Questa
poesia cortese, appunto da corte, era espressione di una nuova domanda di
letteratura che doveva intrattenere ed insieme dare prestigio ai membri e allo
stile di vita della corte. L’abbandono della lingua latina e la scelta di temi
laici, in particolare di quello amoroso, sono novità che segnalano l’affiorare
dell’idea che la letteratura può avere un valore in sé, slegato dalle
finalità religiose e morali e che l’attività poetica può semplicemente
ricercare la bellezza e il piacere di chi la ascolta.
La
figura del trovatore, il poeta (da trobàr che in provenzale significa poetare),
è parte integrante della corte: molti sono aristocratici e feudatari come
Guglielmo IX d’Aquitania, altri sono di umili origini, ma la loro attività
poetica li elevava socialmente e spesso procura riconoscimenti o incarichi che
davano loro dignità e ricchezza.
La
maggior parte dei testi dei trovatori esprime un’originale concezione
dell’amore che va sotto il nome di amor
cortese: questo termine riassume un ideale di vita esclusivo dell’ambiente
della corte. I protagonisti di questo particolare rapporto amoroso possono
essere soltanto la dama di corte (madonna) e il poeta (amante) che è tenuto ad
un atteggiamento di cortesia rivolto alla dama che è di totale ubbidienza,
vassallaggio, desiderio ed omaggio.
L’amor
cortese fu teorizzato ed
esaminato in un trattato assai famoso a quel tempo, il De amore (Sull’amore) di Andrea Cappellano, che
dettò le regole di comportamento e definì anche le situazioni sentimentali
degne di un vero cavaliere:
· la gioia per il favore
accordato da madonna;
· l’affinamento dei
valori della cortesia per rendersi degni dell’amore;
· la tensione
del desiderio amoroso.
Tutto questo costituiva un vero e proprio codice di
comportamento (probabilmente poco rispettato nelle concrete esperienze di vita)
che valeva per la poesia. Possiamo dire che la lirica cortese compì una
mediazione tra il sentimento d’amore e la sua trasfigurazione intellettuale attraverso
un linguaggio letterario assai raffinato e selezionato, basato su alcune
parole-chiave e sull’esclusione dei termini non eleganti; la lingua dei
trovatori si presenta come un codice lirico, una lingua con regole assai rigide
e distante da quella parlata.
In Italia fra XIII e XIV secolo giunge a un altissimo grado
di elaborazione, dando vita al nucleo iniziale della tradizione letteraria
europea e italiana.
La poesia dei trovatori nata nelle corti della Francia
meridionale fu largamente conosciuta in Italia dove, nelle corti del Nord,
continuarono a poetare in lingua d’oc una quarantina di trovatori che erano
sfuggiti alla crociata contro gli Albigesi (1208).
Come il ramo del biancospino
di Guglielmo IX d'Aquitania
- Guglielmo XI d'Aquitania (1071-1126) è il primo trovatore di cui abbiamo una vida. Nono conte di Poitiers, fu uno dei maggiori feudatari dell'epoca, partecipò anche a due crociate in Terra Santa. Era un feudatario così potente e ricco da possedere più terre del Re di Francia. Oltre che feudatario, fu poeta ed anche mecenate. In quanto poeta e compositore, si esibiva spesso nella sua corte come un istrione. Si abbandonò a vita mondana e sregolata, contro ogni pudicizia. Amante di molte donne, si sposò due volte e scrisse molti versi per una delle sue tante amanti, cui donò una casa vicino al suo castello.
- Di Guglielmo IX ci sono rimasti 10 componimenti, più un altro di dubbia attribuzione, che hanno per destinatari solo uomini e non sono privi di oscenità. Nel 1928 uno studioso, Pio Rajna, lo ha definito "bifronte", cioè dalla doppia faccia, schizofrenico, perché nelle sue poesie da una parte egli canta l'amore per le donne mentre dall'altra, all'opposto, le denigra.
- Nel testo di Guglielmo d'Aquitania, uno dei più antichi trovatori, sono presenti tutto le convenzioni topiche usate in seguito dai poeti provenzali. Tra queste ricordiamo: la metafora feudale (il poeta si rivolge alla sua donna come un vassallo al proprio signore). Nella lirica, infatti, sono presenti alcuni gesti simbolici che richiamano alla cerimonia dell'investitura. Alcuni esempi sono, l'anello regalato dall'amata al poeta, il giuramento di fedeltà e il poeta che mette le mani sotto il mantello dell'amata, analogia quest'ultima, con il gesto del feudatario che durante la cerimonia d'investitura, in segno di protezione, copriva il vassallo inginocchiato con un mantello. Il senhals (il poeta per non compromettere la donna amata cela l'identità di questa con soprannomi o parafrasi). L'amore cortese è quasi sempre adultero e la donna è sempre di ceto elevato.
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono, e gli uccelli
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
E' tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che più brama.
Dall'essere che più mi giova e piace
messaggero non vedo, né sigillo:
perciò non ho riposo né allegrezza,
né ardisco farmi innanzi
finché non sappia di certo se l'esito
sarà quale domando.
Del nostro amore accade
come del ramo del biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia e al gelo,
fino a domani, che il sole s'effonde
infra le foglie verdi sulle fronde.
Ancora mi rimembra d'un mattino
che facemmo la pace tra noi due,
e che mi diede un dono così grande:
il suo amore e il suo anello.
Dio mi conceda ancor tanto di vita
che il suo mantello copra le mie mani!
Io non ho cura degli altrui discorsi
che da mio Buon-Vicino mi distacchino;
delle chiacchiere so come succede
per picciol motto che si profferisce:
altri van dandosi vanto d'amore,
noi disponiamo di pane e coltello.
cantano, ciascheduno in sua favella,
giusta la melodia del nuovo canto.
E' tempo, dunque, che ognuno si tragga
presso a quel che più brama.
Dall'essere che più mi giova e piace
messaggero non vedo, né sigillo:
perciò non ho riposo né allegrezza,
né ardisco farmi innanzi
finché non sappia di certo se l'esito
sarà quale domando.
Del nostro amore accade
come del ramo del biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia e al gelo,
fino a domani, che il sole s'effonde
infra le foglie verdi sulle fronde.
Ancora mi rimembra d'un mattino
che facemmo la pace tra noi due,
e che mi diede un dono così grande:
il suo amore e il suo anello.
Dio mi conceda ancor tanto di vita
che il suo mantello copra le mie mani!
Io non ho cura degli altrui discorsi
che da mio Buon-Vicino mi distacchino;
delle chiacchiere so come succede
per picciol motto che si profferisce:
altri van dandosi vanto d'amore,
noi disponiamo di pane e coltello.
Amore di terre lontane
di Jaufré Rudel[1]
·
È questa la lirica più famosa di Jaufré Rudel
sull’amore lontano, che alcuni critici intendono rivolto ad una principessa di
Tripoli o ad Eleonora d’Aquitania, altri alla Vergine Maria o alla Terra Santa.
·
Nella canzone viene affrontato il tema
prediletto da Jaufré Rudel, quello dell’amore lontano a cui si assomma quello
dell’amore non ricambiato.
·
Dal punto di vista formale è da osservare la
costante ripetizione della parola-chiave «lontano» alla fine del secondo e del
quarto verso di ogni strofa, nonché la ripetizione nel congedo delle tre parole
presenti alla fine della strofa precedente: «negato», «padrino», «amato». Altri
artifici formali vanno perduti nella traduzione.
·
Nel testo sono presenti anche alcuni stilemi
tipici della lirica provenzale: il termine «gioia» (vv. 8, 22, 45),
l’espressione «mi piace» (vv. 2, 24, 45) che rimanda alla tecnica del plazer
(componimento consistente nell’elencazione delle cose che piacciono).
·
Anche il periodo dell’anno nel quale è
ambientata la lirica, «maggio», è quello caro alla produzione cortese, ma qui,
contrariamente alle convenzioni più diffuse, esso non porta la felicità al
poeta, che è lontano dalla donna amata. L’amore del poeta per la donna è qui
più che altro desiderio, vagheggiamento, ricordo di un’esperienza felice, sogno
che possa nuovamente realizzarsi.
·
La condizione del poeta rispetto alla donna è
quella tipica di vassallaggio, espressa in tante altre liriche cortesi: il
poeta vorrebbe essere «schiavo» (v. 14) della donna dal «pregio... verace e
perfetto» (v. 12) e trarre «conforto» (v. 28) di «belle parole» (v. 28) dai
«cortesi conversari» (v. 26), situazione caratteristica della raffinata vita di
corte.
·
Nonostante le difficoltà per raggiungere
l’obiettivo, il poeta si affida a Dio (vv. 21, 29, 36) certo del suo aiuto,
anche se non può esimersi dal maledire il destino così crudele nei suoi
confronti (vv. 47 e ss.).
·
Per quanto riguarda il significato dell’«amore
di lontano», tenendo presenti le varie ipotesi che sono state formulate su di
esso (donna aristocratica, la Vergine, la Terra Santa) appare evidente che esso
comunque allude ad una situazione di lontananza, di irraggiungibilità
dell’oggetto amato sia sul piano dei rapporti sociali (il poeta è socialmente
inferiore alla donna amata), sia su quello religioso (la perfezione della
Vergine la rende non raggiungibile per il fedele), sia su quello storico (le
Crociate tentavano proprio di conquistare la Terra Santa, annullandone la
distanza dal mondo cristiano). Come afferma Aurelio Roncaglia, la lontananza
geografica sarebbe allora «metafora di una distanza morale».
·
Il tema dell’«amore di lontano» ebbe fortuna
letteraria nell’Ottocento e fu ripreso da Carducci e da Heine.
·
Metro: canzone di sette strofe più il congedo.
Quando son lunghe le giornate, a maggio,
mi piace dolce canto d’uccelli di lontano,
e quando me ne sono dipartito[2]
sì che canto né fior di biancospino
Giammai d’amore non prenderò gioia
se non di quest’amore di lontano,
ché più bella non so, né più valente[6],
in nessun luogo, vicino o lontano.
che laggiù, nel reame dei Saraceni,
io bramerei, per lei, essere schiavo.
Triste e gioioso me ne partirò,
ma non so quando alfine lo vedrò,
lungo è il viaggio, per terra e per mare,
e non posso perciò far previsioni;
ma così sia tutto come Dio vuole.
Ben conoscerò gioia, quando le chiederò
e se a lei piace, sarò ospitato
vicino a lei, benché sia di lontano.
Allora si parranno i cortesi conversari[11],
quando amante lontano sarà così vicino
che di belle parole godrà conforto.
Ben tengo per verace il Signore
per cui vedrò l’amore di lontano[12];
ma per un bene che me ne tocca[13],
soffro due mali[14],
tanto m’è lontano.
Ah! foss’io là pellegrino,
sì che il mio bordone e il mio saio[15]
fossero mirati dai suoi occhi belli.
Dio che tutto creò quanto viene e va[16]
e formò questo amore di lontano,
mi dia potere come io ne ho volere[17]
che veda questo amore di lontano,
per davvero, e così intimamente
che la camera e il giardino
abbiano sempre a sembrarmi una reggia[18].
Dice il vero chi ghiotto mi chiama
bramoso d’amore di lontano:
niun’altra gioia tanto mi piace,
come gioire d’amore di lontano.
Ma ciò che vorrei m’è negato,
ché tal sorte gettò su me il mio padrino[19]:
ch’io amassi senz’essere amato.
Ma ciò che vorrei m’è negato.
Maledetto sia sempre il padrino
che mi gettò la sorte di non essere amato.
Amore desiderio che viene dal cuore
Amor
è un desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.
Ben
è alcuna fiata om amatore
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nascimento.
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nascimento.
Che
li occhi rapresentan a lo core
d'onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata naturalemente;
d'onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata naturalemente;
e
lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.
A
la stagion che il mondo foglia e fiora
·
Il
sonetto, di linea elegante e di rara intimità, memorabile per l’incipit
folgorante, che delinea una delicata figura di giovane sensibile e romantica,
sembra scaturire direttamente dal repertorio popolare dei "contrasti"
e delle "malmaritate". Sviluppa, infatti, il lamento di una ragazza
che, forzatamente promessa sposa dal padre, in dissonanza tra il bel tempo e il
tormento soggettivo, si sente incapace di condividere le gioie primaverili.
·
L’amore,
se è tale, deve procurare gioia e felicità, non smarrimenti, pianto e
tristezza.
·
Grazia
espressiva ed originalità confluiscono in questi versi che lamentano la
diversità e la dolorosa impotenza della poetessa che, proprio nella stagione
festosa della primavera, quando tutti i giovani sono lieti d’innamorarsi,
partecipi del risveglio della natura, è invece assalita dalla cupa malinconia.
A la stagion che ‘l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tutti fin’amanti,
e vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;
la franca gente tutta s’inamora,
e di servir ciascun tragges’inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n’abondan marrimenti e pianti.
Ca lo mio padre m’ha messa ‘n errore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,
ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e ‘n gran tormento vivo a tutte l’ore;
però non mi ralegra fior né foglia.
Vedut’ ho la lucente stella diana[1],
ch’apare anzi che ’l giorno rend’ albore[2],
c’ha preso forma di figura umana;
ch’apare anzi che ’l giorno rend’ albore[2],
c’ha preso forma di figura umana;
sovr’ ogn’ altra me par che dea[3] splendore:
viso de neve[4] colorato in grana[5],
occhi lucenti, gai e pien’ d’amore;
non credo che nel mondo sia cristiana[6]
sì piena di biltate e di valore[7].
occhi lucenti, gai e pien’ d’amore;
non credo che nel mondo sia cristiana[6]
sì piena di biltate e di valore[7].
Ed io dal suo valor[8] son assalito
con sì fera[9] battaglia di sospiri
ch’avanti a lei de dir non seri’ ardito[10].
con sì fera[9] battaglia di sospiri
ch’avanti a lei de dir non seri’ ardito[10].
Così conoscess’ ella i miei disiri!
ché[11], senza dir, de lei seria servito[12]
per la pietà ch’avrebbe de’ martiri[13].
ché[11], senza dir, de lei seria servito[12]
per la pietà ch’avrebbe de’ martiri[13].
Voi che per li occhi mi passaste 'l core[14]
guardate a l'angosciosa[17] vita mia,
che sospirando la distrugge Amore[18].
E vèn tagliando di s' gran valore[19],
che' deboletti spiriti van via[20]:
riman figura sol en segnoria[21]
e voce alquanta, che parla dolore.[22]
da' vostr' occhi gentil' presta si mosse:[25]
un dardo mi gittò dentro dal[26] financo.
Si giunse ritto 'l colpo al primo tratto,[27]
che l'anima tremando si riscosse
veggendo morto 'l cor[28] nel lato manco.
Tanto gentile
da Vita Nova di Dante Alighieri
Tanto gentil e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umilta' vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi si' piacente a chi la mira,
che da' per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender non la puo' chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
Erano i capei d’oro
da Il Canzoniere di Francesco Petrarca
Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
E 'l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;
E 'l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I' che l'esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale
Ma d'angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;
Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d'arco non sana.
Che 'n mille dolci nodi gli avolgea,
E 'l vago lume oltra misura ardea
Di quei begli occhi ch'or ne son sì scarsi;
E 'l viso di pietosi color farsi,
Non so se vero o falso, mi parea:
I' che l'esca amorosa al petto avea,
Qual meraviglia se di subito arsi?
Non era l'andar suo cosa mortale
Ma d'angelica forma, e le parole
Sonavan altro che pur voce umana;
Uno spirto celeste, un vivo sole
Fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale,
Piaga per allentar d'arco non sana.
S’i fossi foco
di Cecco Angiolieri
S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse vento, lo tempestarei;
s'i fosse papa, allor serei giocondo,
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
ché tutti cristiani imbrigarei;
s'i fosse 'mperator, ben lo farei;
a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i fosse morte, andarei a mi' padre;
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.
s'i fosse vita, non starei con lui;
similemente faria da mi' madre.
Si fosse Cecco com'i' sono e fui,
torrei[30] le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.
torrei[30] le donne giovani e leggiadre:
le zoppe e vecchie lasserei altrui.
Esercizi
1. Svolgi la parafrasi[24] dei testi proposti
2. Individua le figure
sintattiche presenti nei testi e, per ogni tipo di figura sintattica, fanne un
esempio con la ricostruzione nel linguaggio prosastico, l’analisi logica ed
eventualmente l’analisi del periodo.
3. Individua gli scarti
linguistici[25] presenti nei testi e per ciascuna
tipologia fanne un esempio, classificandolo.
4. Individua tutte le figure
retoriche di significato presenti nei testi e per ciascuna fanne un esempio
esplicitandone il significato.
5. Trascrivi il primo sonetto,
mettendo gli accenti tonici su tutte le parole, tranne su quelle atone, e
classificandole in:
Tronche o ossìtone
Piane o parossìtone
sdrucciole o proparossìtone
Bisdrucciole
Trisdrucciole
6. Individua e trascrivi tutte le
figure fonetichesillabiche[26] presenti nei testi, classificandole
in:
afèresi
pròstesi
apòcope,
epítesi (o paragòge)
sìncope
epèntesi
7. Individua tutte le figure le
figure metriche presenti nei testi proposti trascrivile e classificale,
indicando se si tratta di
Dialefe
Dieresi
Sinalefe
Sineresi
8. Individua tutte le rime[27] presenti
nei testi proposti e tutte le figure foniche[28], classificando il sistema metrico di
ciascun sonetto.
9. Individua il sistema strofico[29] che
costituisce i componimenti.
10 Esponi a parole tue il
contenuto di ciascun testo proposto, individuane il tema[30] centrale del componimento
e come esso esposto, quali sono, se ci sono, i temi secondari e come sono
esposti evidenziando i nessi di relazione[31] fra il tema-centrale e gli
eventuali temi secondari. Analizza in dettaglio, enunciandone però la
trattazione, una situazione[32] o un personaggio[33] o
qualche particolare immagine presenti in ciascun brano, spiegandone la
relazione con il tema centrale del componimento.
11. Di ogni testo indica se si fa
leva principalmente su descrizioni[34], su ragionamenti[35], su emozioni[36], indicando successivamente se l’autore
punta ad una particolare precisione ed evidenza delle immagini[37].
Di ogni testo individua qualche immagine particolarmente curata ed
illustra come essa è espressa.
12 Inquadramento del testo
in un contesto[38]: indica in che epoca è vissuto o
vive ciascun autore, in quale ambito culturale o in quale corrente di pensiero
si colloca, a quale concezione (religiosa, scientifica, filosofica, letteraria
ecc.) si richiami e\o quale si contrappone.
13 Indica come si colloca
l'autore nel contesto culturale a lui contemporaneo quali sono le sue idee ha,
quale concezione ha della letteratura (poetica) e che fine quale fine le
attribuisce. Se si pone in una posizione di continuità o di rottura con la
tradizione letteraria (idee e poetica) che lo precede e con la cultura
dominante nel suo tempo
12 Valutando gli aspetti
extratestuali[39] individua le caratteristiche
salienti delle idee e della poetica dell'epoca in cui vive ciascun autore,
rintracciabili nei testi, in che cosa aderisce a quella corrente letteraria ed
in che cosa eventualmente se ne distacca.
[1] Jaufré Rudel – Di Jaufré Rudel, principe di Blaia (1125 – 1148), poeta e trovatore provenzale, la sua immagine biografica è profondamente contaminata da un frammento che descrive il suo amore per la contessa di Tripoli della quale avrebbe sentito parlare da alcuni pellegrini di Antiochia, senza averla mai vista.
Originario della Saintonge, della
sua vita è certo che abbia partecipato alla seconda crociata.
Le notizie biografiche sui
trovatori si conoscono grazie a dei sintetici frammenti scritti in provenzale
chiamati “Vidas”. La “vida” di Jaufre, unita alla sua produzione di appena 6
liriche, lo consegna alla leggenda. Le sue poesie parlano del suo famoso amore
di lontano. La tradizione vuole infatti che il poeta si sia innamorato di una
donna senza averla mai vista, Melisenda, figlia del conte Raimondo I e che per
lei abbia scritto le sue opere. Sempre per lei, per incontrarla, partecipò alla
seconda Crociata, ma si ammalò durante il viaggio.
Sempre secondo la tradizione
sarebbe morto sulla spiaggia di Tripoli nelle braccia della contessa che tanto
aveva amato, avvertita dell'arrivo del poeta morente. Ella lo avrebbe fatto
seppellire con grandi onori in una cappella, e tanto sarebbe stata colpita da
questo amore così puro e allo stesso tempo infelice da farsi monaca.
Non si sa se il biografo di
Jaufre si sia attenuto alla verità storica dei fatti, ma certo è che il personaggio
è passato alla leggenda con queste caratteristiche. Essendo inoltre i suoi
testi molto brevi, e con un lessico semplice, è facile trovare interpretazioni
a più livelli, e questo certo ha contribuito a creare il grande fascino di
questo personaggio.
[2] me ne sono dipartito: sono
partito, mi sono allontanato.
[3] mi rimembro: mi ricordo.
[4] crucciato: triste, preoccupato.
[5] m’aggrada: mi piace.
[6] valente: dotata di buone qualità.
[7] pregio: fama, stima, onore che
caratterizzano la donna ricca di virtù.
[8] se vederlo: possa io
vederlo; se con valore desiderativo.
[9] ché: poiché.
[10] l’ospizio: l’ospitalità.
[11] si parranno i cortesi conversari: avverranno
delle cortesi conversazioni ovvero discorsi che rimandano al clima elegante e
raffinato della corte.
[12] Ben tengo ... di lontano: sono
certo che Dio, che ha provocato in me quest’amore, manterrà la promessa e mi
farà raggiungere la donna amata.
[13] me ne tocca: mi capita.
[14] due mali: la lontananza e l’amore
non corrisposto.
[15] il mio bordone e il mio saio: il
mio bastone da viandante e l’abito modesto tipico dei frati.
[16] quanto viene e va: ciò che si
muove nel mondo.
[17] come io ne ho volere: come io
desidero.
[18] intimamente ... reggia: così
intimamente che i luoghi in cui sarò con la donna, la camera e il giardino, mi
sembreranno una reggia.
[19] sorte ... padrino: davanti al
fonte battesimale il padrino formula auguri per il battezzato.
[20] Jacopo da Lentini – Jacopo da
Lentini, vissuto fra il 1210 e il 1260 circa, fu notaio imperiale di Catania e
poeta considerato da molti il caposcuola del cenacolo poetico siciliano fiorito
alla corte di Federico II.
Dante lo chiama "'l
Notaro" per antonomasia e lo considera l'esponente tipico della poesia di
corte.
I versi di Jacopo sono
caratterizzati da varietà tematica e abilità espressiva e riescono ad offrire
liriche d'amore spontanee e vivaci.
Egli compose poesie in forma
dialogata, ma il suo nome rimane legato all'invenzione del sonetto, il
componimento poetico di quattordici endecasillabi, che per secoli sarebbe stato
ampiamente utilizzato e sviluppato, come una forma metrica quasi classica, dai
maggiori poeti lirici europei.
Il "nodo" che trattenne
Guittone, Jacopo da Lentini e Bonagiunta Orbicciani al di là del "dolce
stile" inaugurato da Dante e dalla sua cerchia di amici, fu proprio la
concezione dell'amore come passione e non come virtù od introspezione.
[21] Compiuta Donzella - Compiuta
Donzella è un enigma storico, il nome o lo pseudonimo, sotto cui si nasconde
una rimatrice fiorentina del Duecento, probabilmente la prima donna che compose
poesia d’arte in volgare italiano, della quale ci sono pervenuti solo tre
sonetti di gusto trobadorico e giullaresco, due dei quali di una perfezione
formale, molto vicina a quella di Petrarca.
Per mancanza di riscontri letterari
o biografici, la Compiuta è stata a lungo oggetto di ipotesi spesso
romanzesche: Guittone d’Arezzo le indirizza una lettera, che è un panegirico
delle sue virtù ed un sonetto di un anonimo allude alla fama di Compiuta come
autrice di poesie, in cui un verso così recita che di trobare avete
nominanza; il verbotrobar indicava appunto l’attività dei trobadours,
i poeti provenzali che intrecciavano parole e musica.
Se riconosciuta era la sua
attività, se era pubblicamente esaltata la sua voce, come dimostrano le lodi e
i riferimenti, in un’epoca come quella medievale in cui raramente alle donne
era concesso esprimersi in letteratura, Compiuta dovette allora essere dotata
d’indubbie qualità artistiche.
[22] Guido Guinizelli - Poco sappiamo
della sua vita. Nacque a Bologna fra il 1230 e il 1240; fu giurista. Impegnato
politicamente, militò nella fazione ghibellina. Fu perciò mandato in esilio
con gli altri ghibellini bolognesi nel 1274 e in esilio morì nel 1276 a
Monselice.La sua poesia lo rivela uomo di ricca cultura, oltre che di gusto
raffinato e di vivace fantasia. Dante lo chiama «padre», e lo considera
iniziatore della lirica stilnovistica. E in realtà la sua canzoneAl cor
gentil è una specie di manifesto poetico dello «Stil novo». In essa sono
proposti i due temi che diventeranno tipici dello Stil novo: il
tema della donna-angelo e quello della nobiltà (ogentilezza) da
identificarsi con la nobiltà dell’animo.
[23] Guido Cavalcanti - Nacque a
Firenze da famiglia nobile fra il 1255 e il 1259. Come il suo amico Dante, fu
guelfo di parte bianca, e fu appassionato uomo di fazione, tanto che, per la
sua violenta partecipazione a scontri con esponenti della fazione avversa, nel
1300 fu mandato in esilio a Sarzana, dove si ammalò di febbri malariche. Morì a
Firenze nello stesso anno, 1300, subito dopo essere stato richiamato in
patria.
«Primo amico» di Dante, secondo
la definizione data da Dante stesso, Guido Cavalcanti fu uomo solitario,
di gusti aristocratici e di aristocratica cultura. Le sue riflessioni
filosofi-che pare approdassero alla negazione dell’esistenza di Dio.
Poeticamente fu la voce più intensa e originale del gruppo dello Stil
novo.
La sua concezione dell’amore non
coincide sempre con quella comune alla maggior parte degli stilnovisti: se
a volte l’amore è anche da lui rappresentato come mezzo di elevazione, più
frequentemente - e nelle liriche migliori - il Cavalcanti lo sente comeuna
forza distruttiva che sconvolge e devasta la vita dell’uomo.
[24] Parafrasi – La parafrasi indica
la trasformazione di un testo scritto nella propria lingua, ma in un registro
linguistico distante (sia esso arcaico, elevato o poetico) in prosa nel
registro medio e attuale.
Il processo di parafrasi prevede
dunque operazioni come:
- la ricostruzione sintattica e delle figure sintattiche,
- la sostituzione degli scarti linguistici (forma linguisticaantica, scomparsa o desueta) e degli altri scarti linguistici
- l’esplicitazione delle figure retoriche di significato
- la riscrittura in prosa del testo poetico.
Possono anche essere operati dei
chiarimenti di alcuni punti del testo: una buona parafrasi include infatti
tutti i dettagli e rende il testo originale più semplice da comprendere. Poiché
il testo risultante è normalmente più ampio del testo di partenza,
quest’operazione si oppone a quella del riassunto.
Come necessario effetto
collaterale della parafrasi, il profondo rapporto
tra significante e significato, tipico della comunicazione
letteraria e fulcro dei testi poetici finisce normalmente sacrificato.
[25] Scarti linguistici – Si
definisce scarto linguistico una trasgressione, un’infrazione ad una
norma linguistica di uso comune.
Essi si distinguono in:
- Arcaismo – Forma grammaticale, parola o espressione di una fase linguistica anteriore sopravvivente nell’uso, di solito per fini stilistici.
- Barbarismo – Il fenomeno dell’uso di termini stranieri.
- Classicismo – L’insieme dei caratteri stilistici e dei concetti teorici che sono stati ricavati dall’antichità classica e rielaborati formandone un canone proposto come modello supremo per ogni produzione artistica e letteraria.
- Dialettalismo – Vocabolo o espressione di origine dialettale
- Neologismo – Parola o locuzione nuova, o anche nuova accezione di una parola già esistente, entrata da poco tempo a far parte del lessico di una lingua.
- Tecnicismo - Parola o locuzione che fa parte di un linguaggio tecnico.
[26] Figure fonetiche sillabiche –
Alcuni fenomeni fonetici, pur non essendo delle vere e proprie figure metriche
come la dieresi, la sineresi, la dialefe e la sinalefe,possono avere una
rilevanza metrica cioè possono essere utilizzate per ottenere l’esatta misura
del verso.
Esse sono:
- afèresi
- pròstesi
- apòcope,
- epítesi (o paragòge).
- sìncope
- epèntesi
[27] Rima - La rima è l’omofonia,
ossia l’identità dei suoni, tra due o più parole a partire dall’ultima vocale
accentata, e si verifica per lo più tra le clausole dei versi di un
componimento (altrimenti, essa si definisce rima interna).
A seconda del loro schemi rimico,
le rime si distinguono in:
[28] Figure foniche – Oltre alla rima
acquistano grande valore le cosiddette figure foniche che riguardano la
ripetizione o il parallelismo dei suoni.
Le figure fonetiche sono:
- Allitterazione
- Assonanza
- Consonanza
- Onomatopea
- Paronomasia
- Enjambement
[29] Strofa - La strofa o strofe è
l’insieme di più versi, di numero e di tipo fisso o variabile, organizzati
secondo uno schema e formanti un periodo ritmico, seguito da una pausain
genere ripetuto più volte.
Per poter definire i vari tipi di
strofe occorre prendere in considerazione sia la successione
delle rime sia il numero dei versi. La strofa può quindi essere
considerata un sistema ritmico, stabilito dalla combinazione
delle rime e dallastruttura metrica dei versi che
la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite perché esse,
pur essendo legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico, sono
riferibili anche alla capacità di innovazione e alla libertà del poeta.
La strofa è sinonimo
di stanza ed i generi metrici, a seconda del numero dei versi,sono
dette:
- distico
- terzina
- quartina
- sestina
- ottava
La strofa può quindi essere
considerata un sistema ritmico che è stabilito dalla combinazione
delle rime e dallastruttura metrica dei versi che
la compongono. Le combinazioni strofiche possono essere infinite. Esse sono
legate a regole fisse di decodificazione del testo poetico ma anche alla
capacità di innovazione e alla libertà del poeta, tant’è con la rivoluzione si
diffuse l’uso della strofa libera.
[30] Il tema è l’argomento di cui
si parla, è l'ipotesi di lettura che il lettore fa sull'argomento di un testo.
Un testo ha generalmente non solo un tema generale o argomento principale di
cui tratta, ma anche dei temi o argomenti secondari, particolari, che si
collegano al tema generale.
[31] I nessi di
relazione individuano la coerenza del testo cioè la concordanza di
significato fra le parti che lo compongono.
[32] La situazione è un complesso
di rapporti che legano l'individuo all'ambiente storico-sociale, condizionando
e limitando le sue scelte e azioni.
[33] Il personaggio è una persona
che agisce in un'opera letteraria, poetica narrativa e teatrale, che assume nel
testo un ruolo fondamentale. Gli eventi, concreti o interiori che siano,
inevitabilmente coinvolgono uno o più personaggi, siano essi figure umane o,
come succede nella poesia o nelle favole, animali o oggetti cui sono attribuite
caratteristiche umane. Il personaggio, come soggetto e oggetto delle azioni ed
in relazione con tutti gli altri personaggi, riveste un ruolo, una funzione. Il
personaggio è spesso il veicolo dei valori comunicati da un autore e le
modalità della sua presentazione, il linguaggio con cui il narratore lo fa
esprimere rispondono ai modelli e agli interessi dell'epoca in cui il testo è
stato prodotto.
[34] La descrizione è una
rappresentazione con parole di un oggetto, di una persona, di un evento,
indicandone le caratteristiche e gli aspetti che possono darne un'immagine
efficace e chiara al destinatario. Descrivere è uno dei modi più comuni per far
conoscere qualcosa a qualcuno, cioè per informare; per questo la descrizione è
utilizzata quando è necessario per creare l'immagine di un oggetto, di una
persona o di un animale, fornendo tutti gli elementi che lo compongono o i
particolari che lo caratterizzano, in modo che chi legge o ascolta se ne faccia
un'immagine il più possibile precisa. Lo scopo fondamentale di ogni descrizione
è informare, ma una descrizione può essere usata a scopo persuasivo cioè per
indurre il destinatario a valutare positivamente o negativamente l'oggetto
descritto, oppure a scopo espressivo, cioè per esprimere, attraverso la
descrizione, emozioni, sentimenti, stati d'animo ecc. Mentre le descrizioni
informative devono far conoscere l'oggetto in questione in modo fedele, chiaro
e completo, impersonale, senza esprimere alcuna opinione o impressione
personale e senza alcuna partecipazione emotiva, le descrizioni persuasive o
espressive rappresentano l'oggetto della descrizione in modo personale, dando
risalto solo ad alcune caratteristiche, facendo trasparire giudizi mediante
l'uso di aggettivi che danno un'immagine positiva o negativa dell'oggetto di
descrizione, trasmettendo emozioni attraverso un uso particolare del linguaggio
che ricorre frequentemente a espressioni figurate e a paragoni.
[35] Il ragionamento è
un'operazione della mente per cui, partendo da alcuni giudizi noti, assunti
come premesse, se ne scoprono i reciproci legami e si giunge a una conclusione.
Il ragionamento, quindi, è un discorso logicamente condotto in cui chi parla o
scrive, attraverso argomentazione (insieme di argomenti con cui si dimostra o
si confuta una tesi) e dimostrazione (argomentazione deduttiva per provare la
verità di una proposizione sulla base di premesse già accettate come vere),
presenta una propria opinione - o tesi - e la sostiene proponendo le ragioni a
favore e confutando le opinioni contrarie, allo scopo di convincere della
validità di quanto dice.
[36] L'emozione è un intenso moto, un
impulso (sentimentale o intellettuale) affettivo di durata relativamente breve
(relativo alla sfera dei sentimenti e delle emozioni), piacevole o penoso,
accompagnato per lo più da modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o
rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.) dovuto a forte impressione (a
differenza di commozione che ha significato affine, implica o sottintende uno
stato di eccitazione interiore); nell'uso corrente, l'emozione è un'impressione
viva, un turbamento determinati da approvazione, sorpresa, paura, dispiacere,
disgusto, aspettativa, rabbia, gioia. Il concetto di emozione si distingue da
quello di sentimento, meno intenso e più durevole che da una particolare
tonalità affettiva alle nostre sensazioni, rappresentazioni, idee. Secondo
questa definizione, mentre l'emozione è involontaria, il sentimento è, come il
pensiero, una funzione razionale. All'origine dell'emozione non vi è uno stato
interno dell'organismo, ma una percezione di quanto avviene a livello
periferico.
[37] L'immagine è il prodotto di
un'attività del pensiero, l'immaginazione, che possiede i caratteri di
percezione strutturata di qualcosa di esterno all'individuo e, pur
accompagnandosi alla coscienza, costituisce un'autoproduzione. Se le immagini
riprodotte appaiono particolarmente precise e rappresentative nelle forme sono
dette icastiche: con questo termine si intende la particolare efficacia
con cui un'immagine viene resa.
[38] Contesto – I concetti
di contesto e di contestualizzazione sono alquanto complessi.
Una buona contestualizzazione
deve attenersi strettamente ai dati oggettivi, dedotti attraverso l'analisi
testuale. Bisogna, in primo luogo, dare significato ai dati formali e
oggettivi rilevati: aspetti linguistici, aspetti strutturali in generale,
aspetti metrici, sintattici, narratologici, ecc., in caso di testo letterario,
agli aspetti ragionativi in caso di testo non letterario. Questi dati rivelano
la loro vera funzione e il loro profondo significato solo quando si dimostra la
loro relazione con l'universo umano, sentimentale, ideologico dello scrittore,
o con la temperie culturale e sociale di un'epoca. Tale messa in
relazionesolo in certi casi è operazione semplice: il più delle volte implica
diversi passaggi fondamentali: dall’intratestoall’intertesto e
dall'intertesto all’extratesto.
[39] Extraresto – L’extratesto è
la collocazione dell’opera nel proprio contesto culturale (concezione
filosofiche, politiche, religiose di un’epoca) e storico-sociali (avvenimenti
storici, struttura della società, ecc.) e comprende condizioni e nozioni di
interesse extraletterario, nonché la letteratura critica sul testo e
sull'autore presi in considerazione.
Lo scopo è di attribuire al testo
e allo scrittore in causa la sua relazione attraverso il rilevamento
di costanti e di variabili con il contesto extraletterario dell’opera.
[1] stella diana: l’astro
di Venere, che annuncia la luce diurna (diana, dal latino dies). Venere,
considerato una stella e non un pianeta, era anche chiamato Lucifero
(“portatore di luce”).
[2] anzi… albore: prima
che il giorno produca (rend’) il chiarore dell’alba (albore).
[3]
dea: dia.
[4]
viso di neve: viso chiaro come la neve. Il colore chiaro della carnagione
rappresenta uno dei tratti stilizzati con cui gli stilnovisti raffigurano la
bellezza femminile.
[5] grana: granato, rosso
intenso. Indica il rosso delle gote che colorano la bianchezza della
carnagione.
[6]
cristiana: donna.
[7]
valore: virtù.
[8]
valor: riprende il «valore» del verso precedente.
[9]
fera: crudele.
[10] ch’avanti…
ardito: che, davanti a lei, non avrei il coraggio di parlare. Quello
dell’apparizione femminile che turba l’amante fino a togliergli la parola è
tema canonico nello Stilnovo.
[11]
ché: perché; ma si può rendere con infatti.
[12]
senza dir… servito: senza chiedere, sarei da lei ricompensato.
[13]
de’ martiri: delle mie sofferenze.
[14]
Voi…core: Voi (si rivolge alla donna amata) che attraverso i miei occhi(e cioè
con la sua bellezza dalla quale gli occhi del poeta sono stati colpiti) siete
giunta a trapassarmi il cuore.
[15]
Destaste: all’amore, e con esso alla sofferenza
[16]
La mente che dormia: il mio spirito immerso in apatica ma riposante quiete
[17]
Guardate: è una invocazione intensa
[18]
Che… amore: che amore distrugge a forza di sospiri
[19] E ven valore: egli mena
colpi a tal punto con la spada di cui è armato e che usa con spietata energia.
[20]
Che…via: che vengono meno i miei spiriti vitali.
[21] Riman…segnoria: privo
ormai come sono di spiriti vitali rimane solo il mio corpo che è in balia di
amore.
[22]
E voce…dolore: e una fievole voce che esprime sofferenza.
[23]
Vertù: forza.
[24]
Disfatto: consumato a poco a poco
[25]
Da vostr’occhi…si mosse: mosse veloce dai vostri occhi gentili. L’amore è
rappresentato come una specie di arciere che si è appostato negli occhi della
donna.
[26]
Dentro dal: nel
[27]
Tratto : lancio.
[28]
L’anima…cor: più sopra la mente. Sono le sottili distinzioni care allo stilnovo
e in particolare a Cavalcanti.
[29]
mandereil': Lo manderei
[30]
Torrei:
prenderei
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