Il Romanico (XI-XIII secolo)
L'espressione arte romanica fu coniata al principio
del XIX secolo per indicare la produzione artistica compresa tra la fine del X
e il XII secolo.
Questi termini
cronologici non sono tuttavia ugualmente validi per tutte le regioni, poiché in
alcuni paesi, come in Francia, il romanico fu sostituito dal gotico fin dalla
metà del XII secolo, mentre in altri, come l'Italia, esso si protrasse fino
agli inizi del XIII secolo ed anche oltre.
Il termine romanico
induce a fare due rilevanti riflessioni:
1. l’esistenza
di una certa continuità tra l'arte romana imperiale, paleocristiana ed arte
medievale;
2. la
singolare circostanza di ordine storico e geografico per cui l'arco di
espansione dell'arte romanica corrisponde al territorio su cui si estendeva
l'influenza della Chiesa di Roma, latina e cattolica, in contrapposizione
all'arte bizantina, che corrispondeva al dominio della Chiesa d'Oriente, greca
ed ortodossa.
Su questa seconda riflessione comunque non bisogna
immaginare due blocchi impermeabili perché in ogni caso, si verificarono
frequenti scambi tra questi due mondi ed in particolare elementi bizantini furono
largamente accolti dal mondo latino.
Gli sviluppi
del romanico espressero una sostanziale unità d'intenti, la prima aspirazione
unitaria dell'Europa dopo la caduta dell'Impero romano, che si concretizzò
nell'elaborazione di un nuovo ed originale linguaggio: di fronte alla
tradizione delle culture auliche e raffinate – come quella bizantina o quelle
carolingia ed ottoniana, ispirate all'arte classica imperiale – il romanico
rappresentò, infatti, lo sviluppo del sermo humilis, dei linguaggi espressi dai
contemporanei aspetti preromanici,
arricchiti però di riferimenti classici, tratti dall'arte delle province romane
ed originalmente rivissuti.
A causa
della frammentazione della romània, la
cultura romanica non fu né compatta né omogenea, anzi si espresse in fenomeni
articolati e talvolta contrastanti: da un lato si verificò una multiforme
varietà di dialetti, espressioni di una
grande ricchezza di scuole regionali, dall'altro si verificano evidenti
caratteri di internazionalità. Il
primo aspetto è frutto dell'emergere, dal crogiolo di razze e di culture
diverse successivo al disfacimento dell'Impero romano, di elaborazioni locali
sempre più tendenti all'autonomia (processo che trova il suo specchio nella
formazione del volgare delle lingue romanze, differenziatesi
dal comune ceppo latino); per il secondo aspetto, la generale ripresa
economica, la riapertura delle rotte commerciali, il moltiplicarsi dei centri
di pellegrinaggio, che provocarono vere e proprie correnti di traffico
attraverso l'Europa, promossero lo spostamento di maestranze artigiane da un
capo all'altro del continente, con relativa diffusione e commistione di forme e
stili.
Il romanico recuperò
dunque diverse tradizioni (romana, barbarica, orientale ed islamica) su cui
predominò la forte spiritualità cristiana che impresse una precisa tendenza al
trascendente.
L'arte divenne in tal
modo strumento di conoscenza e le opere cominciarono ad avere valore educativo:
con la rinascita della città si affermò l'architettura a cui sono strettamente
legate la scultura e, successivamente, la pittura.
Generalmente si pensa
che l'arte romanica si sia occupata esclusivamente della produzione di opere di
carattere religioso, ma ciò non è del tutto esatto: sebbene in quell'epoca gli
interessi religiosi fossero preponderanti e la vita eterna preoccupasse molto
più che la vita terrena non si deve tuttavia dimenticare che, in quei secoli,
nei paesi dell'Europa centrale e settentrionale si consolidava il sistema
feudale e che in Italia iniziava la civiltà dei Comuni e di conseguenza
feudalità e comuni promossero cultura ed arte.
L'architettura, massima espressione
artistica romanica.
L'aspetto
più vistoso del romanico fu il rinnovato fervore edilizio che in quei secoli
percorse tutta l'Europa.
Scrive
il monaco cluniacense Rodolfo
il Glabro: «Verso il terzo anno dopo l'anno mille, su quasi tutta la terra,
soprattutto in Italia ed in Francia, si ricominciarono a costruire le basiliche. Si sarebbe detto che il mondo, scrollandosi di
dosso quanto aveva di antico ed allontanandolo da sé, si coprisse di un bianco
mantello di chiese. I fedeli non si contentarono soltanto di ricostruire le
cattedrali, ma restaurarono anche le chiese dei monasteri e persino le
chiesette dei villaggi».
Non si
trattò, ovviamente, di una pura manifestazione di fervore religioso: alla base
del fenomeno ci furono:
- la ripresa demografica ed economica
successiva al Mille,
- la rinascita e lo sviluppo
dei centri urbani,
- l'intensificarsi degli
scambi commerciali,
- l'apertura di nuove rotte di traffico (si pensi all'imponente fenomeno delle Crociate.
- l'Impero,
- la nobiltà feudale,
- il papato,
- i nuovi ordini religiosi.
In ogni
caso, il fenomeno più imponente della cultura romanica fu la rinascita delle
città: essa si espresse sia nell'utilizzazione e nella rivitalizzazione di
preesistenti strutture romane specialmente in Italia, sia nella fondazione di
centri urbani ex novo, che elaborarono lo schema del castrum romano o sorsero
dall'ampliamento del monastero o del castello feudale specialmente in Francia.
Nella
maggior parte dei casi la nuova struttura della città fu determinata da ragioni
di difesa: in epoca romanica si elaborarono le forme sia della città cinta di
mura, sia della fortificazione isolata, il castello (ai Normanni, in Francia e
Inghilterra, si deve la prima elaborazione del dongione o mastio), anche se i maggiori
sviluppi si ebbero in periodo gotico. La definitiva maturazione delle nuove strutture di
difesa si ebbe durante il periodo delle crociate, specialmente in Palestina,
negli anni del regno di Gerusalemme (1100-87).
Con la fine delle ultime
invasioni dei Vichinghi e degli Ungari e con la diminuzione delle scorrerie dei
Saraceni anche la paura per la fine del mondo si era placata. Fu eretto un
numero grandissimo di chiese di ogni categoria, dalle cattedrali, che ospitavano la cathedra
del vescovo, alle abbazie,
incorporate nei complessi monastici, dalle collegiate,
officiate da canonici, alle chiese
parrocchiali, disseminate nelle più remote zone agricole e montane.
Il
contributo degli ordini monastici, benedettino e
cluniacense, fu fondamentale per gli sviluppi dell'architettura romanica. L'aspirazione
a ritrovare una dignità architettonica uguale a quella dell'antichità e la
volontà di rispondere funzionalmente alle molteplici esigenze della vita
monastica guidarono l'elaborazione della struttura abbaziale, che alla
chiesa affiancava ambienti dedicati alla preghiera ed alla vita quotidiana: il chiostro[1],
la sala capitolare[2], la biblioteca[3],
le celle o i dormitori, gli ambienti di servizio. Gli ordini monastici
promossero inoltre pellegrinaggi, da Santiago di Compostella a
Roma, con la relativa diffusione, lungo le strade di pellegrinaggio, di una
tipica struttura chiesastica, con struttura absidale ad ambulacro[4] con cappelle
radiali[5].
Ancora l'ambito
cittadino offre la forma principe dell'architettura romanica, chiesa o
cattedrale: essa trova i suoi punti caratteristici nell'uso coerente dell'arco a tutto sesto[6], della
copertura a volta, a crociera[7] o a botte[8] – non mancano però coperture a tetto – nell'attento studio
dello scarico dei pesi su robusti pilastri[9] e colonne[10], sugli archi trasversali, sui muri in funzione di contrafforte[11].
I primi
grandi organismi con copertura a volta videro la luce pressoché
contemporaneamente, agli inizi del sec. XI, in Lombardia e nell'area
continentale di influenza normanna: di qui lo stile romanico si diffuse in
tutta Europa, in articolazioni estremamente ricche di apporti locali. L'attività
dei Normanni si estese dalla Normandia vera e propria alla Francia, ai Paesi
nordici, all'Inghilterra, fino in Terra Santa, e quella delle maestranze
lombarde, come i Maestri Comacini[12] o i Maestri Antelami[13], attivi
in quasi tutta Europa, riportarono anche in patria le varie esperienze della
Normandia, della Provenza, della Catalogna.
Il monumento tipico
dell’arte romanica rimane tuttavia la chiesa cattedrale: affacciata in genere sulla piazza, centro della vita
economica e sociale della città, essa stessa era una struttura dalle funzioni
polivalenti, religiose non meno che civili; la cattedrale era luogo di
assemblea cittadina e perfino di difesa: il caso di chiese-fortezza è frequente.
Robusta,
di salde proporzioni e di volumi compatti, la chiesa romanica presenta una
nuova, plastica articolazione dello spazio. A pianta[14]
basilicale, a tre o cinque navate[15],
principalmente a croce latina[16] – non mancano chiese ad una navata
sola, longitudinale semplice, ed a pianta
centrale[17] – con transetto[18] e struttura
absidale[19] più o meno complessa. La pianta delle chiese romaniche è generalmente a croce latina.
La facciata[20]
della chiesa romanica, a differenza della basilica paleocristiana e bizantina,
presenta una facciata monumentale ed imponente ed è caratterizzata da tetti
poco inclinati e da finestre alte e strette e, normalmente, strombate, cioè
svasate verso l’esterno, che potevano essere monofore[21] o bifore.
Le decorazioni erano costituite da:
·
Archetti pensili[22]: in genere di mattoni
sporgenti e colorati che possono essere in fila oppure incrociati;
·
Loggette
pensili: finte logge che si trovano sulla facciata, sotto il rosone oppure
sull’abside;
·
Rosone:
ampia finestra circolare somigliante ad un fiore caratterizzato da motivi
ornamentali disposti a raggiera (archetti e colonnine) che si trova al centro
della facciata in alto.
·
Fregi
di mattoni: cornici di mattoni in rilievo, che si trovano su superfici lineari
e spesso anche sull’abside; di solito il motivo ornamentale è realizzato con
mattoni di diversi colori.
Il portale[23],
costituito da un arco a tutto sesto, generalmente era strombato e riccamente
decorato con sculture raffiguranti scene religiose o animali simbolici, nonché con
fasce decorative di tipo geometrico o floreale: alcune chiese avevano davanti
al portale un quadriportico[24],
oppure un protiro[25] che
ornava, copriva e sottolineava il portale.
La suddivisione interna
è piuttosto articolata e divisa in campate[26]:
spesso una campata della navata centrale corrisponde a due campate di
lunghezza dimezzata nelle navate laterali. Le murature sono molto spesse e
robuste e la superficie delle pareti è resa in maniera plastica sia
all'interno, sia l'esterno con elementi sporgenti e rientranti che oltre a
contrastare le spinte delle arcate, creano giochi di chiaroscuro. Sono molto usate
non solo colonne, come nelle chiese paleocristiane, ma anche pilastri e successivamente si fa uso di
pilastri compositi, come i pilastri cruciformi con semicolonne addossate.
Le colonne, tranne casi
di spoglio, presentano capitelli scolpiti con forme vegetali o
fantastiche, o geometriche, ma comunque originali e distanti rispetto
all'architettura romana o paleocristiana.
La parete della navata è
generalmente articolata con elementi plastici ed aperture sopra le arcate ed è
molto spesso organizzata su vari livelli come il matroneo[27] ed
il cleristorio[28] la
cui evoluzione sarà uno degli elementi di sviluppo verso il gotico.
Il materiale utilizzato
per le murature è in genere – soprattutto per gli edifici di una qualche
importanza – pietra da taglio, ridotta in conci, pietra
lavorata e squadrata, lasciati a vista.
La copertura è
prevalentemente a volta, sebbene
non manchino coperture a capriata[29] e neppure
serie di cupole[30]. Le
volte della navata sono spesso a botte,
ma proprio durante il periodo romanico si diffuse la volta a crociera. In Normandia esordì
la crociera ogivale costolonata ripresa in Sicilia.
Nelle chiese di
pellegrinaggio si iniziano ad usare strutture che sottolineano l'innesto delle navate con il transetto,
come torri e cupole.
Ulteriore innovazione di
questo periodo architettonico sono l'abside con coro[31],
collegato molto spesso al deambulatorio[32], su
cui si affacciano delle cappelle[33] radiali, nonché l'uso predominante
dell'arco a tutto sesto che
distingue il romanico dal successivo periodo dell'architettura gotica.
Infine è notevole anche
l'utilizzazione comune di finestre e di altre aperture di dimensioni abbastanza
ridotte e di conseguenza una luminosità interna piuttosto rarefatta di cui si è
esaltata la spiritualità; il passaggio dal romanico al gotico avvenne come
ricerca di una sempre maggiore luminosità e di un progressivo allargamento
delle aperture esterne in seguito alla mutata sensibilità.
Abbastanza frequente la
presenza di una cripta[34] e di un presbiterio[35] rialzato, che rendono la chiesa
strutturata su tre livelli (considerando la navata).
All’interno per reggere
gli archi e le volte a botte, si usano i pilastri che solitamente sono
polistili, cioè formati da più colonne. Le colonne si usano soprattutto nelle
cripte e nei matronei e sono spesso di recupero. I capitelli, in genere di
funzione decorativa, sono decorati con bassorilievi, costituiti da animali fantastici
o da motivi vegetali. Su di essi appoggiano gli archi. Spesso sono utilizzati
capitelli dei templi romani, ionici o corinzi.
La chiesa si concludeva
con un abside.
Il pulpito[36], in
genere a pianta poligonale, autonomo o addossato ad una colonna fuori del
presbiterio, era decorato con bassorilievi[37] o altorilievi[38].
Per la costruzione erano
usati materiali semplici e poveri: generalmente si usavano materiali reperibili
sul posto come ciottoli di fiume, pietra, cotto e magari di recupero tratti da
monumenti romani semidistrutti: colonne, capitelli e architravi[39].
Essi erano usati spesso a vista, all’esterno, senza intonaco, mentre le pareti
all’interno erano talvolta intonacate e poi dipinte a fresco.
Quasi contemporaneamente
alla Francia gli schemi tipici dell'architettura romanica furono elaborati
anche in Italia e precisamente in Lombardia. Il primo modello fu la basilica di S. Ambrogio a Milano dell’XI
secolo, che definì gli aspetti propri del romanico lombardo: la facciata a
capanna, l'accentuazione delle linee orizzontali diversamente dai prototipi
francesi tendenti alla verticalità, la robusta e sobria articolazione plastica
dell'interno, con ampie campate coperte a volta a crociera.
Questo schema fu
sviluppato rapidamente e con genialità nelle grandi chiese sorte fra l’XI ed il
XII secolo tra Pavia e la Via Emilia: S.
Michele a Pavia, il duomo di Modena,
le cattedrali di Parma e Piacenza, la
basilica di S. Zeno a Verona,
arricchirono il prototipo milanese, accentuando il connubio organico di struttura
architettonica e decorazione plastica ed esaltando in chiave monumentale la
zona presbiteriale, costituita da abside, transetto, tiburio[40],
secondo un processo evolutivo che culminerà nello slancio protogotico del battistero di Parma, iniziato da Benedetto Antelami nel 1196.
La diffusione
dell'architettura lombarda fu notevolissima, non solo in Italia, ma anche in
Spagna e Germania, al punto che in essa si è finito per identificare l'intero
fenomeno del romanico italiano: anche se tale linea interpretativa necessita di
opportune correzioni e sfumature, è però indubbio che l'accezione lombarda è
quella più coerente alle comuni matrici del romanico europeo, cui risultano
sostanzialmente estranei molti episodi, peraltro di altissimo livello,
dell'architettura italiana del periodo. Così per le creazioni fiorentine tra l’XI
e il XII secolo, che appaiono un’elegante ed originale continuazione del
classicismo paleocristiano ed altomedievale; per le esperienze di Roma e del
Lazio, che diedero nuovo respiro alle forme della tradizione locale, classica e
paleocristiana; per Venezia ed il litorale veneto, legati al prevalente
influsso dell'orientalismo bizantino; per gran parte degli sviluppi dell'Italia
meridionale e della Sicilia, da un lato schiettamente bizantini, dall'altro
toccati da influssi arabi, che interessarono anche costruzioni normanne, come
il duomo di Cefalù e quello di Monreale.
Un caso particolarissimo è rappresentato dall'architettura pisana: il duomo di Pisa, iniziato da Buscheto nel 1063, secondo un ideale di
astratta classicità del tutto estraneo alla tematica romanica. Su un chiaro impianto classico, mutuato dalle grandi
basiliche di Roma, da lui conosciute (pianta a croce latina con cinque navate),
innestò un originale repertorio architettonico decorativo che fondeva elementi
antichi e paleocristiani con motivi lombardi – loggette esterne, uso dei
matronei – bizantini ed orientali – cupola a pianta ovale, decorazioni a
losanghe – e che si impose quale modello a tutta la scuola architettonica
pisana, diffondendosi successivamente anche in area lucchese, genovese e sarda.
Il successivo intervento di Rainaldo alla metà
del XII secolo modificato in chiave lombarda, creando un connubio di alto
valore formale: nella facciata Rainaldo
introdusse il motivo, di derivazione lombarda, della serie di loggette disposte
in quattro ordini sovrapposti alla fascia inferiore dei portali che
caratterizzò tutta l'architettura pisana seguente.
Il modello del duomo di Pisa
sostanziò modi architettonici che da Lucca e Pistoia si diffusero poi in
Sardegna ed in Puglia. Gli sviluppi della più schietta tradizione lombarda
interessarono tutta l'Italia settentrionale, espandendosi al centro come ad
esempio ad Arezzo e lungo il litorale adriatico, nelle Marche, si ricordino S.
Maria in Porto Nuovo e S. Maria a Piè di Chienti, fino alla Puglia, dove il
prototipo della basilica di S. Nicola a Bari, arricchito di motivi normanni,
come le torri in facciata, diede vita ad un'imponente fioritura di cattedrali come
a Trani, a Ruvo e a Bitonto.
[1] Chiostro
– Cortile interno di conventi o chiese,
delimitato ai lati da un porticato o da un loggiato
[2] Sala
capitolare - La sala capitolare o
semplicemente capitolo era il luogo in cui si riuniva la
comunità monastica per alcune volte nel corso della giornata. La sala capitolare o
semplicemente capitolo era il luogo in cui si riuniva la
comunità monastica per alcune volte nel corso della giornata.
[3] La
biblioteca – I monasteri
furono i principali luoghi della
conservazione e della trasmissione del sapere; i più importanti avevano una biblioteca e provvedevano, nello scriptorium, alla trascrizione e allo studio dei manoscritti
di testi sacri, ma anche di opere profane. I monaci che operavano nello scriptorium avevano mansioni distinte ed erano spesso affiancati da
amanuensi salariati; diverse erano le
competenze e le responsabilità culturali poiché la scelta dei testi
da ricopiare era di fatto una selezione delle opere che si ritenevano degne di essere
tramandate.
[4] Ambulacro
- Anticamente, luogo aperto di passeggio,
per lo più fiancheggiato da alberi. Vitruvio chiamava ambulatio
il passaggio o corridoio coperto fra
colonnato e cella nel tempio periptero. Nelle catacombe indicava
i corridoi e le gallerie sotterranei. Nel periodo romanico e gotico l’ambulacro
era il prolungamento delle navate laterali, che circonda il coro.
[5] Cappelle
radiali – Una Cappella
radiale è una cappella, generalmente
avente la forma di un'abside, che si allinea
lungo i raggi sviluppatisi dal centro dell'abside principale della chiesa.
Spesso formando una vera corona di cappelle intorno all'emiciclo dell'abside.
Queste cappelle possono essere attaccate al Deambulatorio o in caso di assenza direttamente all'abside principale.
[6] Arco
a tutto sesto - L'arco a tutto sesto (sesto è l'antico nome del compasso) è un tipo di arco
contraddistinto da una volta a semicerchio. È detto anche arco a pieno centro
ed è il tipo più semplice di arco e prevede che il centro verso il quale
convergono i giunti si trovi sulla linea d'imposta, cioè su quella linea
che unisce i punti dove finiscono i sostegni e inizia l'arco.
L'arco a tutto sesto è anche un elemento
caratterizzante dell'architettura romanica durante il medioevo e fu utilizzato
principalmente con funzione estetica, oltre che per separare le navate degli
edifici religiosi, per portali, archi trionfali (l'arco che sottolinea lo
sbocco della navata centrale nella crociera), chiostri e le successioni di archetti a tutto sesto
sotto i cornicioni tipici del romanico
lombardo.
[7] Volta
a crociera – La volta a crociera è un tipo
di copertura formata dall'unione longitudinale di due volte a
botte.
La sua superficie è costituita quindi, nella forma più
semplice, da un'ossatura di quattro archi perimetrali e due archi diagonali.
Questi ultimi passano per il centro della volta e sono più grandi di quelli
perimetrali. Il centro è chiuso da una pietra a forma di cuneo o tronco di
piramide, detta chiave di volta: dopo la messa della chiave di volta, la
struttura si autosorregge, scaricando il proprio peso sui sostegni (colonne,
pilastri o altro). Gli spazi tra gli archi diagonali e quelli
perimetrali sono detti spicchi o vele e, talvolta, sono
separati da nervature che evidenziano le superfici architettoniche,
dette costoloni.
[8] Volta
a botte – La volta a botte è uno tra i sistemi più semplici
di copertura non piana, utilizzata per coprire spazi di forma
genericamente rettangolare.
Una
volta a botte vera e propria ha i giunti convergenti verso un
ipotetico centro. La volta a botte, come tutte le strutture voltate, nasce
per coprire edifici con struttura portante in
muratura o pietra e pertanto essa stessa ne assume il medesimo
impianto strutturale.
[9] Pilastro
– Il pilastro è un piedritto,
ovvero un elemento architettonico verticale portante, che trasferisce i
carichi della sovrastruttura alle strutture sottostanti preposte a
riceverlo.
Anticamente il pilastro fu usato come
richiamo alle pietre monolitiche che erano erette nell'architettura primitiva,
al contrario della colonna che riproduceva i tronchi d'albero, quindi
l'architettura lignea. Teoricamente la colonna è un caso particolare di
pilastro a base tonda (circolare, ovale, ellittica...) anche se nella storia
dell'architettura l'uso dell'una o dell'altro è sempre stato ben distinto e con
risultati molto diversi.
È un elemento strutturale verticale che può sostenere un architrave, un arco oppure
una trabeazione.
Un gruppo di quattro pilastri collegati da archi può ancora
sostenere una volta a crociera,
costituendo in questo caso una campata.
In edilizia quattro pilastri possono sostenere ad
esempio due travi parallele, le quali a loro volta sostengono un solaio, con orditura ad esse
perpendicolare.
[10] Colonna
– La colonna è un elemento architettonico verticale portante di sezione circolare formato generalmente da base, fusto e capitello;
se la sezione del fusto ha una qualunque altra forma che non sia il cerchio, si
parla più propriamente di pilastro.
La base è l'elemento inferiore degli ordini architettonici, sul quale
poggia il fusto della colonna o del pilastro.
Il fusto è la parte più importante degli
elementi portanti degli ordini
architettonici: il fusto, insieme al soprastante capitello e alla sottostante base, compone la colonna (a forma cilindrica), oppure il pilastro (a forma parallelepipeda o
prismatica), o ancora la semicolonna, o la lesena o parasta,
negli ordini addossati a parete.
Il capitello è l'elemento superiore del sostegno
verticale (colonna, lesena) degli ordini
architettonici e la sua funzione
decorativa è quella di mediare tra la superficie curva del fusto della colonna e quella rettilinea
dell'architrave. Questa funzione ha trovato diverse soluzioni nel corso dei
secoli.
[11] Contrafforte
– Nervatura
di rinforzo che aumenta la
sezione di una struttura muraria all'intersezione con travi, archi, volte, per
contenere le risultanti dei carichi; ha in genere sezione decrescente dal basso
verso l'alto. Appare come elemento funzionale nell'architettura romana, sotto
forma di nicchie celate nel perimetro murario o sporgenti da esso (come nel
caso del Pantheon); nell'architettura romanica,
dove i contrafforti sono per lo più ispessimenti del muro in corrispondenza dei
costoloni delle volte; nel gotico, dove le spinte delle volte sono trasmesse ai
contrafforti mediante archi rampanti. Nel
Rinascimento il contrafforte tende invece a divenire elemento puramente
decorativo. Con lo stesso nome si designano i rinforzi in muratura posti
all'interno di opere fortificate per accrescerne la resistenza.
[12] Maestri comacini – Denominazione attribuita nell'Editto di
Rotari del 643 e in quello
di Liutprando del 713 a maestranze corporativamente
organizzate di muratori, capomastri, lapicidi.
Sul termine comacinus,
dall'oscura etimologia e presto caduto in disuso, sono state formulate molte
supposizioni: la tesi più attendibile resta quella che lo fa derivare da una
matrice topologica; tali maestranze si sarebbero infatti formate nella zona
intorno a Como.
Il linguaggio dei Maestri
Comacini trovò, pur attingendo largamente a esperienze ravennato-bizantine,
accenti di una propria originalità, soprattutto nella tecnica costruttiva e in
taluni elementi decorativi e di stile che dovevano diventare parte integrante
dell'arte lombarda.
La tradizione comacina
non andò perduta nel periodo romanico; nella regione comasca seguitarono
infatti a formarsi maestranze che viaggiando per l'Europa diffusero i loro
repertori, dando luogo ad una corrente che è stata definita comasco-lombarda.
[13] Magistri Antelami - denominazione
riferita dalle fonti tra i sec. X e XVI a una maestranza di lapicidi e muratori
dell'Italia settentrionale, originari probabilmente della val d'Intelvi sul
lago di Como. Costituiti in consorteria già in epoca longobarda e famosi come
carpentieri e costruttori, i Magistri Antelami operarono nell'area di influenza
di Como, ma soprattutto a Genova, dove furono attivi dal 1157.
[14] Pianta - La pianta è un tipo specifico di disegno
architettonico ridotto in scala, oggi si parla di pianta quale elemento
architettonico a sé stante, inteso come caratteristica di un edificio: si usano
per esempio le espressioni pianta circolare, pianta a croce
latina, pianta centrale, eccetera.
[15] Navata - In una chiesa, è lo spazio
longitudinale compreso tra due file di colonne o
pilastri oppure tra una fila di colonne (o pilastri) e un muro
perimetrale. In genere si hanno tre o cinque navate: quella centrale, quasi
sempre di dimensioni maggiori, si chiama anche nave, quelle laterali navatelle.
La navata si divide a sua volta
in campate.
[16] Croce latina -
La croce latina è una croce formata da due segmenti di
diversa misura che si intersecano ad angolo retto, in cui il segmento minore è
circa a tre quarti del segmento maggiore. Richiama la forma del
Crocefisso della tradizione cristiana.
In architettura l'intersecarsi
di navata e transetto conferisce alle chiese una pianta a
croce. Si parla di pianta a croce latina per le chiese in cui la
navata ed il transetto hanno lunghezza differente e si intersecano come
descritto sopra; altrimenti, quando navata e transetto sono di lunghezza
uguale, si parla di pianta a croce greca.
[17] Pianta centrale – In architettura, la pianta centrale caratterizza quegli edifici in cui
tutte le parti sono organizzate intorno ad un centro.
Gli
elementi che costituiscono la forma della pianta sono figure geometriche regolari, quali il quadrato, il cerchio, l'ottagono, la croce greca,
l'ellisse; la centralità dello spazio solitamente è sottolineata da una cupola.
Nel
caso di un edificio a pianta circolare, si parla più specificamente di rotonda, mentre nel caso di un
edificio religioso con bracci si parla di pianta a croce greca.
[18] Transetto – Navata trasversale che incrocia quelle longitudinali;
ha altezza pari alla navata maggiore e, abitualmente, lunghezza inferiore.
[19] Abside – Struttura architettonica a forma di nicchia semicircolare
o poligonale, sormontata da volta a quarto di sfera. Già usata
nell'architettura romana si trova di norma nelle basiliche paleocristiane a
conclusione della navata centrale e talvolta anche di quelle laterali.
[20] Facciata – La facciata, anche detta fronte, è il lato di un edificio rivolto verso l'esterno.
Solitamente col termine facciata si intende quella dove è collocato
l'ingresso principale, ma in molti tipi di costruzioni sono presenti anche
facciate laterali (come avverrà nelle cattedrali gotiche).
[21] Monofora – La monofora è un tipo di finestra sormontata
da arco con una sola apertura, solitamente stretta.
La bifora è un tipo di finestra divisa verticalmente in due
aperture, divise da una colonnina o da un pilastrino su cui poggiano due archi, a tutto sesto o acuti. A volte
viene poi incorniciata da un ulteriore arco e nello spazio tra i due archi è
inserita una decorazione, uno stemma, o un'apertura circolare.
La trifora è un tipo di finestra, divisa verticalmente in tre
aperture, divise da due colonnine o da pilastrini o altro, su cui poggiano tre archi, a tutto sesto o acuti. A volte è poi incorniciata da
un ulteriore arco e nello spazio tra gli archi è inserita una decorazione, uno
stemma, o un'apertura circolare. Meno ricorrente della bifora, fu comunque usata nel periodo Romanico, Gotico, e rinascimentale.
Rispetto alla bifora era in genere usata per
aperture di dimensioni maggiori e maggiormente ornate. Appare in torri e
campanili, nei piani più alti, dove è necessario alleggerire la struttura con
aperture più ampie.
[22] Archetti pensili - Gli archetti pensili sono
un elemento architettonico composto da file di piccoli archi ciechi, di solito poco sporgenti dalla muratura e poggianti su peducci (molto più raramente su vere e proprie lesene, che invece si trovano spesso
alle estremità degli ordini di archetti).
[23] Portale – Un portale in architettura è una porta monumentale di un
edificio, che generalmente dà all'esterno. L'uso dei portali si sviluppò sin
dall'epoca romana, ma il maggior fiorire di portali monumentali si ebbe in
epoca medievale. In particolare con l'architettura romanica e gotica si ebbero portali di edifici religiosi
magnificamente decorati da sculture, colonne ed altri elementi.
[24] Quadriportico – Il quadriportico è uno spazio aperto,
circondato sui quattro lati da portici. Nelle prime basiliche cristiane,
costituisce lo spazio, per lo più quadrato o rettangolare, circondato da un
portico lungo i lati interni e chiuso verso l'esterno, che precede
l'ingresso all'edificio sacro. Al centro ospita spesso una fontana (cantharus)
per le abluzioni. Inizialmente fu lo spazio riservato ai catecumeni,
ovvero coloro che si stavano preparando al battesimo e non erano ancora
ammessi ai riti, o ai penitenti. In un secondo momento divenne spazio riservato
alla sepoltura dei fedeli (paradisus).
[25] Protiro - Nell'architettura romanica
piccolo atrio posto davanti al portale di una chiesa, chiuso nella parte
superiore da una volta e sorretto anteriormente da due colonne.
[26] Campata – parte di un ponte o di una linea elettrica
compresa tra due sostegni consecutivi.
Nella navata di una chiesa è
lo spazio limitato da quattro sostegni (pilastri o colonne)
e da una volta che li collega, in senso stretto è lo spazio compreso
tra membrature portanti connesse tra loro.
[27] Matroneo - Il matroneo è
un loggiato interno, posto sopra le navate
laterali e riservato alle donne, che nelle basiliche a pianta
longitudinale si trova sulle navate laterali e si affaccia su quella centrale,
nelle chiese a pianta centrale si affaccia sul vano della cupola.
[28] Cleristorio - Parte superiore della
navata centrale di una chiesa, elevata al di sopra delle navate laterali e
aperta da finestre.
[29] Capriata - struttura triangolare di sostegno per tetti a spioventi,
costituita di travi di legno, ferro o cemento armato, nella sua forma più
semplice è costituita da una trave di base detta catena, da due oblique dette
puntoni e da una collocata verticalmente all’incrocio dei puntoni.
[30] Cupola – struttura architettonica a volta di forma emisferica,
ogivale o tronco-conica, spesso impostata su una base anulare detta tamburo che
copre ambienti con piante diverse (circolari, poligonali, quadrate).
La cupola può innalzarsi sul muro
perimetrale o appoggiarsi anche a pilastri e sostegni di varia natura; quando
la calotta della cupola e la sua struttura portante non hanno la stessa pianta,
si fa ricorso a raccordi angolari detti trombe o pennacchi. Nelle chiese sorge
generalmente all’incrocio tra la navata centrale e il transetto.
[31] Coro – Nelle chiese cristiane, spazio riservato ai cantori,
situato nella parte terminale della navata centrale o al termine dei
bracci del transetto.
[32] Deambulatorio – ambiente di passaggio che si affianca al vano
principale d'un edificio, corridoio che gira attorno all'abside in alcune
chiese, specialmente gotiche.
[33] Cappella - ampia nicchia ricavata all’interno di una chiesa, o
piccolo edificio funzionalmente legato ad altri edifici.
[34] Cripta – Un complesso di vani
sotterranei, sottostanti una chiesa in tutta la sua estensione o limitatamente
ad alcune zone, in particolare quella presbiteriale, talvolta rialzata, dove
ci sono i resti del santo cui è dedicata la chiesa: nella cripta potevano anche
essere sepolti i prelati o altri personaggi di rilievo religioso o politico. In origine luogo nascosto e sotterraneo a carattere
sacro e funerario, per i cristiani si identificava con la sepoltura di un
martire sulla quale costruiva l'edificio di culto.
[35] Presbiterio – Nelle chiese
cristiane, parte riservata al clero, situata nella zona absidale e separata dal
vano destinato ai fedeli per mezzo di una balaustra o di transenne; solitamente
contiene l'altare, la cattedra episcopale, i banchi per i sacerdoti, l'ambone,
il coro.
Presente fin dal periodo
paleocristiano, il presbiterio fu spesso rialzato di alcuni gradini (in numero
dispari) per permettere sia di costruire la sottostante cripta del martire, sia
ai fedeli di seguire meglio i riti che vi si svolgevano. In seguito il
presbiterio fu spesso evidenziato all'esterno: nell'architettura romanica e
gotica dal tiburio, in quella rinascimentale, barocca e neoclassica
dalla cupola.
[36] Pulpito – Il pulpito indica
una piattaforma rialzata usata per scopi civili e religiosi.
Nella Roma antica il pulpito indicava il luogo
elevato dal quale il magistrato romano amministrava
la giustizia, un palco dal quale parlavano gli oratori e il palcoscenico
su cui recitavano gli attori. Con l’avvento del cristianesimo e la trasformazione
della società, in epoca medievale si identifica il pulpito con il
palco da cui parla il predicatore; il pulpito, può essere in legno o marmo ed è
collocato nella navata centrale della chiesa, normalmente
accanto all'Altare Maggiore.
[37] Bassorilievo – Il bassorilievo è un
metodo di scultura che intaglia il marmo o la pietra dalla superficie di un blocco
squadrato. Esso significa contrasto rialzato e dà la sensazione di vedere un
quadro in rilievo. L'immagine ritratta è rilevata sopra la superficie piatta e
di sfondo. Per esempio, se una lastra di marmo è spessa 10 centimetri prima di
iniziare a scolpirla, lo sfondo, alla fine, potrà essere spesso 5 centimetri e
l'immagine in rilievo sarà spessa fino a 5 centimetri. In alcuni lavori di
scultura la figura può essere molto più sporgente rispetto allo sfondo ed in
questo caso si parla di altorilievo.
Questa tecnica consente di vedere l'immagine molto più sporgente facendo vedere
il soggetto senza deformazioni al variare dell'angolo di visione.
[38] Altorilievo - L'altorilievo è una tecnica scultorea in cui le figure modellate si staccano
con rilievo evidente (per circa tre quarti del loro spessore o con parti a
tuttotondo) rispetto al piano di fondo.
Nella scala delle rappresentazioni
plastiche, la tecnica dell'altorilievo è situata tra la tecnica della scultura
a tutto tondo (non vincolata a uno sfondo) e quella del bassorilievo; è
caratterizzata da figure molto aggettanti, con parti che sporgono completamente
(nel caso di figure umane teste, braccia, ecc.) rappresentate senza alterazioni
proporzionali o schiacciamento, che paiono emergere dalla linea del piano di
fondo.
[39] Architrave - Elemento architettonico a forma di trave orizzontale, variamente
lavorato e ornato, che poggia su stipiti, su pilastri o su colonne
[40] Tiburio – Struttura architettonica a
base circolare o poligonale (spesso ottagonale) che ricopre esternamente una
cupola; la sua sommità può essere coronata da una lanterna. Nato con
l'architettura paleocristiana e bizantina (S. Vitale a Ravenna), il tiburio
ebbe grande diffusione nei periodi romanico e gotico, particolarmente in
Lombardia.
Nessun commento:
Posta un commento