Comunicazione. Il testo
espositivo-informativo – Per testo espositivo si intende la
presentazione esauriente, condotta a scopo informativo, di un determinato
argomento.
Sono testi
espositivi la relazione, l’articolo informativo.
Oggetto dell’esposizione può essere:
·
un argomento di esperienza personale
·
un argomento culturale di qualsiasi disciplina.
Il testo
espositivo può:
·
limitarsi a presentare dati, fatti, informazioni
·
far seguire ai dati, ai fatti e alle informazioni la
loro interpretazione.
Riflessioni sulla lingua. La proposizione - Una
proposizione è una frase, un pensiero di senso compiuto. Una frase è
il massimo segmento in cui può essere suddiviso il discorso umano.
Es.: Luigi gioca.
Riflessioni sulla lingua. Il soggetto - Il
soggetto indica la persona, l’animale o la cosa che compie o subisce l’azione.
Es: Maria lavava; egli guarda,
ecc.
Riflessioni sulla lingua. Il predicato - Il
predicato è la voce verbale che dichiara l’esistenza del soggetto.
Il predicato può essere:
·
predicatoverbale:
se è formato da un verbo,
es.: Luca ascolta;
·
predicatonominale:
se la voce verbale è rappresentata dal verbo essere seguita da un aggettivo o
nome,
·
es.:
egli è gentile, io sono un bambino.
Il verbo essere si chiama copula, e nome del predicato la parola
che segue.
Es.: Luca è diligente - Luca (soggetto) è (copula) diligente (nome del
predicato), oppure si può dire: Luca (soggetto) è diligente (predicato
nominale).
Quando il verbo essere significa
esistere, appartenere ecc. ha valore di predicato verbale.
Es.: La casa della zia è a Roma diventa predicato verbale.
Riflessioni sulla lingua. Il periodo – Il
periodo è l’unione di due o più proposizioni
in una espressione logicamente ordinata.
Es.: «Agnese vi s’avviò, come se
volesse tirarsi alquanto in disparte, per parlar più liberamente.» (Manzoni).
In questo periodo vi sono tre
proposizioni perché tre sono le forme verbali; una è la proposizione
principale, o reggente, in quanto può reggersi grammaticalmente da sola,
mentre su di essa poggiano le altre che, proprio perché dipendono dalla
principale si chiamano proposizioni dipendenti o subordinate o secondarie.
Riflessioni sulla lingua. Vari tipi di proposizioni principali
- Le proposizioni principali, secondo le varie sfumature
che assume il predicato, si possono distinguere in:
·
enunciative o
narrative sono le più frequenti fra
le proposizioni principali; esse riferiscono, enunciano e raccontano un
episodio sia in forma negativa sia in forma positiva.
In
genere usano l’indicativo.
Es.:
Questo alunno né studia, né sta attento alle lezioni.
Con
i verbi potere, dovere, usano il condizionale.
Es.:
Avresti dovuto accettare;
·
interrogative dirette
sono proposizioni che contengono in sé una domanda e si concludono con il punto
interrogativo.
Es.:
Chi ti ha parlato?;
·
esclamative
sono proposizioni che esprimono un sentimento di meraviglia, dolore, gioia,
ecc.
Usano l’indicativo o il modo infinito e si concludono con il punto esclamativo.
Usano l’indicativo o il modo infinito e si concludono con il punto esclamativo.
Es.:
Che gioia parlarti!;
·
imperative
sono proposizioni che esprimono un ordine un comando, una proibizione. Usano
l’imperativo.
Es.: Va’ via di qua;
·
dubitative
sono proposizioni che esprimono dubbio, incertezza. Usano indicativo e il
condizionale.
Es.:
Che cosa dovevo fare? A chi dovrei parlare?;
·
esortative
sono proposizioni che esprimono una preghiera, un invito. Usano il modo
congiuntivo.
Es.:
Su, si faccia avanti. Andiamo dal professore e chiediamogli una spiegazione;
·
concessive
sono proposizioni che esprimono una concessione, un permesso; esse usano il
congiuntivo seguito in genere da pure,
finché.
Es.:
Ammettiamo pure che lo abbia fatto;
·
potenziali
sono proposizioni che esprimono un fatto come possibile; esse usano il
condizionale e l’indicativo.
Es.:
Avrei dovuto ascoltarlo.
Potrei
andare da lui;
·
desiderative o ottative sono
proposizioni che servono ad esprimere un desiderio o un augurio. Queste
proposizioni sono spesso introdotte da espressioni come: Voglia il cielo, che.
Esse usano il congiuntivo o il condizionale.
Es.: Voglia il cielo
che tu possa venire.
Oh, come vorrei che tu
mi fossi vicino!
Riflessioni sulla lingua. Proposizioni coordinate e
subordinate - In un periodo formato da proposizioni
sintatticamente indipendenti l’una dall’altra vi sono una proposizione
principale, che esprime l’idea più importante, ed altre proposizioni dette
coordinate alla principale, perché unite ad essa senza idea di subordinazione.
Es.: Sono andato a Roma, ho visitato
il Colosseo ed ho proseguito per il Vaticano.
In una frase complessa, la
combinazione di più proposizioni può avvenire non solo mediante la
coordinazione, ma anche mediante la subordinazione. La proposizione subordinata
non può stare da sola, ma ha bisogno di un’altra proposizione a cui appoggiarsi.
In un periodo si possono avere
diverse proposizioni subordinate.
Sono invece subordinate quelle
proposizioni che per la loro struttura non possono sostenersi da sé ma, si
appoggiano ad altre frasi (principali o anche subordinate) dalle quali sono rette.
In genere la subordinazione avviene
per mezzo di congiunzione, di pronomi, di aggettivi o di avverbirelativi
o interrogativi.
Es.: Il cane che hai incontrato, è di
mio fratello.
Ti ho parlato per convincerti a
portare tuo marito dal medico.
Riflessioni sulla lingua. Vari tipi di periodo - Il
periodo può essere di tre tipi:
·
semplice:
quando è formato da una sola proposizione.
Es.:
Ieri ho studiato a lungo;
·
composto:
quando è formato da due o più proposizioni indipendenti.
Es.:
Quell’uomo aveva incontrato un cane: proposizione principale, si era fermato:
proposizione coordinata alla principale, poi aveva ripreso il cammino:
proposizione coordinata alla principale;
·
complesso:
quando è formato da una proposizione principale e da una o più proposizioni
secondarie.
Es.:
Non sono stato al cinema: proposizione principale, perché avevo un grosso
impegno: proposizione secondaria di 1° grado che non potevo evitare:
proposizione secondaria di 2° grado.
Riflessioni sulla lingua. Proposizioni implicite ed esplicite
- Una proposizione si dice esplicita quando il predicato
verbale è un verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale,
imperativo).
Es.: La maestra dice ai suoi alunni: (dice indicativo) «Studiate di più!» (studiate
imperativo).
Si dice implicita quando il predicato
verbale è un verbo al modo indefinito (infinito, participio, gerundio).
Es.: Ascoltando capii molto.
Una proposizione implicita può sempre
essere trasformata in una equivalente proposizione esplicita.
Es.: Penso di andare al mare - Penso che andrò al
mare, ecc.
Riflessioni sulla lingua. Modi indefiniti -
Questi modi non permettono di identificare la persona e il numero (fatta
eccezione per il participio, in cui si può distinguere il singolare dal
plurale).
Infinito
- L’infinito è la forma base del verbo. Si usa in dipendenza da un altro verbo
(p. es.: Sai guidare una motocicletta?), ma si può usare anche come verbo
principale per indicare ordini, desideri, ed altro (es.: Uscire, uscire fuori,
subito!). Ne esistono il tempo presente (riflettere)
e passato (aver riflettuto).
Participio
- Il participio è simile ad un aggettivo e, per questo, può indicare il numero
e talvolta anche il genere (es., il participio mangiata indica un femminile
singolare). Si usa con i verbi ausiliari nella costruzione dei tempi composti.
Ha due tempi, il presente (riflettente)
e il passato (riflettuto).
Gerundio –
Il gerundio si usa nelle subordinate per esprimere un certo tipo di rapporto
con la reggente. Ha due tempi: il presente (riflettendo)
e il passato (avendo riflettuto).
Riflessioni sulla lingua. Le subordinate completive -
Le proposizioni subordinate completive (o sostantive o complementari dirette)
sono proposizioni dipendenti che completano il senso della proposizione
reggente, svolgendo nel periodo la medesima funzione che nella proposizione ha
un sostantivo non preceduto da preposizione, cioè usato in funzione di soggetto
o di complemento oggetto.
Riflessioni
sulla lingua. La proposizione soggettiva -
La proposizione subordinata soggettiva è una proposizione subordinata che fa da
soggetto al predicato della reggente:
Es.: È evidente che sei triste (prop. subordinata soggettiva)
La tua tristezza (soggetto) è
evidente. Dipende sempre da verbi o locuzioni verbali impersonali o usati
impersonalmente. In particolare, dipende:
·
da
verbi impersonali o usati impersonalmente alla 3a persona
singolare, come accade, avviene, capita, bisogna, occorre, sembra, pare, dispiace, basta, importa, interessa ecc.: “Sembra che tutti siano d’accordo; Bisogna che partecipiate anche voi; Mi basta vederti ogni tanto; Bastava
che arrivassi un’ora prima;
·
da
verbi costruiti con il si passivante,
come si dice, si crede, si pensa, si teme, si spera: “Si dice che il sindaco si dimetterà”; “Si temeva che
fossi già partito”;
·
da
locuzioni verbali impersonali costituite
dal verbo essere + un nome, come è
ora, è tempo, è compito, è dovere, è una vergogna,
è un piacere: “È ora di alzarsi”; “È
un’indecenza che possano succedere queste cose”; “È dovere di tutti provvedere
al bene comune”;
·
da
locuzioni verbali impersonali costituite
dai verbi essere, parere, sembrare, riuscire, venire, accompagnati da un aggettivo o da un
avverbio in funzione di nome, come è
bello, è brutto, è necessario, è tanto, è poco, è molto, è bene, è male, pare certo, sembra sicuro, pare opportuno,
riesce facile, riesce difficile, viene
opportuno ecc.:
“È
stato brutto da parte tua comportarti così”;
“È
tanto che non lo vedo”;
“Sarà
opportuno chiedere un prestito alla banca”;
“Non
ci sembra necessario informarli del nostro progetto”;
“Mi
riesce difficile immaginare una cosa simile”.
Nella forma esplicita, la proposizione soggettiva è introdotta dalla
congiunzione subordinante che e ha il
verbo:
·
all’indicativo,
quando la reggente esprime certezza: “È chiaro che il responsabile sei tu”;
·
al
congiuntivo, quando il verbo della reggente esprime possibilità, probabilità,
dubbio, speranza e simili: “Si dice che il responsabile sia tu”;
·
al
condizionale, quando il fatto indicato dalla soggettiva dipende da una
condizione (espressa o sottintesa): “È chiaro che verrebbe volentieri (se potesse)”.
Nella forma implicita, la proposizione soggettiva ha il verbo
all’infinito, con o senza la preposizione di:
“È ora di partire”;
“Bisogna avvertire subito Paolo”.
Educazione
letteraria. Le forme del testo narrativo – I testi narrativi possono presentarsi in
forma diverse: come mito, favola, leggenda, parabola, novella
e romanzo.
·
Il mito è la narrazione di eventi
riguardanti le origini di un gruppo di gente, e ha per protagonisti divinità ed
eroi
Es.: I miti greci e
latini.
·
La fiaba
è una narrazione breve originaria della tradizione popolare, caratterizzata da
componimenti brevi e di fatti fantastici caratterizzati da due elementi:
eccezionalità e magia; e centrati su avvenimenti e personaggi fantastici come
streghe, fate, orchi, giganti e così via. Dopo aver sconfitto le forze del
male, l’eroe-positivo riesce sempre a realizzare gli scopi prefissati e a
conquistare l’oggetto di attrazione.
·
La favola è una narrazione breve, in cui
spesso protagonisti sono animali in grado di parlare, aventi gli stessi
caratteri degli uomini, con i loro difetti e le loro qualità ed in esse la
componente fantastica è generalmente assente, e la narrazione ha un intento allegorico[3] e morale più
esplicito.
·
La leggenda è un racconto, in genere
immaginario, di vicende riguardanti la vita di personaggi famosi, che hanno
lasciato un’impronta nel campo della storia o in quello religioso.
L’esagerazione, elemento caratteristico di questa forma di narrazione, serve ad
esaltare e a rendere esemplare la figura del personaggio.
Es.: le leggende
riguardanti i santi o quelle legate a personaggi storici celebri, come Muzio
Scevola, Masaniello o Garibaldi.
La parabola è un racconto breve il cui
scopo è spiegare un concetto difficile con uno più semplice o dare un insegnamento
morale. La parabola divenne famosa dall’uso fatto nei Vangeli con le parabole di Gesù. La parabola
introduce un esempio che vuole illuminare la realtà specificata, con un unico
punto di contatto tra la immagine e la realtà.
·
·
La novella è un racconto non eccessivamente
lungo, che tratta fatti reali o immaginari, accaduti in un arco di tempo
alquanto breve, con un limitato numero di personaggi.
·
Il romanzo è un racconto di ampia
estensione, che narra di fatti reali o immaginari, accaduti in un lungo lasso
di tempo, con un proporzionato numero di personaggi. I filoni del romanzo sono
numerosi, i più noti sono:
§ il romanzo
storico
§ il romanzo
d’avventura
§ il romanzo
naturalista e verista
§ il romanzo di
fantascienza
§ il romanzo
epistolare
§ il romanzo
psicologico
§ il romanzo
autobiografico
§ il romanzo
giallo o poliziesco.
Educazione
letteraria. Temi centrali e temi periferici – Il tema centrale, cioè l’argomento
fondamentale del testo, è il filo conduttore che unisce organicamente le varie
parti dell’opera.
Accanto al tema centrale vi sono poi dei temi periferici, che sono propri di ogni
singola parte dell’opera e che sono comunque convergenti verso il tema
principale.
Individuare il tema centrale e quelli periferici
significa procedere a una prima generale scomposizione del testo e serve a
capire la struttura portante dell’opera stessa.
Es.: Nei Promessi
Sposi di Alessandro Manzoni il tema
centrale è l’amore fra Renzo e Lucia, ostacolato da don Rodrigo. Il tema periferico è la vita di Gertrude;
quest’ultima, però, è parte anche del tema centrale, poiché ella dà ospitalità
a Lucia e consegna la ragazza ai bravi dell’Innominato al momento del
rapimento.
Educazione
letteraria. L’individuazione del tema - Emozioni e
sentimenti pervadono continuamente la vita quotidiana di ogni periodo storico
influenzano un elevato numero di comportamenti sociali; essi sono oggetto di
ogni forma di produzione umana e si traducono in:
le cui differenze tra sono
estremamente sfumate.
Un testo letterario, di qualsiasi
natura esso sia narrativo, sia poetico sia teatrale ne è sempre impregnato.
Educazione
letteraria. La struttura generale – Nei testi narrativi è possibile
individuare una struttura generale di base valida per la quasi totalità dei
testi.
Questa struttura è costituita da quattro momenti:
·
situazioneiniziale
·
complicazione: un evento che viene ad alterare, più
o meno improvvisamente, l’equilibrio iniziale;
·
evoluzionedellavicenda: una serie di
eventi, che possono migliorare o peggiorare la situazione del personaggio
principale;
·
conclusionedellavicenda: alla fine della
narrazione si ristabilisce un equilibrio, che può essere positivo o negativo, e
la vicenda si scioglie.
Educazione
letteraria. Fabula e
intreccio – La distinzione, introdotta dai formalisti russi, tra fabula e intreccio.
Con fabula
si indica la sequenza dei fatti raccontati, disposti nell'ordine cronologico in
cui si sono svolti e selezionati in base ai loro rapporti di causa-effetto.
Con intreccio
si intende il modo in cui i fatti raccontati sono disposti dal narratore,
spesso alterando l'ordine cronologico della fabula e/o introducendo fatti che
non hanno rapporto di causa-effetto con altri, ma sono liberi (digressioni,
descrizioni ecc.)
Educazione
letteraria. Nuclei narrativi e sequenze –
In ogni testo narrativo troviamo una serie di informazioni: alcune sono
indispensabili per capire lo svolgimento della storia, altre invece aggiungono
particolari meno importanti, utili tuttavia a comprendere meglio determinate
situazioni. Le prime costituiscono gli eventi essenziali, le seconde gli eventi
accessori. Gli eventi essenziali formano i pilastri del racconto, mentre quelli
accessori hanno la funzione di far comprendere meglio il contesto e l’atmosfera
in cui si svolge il racconto stesso. Ogni evento essenziale, con i relativi
eventi accessori, forma un nucleo narrativo, cioè una porzione di testo più o
meno completa, che sviluppa una parte ben precisa del racconto.
Un altro sistema di scomposizione del
testo narrativo è costituito dalle sequenze,
unità narrative minime, che sono dei segmenti di testo, inferiori rispetto ai
nuclei narrativi per estensione e complessità, forniti di senso logico
compiuto.
Anche se ogni sequenza, in sé
conclusa e dotata di piena autonomia sul piano sintattico e di significato
compiuto, essa acquista pieno significato solo all’interno del testo di cui fa
parte, integrata nel sistema di relazioni con tutte le altre sequenze del
racconto.
Non è possibile precisare l’ampiezza
di una sequenza le sequenze cambiano
quando:
·
entra
in scena o esce un nuovo personaggio;
·
cambiano
le modalità espositive (es.: il passaggio dal discorso diretto all’indiretto e
viceversa).
·
c’è
una variazione di tempo e di luogo.
Inoltre, rispetto al loro contenuto,
le sequenze si dividono in:
A seconda del particolare
significato, le sequenze si suddividono in:
·
sequenze narrative:
parti del racconto che registrano le azioni
dei personaggi e gli avvenimenti in cui sono coinvolti, poiché immettono nel
racconto fatti e accadimenti, le sequenze narrative portano avanti lo sviluppo della trama e sono dunque sequenze
dinamiche.
·
sequenze descrittive[9]:
parti del racconto che hanno il compito di dare consistenza ai personaggi e al
contesto della vicenda. Le sequenze di questo tipo sono statiche e rallentano
il ritmo della narrazione, arricchendo però la storia di determinazioni che la
rendono più viva e consistente. La loro presenza è indispensabile per
delineare, attraverso la descrizione dell’ambiente e delle sue caratteristiche,
il contesto in cui si svolge una vicenda;
·
sequenze riflessive:
parti del racconto che registrano e analizzano i sentimenti e gli stati d’animo
dei personaggi e le riflessioni e i giudizi che essi esprimono in ordine alla
vicenda, oppure riportano la voce stessa del narratore che manifesta le sue
considerazioni su quanto sta avvenendo nella storia o sull’agire e il carattere
dei personaggi. Al pari di quelle descrittive, anche le sequenze riflessive
sono statiche e segnano una pausa nella narrazione, rallentando il procedere
degli eventi.
·
sequenze dialogate:
parti del racconto che riportano i discorsi diretti dei personaggi. A seconda
del contenuto e dell’impostazione dei dialoghi, questo tipo di sequenze può
svolgere molteplici funzioni narrative: può contribuire allo sviluppo dell’azione
(sostituendo in un certo senso le sequenze narrative), può rivelare lo stato
d’animo e il carattere dei personaggi e le relazioni che intercorrono tra loro
o, anche, commentare la vicenda con considerazioni, giudizi e così via. Il
ritmo delle sequenze dialogiche può essere molto diverso, a seconda che le
battute che vengono pronunciate siano brevi e scarne o, viceversa, ridondanti e
prolisse; in ogni caso le sequenze dialogate mettono in primo piano i
personaggi, con un effetto di presa
diretta che tende a ridurre il ruolo del narratore.
T 4 Il mito di Prometeo.
Dalla Teogonia di Esiodo
- Esiodo è la prima personalità poetica storicamente accertata della letteratura greca. Esiodo è il primo poeta greco che parla di sé nelle sue opere. Gli antichi lo fecero contemporaneo di Omero. Oggi la critica lo colloca posteriormente all’elaborazione dell’Iliade e dell’Odissea.
- Esiodo nacque fra l’VIII e il VII secolo a.C. ad Ascra, città della Beozia ai piedi del monte Elicona; la famiglia si era trasferita lì da Cuma, spinta da necessità economiche.
- Esiodo, oltre che agricoltore e pastore, era anche un aedo e così prese parte a Calcide, in Eubea, ai giochi funebri in onore di Anfidamante, l’eroe caduto nella Guerra Lelantina (il nome deriva dal casus belli: la contesa tra due polis, Calcide ed Eretria, per la fertile pianura di Lelanto sull’isola di Eubea). Durante i giochi funebri avrebbe cantato la Teogonia, riportando la vittoria ed ebbe come premio un tripode che dedicò alle Muse.
- Come si ricava da Le Opere e i giorni, ad un certo punto della sua vita entrò in lite con il fratello Perse per la spartizione dell’eredità paterna. Perse vinse la causa corrompendo i giudici, ma, essendo un uomo pigro, Perse non lavorò le sue terre e cadde in miseria; minacciò allora il fratello di intentargli un nuovo processo: Esiodo per dissuaderlo compose il poemetto Le opere e i giorni.
- Di Esiodo sono stati tramandati due poemi integri (Teogonia e Le opere e i giorni) e uno frammentario (Catalogo delle donne o Eòiai), tutti in esametri. Un altro poemetto esametrico, Lo scudo di Eracle, è ritenuto opera di un aedo posteriore.
- a Teogonia (1022 versi) porta all’inizio il nome del suo autore, Esiodo, ispirato dalle Muse a comporla mentre pascola le pecore ai piedi del monte Elicona, il monte ad esse sacro.
- Vi descrive la nascita dell’universo dalle origini al regno di Zeus. Segue la genealogia dei figli nati dal titano Giapeto e dalla ninfa marina Climene, fra i quali Prometeo ed Epimeteo, destinato a divenire sposo di Pandora, origine di tutti i mali dell’umanità (per un approfondimento leggi Prometeo e Pandora- Mitologia clicca qui).
- Segue un catalogo delle dee che da uomini mortali generarono «figli simili agli dèi» e un’invocazione finale alle Muse perché cantino «la progenie delle donne», ossia le donne mortali che ebbero figli immortali: il che serve a saldare la conclusione della Teogonia all’inizio del Catalogo delle donne.
- La presenza del fuoco nell'umanità primitiva fu molto importante e la scoperta della sua utilizzazione per diversi scopi apportò utili miglioramenti alle condizioni di vita degli esseri umani. Naturale quindi che il fuoco sia protagonista di molti miti. Il più noto di essi, quello di Prometeo, fa parte della ricchissima mitologia creata dal popolo dell'antica Grecia. Ecco come lo racconta Esiodo, un poeta vissuto tra l' VIII e il VII secolo avanti Cristo.
Prometeo dunque era antiveggente[12] e saggio e i suoi
occhi sicuri, scintillanti, scrutatori rivelavano il suo potere divinatore[13] e infallibile; la
sua fronte vasta, la sua bocca buona, quasi infantile, il corpo immane[14] , gli davano
l'aspetto di un generoso gigante dalla forza enorme abituato a dominare gli
elementi. Ora, Prometeo voleva bene agli uomini. E l'uomo allora era misero,
non aveva armi, né vesti, viveva selvatico nelle boscaglie cibandosi di cruda
selvaggina e di frutta; per vestirsi si copriva di foglie, per difendersi dalle
belve non possedeva che sassi e rami nodosi. Si riparava dai geli e dal sole in
basse caverne profonde, in cui, simile a un rettile strisciante, la notte si
rifugiava a dormire. E, quando il sole era tramontato, se la luna non appariva
a rischiarare le lunghe notti, una tenebra impenetrabile inghiottiva
l'universo, e gli uomini erano simili a miseri ciechi, tremanti, indifesi, in
un mondo senza luce, colmo di ruggiti paurosi e lampeggiante degli occhi
fosforescenti delle belve. Prometeo, il buon gigante dagli occhi splendenti,
non poté sopportare a lungo lo spettacolo di quella umanità dispersa e
miserabile. “ Voglio aiutare gli uomini ” disse. “ Voglio che la loro vita
diventi meno selvaggia, che essi imparino a difendersi dalle tigri e dai
cinghiali, che coltivino la terra, lavorino i metalli, si nutrano di cibi caldi
e arrostiti e non di sanguinanti e crudi resti di animali. Voglio donare
all'uomo il fuoco! ” Sapeva, nella sua chiaroveggenza[15], che questo era
contrario ai desideri di Giove, sapeva che un dono simile fatto agli uomini
sarebbe stato la sua rovina, ma Prometeo era generoso, e risoluto[16], perciò, anche a
sfidare l'ira del Nume Onnipossente[17], pur di fare tal
bene ai miseri mortali. Salì dunque una sera su, nella montagna radiosa[18], dove gli Dei
banchettavano felici, circondati dalle fiamme purpuree[19] del fuoco divino.
Ed entrò nelle fucine[20] risonanti di
Vulcano, che, nella sua corazza di bronzo battuta dalle fiamme, foggiava
instancabilmente armi per gli eroi e monili[21] per le belle Dee
dell'Olimpo. “ Sono venuto a portarti quest'anfora di vino etnèo[22]” disse Prometeo,
sedendosi presso il fuoco. “Bevi, fabbro laborioso, questo ti darà più forza
che il tuo nèttare[23]! Bevi! ” Vulcano
accettò di buon grado dall'amico l'offerta, e mandò giù in un sorso nella gola,
arsa da tutto quel calore infernale, il rosso liquore dell'Etna. Ma, dopo un poco,
il suo capo si piegava e gli occhi si chiudevano nel sonno: il previdente
Prometeo aveva mescolato al vino molto succo di rossi papaveri[24]. Il fuoco divino
era lì, incustodito: e Prometeo ne imprigionò alcuni semi scintillanti nella
fèrula[25], il bastone cavo[26] che gli aveva
donato lo stesso Vulcano. E via, a precipizio, giù, verso la terra desolata! La
notte intanto era scesa, invadendo di paura con le sue ondate di tenebre il
cuore degli uomini, e la fèrula bronzea di Prometeo fiammeggiava nel buio come
un astro staccatosi dal firmamento[27]. “Vi porto il
fuoco!” gridò il gigante agli uomini che lo attendevano “Vi porto la vita, la
civiltà, la gioia!” E, accatastate molte fascine secche e gettativi sopra gli
scintillanti tizzoni rubati a Vulcano, Prometeo accese un immenso rogo che salì
fino al cielo, mentre le grida gioiose degli uomini scotevano tutto l'Universo
e giungevano fino all'Olimpo.
Giove udì gli urli di vittoria, e, corrugando la
fronte, irritato, tonò: “Il temerario[28] che ha donato agli
uomini il fuoco deve essere punito.” E ordinò a Vulcano di apprestare egli
stesso catene enormi ed anelli di bronzo per incatenare Prometeo a una roccia.
Intanto gli uomini, per opera del generoso Titano,
imparavano a riscaldarsi, a cuocere le carni, a foggiarsi le armi, a costruire
le case dove potere a sera riposare, a fabbricare le navi, per solcare senza
pericolo il mare infido. E gli uomini furono così felici di tutti questi doni,
che, ebbri di gioia per la conquistata vittoria, si credettero diventati simili
agli Dei.
Questa presunzione aumentò il furore di Giove; e
Vulcano, sia pure a malincuore, poiché voleva bene al Titano dagli occhi
sereni, dovette impadronirsi, per ordine del Nume, del corpo del gigante e
legarlo alle rupi inaccessibili del monte Caucaso[29].
“Tu l'hai voluto, Prometeo!” gli diceva Vulcano,
mentre, aiutato dai Ciclopi[30], gli stringeva ai
polsi le catene. E, mentre Vulcano parlava al gigante incatenato, i Ciclopi dal
grande occhio in mezzo alla fronte lavoravano instancabili a chiudere gli anelli
e a issare alto sul baratro[31], fra il cielo e il
mare, il corpo doloroso di lui.
Ma Vulcano non aveva previsto tutto il supplizio
immane che attendeva il donatore di fuoco. Ogni mattina, un'aquila gigantesca
calava dalle cime nevose, si accostava al corpo del gigante, gli squarciava con
un colpo del becco ricurvo il torace e si cibava del suo fegato sanguinante.
Quando tornava la notte, il fegato, miracolosamente, rinasceva e di nuovo, al
sorgere del sole, l'aquila affamata si dissetava al suo sangue e divorava il
fegato del martire gigante.
Il volto di Prometeo diventava bianco di dolore, la
sua bocca lanciava urli inumani, e inutilmente le rosee Ninfe[32] cercavano di far
salire fino a lui il loro canto dolcissimo per consolarlo. Il martirio era
inesorabile. Ma, se pure dalle labbra riarse[33] sfuggivano
incontenibili lamenti, il cuore grande di Prometeo era contento del supplizio.
La sua sofferenza aveva dato agli uomini la felicità della fiamma prodigiosa!
Sarebbe rimasto incatenato lassù fino alla fine dei secoli, serenamente!
Passarono così, in quel martirio, trent'anni, finché Giove ebbe pietà di quel
corpo roso[34] dalle intemperie,
di quegli occhi abbacinati[35] dalle nevi, del
petto squarciato, il cui sangue rigava in eterno la roccia. E liberò il
Gigante, accogliendolo immortale nelle felici praterie dei Campi Elisi[36].
E Prometeo infatti vive ancora. E ogni volta che si
compie fra gli uomini una impresa ardita, ogni volta che un martire cade per la
fede e per la gloria, lo spirito immortale di Prometeo alita[37] attorno agli eroi;
e il fuoco divino, che il Gigante ha rapito al Cielo, infiamma le anime
generose degli uomini. Prometeo ha insegnato loro, oltre alla civiltà, anche ad
essere degni della propria origine divina e fieri dell'anima immortale.
Rielaborazione di Alfredo Panzini, da Teogonia, Treves, Milano.
[1]Il nome - Il nome o sostantivo è la
parte variabile del discorso che indica un essere, una idea, un fatto. I
sostantivi sono anche detti nomi, anche se linguisticamente,
il primo termine è preferito per il suo significato più pregnante: significa
infatti provvisto di una propria sostanza, di una realtà di cui possiamo
parlare, sia essa tangibile, sia che esista solo nella nostra mente (virtù).
I nomi, insieme ai verbi,
sono gli elementi primari di una lingua
e costituiscono il pilastro su cui la frase
si costruisce.
Le caratteristiche morfologiche – Le caratteristiche morfologiche di
un nome riguardano il genere ed il numero.
Nel genere i nomi
possono essere maschili o femminili.
Una delle maggiori difficoltà è costituita dall’apprendere
come si trasforma un nome maschile nel corrispettivo femminile (quando esiste)
e come si forma il plurale.
La trasformazione di un sostantivo maschile in femminile può
avvenire solo con nomi di persone (maestro - maestra) o di animali (asino -
asina), ma non con quelli di cose: infatti la tappa (quella del giro d’Italia)
non è la femmina del tappo (quello della bottiglia).
Nel numero sono
generalmente singolari e plurali, ma non mancano quelli che si
usano solo al singolare (buio) o solo
al plurale (forbici).
Per quanto attiene alla formazione del plurale, si osservino
queste semplici norme:
a) la maggior parte dei nomi, sia
maschili che femminili, al plurale esce in i tranne i femminili che al
singolare escono in a perché questi al plurale vogliono la desinenza e:
Esempi:
Singolare
|
Plurale
|
Il cavallo (m. in o)
|
I cavalli
|
Il fiume (m. in e)
|
I fiumi
|
Il poeta (m. in a)
|
I poeti
|
La mano (f. in o)
|
Le mani
|
La vite (f. in e)
|
Le viti
|
La matita (f. in a)
|
Le matite
|
b) al plurale restano invariati:
·
i
nomi monosillabici (il re - i re)
·
i
nomi tronchi (cioè con l’accento sull’ultima sillaba: la virtù - le virtù / la
verità - le verità)
·
i
nomi terminanti in i (il brindisi - i
brindisi)
·
i
nomi terminanti in consonante (il lapis - i lapis)
·
i
nomi propri di persona con desinenza a
(Enea - gli Enea)
·
i
cognomi (il Foscolo - i Foscolo / l’Alighieri - gli Alighieri)
·
i
nomi stranieri (il pullman - i pullman / il goal - i goal)
c) i nomi terminanti in -io, se hanno la i tonica (cioè accentata nella pronuncia) come pigolìo e zìo, al
plurale richiedono la desinenza ii (pigolii, zii), altrimenti una sola i
(figlio - figli / premio - premi);
d) i nomi che terminano in -cia e -gia,
se davanti a -cia e -gia hanno una vocale, fanno al plurale -cie e -gie
(camicia - camicie / guarentigia guarentigie); se hanno una consonante fanno
invece -ce e -ge (lancia lance / bolgia - bolge). Se però hanno la i tonica, la conservano sempre (farmacìa
- farmacìe / nostalgìa - nostalgìe).
Le eccezioni a queste norme sono numerose e
solo l’uso frequente del dizionario può farcele apprendere.
Ecco
solo alcuni dei nomi che sfuggono alle regole su accennate: il vaglia - i
vaglia , il pigiama - i pigiama, la radio - le radio, la dinamo - le
dinamo, l’arbitrio - gli arbitrii (per distinguerlo da arbitri che è il plurale
di "arbitro"), l’omicidio - gli omicidii (per distinguerlo da omicidi
che è il plurale di "omicida").
Per il plurale dei nomi in -co e -go è d’obbligo l’uso del
dizionario. Quando sorge un dubbio si consulti il vocabolario e si cerchi di
memorizzare l’esito della ricerca.
es: mago al plurale
fa magi (come i tre re del presepio)
o maghi (come dicono i presentatori
televisivi)?
L’uso del dizionario vale anche per il plurale dei nomi
composti.
Le caratteristiche
semantiche - Dal
punto di vista semantico i nomi si suddividono nelle seguenti categorie:
- nomi comuni e nomi propri
- nomi concreti e nomi astratti
- nomi individuali e nomi collettivi
- nomi numerabili e nomi non numerabili
- Nomi comuni e nomi propri di cose - I nomi comuni indicano persone, animali, cose, luoghi,ecc. in modo generico come appartenenti ad una classe; il nome libro può indicare uno qualsiasi dei possibili libri esistenti, se non viene a esso aggiunto qualche maggiore elemento di identificazione:
- il mio libro
- il libro di latino che ho lasciato sul tavolo
- I nomi propri, invece, sono nomi o cognomi di persone, appellativi geografici, storici, letterari, culturali e sociali; indicano non ciò che è generico ma ciò che è individuale, non la classe ma l’elemento singolo. E questa singolarità è evidenziata con l’uso della lettera maiuscola:
Parigi
Nomi concreti e nomi astratti - Sono concreti i nomi comuni usati per
designare persone, animali o cose percepibili con i nostri sensi:
ragazza,
sedia, fragore, profumo, superficie
Sono astratti i nomi comuni con cui si
designano entità accessibili solamente al nostro spirito e al nostro
pensiero:
Nomi individuali e nomi collettivi - Il nome individuale designa un’entità
singola che può essere una persona, un animale, una cosa o un concetto,
indicandola con il nome proprio o con il nome comune della classe a cui questo
appartiene. Per indicare una pluralità di individui, questi nomi devono essere
usati al plurale Questa categoria comprende la maggior parte dei nomi:
Luisa,
donna, lupo, tazza, virtù.
Il nome collettivo, invece, pur
essendo al singolare designa gruppi o insiemi di persone (folla),
cose (fogliame) o animali (mandria). Quando il nome collettivo è
in funzione di soggetto, il verbo va al singolare.
[2] I pronomi personali - I pronomi personali sono quei
pronomi che rappresentano la persona che parla, la persona che ascolta oppure
la persona, l’animale o la cosa di cui si parla, senza specificarne o ripeterne
il nome.
Es.: Io sono pronto per
la partenza, tu no.
Es.: Abbiamo discusso
con loro dei risultati elettorali.
I pronomi personali hanno forma diversa, secondo la persona,
il numero, il genere e la funzione. Tale funzione può essere di soggetto o di
complemento.
Persona
|
funzione soggetto
|
funzione complemento
|
||
forma tonica
|
forma atona
|
|||
1a singolare
|
Io
|
Me
|
Mi
|
|
2a singolare
|
Tu
|
Te
|
Ti
|
|
3a singolare
|
Maschile
|
Egli,esso
|
lui, esso, sé
|
lo, gli, ne, si
|
Femminile
|
Ella, essa
|
lei, essa, sé
|
la, le, ne, si
|
|
1° plurale
|
Noi
|
Noi
|
ci, ce
|
|
2° plurale
|
Voi
|
Voi
|
vi, ve
|
|
3° plurale
|
Maschile
|
Essi
|
essi, loro, sé
|
li, ne, si
|
Femminile
|
Esse
|
esse, loro, sé
|
le, ne, si
|
Pronomi personali soggetto - I pronomi personali soggetto indicano
la persona che è protagonista dell’azione o che effettua la comunicazione.
Es.: Tu sei stato
proprio bravo;
Es.: Egli ascolta la
musica di Puccini.
In italiano, a differenza di quanto accade in altre lingue,
il pronome personale soggetto è spesso sottinteso, ma è preferibile evitarlo
nella lingua scritta.
Il pronome deve essere espresso. Ciò avviene:
·
quando
si vuole specificare il maschile o il femminile; Egli/Ella gioca;
·
quando
il verbo presenta la stessa forma per più persone, ad esempio nel congiuntivo
presente: Bisogna che io sappia la novità; Bisogna che tu sappia la novità;
·
quando
si vuole dare rilievo al soggetto: Voi formate una bella compagnia;
·
quando si
vogliono contrapporre più soggetti: Io lavoro ed egli si diverte.
[3]NOTA DI
RETORICA L’allegoria - L’allegoria è
una figura retorica per cui un concetto astratto è espresso attraverso
un’immagine concreta: in essa, come nella metafora, vi è la sostituzione di un
oggetto ad un altro ma, a differenza di quella, l’accostamento non è basato su
qualità evidenti o sul significato comune del termine, bensì su un altro
concetto che spesso attinge al patrimonio di immagini condivise della società.
Essa opera comunque su un piano superiore rispetto al visibile e al primo
significato: spesso l’allegoria si appoggia a convenzioni di livello filosofico
o metafisico.
[4]La sensazione – La sensazione è la modificazione dello stato del nostro organismo,
causato del contatto con l’ambiente, i cui stimoli sono percepiti dai nostri organi di senso; ognuno di essi è destinato
alla ricezione di un particolare stimolo e sono:
·
udito,
·
vista,
·
olfatto,
·
gusto,
·
tatto,
·
cinestesia ed equilibrio,
·
sensazione di dolore.
La relazione tra la sensazione
e lo stimolo è complicata dal fatto
che non tutti gli stimoli fisici sono percepiti dall’individuo. Per essere
percepito da un determinato organo di senso (soglia assoluta), uno stimolo deve
infatti raggiungere una determinata grandezza e deve essere abbastanza diverso
in intensità per poter essere distinto da un altro, simile per grandezza
(soglia differenziale).
La distinzione tra sensazione,
legata agli effetti immediati ed elementari in grado di suscitare una risposta,
e la percezione, corrispondente
all’organizzazione dei dati sensoriali in un’esperienza complessa, cioè al
prodotto finale di un processo di elaborazione dell’informazione sensoriale, è
che la percezione finale è la somma
di sensazioni.
[5] L’emozione – L’emozione è
uno stato affettivo, caratteristico
di tutti gli esseri viventi.
L’emozione è
un’impressione viva, un intenso moto, un impulso affettivo, di durata
relativamente breve, piacevole o penoso, accompagnato da modificazioni
fisiologiche e mentali, dovuto a forte impressione.
Le emozioni sono determinate non solo da uno stato interno
dell’organismo, ma anche da una percezione di quanto avviene esternamente.
Ogni emozione implica una reazione cognitiva e fisica ad uno
stimolo improvvisodi approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia, gioia, per questo ogni emozione è
collegata a reazioni psicofisiologiche di vario genere, mescolate tra loro in
modo complesso e particolare a seconda delle persone e delle situazioni.
L’emozione può provocare reazioni
·
Fisiologiche, ossia modificazioni somatiche
diffuse (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.).
·
Cognitive ossia diminuzioni o miglioramenti
nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via.
·
Comportamentali
L’emozione si distingue dal sentimento, perché quest’ultimo è meno
intenso e più durevole e dà una particolare tonalità affettiva alle nostre
sensazioni, alle nostre rappresentazioni ed alle nostre idee: mentre l’emozione
è quindi involontaria ed istintiva, il sentimento, come il pensiero, è una
funzione razionale.
[6]Sentimento - Il sentimento è la capacità di provare consapevolmente sensazioni ed emozioni. Il sentimento
dunque non è più solo una percezione fisica, ma uno stato d’animo, un’emozione
che è possibile razionalizzare e comunicare.
I sentimenti sono espressione di ciò che ci circonda e che
agisce direttamente o indirettamente su di noi. La maggior parte dei sentimenti
è controllata dal nostro subconscio e per questo ogni elemento
esterno ci coinvolge anche internamente: in altri termini dal nostro subconscio si innesca una catena logica,
maturando così risposte logiche non
esprimibili con parole, ma che si sviluppano nella nostra mente come concetti.
Ogni risultato, ottenuto da questa catena logica, è posto in
una zona, ancora scientificamente ignota, chiamata anima, e perciò a volte si possono provare sentimenti contrastanti
tra di loro e non sapere il motivo di tutto ciò.
Es.: L’innamoramento,
che può effettuarsi tra due persone completamente diverse e perciò c’è uno
scontro tra opinione soggettiva, che
cerca profitto nei fatti per il soggetto stesso, ed opinione oggettiva (o del subconscio).
I sentimenti
influenzano il nostro umore, il nostro modo di agire, il nostro modo di
parlare, ma sopratutto il nostro modo di vivere e di essere: in altri termini i
sentimenti influenzano tutta la sfera dell’affettività, un ambito che
definisce i sentimenti e le emozioni proprie dell’uomo nell’ambito
delle sue relazioni sociali, in particolare di quelle familiari, sentimentali e
amicali caratterizzate da una particolare intimità.
[7]Passione – La passione è una tensione violenta e di una certa durata. L’idea di passione indica un cambiamento che
subisce l’individuo (si è sopraffatti dal dolore, travolti dall’amare, ecc.).
Diversamente dall’emozione,
che è passeggera, la passione è
cronica, acuta, complessa, che polarizza l’attenzione attorno di un soggetto su
un unico oggetto.
Nell’antichità le passioni sono state quasi sempre condannate
come elementi disturbanti: i filosofi identificavano le emozioni con le passioni e
Platone definiva le passioni come una
malattia dell’anima. Tra queste forze
interne il soggetto cerca un equilibrio
che è sempre precario e instabile pertanto costituiscono una continua minaccia
all’armonia del soggetto, se non guidate e indirizzate verso fini razionali e
moralmente validi.
Le passioni hanno occupato l’attenzione dei filosofi fin dall’antichità
classica, ma solo recentemente le scienze sociali hanno prestato attenzione
alle diverse componenti della cultura
emozionale, presenti nelle espressioni letterarie e nelle manifestazioni
massmediali, ma anche nella dinamica dell’interazione sociale.
[8]Stato d’animo – Gli stati d’animo sono sentimenti
o emozioni di intensità bassa e
durata relativamente lunga: in altri termini lo stato
d’animo è un modo di essere
temporaneo o permanente, una situazione, una condizione psicologica che noi
stessi ci creiamo mediante specifiche azioni mentali e fisiche.
Le componenti che determinano uno stato d’animo sono due:
1. Le
rappresentazioni interiori:
le imitazioni di modelli familiari, le situazioni del passato, le nostre
credenze, i nostri atteggiamenti, valori ed esperienze condizionano le
rappresentazioni interne che ci facciamo;
2. L’uso
della fisiologia: la
tensione muscolare, ciò che mangiamo, il modo di respirare, hanno un’incidenza
enorme sul nostro stato d’animo.
L’esperienza interna e quella fisiologica influiscono l’una
sull’altra, quindi i cambiamenti di stati d’animo implicano cambiamenti di
rappresentazioni interne e di fisiologia: di conseguenza, per controllare il
nostro comportamento dobbiamo controllare e dirigere i nostri stati d’animo,
per controllare questi ultimi dobbiamo controllare e dirigere le nostre
rappresentazioni interne e la nostra fisiologia.
Alcuni stati d’animo quali amore, fiducia in se stessi, forza
interiore, gioia, estasi generano la forza personale; altri stati d’animo quali
confusione, depressione, paura, ansia, tristezza, frustrazione rendono deboli.
Per questo il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci
si trova.
[9]Il testo
descrittivo - La descrizione o testo
descrittivo mostra con le parole com’è fatta una persona, un animale, una
cosa, un ambiente, descrivendone le caratteristiche e gli aspetti più
significativi.
La descrizione può
essere:
1. Oggettiva o impersonale: essa è caratterizzata dal fatto che chi comunica
(scrive o parla) vuole presentare
fedelmente la realtà attraverso una serie di dati condivisibili da tutti
cioè impersonalmente.Essa si ha
quando sono descritti dati fisici, utilizzando le informazioni che ci vengono dai sensi: (udito, vista, olfatto, gusto, tatto, cinestesia ed equilibrio, sensazione di dolore) gli atteggiamentie le abitudini
senza aggiungere impressioni, opinioni e sentimenti personali. Il linguaggioè ricco di aggettivi qualificativi e
di termini specifici. Iverbisono generalmente usati al tempopresente e le frasisono brevi e semplici. Lo scopo
è quello di fornire informazioni chiare, ordinatee corrette.
Es.: E’ una ragazza di vent’anni. E’ alta e magra. Ha la carnagione chiara e
gli occhi azzurri. Indossa un maglione di lana bianca e un paio di jeans
chiari. Ha con sé un cagnolino.
2. Soggettiva o personale: essa è caratterizzata dal fatto che chi comunica (scrive
o parla) ha l’intenzione di rappresentare la realtà, dando particolare rilievo
ai sentimenti, alleopinioni, alleriflessioni,alleesperienze personali.Il linguaggioè ricco di
aggettivi qualificativi, attraverso i quali sono espressi giudizi e
valutazioni, di paragoni e metafore. I verbi sono per lo più usati al
tempo passato e iperiodi sono lunghi e complessi. Lo scopo è quello di
rappresentare la realtà come appare a chi scrive, di creare un’atmosfera
particolare e di suscitareemozionie riflessioni.
Es.: E’ una ragazza giovane, splendida, bella come il sole. Ha un viso
luminoso e sorridente. I suoi capelli sono lunghi e luminosi come la sete. I
suoi occhi, azzurri come il cielo, infondono fiducia e simpatia. Veste in modo
semplice e sportivo: comodi e pratici jeans e un caldo maglione di lana bianca.
Passeggia con un simpatico e vivace cagnolino.
Dati da considerare per descrivere:
1. una persona
·
chi
è
·
come
si chiama
·
aspetto
fisico (la corporatura, la statura, la carnagione, il viso, gli occhi, il naso,
la bocca, i capelli, la voce)
·
abbigliamento:
il modo di vestire
·
il
carattere: qualità e difetti, l’intelligenza, i sentimenti.
·
il
temperamento: come si comporta solitamente, gli atteggiamenti, il modo di
parlare.
·
i
suoi interessi.
·
la condizione sociale: l’età, la famiglia, il tipo di lavoro, la ricchezza,
la povertà.
·
quali
sentimenti suscita.
2. un animale
- che animale è
- come si chiama
- ambiente in cui vive
- caratteristiche
fisiche
- da cosa è ricoperto
il suo corpo
- versi che produce
- il comportamento
- il rapporto che ha con te
- quali sentimenti suscita
[10]
Saturno: nome latino di Crono, figlio di Urano e Gea e fratello dei Ciclopi.
Tolse al padre il dominio del mondo e divorò i suoi figli per paura che lo
privassero del trono; solo Zeus riuscì a salvarsi e divenne così signore degli
dei. Dopo la riconciliazione fra padre e figlio Saturno ottenne il regno dei
morti.
[11]
Titani: figli di Urano e Gea, combatterono contro Zeus, ma, dopo la loro
sconfitta, furono buttati nel Tartaro.
[12] antiveggente: capace di
prevedere il futuro.
[13] divinatore: é sinonimo di
antiveggente ed indica dunque la capacità di scoprire gli avvenimenti futuri o
quelli presenti ignoti.
[14] immane: enorme, di
dimensioni smisurate.
[15] chiaroveggenza: capacità
di veder chiare le cose, anche quelle future.
[16] risoluto: sicuro, deciso
ad agire in un determinato modo.
[17] Nume Onnipossente: Giove.
La parola "nume" indica una divinità della mitologia.
[18] montagna radiosa:
l'Olimpo, sede degli dei.
[19] purpuree: di un color
rosso come la porpora.
[20]
fucine: propriamente indica il focolare su cui i fabbri arroventano il ferro
per batterlo all'incudine; qui per estensione indica il luogo, l'officina dove
Vulcano lavorava.
[21] monili: gioielli.
[22] etneo: dell'Etna.
[23] nettare: bevanda degli
dei.
[24] succo di rossi papaveri:
i semi di questo fiore contengono sostanze che favoriscono il sonno
[25] ferula: bastone che
rappresentava un simbolo di autorità.
[26] cavo: vuoto all'interno.
[27] firmamento: volta del
cielo.
[28] temerario: troppo ardito,
persona che non riflette sull'effettiva consistenza di un pericolo.
[29] Caucaso: alto sistema
montuoso dell'Asia, si estende dal Mar Nero al Caspio.
[30]
Ciclopi: giganti con un solo occhio, secondo alcune tradizioni lavoravano
nell'officina di Vulcano, secondo altre erano pastori.
[31] baratro: abisso.
[32] Ninfe: divinità minori
che abitavano i boschi, le selve e i corsi d'acqua.
[33] riarse: completamente
secche.
[34] roso: consumato, distrutto a poco a poco.
[35] abbacinati: accecati.
[36] Campi Elisi: i luoghi
dove si pensava che fossero accolti i giusti dopo la morte.
[37] alita: soffia.
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