responso rispetta la devozione
filiale, e non vuole invitarci a un crimine. La grande madre[12] è la
terra; la terra ha un corpo, e suppongo che i sassi si possano dirne le ossa.
Secondo il comando, questi dobbiamo buttarci dietro le spalle».
Sebbene l'abbia colpita la profezia del marito, la figlia del
Titano[13] ha
ancora paura a sperare: a tal punto diffidano i due dei comandi celesti. Ma a
fare una prova, rischio non c'è. Si allontanano, si velano il capo, si
sciolgono la tunica e, seguendo il comando, man mano che procedono si buttano
dietro dei sassi. E i sassi (chi lo crederebbe, se ad attestarlo non fosse la
tradizione?) perdettero via via la durezza e il rigore, si fecero molli col
tempo e assunsero, molli, una forma. Quindi, una volta ingrossatisi e presa
un'essenza più docile, comincia a potervisi scorgere una sorta di immagine
umana, ancora non chiara: li diresti abbozzati nel marmo, piuttosto imprecisi e
assai somiglianti a rozze sculture.
La parte dei sassi impregnata di qualche umore e di terra si
muta in materia corporea, la parte inflessibile e solida si cambia in ossa: le
vene di prima conservano il nome; così, per volere celeste, in breve tempo le
pietre gettate dal pugno dell'uomo assunsero aspetto di uomini e rinacque la
donna da quelle che ha lanciato la donna. Perciò siamo duri di razza e rotti ai
disagi: forniamo le prove del ceppo da cui siamo nati.
Tutti gli altri viventi, in forme diverse, la terra li
partorì senza aiuto, una volta scaldati dal fuoco del sole i resti del liquido,
e gonfiate dal calore le molli paludi e il fango, e i germi fecondi del tutto,
nutriti, a sembianza di un utero materno, da una terra vitale, sbocciarono e
assunsero forme, col tempo, di questo o di quello.
Così, ogni volta che lascia i campi fradici il Nilo a sette
foci e riporta i flutti nel letto di un tempo, e il fango fresco è bruciato
dall'astro del cielo[14], i
contadini che vengono a voltare le zolle vi scoprono moltissime cose viventi,
qualcuna già perfezionata nell'atto stesso di nascere, qualcuna abbozzata e in
difetto degli organi, e spesso in un'unica massa una parte è vivente e un'altra
è terra incoerente. Infatti, l'umore e il calore «o mischiati germogliano, e
nascono da questi due tutti gli esseri: benché sia nemico dell'acqua il fuoco,
l'aria umida e calda genera tutte le cose: è una discordia concorde che
favorisce gli embrioni.
Così, non appena rovente la terra infangata di fresco dal
diluvio, del sole per l'etere[15] e
dell'arsura dall'alto, produsse specie infinite: in parte rifece le fogge di un
tempo, in parte inventava nuove e bizzarre creature. In realtà, non avrebbe
voluto, ma generò pure te, gigantesco Pitone, serpente mai visto, terrore dei
popoli nati da poco «o col tuo dominio su immense regioni montane. Ma il dio
dell'arco, che l'arma mortale fin lì non l'aveva saggiata se non a troncare la
fuga di daini e caprioli, gli tirò addosso, svuotando la faretra, un migliaio
di frecce fino ad ammazzarlo: e versavano veleno, le nere ferite. Perché non
potesse offuscare il tempo l'impresa gloriosa, istituì giochi sacri in forma di
gare grandiose che chiamò Pitiche, in nome del serpe che aveva abbattuto. E lì
riceveva l'onore di una ghirlanda di quercia il giovane primo alla lotta, alla
corsa, alla gara dei carri. Non esisteva l'alloro; Febo usava una fronda
qualunque per cingerne i lunghi capelli in giro alla splendida fronte.
Il
primo amore di Febo, Dafne, la figlia del Peneo[16],
non era stata un regalo del caso incosciente, ma del rancore crudele di Cupido.
Comprensione
1. Riassumi
per sequenze il testo di Ovidio
2. Classifica
le sequenze e attribuisci un titolo a ciascuna
Analisi del testo
1. Individua
i verbi transitivi e i verbi intransitivi presenti nel brano di Ovidio e per
ognuno fanne un esempio.
2. Individua
i complementi oggetto presenti nel brano
3. Individua
gli attributi presenti nel brano indicando di che tipo di aggettivo si tratta
4.
Componi dieci frasi contenenti la proposizione
oggettiva esplicita su argomenti inerenti al brano e trasformale in forma
implicita.
5. Trasforma
in discorso indiretto i seguenti brani in cui compare il discorso diretto:
a.
Ma
appena Deucalione lo vide deserto e abbandonate le terre a un silenzio
profondo, gli vengono agli occhi le lacrime, e così parla a Pirra: «Sorella,
moglie, che ormai sei l'unica donna superstite, cui mi lega una stessa
famiglia, il rapporto fraterno dei padri, poi il matrimonio, e mi legano adesso
le prove subite, tutte le terre che guardano a occidente e a oriente siamo noi
due a popolarle; gli altri se li è presi il mare. Perfino la vita che abbiamo,
non possiamo ancora fidarcene con certezza; anche ora, le nuvole ci gettano il
panico in cuore. Che proveresti, adesso, a trovarti strappata al destino senza
di me, disgraziata? In che modo potresti, da sola, sopportare il terrore? Un
conforto al dolore, a chi andresti a richiederlo? Quanto a me, credi pure, se il
mare si fosse preso anche te ti seguirei, moglie, e il mare si prenderebbe
anche me. Ah, se potessi, con l'arte di mio padre, rimettere in piedi le genti,
plasmare la terra e soffiarci le anime dentro! Adesso il genere umano dipende
soltanto da noi; così hanno voluto i Celesti[17]:
restiamo a campione degli uomini».
b.
La
dea si commosse, e concesse un responso: «Uscite dal tempio, velatevi il capo e
sciogliete la cinta degli abiti; le ossa della gran madre, buttatele dietro le
spalle».
c. Finché, per rassicurare la figlia
di Epimeteo, il figlio di Prometeo pronuncia frasi di conforto: «O la ragione
mi inganna, o il responso rispetta la devozione filiale, e non vuole invitarci
a un crimine. La grande madre[18]
è la terra; la terra ha un corpo, e suppongo che i sassi si possano dirne le
ossa. Secondo il comando, questi dobbiamo buttarci dietro le spalle».
6.
Quanti
e chi sono i personaggi del testo?
7.
Quali
sono le loro caratteristiche fisiche, la loro indole, le loro aspirazioni, le loro
qualità, negative o positive. Costruisci un discorso argomentato.
8.
La
costruzione del personaggio prende avvio dalla cosiddetta presentazione? Se sì avviene attraverso: a) il narratore, quando questi interviene a fornire informazioni
esplicite sul carattere e/o su altri aspetti del personaggio, magari
commentando e valutando il suo operato, in tal senso la presentazione è
sostanzialmente oggettiva? b) dal personaggio
stesso, quando si tratta di un autoritratto disegnato in prima persona e
perciò in tal senso la presentazione è sostanzialmente oggettiva? c) da un altro personaggio e in tal senso la
presentazione è sostanzialmente soggettiva? d) il narratore, dal personaggio stesso
e da un altro personaggio: si tratta
di una presentazione composita affidata a più persone (narratore, personaggi
vari), ognuna delle quali aggiunge secondo il proprio punto di vista una nota
al ritratto di un determinato personaggio. Costruisci un discorso argomentato.
9. Il personaggio è presentato solo
in modo indiretto, attraverso le sue azioni, i suoi comportamenti, i suoi
discorsi, che il lettore interpreta
come altrettanti indizi del modo di
essere del personaggio stesso.
10. Il tipo di caratterizzazione
introduce aspetti fisici individuali, psicologici individuali, sociali individuali, culturali individuali, ideologici individuali.
Laboratorio
1. In nota sono riportati due brani
tratti dall’epopea di Gilgamesh[19]
e dalle Bibbia[20]
leggili con attenzione riassumili per sequenze. Dividi il tuo foglio di lavoro
in tre colonne e riporta come sono scritti gli elementi comuni dei tre brani. Su
un altro foglio di lavoro diviso in tre colonne riporta gli elementi di
distinzione.
2. Su un altro foglio di lavoro,
infine, alla luce di quanto hai studiato a proposito del testo argomentativo, componine
uno nel quale ipotizzi le ragioni per cui questo mito è presente in tre
fondamentali culture dell’antichità (mesopotamica, ebraica e greca)
3. Componi un testo argomentativo
in cui spieghi le ragioni delle differenze fra i tre testi.
Comunicazione. Il testo
argomentativo – Per testo argomentativo si intende la presentazione di
un’argomentazione, discussione o dimostrazione che si fa adducendo argomenti favorevoli
e contrari a quanto si espone; le argomentazioni sono ragioni, opinioni, prove,
pro o contro una certa tesi.
Sono testi argomentativi sono i saggi,
gli articoli problematici.
Oggetto dell’argomentazione possono
essere:
·
idee, problemi, previsioni, fatti, comportamenti.
Il testo argomentativo può:
·
riguardare un fatto di attualità
·
affrontare un argomento di carattere generale o culturale
di qualsiasi disciplina.
Riflessioni sulla lingua. Verbi transitivi e
verbi intransitivi -
Un verbo è transitivo quando l’azione transita
direttamente su qualcosa o qualcuno; in altre parole, quando il verbo può
reggere un complemento oggetto.
Per esempio il verbo dirigere
è transitivo perché regge un complemento oggetto come un’azienda, un’orchestra,
il traffico, ed altro.
Il verbo nuotare,
invece, è intransitivo perché non può reggere in alcun modo un complemento
oggetto.
Alcuni verbi
transitivi, in certi casi, possono avere un significato intransitivo.
Possiamo dire: “Piero legge il quotidiano”, ma possiamo dire
soltanto: Pierolegge, per dire che è
impegnato nell’attività della lettura.
Ugualmente si può dire: Baglioni
canta Questo piccolo grande amore, ma se togliamo il complemento oggetto,
resta Baglioni canta, il che
significa che l’attività di Baglioni è cantare.
Viceversa, alcuni verbi intransitivi possono avere un
complemento oggetto (detto complemento oggetto interno) che ha la stessa radice
del verbo o che comunque ha una correlazione con esso.
Ha vissuto una vita intensa. (Vivere e vita hanno la
stessa radice.)
Egli pianse lacrime amare. (Fra piangere e lacrime c’è un
nesso di significato.)
Riflessioni sulla lingua. Complemento diretto o
complemento oggetto - Esso
indica l’oggetto sul quale cade direttamente l’azione espressa dal verbo
transitivo attivo[21].
Risponde alla domanda chi? che cosa?
Es.: Luca legge il
giornale.
Luca (soggetto) legge (predicato) il giornale («che cosa»?
complemento oggetto).
Riflessioni sulla lingua. Attributo - È un aggettivo che, accompagnando un
nome, gli attribuisce una qualità o un’altra determinazione: per questo gli
aggettivi si distinguono in aggettivi qualificativi ed aggettivi determinativi
o pronominali[22].
Es.: I libri usati
(attributo) non mi piacciono.
La mia (attributo) casa è in collina, ecc.
Riflessioni sulla
lingua. La proposizione oggettiva - La proposizione subordinata oggettiva è una proposizione
subordinata che fa da complemento oggetto al predicato della reggente:
Es Desideriamo che tu sia presente (prop. subordinata
oggettiva).
Es.: Desideriamo la tua presenza (complemento oggetto).
Diversamente dalla soggettiva, la proposizione oggettiva
dipende sempre da reggenti con il predicato costituito da un verbo usato in
forma personale, cioè fornito di soggetto espresso o sottinteso. In particolare,
può essere retta:
·
da
verbi che enunciano una dichiarazione, come dire,
affermare, proclamare, comunicare, informare, rivelare, raccontare, riferire, promettere, scrivere, telegrafare, telefonare, rispondere, negare ecc.:
“Gli zii hanno scritto che verranno
qui a Natale”; “Ti prometto che rientrerò presto”; “Rispose che non sapeva
nulla”;
·
da
verbi che indicano percezione o ricordo, come vedere, sentire, udire, percepire, accorgersi, degnarsi, rifiutarsi, capire, dimenticare ecc.:
“Ho sentito che stavano litigando”;
“Ricorda che devi finire subito quel
lavoro”;
·
da
verbi o locuzioni che indicano opinione, giudizio, sospetto, dubbio o ipotesi,
come credere, pensare, ritenere, giudicare, supporre, ipotizzare, convincere, essere conscio, essere consapevole,
essere convinto, rendersi conto ecc.:
“Credo che lo spettacolo finirà fra
poco”;
“Perché ritieni che abbia ragione
Mario?”;
“Si convinse di essere un incapace”;
·
da
verbi o locuzioni che indicano concessione, speranza, desiderio, ordine,
divieto, timore, come desiderare, sperare, comandare, vietare, impedire, proibire, permettere, concedere, promettere, temere, essere desideroso, essere timoroso ecc.:
“Temo che non otterremo alcun
risarcimento”;
“Gli impediremo di fare altri danni”.
Nella forma esplicita,
l’oggettiva è introdotta dalla congiunzione subordinante che e ha il verbo:
·
all’indicativo,
se la reggente annuncia un fatto come reale o certo:
“Paolo dice che gli hai mentito”;
·
al
congiuntivo, se la reggente presenta il fatto come un’opinione o un’ipotesi:
Es: Paolo crede che tu gli abbia mentito;
·
al
condizionale, se la reggente presenta il fatto come possibile:
Es: Paolo pensa che saresti capace di mentirgli.
Nella forma implicita, invece, l’oggettiva è introdotta dalla
preposizione di e ha il verbo
all’infinito:
Es: Spero di rientrare
per le sette;
Es: Ricordati di
passare dal meccanico.
Come appare dagli esempi, la costruzione implicita
dell’oggettiva, di norma, è possibile solo se il soggetto della reggente è lo
stesso di quello dell’oggettiva. Essa, tuttavia, è possibile, anche se i
soggetti non coincidono:
·
con
i verbi come ordinare, comandare, richiedere, proibire, vietare, impedire, concedere ecc.:
Es: Il generale ordinò ai soldati di attaccare battaglia;
Es: Vi prego di tacere;
Es: Il medico ha proibito al nonno di alzarsi;
·
con
i verbi indicanti percezione, come sentire,
udire, vedere ecc. In questo caso, però, l’infinito non è preceduto dalla
preposizione di:
Es: Sento abbaiare il cane;
Es: Vide arrivare i bambini di corsa.
·
Con
questi verbi, inoltre, l’oggettiva implicita può essere trasformata sia in
un’oggettiva esplicita, sia in una dipendente relativa
Riflessioni sulla lingua. Discorso diretto e
discorso indiretto -
Il discorso direttosi ha quando il narratore riporta in forma di
dialogo le parole dei personaggi. Le battute sono segnalate dall’uso di formule
del tipo dissi, sussurrò, chiesero..
seguite dai due punti e virgolette.
Il discorsoindiretto è il modo in cui
vengono riportate, in una proposizione subordinata, le parole dette in
precedenza.
C’è da un lato la possibilità di riportare quanto è stato
detto ripetendo l’enunciato in forma invariata e usando per esempio le virgolette:
Es.: Luigi XIV disse: “Lo stato sono io”.
In questo caso si riporta l’enunciato usando il discorsodiretto.
Con il discorso indiretto, al contrario, l’enunciato è
integralmente incorporato in quello di chi lo sta citando:
Es.: Luigi XIV disse che lo
stato era lui.
Dato che il contesto in cui l’enunciato è prodotto non è più
lo stesso, nasce la necessità di adattare ogni forma di deissi, cioè tutte le indicazioni di tempo, persona e di
luogo.
Quando il
verbo è al presente, la seconda frase non cambia.
Es.: Mario
dice: “Sta per piovere”
Mario dice
che sta per piovere.
Quando il verbo è al passato, sono necessari alcuni
cambiamenti nella seconda frase. Il presente cambia nel passato, il futuro
cambia nel condizionale molte volte.
Es.:La signora ha detto: “Voglio il vestito bianco”
La signora ha detto che voleva il vestito bianco.
Io ho
insistito: “Non uscirò prima delle nove”
Io ho
insistito che non uscivo prima delle nove.
Mio nonno mi
ha detto: “Ti racconto una storia”.
Mio nonno ha
detto che mi avrebbe raccontato
racconterò una storia”.
Quando i
verbi sono al presente e al passato.
Es.: Il
padre dice: “So che Piero ha mangiato al ristorante italiano”
Il padre
dice che sa che Piero ha mangiato al ristorante italiano
Dario ha detto al preside : “Mi dispiace, che mi
sono comportato male”
Dario ha
detto al preside che gli dispiaceva di essersi comportato male.
La figlia
dice alla mamma: “domani vengo con te al mercato”
La figlia
dice alla mamma che il giorno dopo va con lei al mercato.
Il papà dice
al figlio: “lavati bene”.
Il papà dice
al figlio di lavarsi bene.
Educazione letteraria.
I personaggi – Un
altro elemento base della storia è costituito dai personaggi. Essi sono coloro
che eseguono le azioni o le subiscono; senza di loro è impossibile immaginare
di muovere alcun atto narrativo.
La costruzione di un personaggio con le sue caratteristiche
fisiche, la sua indole, le sue aspirazioni, le sue qualità, negative o
positive, avviene attraverso la delineazione dei tratti caratterizzanti del suo
aspetto e della sua personalità.
La costruzione del personaggio prende avvio dalla cosiddetta presentazione che può avvenire
attraverso tre modalità fondamentali:
11. dal narratore, quando questi interviene a fornire informazioni
esplicite sul carattere e/o su altri aspetti del personaggio, magari
commentando e valutando il suo operato, in tal senso la presentazione è
sostanzialmente oggettiva.
12. dal personaggio stesso, quando si tratta di un autoritratto disegnato
in prima persona e perciò in tal senso la presentazione è sostanzialmente
oggettiva;
13. da un altro personaggio e in tal senso la presentazione è sostanzialmente
soggettiva;
14. dal narratore, dal personaggio stesso
e da un altro personaggio: si tratta
di una presentazione composita affidata a più persone (narratore, personaggi
vari), ognuna delle quali aggiunge secondo il proprio punto di vista una nota
al ritratto di un determinato personaggio.
Talvolta
il personaggio è presentato solo in modo indiretto, attraverso le sue azioni, i
suoi comportamenti, i suoi discorsi, che il lettore interpretare come altrettanti indizi
del modo di essere del personaggio stesso.
La
costruzione del personaggio prosegue per tutto il corso della narrazione,
attraverso un processo di caratterizzazione, attuato mediante un accumulo di elementi che potranno
emergere dalle vicende stesse, dal giudizio di altri personaggi, da annotazioni
più o meno ampie del narratore e così via. Il tipo di caratterizzazione più
frequente è quella fisica e psicologica a cui si possono aggiungere altri
livelli di analisi, importanti ma non indispensabili:
·
Livello
fisico ossia la descrizione dell’aspetto fisico (magro grasso, alto magro,
atletico robusto) e dei caratteri somatici (capelli, fronte, occhi, naso,
bocca)
·
Livello
psicologico ossia l’analisi di sentimenti, emozioni e stati d’animo che il
personaggio vive in determinate circostanze della vicenda.
·
Livello
sociale ossia la analisi della classe
sociale cui il personaggio appartiene connessa ai due elementi dello status[23] e
della stratificazione sociale[24].
·
Livello
culturale ossia l’analisi del tipo di cultura che possiede.
Livello
ideologico ossia l’analisi dei valori e
degli ideali in cui crede.
[1] Le Metamorfosi è
un’opera di circa 12.000 esametri, divisi in 15 libri, in cui sono inseriti
circa 250 miti di trasformazione. L’argomento dell’opera è dunque mitologico.
Le Metamorfosi fu iniziata all’incirca
nel 3 d.C. e portata a termine nell’8 d.C., poco prima che Ovidio ricevesse l’ordine di lasciare Roma.
I criteri con cui i miti
risultano inseriti nelle Metamorfosi di
Ovidio sono vari. A volte si tratta di legami di somiglianza: un mito ne
richiama un altro per analogia di situazioni e di risvolti psicologici. Spesso
i miti sono collegati dall’appartenenza o alla stessa area geografica, oppure
alla stessa famiglia.
Nei primi due libri sono collocati i miti relativi
alla trasformazione del Caos nei vari elementi della natura, poi la creazione
dell’uomo, il diluvio universale, l’incendio della terra causato da Fetonte, la
rinascita degli uomini ad opera di Deucalione e Pirra.
Si entra, poi, a partire dal libro III, nell’età dei semidei e degli dei, e
delle loro passioni per gli esseri umani. Sono narrati quindi i miti di uomini
tramutati in animali, in piante, o in esseri inanimati.
[2] Publio Ovidio Nasone
(Sulmona 43 a.C.-Tomi, Mar Nero 17 d.C.) nacque da una ricca famiglia
appartenente al ceto equestre. A 12 anni venne inviato con il fratello a Roma,
dove frequentò le scuole
dei retori più famosi del tempo, Arellio Fusco e Porcio
Latrone. Completò la sua formazione ad Atene, come tutti i giovani di buona
famiglia; in seguito visitò l'Asia Minore, l'Egitto e la Sicilia. Tornato a
Roma, iniziò, come era desiderio dei genitori, la carriera pubblica, limitandosi tuttavia a magistrature
minori, con il compito di far eseguire le pene capitali e risolvere le cause di
cittadinanza. Ma la politica non faceva per lui: Ovidio amava la vita brillante
e la poesia, alla quale si dedicò interamente.
Nel circolo di
Messalla Corvino - La
facilità a comporre versi si era svelata fin dal suo arrivo a Roma: com'era di
moda li recitava con successo in pubblico. Questo talento lo portò a entrare
nel circolo culturale di
Valerio Messalla Corvino. Frequentò i migliori poeti del tempo,
da Orazio a Properzio e a Tibullo; conobbe, anche se solo marginalmente,
Virgilio. Aveva già composto una tragedia, Medea, ora perduta, ma fu la
pubblicazione delle prime sue elegie amorose, gli Amores e le Heroides, che gli
procurò immediatamente, a circa trent'anni, un largo successo, facendolo
diventare il poeta prediletto
degli ambienti mondani, interprete della loro vita elegante e
disimpegnata, lontana ormai dai travagli delle guerre civili. Seguirono l'Ars amatoria, i Remedia amoris e
i Medicamina faciei femineae.
Successivamente, dopo la morte di Messalla nel 3 d.C., Ovidio cambiò la sua
produzione, dedicandosi, con i Fasti e le Metamorfosi, a una poesia meno frivola e più
impegnata. Si sposò tre volte, ma solo l'ultimo matrimonio, con Fabia, fu
duraturo.
L'esilio a Tomi – La vita di Ovidio cambiò radicalmente
nell'8 d.C., quando Augusto lo
relegò a Tomi (oggi Costanza), luogo inospitale sul Mar
Nero e lontanissimo dalla vita agiata di Roma, senza il conforto della famiglia
e degli amici. I motivi di questo provvedimento, che fu un soggiorno obbligato
più che un vero e proprio esilio, dato che non ci fu un processo, non sono
accertabili con precisione: lo stesso Ovidio
attribuisce la causa a duo crimina, carmen et error (due
colpe, una poesia e un errore). Il carmen era forse l'accusa di immoralità mossa
alla sua Ars amatoria (che, tuttavia, al tempo del
confino, era già stata pubblicata da molti anni), e l'error era probabilmente un coinvolgimento del poeta nello scandalo che travolse la nipote di Augusto,
la spregiudicata Giulia Minore (19 a.C.-28 d.C.). I suoi libri furono tolti
dalle biblioteche. A Tomi Ovidio scrisse i Tristia, le Epistulae ex Ponto e
l'Ibis. Tutti i
tentativi di ottenere la grazia, suoi e della moglie, teneramente amata, furono
respinti da Augusto. Nel vuoto caddero anche, dopo la morte di Augusto (14 d.C.), le speranze di clemenza poste in
Germanico e in Tiberio. Morì a Tomi e lì fu sepolto, nonostante il suo
desiderio di essere sepolto a Roma.
[3] l’Elide,
regione della Grecia
[4] Aoni – Popolo che abitava l’Aonia, una regione montuosa dell'antica Grecia posta in Beozia ai confini con la Focide.
[5] Il Monte Parnaso è una montagna del
centro della Grecia, che domina la città di Delfi.
Particolarmente venerato durante l'antichità, il Parnaso era consacrato al
culto del dio Apollo e alle nove Muse, delle quali era
una delle due residenze.
[6] Abitavano nell'antro di Corice ai piedi del monte Parnaso, da cui deriva il loro nome.
[7] Temi è
una figura della mitologia greca. Secondo Esiodo Temi era una
titanide, figlia di Urano e Gea, e fu una delle spose di Zeus. Il significato del
nome Temi è "irremovibile", e forse per questo motivo questa figura
mitologica fu considerata non tanto una dea, quanto la personificazione
dell'ordine, della giustizia e del diritto, tanto che si usava invocarla nel
momento in cui qualcuno doveva prestare un giuramento.
[8] Tritone è,
nella mitologia greca, il figlio di Poseidone il
dio del mare e della nereide Anfitrite. Tritone aveva un corno di
conchiglia il cui suono calmava le tempeste e annunciava l'arrivo del dio del
mare. Tritone veniva raffigurato con la metà superiore umana e quella inferiore
a forma di pesce, tutta la pelle era verde.
[10] Gli dei
[11] Fiume della Beozia,
nasce dal monte Parnaso, scorre
per 114 km e sfocia nel golfo
di Eubea dopo aver alimentato
alcuni laghi fra cui il Lago
Copaide
[12]La Grande
Madre è un'ipotetica divinità femminile primordiale, la cui esistenza è stata
teorizzata ma mai dimostrata. Essa sarebbe presente in quasi tutte le mitologie note ed attraverso essa si
manifesterebbe la terra, la
generatività, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino.
Essa attesterebbe l'esistenza di una originaria struttura matrifocale
nelle civiltà preistoriche, composte da gruppi di cacciatori-raccoglitori.
[13] Pirra, figlia di Epimèteo
[14] Il sole
[15] Etere. cielo
[16] Penèo (Πηνειός),
dio fluviale della mitologia greca, dà origine al nome dell'omonimo fiume
della Tessaglia. Figlio di Oceano e Teti.
[17] Gli dei
[18]La Grande
Madre è un'ipotetica divinità femminile primordiale, la cui esistenza è stata
teorizzata ma mai dimostrata. Essa sarebbe presente in quasi tutte le mitologie note ed attraverso essa si
manifesterebbe la terra, la
generatività, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino.
Essa attesterebbe l'esistenza di una originaria struttura matrifocale
nelle civiltà preistoriche, composte da gruppi di cacciatori-raccoglitori.
[19] Gilgamesh: il diluvio - Presi con me
tutto quanto avevo, l’intero frutto della mia vita, e lo portai nella barca;
imbarcai poi la famiglia e tutti i parenti, gli animali dei campi, le bestie
del pascolo e le genti da lavoro.
Salii nella barca e chiusi
la porta. Quando il nuovo giorno sorse luminoso, una nuvola nera si raggomitolò
lontano sull’orizzonte. Il chiarore del giorno si trasformò d’un tratto nella
notte e il fratello non vide più il fratello.
Gli dèi erano pieni di
spavento davanti al diluvio. Durante sei giorni e sei notti si gonfiarono la
tempesta e il diluvio, il dio Uragano regnò sul paese. Quando il settimo giorno
spuntò, si placò la tempesta, si spianò la marea che aveva infuriato come un
esercito in guerra; le onde si fecero tranquille, cessò il vento tempestoso e i
flutti smisero di salire. Guardai verso l’acqua, il suo mugghiare si era
ammutolito: tutti gli uomini erano diventati fango! Il fango arrivava
all’altezza dei tetti! Guardai verso terra, verso l’orizzonte del mare;
lontano, molto lontano, emergeva un’isola.
L’imbarcazione arrivò al
monte Nisser e rimase ancorata. Quando spuntò il settimo giorno liberai una
colomba e la mandai lontano, e la mia colomba volò via poi tornò indietro.
Presi una rondine e la lasciai volare, e la mia rondine volò via e ritornò,
poiché non aveva trovato un posto dove posarsi. Presi un corvo e lo lasciai
volare, e volò via e vide che lo specchio dell’acqua si abbassava; si nutrì,
volò intorno, gracchiò e non tornò più indietro.
La saga di Gilgamesh, a
cura di G. Pettinato, Rusconi, Milano 1992
[20] Bibbia
Il Diluvio - E il Signore disse a Noè: “Entra nell’arca tu, e tutta la tua
famiglia, poiché io ti ho riconosciuto giusto dinnanzi a me in mezzo a questa
generazione. Di tutti gli animali puri ne prenderai sette coppie, maschio e
femmina, e degli animali impuri una coppia, maschio e femmina, affinché se ne
conservi la razza sopra la faccia della terra. Poiché di qui a sette giorni io
farò piovere sopra la terra per quaranta giorni e quaranta notti, e sterminerò
dalla faccia della terra tutti i viventi che ho fatto”. Fece adunque Noè tutto
quello che il Signore gli aveva comandato. E passati sette giorni le acque del
diluvio inondarono la terra.
E venne il diluvio sulla
terra per quaranta giorni. E le acque coprirono la terra per centocinquanta
giorni. Quando le acque cominciarono a diminuire Noè mandò fuori il corvo, il
quale uscì e non tornò, fino a tanto che le acque fossero seccate sulla terra.
Mandò ancora dopo di lui la colomba per vedere se le acque fossero diminuite.
Ma la colomba non avendo trovato ove posare il suo piede, tornò a lui
nell’arca. E avendo aspettato altri sette giorni, mandò di nuovo la colomba fuori
dell’arca.
Ed essa tornò a lui la sera
portando in bocca un ramo di ulivo con verdi foglie. Intese dunque Noè che le
acque erano cessate sopra la terra. Nondimeno aspettò altri sette giorni e
rimandò la colomba, la quale non tornò più a lui.
La Bibbia di Gerusalemme,
Genesi 6-8, Edizioni Dehoniane, Bologna 1985
[21]Verbi
transitivi e verdi intransitivi – La prima importante classificazione del verbo è quella che
distingue i verbi transitivi e quelli intransitivi.
Si chiamano transitivi i verbi che possono avere un
complemento oggetto.
Es. Marco legge un
libro
Non sempre però i verbi transitivi, per avere senso compiuto,
devono essere seguiti da un complemento oggetto;
Es. Marco legge
In tal caso il verbo transitivo è usato in forma assoluta,
senza complemento oggetto, ma continua a rimanere transitivo.
Sono intransitivi i verbi che non possono avere un
complemento oggetto:
Es. L’uomo impallidì;
Es. Giovanni è partito;
Es. Siamo finalmente
arrivati;
Es. Io esco.
Nel primo caso il verbo impallidire indica uno stato; negli
altri tre i verbi (partire, arrivare, uscire) indicano un’azione. Si tratta
comunque di uno stato e di un’azione che si esauriscono nel soggetto, tant’è
vero che i verbi non sono nemmeno seguiti da un complemento. Anche se il
complemento ci fosse, servirebbe solo a precisare alcune circostanze dello
stato o dell’azione, ma non potrebbe mai essere un complemento oggetto.
La forma del verbo – La seconda importante classificazione
del verbo e quella che riguarda la forma Esistono tre modi di coniugare i
verbi:
1. per esprimere un’azione compiuta dal soggetto, si coniugano i verbi nella
forma attiva;
2. per esprimere un’azione subita dal
soggetto, si usa la forma passiva, formata dal verbo essere (o, in certi casi,
venire, andare, finire, restare), seguito dal participio passato del verbo;
3. per esprimere un’azione che è
compiuta dal soggetto e che termina sul soggetto stesso, si usa la forma
riflessiva, in cui il verbo è preceduto da una delle particelle mi, ti, si, ci,
vi.
La forma riflessiva a sua volta può essere:
·
propria: soggetto e complementooggetto coincidono ("Piero si veste").
·
apparente: le particelle mi, ti, si, ci,
vi non svolgono la funzione di
complemento oggetto, ma di complementoditermine
("Piero si asciuga i capelli" = "Piero asciuga i capelli a
sé", dove "i capelli" è il complemento oggetto e "si"
= "a sé" è il complemento di termine).
·
reciproca: l’azione è compiuta e subita
scambievolmente da due soggetti ("Piero e Carlo si salutano" =
"Piero saluta Carlo e Carlo saluta Piero").
N.B.: Alcuni verbi hanno
una forma pronominale che è simile a quella riflessiva, ma non c’entra affatto:
le particelle mi, ti, si, ci, vi fanno parte del verbo stesso. Per esempio,
"Piero si pente" non significa "Piero pente se stesso":
infatti "pentirsi" è un verbo che ha la forma pronominale.
[22]
Gli aggettivi determinativi
– Detti anche aggettivi pronominali,
perché sono simili ai rispettivi pronomi, solo che non fanno le veci di un
nome, ma lo accompagnano come aggettivo.
Tra gli aggettivi determinativi sono da includere:
·
L’aggettivo possessivo indica a chi appartiene
il sostantivo a cui si riferisce. Essi sono: mio, tuo, suo, proprio, nostro,
vostro, loro, altrui
Es.: La mia casa, la
tua automobile, i suoi libri.
·
Gli
aggettivi interrogativi introducono
una domanda diretta o indiretta al fine di chiedere indicazioni circa il nome a
cui si riferiscono. Essi sono: che, quale, quanto.
·
L’aggettivo correlativo stabilisce un
confronto. Essi sono: tale, quale.
Es.: Tale il padre, tale il figlio.
Sono due fratelli. Tali e quali.
·
L’aggettivo dimostrativo (detti anche
indicativi o identificativi) determinano vicinanza o lontananza da chi sta
parlando o a chi ascolta (questo, codesto, quello) oppure rapporti di
identità (stesso, medesimo, altro ecc.)
Es.: Questo libro è interessante.
·
Gli
aggettivi indefiniti qualificano il
nome con una quantità o qualità approssimata o indeterminata. Questi aggettivi
indicano una quantità generica: alcuno
(significa nessunapersona e si
usa nelle frasi negative) Es.: Non ho incontrato alcuno dei miei amici.
alquanto (indica una quantità
intermedia fra poco e molto) Es.: Marco è alquanto ingrassato.
altrettanto (indica una quantità uguale a
un’altra) Es.: Questo vino è altrettanto buono di quell’altro.
altro (indica una quantità nuova ma
non precisa) Es.: Abbiamo deciso di seguire un altro percorso.
certo (indica una piccola quantità o
una persona che non si conosce) Es.: Ho un certo appetito.
ciascuno (significa tutti, uno per uno)
Es.: Ciascuno dei dipendenti ha ricevuto in regalo un dizionario.
molto (indica una grande quantità)
Es.: La nostra azienda ha investito molto denaro per questo progetto.
diverso (inserito prima del nome
indica una quantità grande, anche se non quanto l’aggettivo molto; inserito dopo il nome significa dialtrotipo) Es.: Sandro ha incontrato
diverse persone al ricevimento.
nessuno (indica l’assenza totale di
quantità) Es.: Oggi non è venuto nessun amico a trovarmi.
ogni (significa tutti uno per uno)
Es.: Ogni socio ha partecipato all’assemblea di fine anno.
parecchio (indica una quantità
intermedia fra poco e molto) Es.: Per svolgere questo lavoro è necessario
parecchio tempo.
poco (indica una quantità piccola
ma imprecisata.) Es.: Lo spettacolo ha avuto poco successo.
qualche (indica una quantità appena
più grande di poco; a volte indica incertezza) Es.: Qualche anno fa eravamo
andati in vacanza in Olanda.
quanto (in correlazione con ‘tanto’
indica una quantità uguale a un’altra) Es.: Giulia ha tanto fascino quanta
intelligenza.
tale (preceduto dall’articolo indica
una cosa o una persona in modo indeterminato. Preceduto da ‘quello/a’ indica
cosa o persona nota) Es.: Mi ha detto che doveva incontrare la tale persona.
taluno (indica una quantità di
persone o di oggetti imprecisata) Es.: Taluni studenti parteciparono alla manifestazione.
tanto (indica una quantità anche più
grande di molto) Es.: Possiede tanto denaro.
troppo (indica una quantità
eccessiva) Es.: Ho messo troppo zucchero nel caffè.
tutto (indica una quantità totale)
Es.: Siamo partiti con tutta calma. vario (prima
del nome indica una quantità grande, ma meno di quella indicata dall’aggettivo
molto; dopo il nome indica diversità) Es.: Per vario tempo non l’ho più
incontrato.
Questi aggettivi indicano una qualità
generica: qualsiasi (indica una
persona o una cosa generica, senza importanza) Es.: Qualsiasi persona saprà
indicarti la strada per arrivare alla stazione. qualunque (indica una persona o una cosa generica, senza
importanza.) Es.: Possiamo andare a trovare mio zio in qualunque momento.
[23]
Status sociale - Lo
status identifica la posizione di un individuo
nei confronti di altri soggetti nell'ambito di una comunità organizzata.
Le norme sociali di attribuzione dello status dipendono dal gruppo sociale
e possono essere molto variegate: possesso di beni materiali, posizione lavorativa,
cultura, posizioni di potere.
Queste disuguaglianze generano la stratificazione sociale.
Lo status si
differenzia dal potere in quanto
quest'ultimo consiste nel costringere le persone a fare ciò che non vogliono;
quando ad un individuo, invece, viene tributato un particolare rispetto si
parla di attribuzione di prestigio o
di status.
Si parla di status
ascritto quando questo è assegnato in base alle proprie caratteristiche
naturali, quali l'età, il sesso, la salute fisica.
Si parla di status acquisito
quando una condizione si acquisisce e si modifica nel corso della vita
attraverso capacità e volontà personali, ad esempio una persona è un
"medico" in quanto laureato in medicina.
Lo
status infine si colloca su una dimensione orizzontale della
stratificazione sociale, quella delle relazioni
tra pari, mentre il potere è indicativo del posizionamento sulla dimensione verticale.
[24]Stratificazione
sociale – Per
stratificazione sociale si intende la divisione in gruppi generalmente non paritari che avviene all'interno di quasi
la totalità delle società, ponendo
l'accento sugli elementi strutturali delle disuguaglianze sociali, nei due
principali aspetti:
1. distributivo,
riguardante l'ammontare delle ricompense
materiali e simboliche ottenute dagli individui e dai gruppi di una
società,
2. relazionale, che
ha invece a che fare con i rapporti di potere
esistenti fra loro.
Nel corso
dei secoli sono sempre esistiti dei sistemi di stratificazione
La schiavitù è la forma estrema di disuguaglianza, dove delle persone
posseggono altre persone. Essa si è manifestata in epoca antica e romana,
affievolitasi nel Medioevo, tornò alla ribalta nelle Americhe. Nell’antichità
gli schiavi erano impegnati nelle miniere, nell'agricoltura e presso le famiglie
con attività anche intellettuali.
Le caste esistono
in India da millenni. Tuttavia la loro interpretazione è mutata nel tempo.
Oggi, invece le caste sono migliaia, diverse per ampiezza e radicamento locale
o nazionale.
Le caratteristiche principali delle caste sono tre:
1. chiusura, infatti si nasce in una casta e si
rimane a vita con anche l’obbligo di endogamia
interno ad ogni casta.
2. specializzazione
ereditaria infatti
ogni casta ha un ruolo sociale preciso e differenziato dalle altre.
3. purezza infatti le varie caste sono
socialmente e fisicamente divise per non essere infettate dalle impurità delle caste minori.
I ceti è una
divisione, esistita in Europa fino alla rivoluzione
francese, aveva i seguenti elementi distintivi:
1. Gli
status ascritti erano accettati come condizione di immobilità sociale;
2. Fra ceti diversi vi erano differenze sociali sia di fatto
che di diritto. (Per esempio nobiltà e clero erano esenti dalle tasse)
3. Ogni ceto
richiedeva un determinato stile di vita da parte dei suoi membri.
Una classificazione dei ceti venne proposta già nel mondo
antico in base alle rendite di ogni ceto attraverso tre cerchi concentrici di
persone:
·
i
poveri strutturali (che non guadagnavano);
·
i
poveri congiunturali (lavoratori occasionali);
Le classi sociali
moderne, nate dalla rivoluzione francese,
sono caratterizzate dall’eguaglianza di diritto di tutti i suoi membri. A
differenza quindi delle società dell’Ancien
régime, le classi moderne sono raggruppamenti di fatto, non di diritto.