Unità 5 La civiltà greca
La
civiltà greca fiorì in Grecia tra il 1000 a.C. circa, e il 146 a.C., anno
in cui la Grecia venne conquistata dai Romani.
Si
stanziarono lungo le coste e nelle isole del mar Egeo.
Il
periodo greco viene diviso storicamente in tre “sottoperiodi”:
1. il periodo arcaico (dalle
origini al 480 a.C.),
2. il periodo classico (dal 480 al 323
a.C.)
3. il periodo ellenistico (dal
300 al 146 anno in cui la Grecia passa sotto il dominio romano).
I
Greci si dedicarono principalmente al commercio via mare, in quanto la terra
che abitavano non era abbastanza fertile e non permetteva quindi lo
sviluppo e l’incremento dell’agricoltura.
Molte volte gli storici
si sono domandati perché i greci non si siano mai uniti in uno stato unitario
ma siano sempre rimasti prigionieri dello schema delle città-stato, nonostante
fossero consapevoli di appartenere tutti ad un unico grande popolo. Anche
durante i pericoli più gravi, come l’aggressione dei persiani, il meglio che
essi riuscirono fare fu il riunirsi in leghe difensive, mentre in pace erano i
giochi di Olimpia la massima occasione di unità del popolo greco.
Certamente fu decisivo
il fatto che nel VIII secolo, quando le polis si costituirono, non vi fossero
nemici a minacciare l’Egeo e la Grecia. Gi Hittiti erano stati spazzati via
dalla storia ancora nel 1200; l’Impero persiano sarebbe sorto solo intorno al
500 a.C.; gli Assiri, dominatori del Vicino Oriente in quel momento, non erano
buoni navigatori; gli egizi, oltre ad essere impegnati contro gli assiri,
concentravano tutti i loro sforzi nell’area siro-palestinese; i fenici erano
una talassocrazia e il dominio militare della Grecia non era certo un loro
obiettivo: essi al massimo fondavano scali commerciali. La stessa Cartagine era
ancora solamente un piccolo porto africano; l’Italia e l’Occidente erano
avvolti nella preistoria; l’area balcanica doveva ancora riprendersi dalle
devastazioni provocate dal passaggio dei Dori alcuni secoli prima. Si trattava di
un contesto internazionale estremamente favorevole, che non imponeva
l’accentramento poiché non c’erano minacce.
Ma ciò non basta
tuttavia a spiegare per cui i greci rimasero solo un nazione di città-stato
fieramente indipendenti le une dalle altre. Esse sono infatti la geografia
greca, che rendeva difficili i collegamenti via terra ed isolava le poche piane
esistenti a ridosso del mare, e la lunga esperienza del Medioevo ellenico, che
con i suoi sei secoli circa di durata, caratterizzati da un economia volta
all’autoconsumo e dall’assenza di strutture politiche o religiose unificanti,
contribuirono a fossilizzare le molte realtà locali, isolandole le une dalle
altre e chiudendole in sé stesse. La loro fu dunque una civiltà di città-stato.
Ecco perché, a questo punto, è opportuno dedicare la massima attenzione a
spiegare cosa fosse la polis per l’uomo greco. Si trattò infatti di
un’esperienza del tutto sconosciuta all’uomo attuale, che vive semmai la
situazione opposta.
1.
La
polis
a) L’affermazione dell’aristocrazia
Gli Achei avevano dato luogo a
delle città-fortezza, monarchie (dal greco mónos, solo e archía, comando),
governate da un re, il basiléus, il cui potere non era fondamentale: era un
“primo tra uguali” e i suoi compiti con il tempo diminuirono sempre più.
Durante il cosiddetto periodo
oscuro si diffuse in Grecia una nuova forma di governo basata su una forte
alleanza tra tutti gli aristocratici (dal greco áristos, migliore e arché,
governo): erano coloro che possedevano quasi tutte le terre coltivabili, gli
animali da allevamento, i cavalli e che potevano offrire all’esercito gli
uomini meglio equipaggiati. Da questa alleanza di “uguali tra uguali” nasce la
pólis (al plurale póleis), la città-stato greca.
Dall’VIII secolo a.C. lo sviluppo della
pólis fece uscire la Grecia dall’età oscura e cominciò l’età arcaica che durò
fino agli inizi del V secolo a.C. All’origine della pólis era dunque
l’aristocrazia a gestire il potere.
Con il tempo, però, la ripresa e la
crescita delle attività economiche favorirono la creazione di un nuovo gruppo
sociale, composto da piccoli proprietari terrieri, commercianti e artigiani: il
démos (popolo, in greco). Agli occhi del démos il governo degli aristocratici
costituiva una oligarchia (dal greco olígoi, pochi), un governo di pochi che
non tutelava abbastanza gli interessi comuni. Ciò causò durissimi scontri tra
aristocrazia e démos, al termine dei quali in alcuni casi si affermò la
tirannia (cioè il governo di un solo aristocratico sostenuto dal consenso del
démos), in altri, come ad Atene, si attuò il progressivo abbattimento del
potere aristocratico e il passaggio a una nuova organizzazione politica: la
democrazia, che significa governo del popolo.
b)
Le
caratteristiche della pólis
Con l’affermarsi del démos, le
póleis assunsero le loro caratteristiche definitive.
Tre sono gli elementi fondamentali:
·
la città vera e propria, dove vi erano
le case per l’abitazione, le botteghe artigiane, una piazza per il mercato e le
assemblee e l’acròpoli, la città alta;
·
il territorio che si estendeva intorno
alla città, dove si praticavano l’allevamento e l’agricoltura;
·
i cittadini, cioè coloro che potevano
partecipare alla vita politica e influire sulle comuni decisioni; ma pochi
avevano questo diritto: in nessuna pólis i cittadini superarono un quarto della
popolazione.
Il mondo greco è, dunque, un mondo
di piccoli Stati indipendenti. Solitamente ciascuna pólis aveva una superficie
piuttosto ristretta: Argo aveva una superficie di 1 400 km2, Corinto di 880
km2; facevano eccezione Atene, con 2 550 km2 e Sparta con 8 400 km2.
Il senso di autonomia fu così
radicato nell’animo degli antichi Greci da impedire l’affermazione di un’unica
autorità centrale. Nonostante ciò, già in età arcaica, i Greci presero
coscienza di appartenere allo stesso popolo e di avere in comune la stessa
lingua e la stessa cultura: in sintesi, la stessa patria. La grande
colonizzazione A partire dall’VIII e VII secolo a.C., l’aumento della popolazione,
la scarsità di terre coltivabili e le lotte politiche fecero nascere in molti
il desiderio di migliorare la propria vita.
Da tutta la Grecia partirono gruppi
di coraggiosi che raggiunsero nuove terre e fondarono póleis indipendenti, ma
simili come organizzazione alle città di origine: erano le colonie, che spesso
raggiungevano potenza e prosperità economica e potevano a loro volta creare
altre colonie. In un paio di secoli gran parte del Mediterraneo venne raggiunto
dalla civiltà greca e sulle coste dell’Italia meridionale le colonie furono
tanto numerose che questa parte dell’Italia venne chiamata Magna Grecia, cioè
Grande Grecia.
Laboratorio
1. Com’era organizzata una pólis?
2.
Chi
erano i cittadini?
3.
Perché
alcuni uomini erano schiavi?
4.
Quali
conseguenze ebbe la “grande colonizzazione”?
5. Perché venne introdotta la moneta?
T
1 L'Antica Grecia culla della civiltà occidentale
di nike6 (Medie
Superiori) scritto il 02.02.15
1.
Se cerchiamo sul dizionario la
parola classico leggiamo: pertinente alla civiltà greca e latina, arte
classica, è considerato modello di stile.
2.
Se si parla della civiltà greca
tutti, almeno una volta, hanno sentito dire: l’antica Grecia, culla della
civiltà occidentale.
3.
Ci siamo mai chiesti però perché
proprio la Grecia? La Grecia fu la madre patria di molti filosofi, come Socrate
e Platone, il luogo dov’è nata la democrazia, ma è anche la patria del
teatro, della commedia ma soprattutto della tragedia, un esempio è la tragedia
di Medea scritta da Euripide.
4.
I canoni dell’arte classica hanno
influenzato, nei secoli seguenti, pittori, scultori e architetti. Se
prestassimo attenzione mentre camminiamo per le strade delle nostre città
alzando il naso all’insù potremmo vedere che ci sono capitelli
ionici, foglie d’acanto o un timpano che decorano una finestra.
5.
Anche senza accorgercene siamo
ancora influenzati dalla cultura classica. Se qualcuno mi dovesse domandare a
cosa pensi se ti dico classico?
6.
Io risponderei Atene, Olimpia, il
Partenone. Sui libri di storia vengono riportate le foto di Atene e del suo
monumento più conosciuto, il Partenone. Mentre studiavo quelle foto riuscivano
a catturare la mia attenzione e guardandole mi sono chiesta come doveva essere
la vita a quel tempo. Le foto rendono l’idea della bellezza e della maestosità,
ma vedere dal vivo il Partenone è un’emozione indescrivibile.
7.
Mi ricordo ancora la prima volta
che sono stata ad Atene. Avevo un grande desiderio di vedere dal vivo quello
che aveva catturato la mia attenzione nei libri di storia, aumentando la mia
curiosità. Per arrivare all’acropoli bisogna salire “alcuni scalini” circa 300,
la prima volta mi è sembrato di volare, tanta era la voglia di vedere dal vivo
quello che gli antichi greci ci hanno lasciato. Ammirare quei capolavori e
passeggiare per l’acropoli, come in un film, ho immaginato la vita degli
antichi greci, in quel luogo, mi è sembrato di assistere alle funzioni dedicate
agli dei, di poter vedere le riunioni che si tenevano all’Agorà, dov’è nata la
democrazia, poter partecipare alle rappresentazioni delle tragedie nel
teatro. Mi sono sentita trasportare indietro nei secoli. Ascoltando la guida
devo ammettere che ho provato anche un po’ di rabbia mentre ascoltavo che la
maggior parte delle statue e dei fregi originali, sono custoditi nel museo di
Londra, mi sono chiesta perché non vengano restituiti alla Grecia?
8.
È giusto che la patria di quel
patrimonio debba avere solo delle copie?
9.
È possibile che non si senta il
dovere morale di restituire quanto sottratto?
10. Sarebbe
un bell’esempio di “civiltà” moderna se gli Inglesi restituissero quanto
custodito a Londra e forse Fidia[1],
colui che ha realizzato tutte le sculture, smetterebbe di rivoltarsi nella
tomba.
11. Londra
non è il luogo giusto in cui devono stare quelle statue, quindi sarei felice se
quei capolavori dell'antichità riuscissero a tornare ad Atene, come vorrebbero
anche Clooney e sua moglie che si stanno battendo perché si passi dalle parole
alla realtà.
Comprensione
del testo
1.
Escludendo le domande riassumi a
parole tue le varie sequenze del testo
Riflettiamo
e impariamo ad argomentare
1. Perché proprio la Grecia è considerata la culla della civiltà
occidentale?
2. A cosa pensi se ti dico classico?
3. Perché le sculture originali del Partenone non vengano restituiti alla
Grecia?
4. È giusto che la patria di quel patrimonio debba avere solo delle copie?
5.
È possibile che non si senta il
dovere morale di restituire quanto sottratto?
T 2 Grecia: la culla della civiltà occidentale
1.
La Grecia è senza dubbio
la culla della civiltà occidentale: vi affondano le radici di gran parte della
cultura europea, che attraverso l’impero romano si è in un secondo tempo
diffusa. È il centro del Mediterraneo, oggi una terra ospitale e meta di viaggi
all’insegna del relax, della cultura, del divertimento.
2.
La penisola Greca è
costituita dalla Grecia Continentale (Attika, Peloponneso, Grecia Centrale,
Tessaglia, Epiro, Macedonia, Tracia) e dalle Isole dell’Egeo e dello Ionio. Le
isole dello ionio sono Corfù Cefalonia, Itaca, Zacinto, Citera. Le isole del
mar Egeo sono invece numerosissime e formano gruppi come le Sporadi [...], le
Cicladi [...], il Dodecaneso[...]; ne esistono poi alcune al di fuori di questi
arcipelaghi, come Creta.
3.
I paesaggi della Grecia
sono vari e mutevoli. Da una parte abbiamo le catene montuose: il Pindo,
l’Olimpo con il Pantheon, la più alta cima della Grecia, e i monti della
Macedonia e della Tracia.
4.
La singolare bellezza
della Grecia però, unica in tutto il Mediterraneo, viene dalle sue frastagliate
coste, che si aprono in un’infinità di piccole e grandi baie, di volta in volta
ricoperte di fine sabbia bianca o costituite da scogliere a picco sul mare blu
intenso. Le sue isole sono un piccolo tesoro di bellezze naturali. Una vacanza
su un’isola regala esperienze e sensazioni particolari e uniche, che un
semplice soggiorno al mare non può dare. La sensazione di dominare lo spazio,
di avere tutto a portata di mano: noleggiando un pratico scooter ci si può
muovere comodamente sulla maggior parte delle isole. E poi la meravigliosa
esperienza di trovarsi completamente circondati dal mare, da un mare blu come
solo l’Egeo sa essere. Con il vento sempre al nostro fianco.
5.
La vegetazione e il clima
seguono le particolarità geografiche. Il clima presenta inverni miti e calde
estati esotiche rinfrescate da un sistema di venti chiamati dalla gente
“meltelia”; in media la Grecia è riscaldata da più di 3000 ore di sole l’anno.
La varietà della flora è addirittura impressionante, grazie alla posizione
climaticamente strategica, tra l’Europa e l’Africa. Famosi nel mondo fin
dall’antichità sono i vigneti, sacri a Dioniso, e poi querce, abeti, ulivi,
gelsi, alberi da frutto e palme.
6.
Molte specie animali sono
presenti nell’habitat marino: la tartaruga Carretta-Carretta e la foca monaca
(monachus-monachus) ne sono i più classici esempi.
7.
L’imponente passato della
Grecia ci viene incontro ad ogni passo. La città di Atene racchiude in sé,
oltre alla suggestione di un luogo cosmico-storico, le vestigia più monumentali
dell’antica civiltà: l’Acropoli con il Partenone, i Propilei, il teatro di
Dioniso, dove è nato il teatro occidentale, l’Eretteo, il Museo archeologico
nazionale, l’agorà, la necropoli del Ceramico per citare solo le più note. Il
quartiere della Plaka offre invece stradine fiancheggiate da colorate
abitazioni, ristorantini e negozi di prodotti tipici e souvenir.
8.
Nell’ultimo quinquennio
la città è stata completamente rimodernata, con la creazione della nuova
metropolitana, l’ampliamento delle zone pedonali, il potenziamento dei mezzi di
trasporto e delle strutture ricettive.
9.
Altre zone di pregio
archeologico sono Delfi, con i resti del santuario che custodiva l’oracolo di
Apollo; capo Sounion, all’estremità dell’Attica, dominato dal tempio dorico di
Poseidone, imperdibile al tramonto; Corinto; Epidauro, con il celebre teatro e
il santuario di Asclepio, centro di cura dell’antichità; Micene, con la Porta
dei Leoni e la tomba di Agamennone; Argo; Olimpia, sede dei primi giochi
sportivi e centro religioso; in Macedonia Verghina, sede dell’antica capitale e
della tomba di Filippo II.
10.
Luoghi d’interesse
religioso ma non solo sono i Monasteri di Meteora a Kalambaka, situati sulla
cima di rocce imponenti. Si tratta di monasteri bizantini del XVI e XVII
secolo, affascinanti e misteriosi; cinque di essi sono accessibili e
visitabili.
11.
Un luogo unico al mondo è
la Comunità Autonoma Ecclesiastica del monte Athos. L’accesso ai monasteri è
permesso solamente agli uomini, con richiesta preventivamente effettuata alle
autorità competenti. I Monasteri (oggi 20 con 1.700 monaci in tutto) e gli
eremi conservano pregevoli affreschi, biblioteche antichissime, agiografie,
utensili liturgici, cimeli e mosaici.
12.
La tradizione
enogastronomica greca è ricca e originale, influenzata dal clima e dai prodotti
locali, come lo straordinario olio d’oliva, le stupende verdure, la carne di
pecora e d’agnello, i formaggi ovini e caprini, il miele, il pesce fresco, il
giustamente celebre yogurt. Ed ecco allora piatti tipici come lo tzatziki,
salsa di aglio, yogurt e cetriolo, il souvlaki, spiedini variamente composti,
la moussakà con melanzane, carne e formaggio, involtini con foglie di vite,
carne allo spiedo, polpettine variamente condite, pesce fritto o grigliato,
insalata greca con formaggio feta. I dolci prevedono di solito come ingredienti
principali miele e frutta secca, come la baklava.
13.
Il vino caratteristico è
la retsina, dal sapore resinato, ma la Grecia produce moltissimi altri vini
apprezzati in tutto il mondo, in particolare vini dolci come il vin santo o il
vino di Samo.
14. Il liquore più tipico è l’ouzo, dal gusto di anice, che si
beve di solito allungato con acqua o ghiaccio.
Comprensione del testo
1. Escludendo le domande riassumi a
parole tue le varie sequenze del testo
Analisi del testo
1. Procurati una carta fisica delle
Grecia e individua e registra su di essa tutti i nomi geografici contenuti
nella lettura
2.
In
quante parti può essere scandito il testo in base agli argomenti e perché?
3.
Con
che titolo scandiresti ciascuna parte?
4. Confronta i due testi e spiegane le
differenze e i punti comuni
Laboratorio
1.
Integra
i due testi ed elimina le parti superflue ai fini della Storia greca antica
2. Basandoti sulla lettura precedente,
immaginandoti un tour operator legato all’ente turistico greco, progetta per
iscritto un calendario del 2019 che pubblicizzi il meglio del mondo greco.
Descrivi come procederesti, e di
volta in volta attendi le consegne. Il lavoro compiuto deve essere consegnato
alla fine dell’unità
2. La vita quotidiana nella Grecia
antica
Gli antichi Greci sono un popolo
fondamentale per l'Occidente perché hanno inventato la filosofia e
anche la mitologia degli dei dell'Olimpo ed educavano i giovani in modo
assai rigoroso. Ma sono importanti anche perché, oltre che al commercio, si
dedicavano all’artigianato. Costruivano bellissimi vasi e bellissime
anfore di ceramica, argilla e altri materiali. I vasi erano usati per il
trasporto di prodotti agricoli ed erano decorati con scene di vita
quotidiana. Inoltre i greci sono stati grandi scultori, lavoravano il
bronzo, costruivano armi ed edificavano templi.
Il Partenone di Atene è uno dei più
importanti monumenti del mondo. È dedicato alla dea Atena e simbolo della
grandissima architettura greca classica.
La terra greca era poco fertile,
ma riuscivano a coltivare olivo e vite: i cereali li compravano da altre
popolazioni. Allevavano poi oche, maiali, api e ovini, si dedicavano
alla pesca e all’estrazione mineraria dalle miniere.
Una curiosità: i Greci del
periodo arcaico non conoscevano il cavallo, che venne “scoperto” più avanti e
utilizzato per scopi militari. I vasi prodotti, l’artigianato, l’olio d’oliva
venivano “venduti” ai popoli che abitavano la Turchia e le coste dell’Italia
meridionale. E proprio qui, nel nostro Sud Italia, i Greci fondarono molte
colonie, che messe tutte insieme presero il nome di Magna
Grecia (cioè la Grande Grecia).
3. Le classi sociali
Le persone più importanti erano
i nobili, cioè i ricchi signori discendenti da famiglie altolocate.
Poi c’era la classe
degli intellettuali, che comprendeva scienziati, matematici, filosofi,
medici, astronomi.
Poi c’erano i soldati, gli
artigiani e i commercianti, i marinai, i contadini e infine gli schiavi.
In Grecia gli schiavi erano
moltissimi e in genere erano prigionieri di guerra. Loro compito era
quello di coltivare le terre dei nobili per ricavarne il cibo da dare agli
abitanti della città.
Facevano lavori pesanti, andavano
nelle miniere oppure lavoravano nelle case e aiutavano gli artigiani. Frequente
in Grecia era l’abitudine di vendere e comprare schiavi come fossero
oggetti.
4. La vita delle donne greche
Le due città principali dell’antica
Grecia – Sparta ed Atene – ci offrono due esempi molto diversi
riguardo al modo di considerare la donna in società.
Ad Atene, ogni uomo poteva
avere 3 o 4 donne, ma di queste una sola moglie. Le donne ateniesi si
occupavano della casa e dell’educazione dei figli. Le bambine andavano seguite
fino al matrimonio, i bambini invece solo fino ai sette anni. A quest’età
infatti andavano a scuola dove imparavano ad essere uomini e soldati
valorosi. La donna in genere viveva in casa: solo le donne ricche, qualche
volta, potevano uscire. Ad Atene la donna si emancipò a partire dall’era
ellenistica, cioè verso la fine dell’età greca.
A Sparta la situazione era molto
diversa: le donne erano libere di fare quello che volevano ed erano educate al
canto, alla danza e alla ginnastica e, in generale, a vivere all’aria aperta.
Oltretutto non erano obbligate a stare in casa per accudire i figli come
succedeva ad Atene. Questo succedeva perché gli spartani credevano che in
questo modo le donne avrebbero fortificato il fisico e fatto figli più robusti.
Ossia guerrieri migliori.
5. Le case e le città
Le persone più povere abitavano in
case costruite in legno e mattoni. Ogni casa, all’esterno aveva un pozzo. I
tetti erano fatti con la paglia e l’argilla e d’inverno
facevano entrare in casa pioggia e gelo. Queste case non erano di proprietà
ma venivano date in affitto.
I ricchi abitavano invece
in case grandissime, con più piani e tante stanze. Il padrone di
casa aveva un piano tutto per sé e per i suoi ospiti (androceo). Le donne dovevano
stare in un piano a loro riservato (gineceo).
La città era circondata da campi e
pascoli e si divideva in città alta o “acropoli” (che conserva ancor oggi
questo stesso nome) e città bassa.
Nell’acropoli c’erano i
templi per il culto religioso e le strutture di tipo militare. In
genere era presente una cittadella fortificata all’interno della quale il
popolo poteva difendersi.
Nella città bassa c’erano le case e
la piazza (agorà in greco). L’agorà era il vero cuore della vita della città,
lì ci si incontrava per parlare e si teneva il mercato. La città
greca nel suo complesso era chiamata “pòlis”.
T
3 Noi la chiamiamo mitologia, per i Greci era religione
di Francesco
Bossi dal Dizionario Mitologico ad uso di giovinetti
1.
La religione dell' antica
Grecia è un affascinante culto politeista (cioè con più divinità) che
unisce il mito e i misteri dei fenomeni naturali alla complessa psicologia
umana. Le divinità greche infatti, benché potenti ed immortali, assumono forme
e comportamenti tipici dei comuni mortali: si innamorano, si arrabbiano, sono
colti da invidie e litigano come qualsiasi essere umano.
2.
I greci pensavano infatti
che ogni sentimento, azione o evento naturale, fosse attribuibile al
volere di una specifica divinità, la quale interagiva a suo piacimento negli
affari del mondo terrestre.
3.
Zeus, il padre degli
dei (anche se non tutte le divinità erano figli suoi) e signore
dell'Olimpo (il monte più alto della Grecia, dimora degli Dei). Zeus era
figlio del Titano Crono, il quale, per paura che i suoi figli lo spodestassero,
li ingoiava ingoiava interi non appena venivano partoriti.
Quando nacque Zeus però, la madre Rea nascose il neonato e a
Crono diede un masso avvolto nelle fasce del piccolo. Non accortosi
dell'inganno, il Titano inghiottì la pietra, convinto di aver salvaguardato il
suo trono. Zeus crebbe quindi nascosto in una grotta sulla Terra, allattato
dalla capra Amaltea, e quando fu cresciuto, fece bere al padre una pozione
che gli fece letteralmente rigurgitare tutti i figli ingoiati. Con l'aiuto dei
fratelli liberati e dei Ciclopi, i giganti da un occhio solo, Zeus
sconfisse il padre e gli altri Titani, rinchiudendoli nelle prigioni del
Tartaro, il mondo infernale.
4.
Una volta instaurato il suo
regno, Zeus divenne il potente Dio del Fulmine, capace di scagliare
devastanti saette contro chiunque incorresse nella sua collera.
5.
Saggio e potente, il Padre degli
Dei aveva tuttavia un punto debole: le donne! Non era raro infatti che si
invaghisse di qualche bella mortale e vi facesse un figlio, facendo andare su
tutte le furie la moglie Era!
6.
Hera era la regina degli
dei e moglie di Zeus. Veniva considerata la protettrice del
matrimonio e del parto, ed era la madre per eccellenza cui rivolgere le proprie
preghiere per il buon proseguimento della vita coniugale. A causa
dell'infedeltà del marito, Hera non godeva di un buon carattere, e la sua
bruciante gelosia spesso dava luogo a vendette e tormenti nei confronti
delle amanti di Zeus (il caso più famoso riguarda il famoso Ercole, figlio
illegittimo di Zeus, continuamente ostacolato dalla regina dell'Olimpo).
7.
Poseidone era il dio del
mare e il fratello più possente di Zeus. Alleato di quest'ultimo nella
lotta contro i Titani, durante la spartizione dell'Universo si accaparrò il regno
dei mari e delle acque e costruì le mura di bronzo che cingevano la
prigione dei Titani. Viene spesso raffigurato mentre brandisce il
grande tridente con cui si pensava dominasse i venti marini e le
acque dei tutto il mondo. Nonostante regnasse sugli abissi, gli antichi
ritenevano Poseidone essere il creatore dei cavalli , originati
direttamente dalle onde del mare. Nella miologia classica, egli è considerato
acerrimo nemico di Ulisse , colpevole di aver accecato Polifemo, il
ciclope figlio proprio del dio del mare.
8.
Ade bello e oscuro signore degli
Inferi, aiutò il fratello Zeus a rovesciare il padre grazie al potere
dell'invisibilità. Ade dominava l'oltretomba, luogo in si recavano le
anime mortali dei defunti e dimoravano terribili demoni, come Cerbero, il
gigantesco cane a tre teste. A differenza delle altre divinità, Ade non era
solito recarsi nel mondo degli umani, benché proprio sulla Terra rapì la
bella Persefone, faconde la sua sposa.
9.
Demetra dea della fertilità e
dell'agricoltura, associata di norma a tutto ciò che aveva a che fare con
la nascita e la crescita sana. Secondo i Greci era Demetra a favorire i
raccolti e il fiorire degli alberi da frutto.
10. Demetra era
anche la madre di Persefone, la fanciulla rapita da Ade; nella ricerca della
figlia, la dea scagliò una tremenda carestia sulla terra, costringendo Zeus
così a intervenire e a comandare ad Ade di liberare la ragazza. Ade però agì
d'astuzia e offrì a Persefone, che era a digiuno dal giorno del rapimento,
un frutto maledetto che se mangiato, l'avrebbe costretta a rimanere
negli Inferi. Di fronte al furore di Demetra per il raggiro, Ade dovette
scendere a patti: poiché la fanciulla aveva mangiato solo sei semi del frutto,
avrebbe passato sei mesi nell'aldilà e sei mesi sulla terra con la mare. Ecco
perché, secondo gli antichi, avviene l'alternanza della bella
stagione (quando Demetra è contenta di avere la figlia con sé)
e della stagione fredda (quando la madre si rattrista per la figlia
relegata negli Inferi).
11. Afrodite
era la dea della bellezza e dell'amore, ritenuta responsabile di tutto ciò
che di grazioso e ammirevole c'è al mondo. Proteggeva gli amanti e le azioni
compiute per amore. Afrodite nacque dalla spuma delle onde del mare e
di lei si innamorarono centinaia tra mortali ed esseri divini, a volte con
conseguenze davvero tragiche (fu Afrodite la causa del rapimento di Elena da
parte di Paride, evento che scatenò la famosa Guerra di Troia).
12. Nonostante
la sua bellezza, Afrodite dovette sposarsi con il brutto Efesto in un
matrimonio combinato, ma l'aspetto sgradevole del marito la spingeva spesso a
intrattenere rapporti amichevoli con Ares.
13. Ares
era il dio della guerra e amante di Afrodite. Ares era il signore della
violenza e degli spargimenti di sangue, incarnazione degli aspetti più brutali
del comportamento umano. Veniva raffigurato in tenuta da battaglia, con lancia
o spada sguainata, pronto a scagliarsi contro il nemico.
14. Nelle
leggende mitologiche, Ares fu spesso rivale della saggia Atena e tale
confronto era evidente anche dal fatto che il primo veniva venerato a
Sparta, la città-stato guerriera, mentre la seconda era protettrice di Atene,
la città concorrente, dedita più alla filosofia che alla spada.
15. Atena,
dea della conoscenza e della saggezza, rappresentava tutto ciò che veniva
realizzato con l'ingegno e l'uso del pensiero, dalla filosofia fino alla
tessitura (processo manuale che richiede grande abilità e pazienza). Anche
Atena veniva rappresentata con l'elmo e la lancia da battaglia, poiché
incarnava "l'arma" della mente (che può essere utilizzata anche in
guerra o per uscire da situazioni complicate).
16. Nei
miti, Atena è la Dea che aiuta i giovani eroi nel raggiungimento dei
loro scopi (Ercole, Giasone e Ulisse, per citare i più famosi) e che ispira
gesta gloriose.
17. Atena
è figlia di Zeus, ma non fu partorita. Similmente al padre Crono, Zeus temeva
di venire soppiantato da un figlio della dea Meti, capace di assumere
qualsiasi forma. Con l'inganno allora, Zeus fece trasformare Meti in una goccia
d'acqua e la bevve in un solo sorso. Dopo aver bevuto però, il padre degli dei
cominciò a soffrire un tremendo mal di testa, al punto che chiese a Efesto di
aprirgli il cranio con un'accetta. La truculenta azione non ebbe conseguenze,
perché Zeus era immortale, ma dalla testa divisa a metà uscì
Atena (la quale infatti, nata dalla testa, è divenuta dea della
saggezza!).
18. Efesto
era il fabbro degli dei e protettore della manualità e del lavoro di
fatica. Efesto è il più "umano" tra le divinità, poiché
imperfetto e dalla storia travagliata. Nacque infatti per una ripicca di Era,
gelosa per le molte amanti di Zeus, ma a causa dell' aspetto deforme,
venne gettato giù dall'Olimpo dopo la nascita. Zoppo e grossolano, Efesto
divenne maestro nell'arte di fabbricare armi e oggetti, riuscendo a creare
le potenti folgori con cui Zeus sbaragliava i suoi nemici.
19. Nonostante
venisse poco considerato dai suoi fratellastri, Efesto costrinse Era a
riconoscerlo come una divinità a tutti gli effetti: il fabbro aveva infatti
costruito un trono da cui era impossibile alzarsi, imprigionando così Era
per sempre. Obbligato dagli altri dei a liberare la madre, Efesto ottenne
in cambio, oltre al riconoscimento, anche la mano di Afrodite.
20. Efesto sopperì
quindi alla mancanza di doti ultraterrene con il lavoro e l'ingegno, riuscendo
anche a sposare la dea della bellezza, cui rimase sempre fedele nonostante i
tradimenti di lei con Ares.
21. Apollo
era il bellissimo dio delle arti e della musica, abilissimo arciere e donatore
di premonizioni e visioni del futuro. Apollo nacque dal rapporto tra Zeus
e Latona, la quale, per non incorrere nella rabbia di Era, venne
allontanata e perseguitata da un serpente gigante di nome Pitone. Questo
serpente custodiva l'Oracolo di Delfi, la divinità in grado di prevedere il
futuro. Quando Latona generò Apollo e Artemide, Apollo uccise il
serpente e si appropriò così dell'Oracolo (ecco quindi perché era il Dio
della preveggenza).
22. Secondo
gli antichi, Apollo ispirava gli artisti e i cantori per mezzo delle Muse,
le protettrici delle Arti, ed era il cocchiere del carro del Sole che
ogni giorno portava la luce sul mondo terreno. I suoi prodigiosi dardi potevano
curare o scatenare tremende epidemie .
23. Artemide,
sorella di Apollo e dea della caccia e degli animali selvatici. Secondo i
racconti, compariva nelle foreste, a volte in sembianze umane e a volte
trasformata in un elegante cervo, e proteggeva coloro che vivevano nelle
campagne e a contatto con la natura.
24. Era
la divinità adorata ad Efeso, in Turchia, nel tempio annoverato tra
le Sette Meraviglie del Mondo Antico.
25. Dioniso,
Più conosciuto con il suo nome romano di "Bacco", Dioniso era il dio
del vino e dello scatenamento dei sensi. L'ubriachezza e la frenesia del
corpo non più controllato dalla mente, erano gli effetti cercati dai
seguaci di questo misterioso dio che rappresentava la parte più primordiale e
selvaggia dell'animo umano.
26. Eros
era il dio dell'Amore, figlio di Afrodite di Ares e incarnazione
dell'amore a prima vista, travolgente e immediato. Il bellissimo dio alato
portava una faretra colma di frecce che, una volta colpito il
bersaglio, infondevano nel cuore della persona colpita un'inestinguibile
passione verso un'altra creatura. Dai poteri di Eros non sono immuni né dei, né
elementi naturali!
Comprensione del testo
1.
Riassumi
a parole tue le varie sequenze del testo
Analisi del testo
1. Che cos’è il mito?
2.
Quali
sono i suoi caratteri e le sue finalità?
3.
Il mito è una espressione culturale di un
mondo arcaico e primitivo scomparso per sempre o c’è una sua sopravvivenza
anche al giorno d’oggi?
4.
Mito e filosofia hanno in comune la volontà di conoscere e
spiegare il mondo. Di fatto, però, il mito presenta alcune caratteristiche che
lo differenziano nettamente dal discorso filosofico:
·
esprime in maniera
diretta e in forma di narrazione l'oggetto della sua ricerca, laddove la
filosofia è sostanzialmente un sapere riflessivo che agisce per astrazione;
·
è sostanzialmente un
corpus di conoscenze fisse e sedimentate senza possibilità di libere e autonome
rielaborazioni, tipiche, invece, della tradizione filosofica;
·
non contempla i momenti
dell'analisi critica e della verifica, centrali nella ricerca filosofica,
protesa costantemente a vagliare e perfezionare il possesso della verità e
delle proprie certezze. Alla luce del testo sulla mitologia
esplica nel modo più semplice possibile i tre concetti precedentemente esposti.
6.
La religione dei greci
I Greci erano politeisti, cioè
credevano nell’esistenza di tanti dei. Gli dei vivevano sul monte
Olimpo, che è una montagna alta circa 3.000 metri la cui cima è sempre
circondata da nuvole ed è situata al confine con la Macedonia.
Le principali divinità in cui
credevano gli antichi Greci erano: Zeus (padre di tutti gli dei
e degli uomini e re dell’Olimpo), sua moglie Era protettrice
delle donne, Atena (dea della conoscenza), Poseidone (dio del Mare), Afrodite
(dea della bellezza).
In Grecia ogni città
aveva il suo dio protettore e uno o più templi.
Il popolo costruiva i templi che
venivano considerati come “la casa del dio”.
Ogni dio aveva il suo tempio
all’interno del quale era situata una sua statua. Il culto si svolgeva presso
un altare situato all’esterno del tempio e in ogni casa c’era un altare per
la preghiera della famiglia.
I Greci credevano che esistesse un
mondo dell’Aldilà, dove si andava dopo la morte.
L’Aldilà dei Greci si
chiamava Ade, il Regno dei Morti, e vi si entrava attraverso
le voragini della Terra, specie quelle che emanano fumi o vapori.
Anche i vulcani erano considerati come porte d’ingresso
al mondo degli inferi.
Si deve ai Greci l’invenzione
dei giochi olimpici, che si tenevano nella città di Olimpia in onore
di Zeus.
La prima Olimpiade si disputò nel
776 a.C.
7. La storia e le battaglie
Nel periodo classico – cioè
tra il 700 e il 300 a.C. – la storia greca è caratterizzata dall’esistenza
delle città stato. Cioè ogni città aveva il suo governo e le sue leggi. Le più
famose erano Sparta e Atene. Ad Atene ogni cittadino maschio votava
per eleggere un consiglio e il presidente di questo consiglio veniva estratto a
sorte tra i cittadini. Questa particolare forma di governo era chiamata
“democrazia”: il potere governativo spettava al popolo.
Anche oggi in Italia abbiamo questa
forma di governo, dove è il popolo a decidere chi deve governare.
A Sparta c’era invece una forma di
governo chiamata “oligarchia”: a comandare, cioè, erano poche persone. I
cittadini quindi dovevano fare ciò che queste poche persone decidevano. Il
periodo classico (480 – 323 a.C.) fu quello delle grandi guerre contro
i persiani:
-
Nel 490 a.C. i Persiani
attaccarono gli Ateniesi perché avevano aiutato una città a
ribellarsi al potere. La vittoria fu dei Greci.
-
Qualche anno dopo la seconda guerra
vide anche la partecipazione di Sparta.
-
In seguito, durante la guerra
del Peloponneso, Sparta e Atene combatterono fra loro per il controllo del
territorio greco. A vincere, fu l’esercito di Sparta.
Nel 334 a.C. il re di
Macedonia Alessandro Magno decise di andare a sconfiggere
l’impero persiano in Turchia, Siria, Palestina ed Egitto. E ci riuscì. Alessandro
fu una figura importantissima nella storia del periodo
ellenistico: stabilì la monarchia in Grecia ma,
soprattutto, diffuse la cultura della sua terra in tutto il mar Mediterraneo.
T 4 Se i Persiani avessero vinto
a Salamina
1.
Nelle guerre fra póleis greche e
impero persiano la storiografia, prima che guerre di espansione, vede uno
scontro di civiltà. In effetti le póleis greche del V secolo a.C. avevano una
concezione dello Stato e della vita pubblica imperniata sulla partecipazione
dei cittadini, sul dibattito e sul confronto pubblico. Il modello di Stato
persiano vedeva ancora il re come capo assoluto dei suoi sudditi e la legge
come manifestazione della volontà del sovrano. I Greci erano fieri della loro
libertà, della loro condizione di cittadini opposta a quella di sudditi. In
questo senso, le guerre persiane furono anche uno scontro di civiltà,
determinato dalla volontà dei Greci di non sottomettersi al regime persiano.
L’espressione “scontro di civiltà” è stata ripresa più volte nel corso della
storia per indicare un conflitto tra popoli con culture e tradizioni
assolutamente inconciliabili.
2.
Nessuno può dubitare
dell’importanza della battaglia di Salamina in cui i Greci, seguendo i consigli
di Temistocle, sconfissero i Persiani. Una vittoria dei Persiani avrebbe
significato la fine della Grecia che sarebbe diventata una provincia (satrapìa)
dell’Impero persiano.
3.
Abbiamo già visto nel testo che
gli Ateniesi discussero a lungo sul senso da dare alle indicazioni ricevute dall’oracolo
di Delfi e che solo a fatica Temistocle riuscì a imporre la sua
interpretazione, che rese possibile lo scontro navale a Salamina e la sconfitta
dei Persiani.
4.
Anche in questo caso lo storico
americano Victor Davis Hanson si è chiesto cosa sarebbe stato dell’Europa e
dell’Occidente se i Persiani avessero vinto: «Senza dubbio, se non ci fosse
stato [Temistocle] o se avesse consigliato soluzioni diverse, i Greci o non
avrebbero attaccato i Persiani o sarebbero stati sconfitti.
5.
Le guerre persiane sarebbero
state rapidamente perdute e la cultura dell’Occidente sarebbe scomparsa ancora
agli albori dopo poco più di due secoli. A parte Temistocle, non vi era nessun
altro stratega greco che sapesse o volesse schierare le forze navali elleniche
in difesa di Atene [...].
6.
Se avesse esitato, fosse stato
ucciso o gli fosse venuta meno la forza morale e intellettuale di far valere le
proprie argomentazioni, è probabile che la Grecia sarebbe diventata una
satrapia della Persia.
7.
Salamina ebbe una conseguenza troppo
spesso dimenticata [...]. Altrettanto importante fu il fatto che la vittoria
rappresentò un catalizzatore per l’intera rinascita democratica ateniese.»
Comprensione del testo
1. Riassumi a parole tue le varie
sequenze del testo
Analisi
del testo
1.
Per
quale motivo scoppiano le guerre?
2.
A
che proposito nel brano si parla di assolutismo e di libertà?
3.
Che
cosa si intende con l’espressione “scontro di civiltà”
4.
Che
cosa avrebbe significato una vittoria dei Persiani a breve, a medio e a lungo
termine?
T
5 Alle origini dell’opposizione Occidente
– Oriente[2]
Da Erodoto e i sogni di Serse
di Gabriella Bodei
1.
La spedizione di Serse[3]
contro la Grecia costituisce una tappa fondamentale nella storia e
nell’immaginario dell’Europa, quasi un battesimo della sua identità. Il re
persiano, dopo avere iniziato a prepararla fin dal 484 a.C., giunto sul
continente con un immenso esercito e una colossale flotta, viene clamorosamente
sconfitto, quattro anni dopo, nella battaglia navale di Salamina.
2.
Contro ogni previsione, il debole
Davide greco riporta la vittoria sul potente Golia asiatico. Come è stato
possibile questo miracolo? La risposta, destinata a cristallizzarsi nei secoli
successivi, attribuisce all’amore della libertà e all’autodisciplina
ellenica la preminenza sui barbari, nemici che combattono sotto la
minaccia della frusta o in preda a una cieca furia.
3.
Su questo evento bellico si basa
— per effetto dell’autoconvincimento, della propaganda e della storiografia
greca — l’opposizione tra Occidente e Oriente,
tra Europa (patria della libertà, della legge, della
razionalità, della coscienza civile) e Asia (luogo di schiavitù, di
arbitrio, di paura e di voluttuoso torpore dei sensi). La superiorità che,
grazie alle guerre persiane, l’Europa si attribuisce sull’Asia può essere
emblematicamente documentata, nell’arco della lunga durata, attraverso due sole
testimonianze, volutamente tarde e di diversa origine. Negli affreschi
settecenteschi che rappresentano i quattro continenti, l’Europa appare
spesso nelle vesti di Atena armata, simbolo dell’unione di intelligenza e
di forza, mentre l’Asia è raffigurata con l’indolente fascino
della concubina di un harem, quasi a segnalare in questo “orientalismo” un
ambiguo rapporto di inibita attrazione.
4.
Max Weber sottolinea invece
il valore determinante della battaglia di Salamina, argomentando che, se
avessero vinto i persiani, l’intera civiltà occidentale, con il suo
razionalismo, sarebbe stata strangolata nella culla, a beneficio del dispotismo
politico e del dogmatismo teologico dei Persiani. Per questo, tale scontro è
diverso da un qualsiasi conflitto tra due tribù di kaffiri[4]
o di indiani, che non ha avuto alcuna influenza sulla storia del mondo.
5.
Erodoto non condivide una simile
immagine trionfalistica del rapporto tra Grecia e Asia. Pur riconoscendo
la strenua aspirazione dei greci all’indipendenza, non teorizza infatti il
dualismo tra libertà greca e dispotismo persiano. Da storico-indagatore che ha
conosciuto di persona varie culture, sa che, in genere, ogni civiltà è
tendenzialmente etnocentrica, crede cioè alla propria supremazia su tutte le
altre. Questo vale, nella sua opera, per gli ateniesi, per i persiani o per gli
egiziani. Egli appare talmente equanime, o segnato da una specie di relativismo culturale, da meritarsi, fin dall’antichità,
l’accusa di filobarbaro. Pensa, in effetti, che i Persiani siano
capaci di compiere grandi imprese, che amino la verità e la giustizia e che
siano magnanimi; riconosce anche, tuttavia, che i greci, inferiori
per numero e figli di un paese povero, hanno eroicamente difeso se stessi,
perché — cittadini di «una comunità di sangue e di lingua» unita di fronte al
pericolo — non sono sudditi di un ricco impero multietnico in cui si ubbidisce
passivamente a un solo uomo.
6.
Nato ad Alicarnasso, in Asia
Minore, nello stesso anno in cui Serse inizia ad allestire la sua campagna
contro la Grecia, viaggiatore instancabile e attento alle differenze, Erodoto
non ignora certo, al pari di Platone, la maggiore antichità e lo splendore di
civiltà come quella egiziana o mesopotamica. Il confronto tra queste e il mondo
greco è quindi in lui più sfumato e sottile rispetto a ogni semplicistica
contrapposizione e non è privo di insegnamenti validi anche per il nostro
tempo, con il suo invito a spingere il proprio sguardo al di là dei
confini mentali consueti e a non arroccarsi sulla boria[5]
dei propri presunti primati.
7.
Malgrado alcuni inevitabili
fraintendimenti, lo sforzo di comprendere la mentalità altrui trova la sua
espressione più compiuta in un piccolo capolavoro incastonato nel corpo
delle Storie (1. VII, capp. 5-19). Viene qui
esposto l’antefatto della spedizione contro la Grecia e, in
prospettiva, contro l’intera Europa: l’accidentato processo che conduce alla
decisione se muovere o no la guerra. Con incalzante ritmo narrativo, potenza
drammatica e avvincente acume psicologico, Erodoto ragiona sul senso della
politica espansionistica della dinastia achemenide[6].
Quasi a sottolinearne la natura fatale, elenca le esitazioni e i ripensamenti
che accompagnano Serse nell’assumere questa decisione, ibrido frutto delle
argomentazioni pubbliche e razionali del giorno e dei sogni e degli incubi della
notte. Ambizione, brama di vendetta e di gloria, orgoglio smisurato, fedeltà
alla tradizione degli avi, ruolo degli dei e dei demoni, logica del potere
imperiale, interpretazione dei sogni, allusione ai meccanismi dell’autoinganno,
riflessioni sui limiti e i paradossi della libertà umana: questi i temi si
inseguono nella complessa partitura di un testo tanto denso, quanto
relativamente breve.
8.
Ho cercato di guardare nello
“specchio di Erodoto” in modo da restituirgli, per così dire, «da Oriente» la
sua stessa immagine aggiornata. Ho posto cioè in rilievo quanto sappiamo
attualmente della civiltà persiana antica, allo scopo di condurre un esame
incrociato delle sue fonti con quelle greche e latine. Uno dei risultati è che
il “padre della storia” è in questo caso più attendibile di quanto comunemente
si sia disposti a credere. La dimostrazione di tali assunti ha richiesto un
cospicuo apparato filologico e documentario. Possa il piacere del racconto
erodoteo e l’interesse dell’argomento alleviarne il peso per chi, senza essere
uno specialista del mondo antico, non intende rinunciare a comprendere le
radici della nostra cultura.
Comprensione del testo
1. Riassumi a parole tue le varie
sequenze del testo
Analisi del testo
1. Di che articolo si tratta: è
informativo o problematico?
2.
Che
cosa si intende per battesimo dell’identità dell’Europa?
3.
Davide
e Golia sono diventati nell’immaginario collettivo una metafora: spiegane il
significato.
4.
Che
cosa si intende nel testo per opposizione Oriente-Occidente nella visione europea
delle guerre greco-persiane?
5.
Che
cosa ritiene Max Weber sulla battaglia di Salamina?
6.
Spiega
le espressioni “dispotismo politico” e “dogmatismo teologico”
7.
Che
cosa intende Erodoto per etnocentrismo che caratterizza ogni civiltà e quali
effetti negativi esso comporta
8.
Che
cosa si intende per ‘relativismo culturale’? se ti devi documentare, fallo
pure, ma scrivi a parole tue la risposta.
9.
Serse
affronta serenamente la spedizione?
10. Che cosa spinge Serse a compiere la
spedizione?
T 6 Se Alessandro non fosse morto a
meno di trentatré anni
2. Anche il grande storico inglese
Arnold J. Toynbee scrisse un esempio di «storia con i se».
3.
Come
ha ricordato lo storico americano Josiah Ober «la morte apparentemente
prematura di Alessandro [...] spinse uno dei più noti storici del XX secolo,
Arnold Toynbee, a sviluppare una storia ipotetica complessa e romantica,
divenuta un classico del suo genere.
4.
Supponendo
una pronta guarigione da quella febbre debilitante, immaginò per Alessandro una
lunga vita in cui conquiste ed esplorazioni erano ben bilanciate da avvedute
soluzioni amministrative e da una generosa politica sociale che vide assegnare
a tutti i residenti nel grande Impero i diritti umani fondamentali.
5.
Nell’ottimistico
scenario ipotetico di Toynbee, Alessandro e i suoi successori promossero sia la
cultura sia la tecnologia, conducendo a un’anticipata scoperta, per esempio,
dell’energia del vapore.
6.
Di
conseguenza, il grande Impero fu invincibile e per esso Roma non divenne mai
una seria minaccia. Con la scoperta dell’emisfero occidentale da parte degli
esploratori di Alessandro, l’Impero finì per diventare un vero e proprio Stato
mondiale, governato da una monarchia benevola; nel presente ipotetico di
Toynbee, il discendente in linea diretta di Alessandro siede ancora sicuro sul
trono, i suoi sudditi godono di pace e prosperità e tutto è davvero a posto nel
mondo.»
7.
Da
parte sua, a completare in tutti gli aspetti le varianti offerte dalla «storia
con i se», Ober ha invece provato a immaginare cosa sarebbe successo se
Alessandro fosse morto nella battaglia presso il fiume Granico: in questo caso
i Macedoni non sarebbero riusciti a conquistare l’Impero persiano, la civiltà
ellenistica non sarebbe nata e probabilmente Atene avrebbe riconquistato il predominio
in Grecia. I Romani non sarebbero riusciti a conquistare facilmente la Grecia e
lo avrebbero fatto solo dopo una guerra distruttiva. Per questo motivo non ci
sarebbe stata la fusione tra le culture greca e romana che ha dato vita alla
civiltà occidentale e il mondo sarebbe stato diverso da come lo conosciamo.
Comprensione del testo
1.
Riassumi a parole tue le varie sequenze del
testo
2.
Qual è la tesi di Toynbee su
Alessandro Magno
3.
Qual è la tesi di Ober
Laboratorio
1.
Senza nulla consultare che cosa
sai di Alessandro Magno?
2.
T
7 Nasce la Filosofia
1.
Da dove veniamo?
2.
Qual è il principio primo
dell’Universo?
3.
Da cosa è composta la realtà?
4.
Si tratta senza dubbio di domande
difficili, a cui tentarono di rispondere, addirittura 2600 anni fa, i primi filosofi
greci. Vediamo insieme chi sono i più famosi e qual era il loro pensiero.
5.
Amore per il sapere: è questo il
significato, in greco, della parola “filosofia” ed è proprio quello che
spinse i primi filosofi che vivevano in Grecia a ragionare
sulla realtà e sull’Universo. I filosofi greci passavano la loro
giornata a pensare, a studiare il mondo, a cercare il significato delle cose e
dell’esistenza.
6.
I primi filosofi greci si
dedicarono a cercare il principio fondamentale dell’Universo, detto “arché”. Ad
iniziare fu Talete, padre della filosofia greca: passava così tanto tempo
a camminare con il naso rivolto all’insù, contemplando cielo e stelle,
che una volta cadde in una buca profondissima! Per Talete il principio di
tutto era l’acqua, elemento centrale nella vita degli essere umani e animali e
in grado di assumere diversi stati, trasformandosi da ghiaccio a vapore. Per il
filosofo Anassimandro invece tutto nasceva da una sostanza indefinita e
infinita, detta “Ápeiron”.
7.
Per Anassimene il
principio dell’Universo era l’aria, che poteva mutarsi in vento, acqua, terra e
fuoco.
8.
Sicuramente a scuola ne sentirete
parlare e non soltanto in filosofia: Pitagora dà infatti il nome ad un
noto teorema di geometria che serve a calcolare le relazioni tra i
lati di un triangolo rettangolo. Pitagora fu un filosofo e un matematico e, non
a caso, considerava il mondo del tutto dipendente dal numero: “Tutto è numero”
era il motto suo e dei suoi seguaci, i pitagorici.
9.
Uno dei più importanti esponenti
della filosofia occidentale è Socrate. Non lasciò nulla di scritto, ma
fondamentale fu il suo metodo d’indagine della realtà,
basato sul dialogo e sull’ironia. Socrate stimolava l’interlocutore ad
esporre la sua tesi con continue domande, portando poi le considerazioni a conclusioni
talmente assurde da far sì che l’interlocutore stesso ammettesse la propria
ignoranza. Fondamento del suo pensiero era “so di non sapere”: Socrate
riconosceva che la conoscenza non era definitiva e questo diventava stimolo per
conoscere sempre più cose.
10. Allievo
di Socrate, Platone mise al centro del suo pensiero la “dottrina
delle idee” per spiegare la conoscenza: per il filosofo greco, l’anima
dell’uomo ha già conosciuto l’oggetto della sua ricerca prima della nascita,
nel “mondo delle idee”. Una volta scesa nel corpo, l’anima ha in parte
dimenticato ciò che ha veduto: l’uomo deve perciò solo recuperare quanto ha già
visto. Per questo, secondo Platone, “conoscere è ricordare”.
11.
Chiudiamo il nostro viaggio tra i
filosofi greci più famosi con Aristotele, allievo di Platone. Aristotele
amava conoscere e scoprire, si occupò davvero di tutto: dalla biologia
alla fisica, dalla psicologia alla politica, dalla poetica alla retorica.
Scrisse molto su ciascun argomento, creando una sorta di “enciclopedia del
sapere”. Si distaccò notevolmente dalle idee del suo maestro e fondò una scuola
tutta sua: i suoi seguaci vennero chiamati aristotelici.
Comprensione
del testo
1. Escludendo le domande riassumi a
parole tue le varie sequenze del testo
Analisi
del testo
1.
Di che testo si tratta?
T
8 Se Socrate fosse morto nella battaglia di Delio
2. Nel 424 a.C., durante la guerra del
Peloponneso, fu combattuta una battaglia tra gli Ateniesi e i Tebani presso il
villaggio di Delio.
3.
Gli
Ateniesi furono sconfitti e persero molti uomini. Alla battaglia partecipò
anche Socrate, che riuscì avventurosamente a fuggire e a mettersi in salvo.
Aveva allora 45 anni e fino a quel momento soltanto il commediografo Aristofane
aveva scritto di lui, prendendolo in giro. Noi abbiamo un’immagine diversa del
grande filosofo, perché lo conosciamo attraverso le opere di Platone.
4.
Nel
424 a.C. Platone aveva soltanto tre anni: se Socrate fosse morto a Delio non
l’avrebbe mai conosciuto e non se ne sarebbe mai occupato. In questo caso la storia
della cultura e anche della civiltà occidentale sarebbe stata diversa? Lo
storico americano Victor Davis Hanson si è posto questa domanda e ha così
risposto: «Nella Nuvole, spesso considerata il capolavoro di Aristofane,
Socrate è il peggiore dei sofisti, un esponente di primo piano di quell’infame
genia di scaltri imbroglioni che campano riempiendo le teste di una ricca
classe dirigente con giochi di parole e una moralità relativistica[7],
ritenuti responsabili del declino culturale di Atene e del suo presente letargo
oltre che della sua decadenza durante la lunga guerra contro Sparta. [...]
5.
Se
non avessero già conosciuto Socrate, Platone e Senofonte non si sarebbero dati
tanto da fare per contrastare il predominante punto di vista di Aristofane.
6.
Diversamente
da loro, il commediografo almeno conosceva il filosofo da parecchi anni. È molto
probabile, quindi, che il nostro Socrate odierno sarebbe rimasto in gran parte
una creazione di Aristofane e pertanto sarebbe passato alla storia non molto
diversamente da Gorgia, Ippia, Protagora e altri sofisti i cui scritti sono
andati perduti, ma la cui reputazione è stata in generale screditata da quasi
tutti i loro contemporanei.
7.
[...]
Se Socrate fosse morto quel pomeriggio nel 424 a.C., qualunque cosa e chiunque
fosse stato fino all’età di quarantacinque anni, quando calpestò il campo di
battaglia di Delio, sarebbe per lo più sconosciuto e di poco interesse per noi
al di fuori della creazione piuttosto diabolica di Aristofane.
Comprensione del testo
Riassumi a parole tue le varie
sequenze del testo
Analisi
del testo
1.
Individua la tesi sostenuta
dall’autore della lettura ed esponila a parole tue
2. Che
cosa pensa Aristofane di Socrate
3.
Che cos’è secondo te la storia
con i “se”
Laboratorio
Come sarebbe la tua vita se…
T
9 L’arte greca
1.
L’arte greca è sicuramente un
passaggio molto importante nella storia dell’arte. Insieme all'arte romana,
queste due unite sono conosciute solitamente con il nome
di arte classica.
2.
L’arte greca ricopre un periodo
della storia abbastanza lungo, ed inoltre contiene al suo interno molte delle
innovazioni artistiche che hanno dato svolte di grande importanza del
campo a livello mondiale. Vediamo dunque una breve
storia di quest’arte.
3.
L’arte greca, formalmente è
chiamata come l’arte perfetta, è un’arte che si può davvero definire così, in
particolare dal periodo del Neoclassicismo in poi. Poiché per i Greci in questo
periodo la ricerca della perfezione estetica voleva dire tutto, e questo
inciderà particolarmente nella scrittura, ma anche nella pittura e
architettura.
4.
In ogni caso è comunque
importante dare una data a questo periodo storico. Generalmente l’arte greca
viene divisa in quattro periodi storici principali, l'uno seguito dall'altro.
La ricerca dell’esser bello e il particolare interesse all'estetica, i Greci
hanno contribuito particolarmente alla produzione artistica di questo periodo
sotto ogni sua forma. Nell'ambito della scrittura solitamente si dava grande
spazio all'anatomia umana.
5.
La figura dell’uomo veniva
rappresentata come un eroe, dai tratti fermi e vigorosi, in posizione che ne
esaltava ogni tratto.
6.
Con il passare del tempo molte
più figure entrarono a far parte della scultura greca, come altre figure umane
(in particolare i bambini) ed anche animali. dell'arte greca la pittura è
sicuramente la sezione più sconosciuta. Infatti a differenza di quello che si
potrebbe pensare, anche questa sezione era una certamente una forma artistica a
cui i Greci dedicavano particolare attenzione.
7.
Anche se veniva pratica in due modi
diversi, su muro e su tavola, sfortunatamente è andata comunque persa quasi del
tutta. Infatti sono rimasti pochissimi esemplari, tra cui uno dei più noti è
senz'altro “La tomba del truffatore”, opera del 480 a. C. per i Greci, la
sezione che ha indubbiamente che ha fatto parte di un ruolo importante è
l’architettura. Infatti vi si trovato soprattutto molti importanti luoghi
sacri, cioè i templi, che venivano costruiti per le divinità. Fino all’anno del
700 a. C.
8.
Dopo la tendenza del dorico
robusto, subentra successivamente lo stile ionico, con linee che si possono
definire più morbide. Quest’ultimo si colloca intorno al 550 a. C. Ed un tempio
attinente a questo stile e senz’altro il Tempio di Artemide e Efeso (prima
della ricostruzione intorno all’anno 300 a. C).
Comprensione del testo
1. Escludendo le domande riassumi a
parole tue le varie sequenze del testo
Laboratorio
Servendoti
del libro di Educazione artistica delle medie sviluppa una relazione con
documentazione iconografica su uno di questi argomenti:
1. Le origini e l’evoluzione del
tempio greco
2.
Le
origini e l’evoluzione della scultura greca a tutto tondo
3.
Le
origini e l’evoluzione della scultura greca a rilievo
4.
Le
origini e l’evoluzione della ceramica
5. Le caratteristiche del periodo
arcaico, classico ed ellenistico
T 8 La “paideia” nel mondo classico
1. Voi,
cari giovani amici, che a volte vi lamentate della troppa
disciplina da rispettare a scuola e a casa vostra, probabilmente quando
leggerete ciò che vi sto per raccontare vi sentirete molto fortunati. Soprattutto
vi sentirete molto più liberi di come vi sentite a volte e considererete, in
fondo, molto buoni con voi sia i vostri insegnanti che i vostri genitori...
Insomma, a molti bambini e ragazzini dei tempi antichi andava peggio che a voi.
Leggete qui come venivano educati i vostri coetanei tanti secoli fa.
2. Antica
Grecia: tutti con mamma fino ai 7 anni
3. I primi
sette anni di vita di un bambino della Grecia
antica trascorrevano in casa. Molti i termini greci che definivano l'essere
bambino. Si parte da páis (fanciullo/a, figlio/a), népios (bambino/a piccolo/a,
infante), bréphos (neonato/a), néos (giovane non adulto/a), paidìon (bambinetto/a).
4. In
questi primi sette anni di vita, la madre allattava il piccolo al seno fino ai
due o tre anni d'età, lo coccolava e ci giocava. Qualche volta la aiutava
anche il padre, ma doveva contare soprattutto sulla balia e su una nutrice
anziana che curava materialmente il bambino, gli raccontava fiabe e storie
e gli preparava i giochi. Fra questi ultimi c'erano l'altalena, il
salto con la corda, il lancio dell'aquilone, i sonagli per i più piccoli, la
palla, la trottola, i carretti, gli arnesi da cucina per le femmine e molti
giocattoli.
5. Dopo
i sette anni c'era la scuola, che era frequentata soltanto dai figli e
dalle figlie delle famiglie benestanti, visto che era finanziata proprio dalle
famiglie. Lì, sotto la guida di un maestro chiamato pedotriba, i bambini
facevano esercizi fisici e ginnici, con il citarista imparavano a suonare uno
strumento, a cantare e a danzare, con il grammatista o didascalo imparavano a
leggere e a scrivere. Imparavano i testi classici a memoria. A casa
il pedagogo, che era uno schiavo, insegnava ai meno abbienti o, nel caso
dei piccoli che potevano frequentare la scuola, ripassavano le lezioni e
insegnavano le buone maniere e la disciplina. Sia a scuola che a casa
l'educazione e l'istruzione erano molto rigide: non poche volte i cattivi
comportamenti erano puniti con le mani o con oggetti, come i sandali ad
esempio.
6. Nell'antica
Roma accadeva più o meno lo stesso: i bambini stavano a casa fino ai sette
anni, allattati, coccolati ed educati dalle mamme, dalle balie e dalle nutrici.
7. Dopo
i sette anni, come in Grecia, andava a scuola chi se lo poteva permettere,
perché anche a Roma essa era finanziata dalle famiglie. Nel caso della scuola
romana, il pedagogo di casa, uno schiavo, accompagnava il bambino a scuola e
assisteva anche alle lezioni, lo portava in giro per la città dopo la scuola e,
come in Grecia, ripeteva le lezioni al bambino. A scuola i bimbi
imparavano a leggere, scrivere e far di conto, mentre fra scuola e casa avevano
la possibilità di giocare molto: palle, cerchi, trottole, dadi, bambole per le
bambine e molto altro. A scuola e a casa le punizioni erano spesso
manesche. Altro che note sul registro...
8. Come
in Grecia, si andava a scuola all'alba. Fuori il pedagogo comprava la
colazione al bambino. Alla pausa proprio per la colazione, il bimbo andava a
casa e tornava a scuola nel pomeriggio, terminando la giornata con un bagno.
Gli allievi migliori ricevevano piccoli premi dai maestri. A Roma il bambino
era chiamato infans o parves puer. L'infanzia (infantia) durava appunto,
per i Romani, sette anni.
9. La
Grecia era divisa in polis, ossia in Città-stato indipendenti l'una
dall'altra. E anche l'educazione dei bambini e dei ragazzi era differente, ad
esempio, da Sparta ad Atene.
10. In
genere, tuttavia, erano presenti la corsa, l'esercizio fisico e la caccia, che
i bambini esercitavano completamente nudi. La caccia non consisteva
soltanto nel catturare animali per poi mangiarli; era, per i giovani Greci,
l'occasione di conoscere il proprio territorio, i propri boschi, le
piante, gli animali, i venti, i corsi d'acqua, il mare e ogni aspetto naturale.
Per la buona salute, la forza fisica e la bellezza, i Greci imponevano ai loro
bambini un regime alimentare basato soprattutto sui cibi freddi.
Importante che se li servissero da soli. La caccia era anche un pretesto per il
controllo del territorio, oltre che per la sua conoscenza, considerata un
sapere fondamentale. A caccia i giovani erano accompagnati dai loro fedeli
cani. Nell'addestramento dei giovani alla battaglia, non solo era importante
la caccia a mani nude, ma anche andare scalzi d'inverno e dormire per
terra, in modo che crescessero abituati alle condizioni sfavorevoli e
potessero temprare il loro carattere e sviluppare il coraggio.
11. Per
esercitare la precisione, i giovani potevano cacciare gli animali anche
lanciando giavellotti, bastoni o lance. Esistevano delle apposite gare di
caccia in cui i giovani, al termine della sfida, erano chiamati ad esibire le
loro prede. Di gare per giovani ce n'erano molte, soprattutto quelle di corsa.
Corsa che veniva allenata soprattutto nei boschi inseguendo le lepri. Oltre a
ciò, i giovani dovevano esercitarsi nella ginnastica e
nella danza. Entrambe le discipline venivano praticate nei ginnasi, delle
specie di palestre che in Grecia erano molto comuni. Danzare era considerato
importantissimo per lo sviluppo armonico del corpo attraverso il
ritmo; anche nel teatro greco la danza era un elemento fondamentale, con i
giovani spesso protagonisti.
12. Ma
in Grecia si pensava solo al corpo?
13. Niente
affatto. L'educazione si svolgeva su due binari che tra di loro erano
assolutamente complementari: il corpo e la mente. L'educazione
intellettuale si basava soprattutto su scrittura, musica e giochi. Ma
anche sulla matematica. Fra gli strumenti da imparare a suonare c'erano la
lira e il flauto. C'era lo studio dei poemi, la lettura, la scrittura su tavolette
o rotoli di papiro. Le femmine erano educate soprattutto attraverso la danza,
la poesia, la musica, la scrittura. Per quanto concerne gli esercizi ginnici,
alle femmine erano consentiti solo a Sparta e soprattutto il nuoto. Era
previsto anche il momento dello svago. Uno dei giochi più praticati sia dai
maschi che dalle femmine era quello degli astragali. Consisteva nel
danzare seguendo il ritmo dettato da un maestro.
14. A
Roma, a sette anni l'infans diventava un puer, termine che ha la sua
radice nella parola purus
(puro), ma che in realtà, a Roma, significava “non
abile per la guerra”.
15. Dai
sette ai quattordici anni i ragazzini andavano a scuola, dove oltre a leggere e
a scrivere imparavano a memoria anche i più importanti testi classici.
16. I
giovani romani erano sottoposti ad esercizi molto duri per sviluppare la forza
muscolare che poi sarebbe servita in battaglia.
17. In
seguito potevano frequentare corsi superiori, ma in tutti i casi erano chiamati
alle esercitazioni militari, molto dure e rigide. Pensate un po', ragazzi:
in teoria dai quattordici ai diciassette anni si poteva già
combattere in guerra.
18. E
non era affatto raro che ciò accadesse!
19. Gli
storici dell'epoca raccontano di molte vite giovanissime spezzate in
battaglia... Le bambine, dal canto loro, potevano sposarsi appena
compiuti i dodici anni. Ma in realtà, era frequente che si sposassero
anche prima dei dodici anni – cosa che in Grecia non accadeva – e che avessero
figli prima di tale età! In generale, i maestri più validi dei giovani Romani a
scuola erano quasi tutti di origine greca, di solito fatti venire apposta da
Atene per istruire in modo ottimale i giovani. Nonostante questo, c'è da dire
che ad alcune cose che erano importanti per i Greci, e anche per i vicini
Etruschi, i Romani non hanno dato molto peso nell'educazione e
nell'istruzione degli adolescenti. Ad esempio, non esisteva un insegnamento
capillare della musica e della danza, che erano perlopiù lasciate a chi aveva
la volontà di apprenderle in modo autonomo. Non avevano la stessa importanza
che in Grecia neanche la caccia e la corsa, e più in generale l'esercizio
ginnico. A Roma l'esercizio fisico si basava meno sull'agilità e molto di più
sulla forza, con tanta lotta. Insomma, per concludere, io direi che a voi,
cari amici, non è andata poi tanto male. Che ne dite?
Comprensione del testo
Riassumi
a parole tue, sequenza per sequenza, il brano precedente
Analisi del testo
1. Individua i vocaboli ci cui non
conosci il significato e indicane il tipo di scarto linguistico
2. Studia con attenzione la nota 7. Di
ognuno di questi vocaboli trascrivine il significato, individuane la radice[8]
e indicane il percorso di formazione partendo dal nome primitivo.
3. Cerca vocaboli con la stessa radice
etimologica che costituiscono una famiglia di parole.
4. Individua nel testo le parole che
derivano da suffissi che le alterano.
5. Individua nel testo le parole che
sono falsi alterati.
6. Individua nel testo i nomi composti
e indicane il tipo si composizione che contengono suffissi portatori di particolari
significati.
7. Individua nel testo le parole che
contengono prefissi portatori di particolari significati.
Approfondimenti
Confronta la vita quotidiana del\la ragazzo\a del
mondo antico con la tua, individuandone i punti comuni e le differenze,
spiegandone le motivazioni dell’oggi.
[1] On
dispose de peu de détails sur la vie de Phidias. Né à Athènes peu après la
bataille de Marathon, il est l'élève d'Agéladas et apprend la technique du
bronze à l'école d'Argos, en même temps que Myron et Polyclète. Il semble avoir
véritablement commencé son activité en -479 et l'avoir terminée en -432.
Sa
première grande œuvre est une colossale Athéna Parthénos pour l'Acropole, en
-460. Il est ensuite choisi par Périclès pour exécuter des statues pour le
Parthénon, et aussi pour superviser l'ensemble des travaux de sculpture. Il
réalise lui-même la statue chryséléphantine d'Athéna Parthénos, dédiée en -438,
et réalise des maquettes pour les deux frontons, les 92 métopes et la frise. Il
surveille étroitement leur exécution par son atelier avant de partir, en -437,
à Élis et Olympie, où il réalise son Zeus chryséléphantin, l'une des Sept
Merveilles du monde.
Quand il
rentre à Athènes en -433, il est victime d'une manœuvre destinée à discréditer,
à travers lui, son protecteur Périclès. Chargé de tous les projets de
construction, Phidias est d'abord accusé du détournement de l'or destiné à la
statue d'Athéna, puis il est disculpé par une pesée des éléments en or.
Ensuite, il est accusé d'impiété parce que, lors de la représentation de la
bataille des Amazones sur le bouclier d'Athéna, il a sculpté le personnage d'un
vieillard chauve lui ressemblant et a introduit un autre personnage ressemblant
très fortement à Périclès se battant contre une Amazone.
Jeté en
prison, il est ensuite exilé à Olympie où il meurt.
[2]
The battle of Salamina saved Greece
from Persian domination and the Greek epic struggle became the emblem of every
war in defense of freedom against the servitude of civilization against
barbarism.
Not only that, but it was on the
ideological reading of that event that was defined for the first time the
radical opposition Europe-Asia, West-East, which geographical spaces where
those opposed principles would be naturally at home.
Over and over again, from antiquity
to today, that paradigm has reappeared and almost always to justify wars or
aggression or preventive ones.
Herodotus, instead, proves capable
of a story that goes far beyond ideological mystifications and gives facts back
to an exquisitely historical reading.
The
merit of the essay by Gabriella Bodei Baglioni lies in the ability to give back
and make the analysis of the great Greek historian of great relevance.
We
propose the reading of the introduction to the essay, which is suggested
reading in the Reading section of History.
[3] Xerxes I, called Xerxes the Great, was the fourth king of kings of the
Achaemenid dynasty of Persia.
Like his predecessor Darius I, he ruled the empire at its
territorial apex.
He ruled from 486 BC until his assassination in 465 BC at
the hands of Artabanus, the commander of the royal bodyguard.
Xerxes I is one of the Persian kings identified as
Ahasuerus in the biblical Book of Esther.
He is also notable in Western history for his failed
invasion of Greece in 480 BC.
His forces temporarily invaded Greece north of the Isthmus
of Corinth until the losses at Salamis and Plataea a year later reversed these
gains and ended the second invasion decisively.
Xerxes also crushed revolts in Egypt and Babylon and
changed his title from "king of the Babylonians/Chaldeans" to
"king of the Persians "immediately after succession.
Xerxes oversaw the completion of various construction
projects at Susa and Persepolis.
[4]
Inhabitants of Kafiristan, a small region in the mountains south of the Pamir,
west of the Chitral River, bisected by the Afghanistan-Pakistan border line.
A mysterious population lives there, a tiny ethnic
minority that keeps its own polytheistic religion unchanged, which has its own
habits and customs.
[5]
superbia
[6]
L'Empire achéménide est le premier des Empires perses à régner sur une grande
partie du Moyen-Orient durant le Ier millénaire av. J.-C. Il s'étend alors au
nord et à l'ouest en Asie Mineure, en Thrace et sur la plupart des régions
côtières du Pont Euxin ; à l'est jusqu'en Afghanistan et sur une partie du
Pakistan actuels, et au sud et au sud-ouest sur l'actuel Irak, sur la Syrie,
l'Égypte, le Nord de l'Arabie saoudite, la Jordanie, Israël et la Palestine, le
Liban et jusqu'au nord de la Libye.
Le nom « Achéménides » (en vieux perse : Haxāmanišiya) se
rapporte au clan fondateur qui se libère vers 550 av. J.-C. de la tutelle des
Mèdes, auparavant leurs souverains, ainsi qu'au grand empire qui résulte
ensuite de leur fusion. L'empire fondé par les Achéménides s'empare de
l'Anatolie en défaisant la Lydie, puis conquiert l'Empire babylonien et
l'Égypte, unissant les plus anciennes civilisations du Moyen-Orient dans une
seule entité politique de façon durable. L'Empire achéménide menace par
deux fois la Grèce antique et s'effondre, vaincu par Alexandre le Grand, en 330
av. J.-C., non sans léguer aux diadoques qui lui succèdent, une partie de ses
traits culturels et politiques.
Durant les deux siècles de sa suprématie, l'Empire
achéménide a développé un modèle impérial reprenant de nombreux traits de ses
prédécesseurs assyriens et babyloniens, tout en présentant des aspects
originaux comme une souplesse et un pragmatisme constants dans ses relations
avec les peuples dominés, tant que ceux-ci respectaient sa domination. Les rois
perses ont réalisé des travaux importants sur plusieurs sites du cœur de leur
empire (Pasargades, Persépolis, Suse), synthétisant les apports architecturaux
et artistiques de plusieurs des pays dominés et exprimant avec pompe leur
idéologie impériale.
[7]
Relativistica: priva di valori assoluti.
[8]
La lingua è fatta di parole. Le parole hanno un significante, cioè una forma
scritta, e hanno un significato ossia esse esprimono un concetto.
Chi ha deciso la corrispondenza tra
significanti e significato? Sarebbe impossibile cercare un chi, noi possiamo
dire però che sono state le persone che hanno accettato di dire e poi di
scrivere una certa cosa in un certo modo.
A volte succede di imbattersi in
esercizi in cui è richiesto il riconoscimento di prefissi, radici, desinenze,
suffissi o di trovare le parole alterate (diminutivi, vezzeggiativi,
accrescitivi, dispregiativi).
Le parole sono formate da una radice e da una desinenza:
La radice è quella parte della parola (nome, aggettivo, verbo) che non
si modifica e che ci fa capire di che cosa stiamo parlando, mentre la desinenza
cambia in base al genere (maschile o femminile) e al numero (singolare o
plurale). Possiamo dire perciò che:
1.
la radice
esprime il significato fondamentale della parola;
2.
la desinenza
indica le caratteristiche morfologiche e grammaticali delle parole.
Nei verbi la desinenza indica il
modo, il tempo, la persona, il numero.
In base alla loro composizione i
nomi si distinguono in nomi primitivi, derivati, alterati composti
1.
I nomi primitivi sono formati solo da
radice e desinenza
2.
I nomi derivati sono tutte le parole che derivano da un altro
vocabolo italiano e che oltre a
contenere la radice, contengono fra radice e desinenza un altro elemento, detto
suffisso che modifica il significato
ma non lo contraddice, semmai lo perfeziona. Es.: Casetta indica
una casa piccola e graziosa, caseggiato indica un gruppo di
case, casamento una casa di tipo popolare con tanti
appartamenti, casolare è una casa isolata di campagna e così
via. La derivazione può avvenire anche mediante prefisso.
I prefissi sono
elementi che sono messi prima delle
radici delle parole per
formare parole derivate.
Quando il prefisso è una parola a sé ed è quindi dotato di un significato
autonomo facilmente identificabile, si parla più propriamente di prefissoide. Per
es.: educazione mal-educazione.
La derivazione è stata una
delle maggiori risorse per l’arricchimento continuo del lessico.
3.
I nomi alterati sono tutte quelle parole
che aggiungono alla radice del nome determinati suffissi che hanno la funzione
di dare al nome un particolare valore espressivo. L’italiano è ricco di queste
possibilità espressive.
a) Il diminutivo prevede l'uso
di suffissi come –ino\
ian, -ello\ella, -etto\etta oppure –uccio\uccia (es:
bicchierino, asinello, isoletta, calduccio) per trasmettere un senso di
piccolezza dell'oggetto di cui si parla o per esprimere concetti di intimità,
qualità e affetto. Il diminutivo ha come opposto l'accrescitivo.
b) L'accrescitivo prevede l'uso di suffissi atti a trasmettere un
senso di grandezza, maggiore intensità dell'oggetto di cui si parla o per
esprimere concetti di qualcosa di grottesco, con effetto peggiorativo: l'accrescitivo si esprime con i suffissi -one per
il maschile, e -ona per il femminile L'accrescitivo ha
come opposto il diminutivo.
c)
Il vezzeggiativo
prevede l’uso di nomi alterati con
suffissi di valore diminutivo che conferiscono una sfumatura di gentilezza e di
grazia ed esprimono affetto, simpatia, cordialità. I suffissi del
vezzeggiativo sono –otto\otta, -etto\
etta, – ello ella, -uccio\uccia. Il vezzeggiativo è il contrario del
dispregiativo.
d)
Il dispregiativo prevede l’uso di nomi alterati con suffissi di valore il cui
significato è peggiorativo con una forte componente affettiva. I suffissi
sono accio/accia,
astro/astra,
ucolo
/ucola, iciattolo/iciattola
4. I Falsi alterati - Attenzione
a non considerare alterati nomi che in realtà non lo sono: tacchino (non è il
diminutivo di tacco) bottone (non è accrescitivo di botte) mattone (non è
accrescitivo di matto) focaccia (non è dispregiativo di foca) occhiello (non è
diminutivo di occhio) burrone (non è accrescitivo di burro) colletto (non è
diminutivo di collo) collina (non è diminutivo di colla) limone (non è
accrescitivo di lima) cerotto (non è accrescitivo di cero).
5. I nomi composti sono nomi costituiti da due o più
parole unite insieme; possono essere formati da:
a) un nome
+ un nome (arcobaleno);
b) un nome+un
aggettivo (cassaforte);
c) un aggettivo+un nome (francobollo);
d) un aggettivo+un aggettivo (pianoforte);
e)
un verbo+un nome (cavatappi);
f)
un verbo+un verbo (lasciapassare).
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