XI UNITÀ
Educazione
letteraria. La metrica classica - Nell’età classica la poesia era
quantitativa, si basava cioè sull’alternanza tra sillabe lunghe e sillabe
brevi: il metro più diffuso era l’esametro, verso nei quali è scritto il poema[1] classico. Essa doveva essere letta o
declamata, scandendola rigorosamente a tempo, sebbene recenti studi linguistici
abbiano messo evidenza la natura melodica delle due lingue classiche, che la
faceva assomigliare quasi più alle lingue orientali che alle attuali lingue neolatine.
Comunicazione
Parafrasi
– La parafrasi indica la trasformazione di un testo scritto nella propria
lingua, ma in un registro linguistico distante (sia esso arcaico, elevato o
poetico) in prosa nel registro medio e attuale.
Il
processo di parafrasi prevede dunque operazioni come:
·
la
ricostruzione sintattica e delle figure sintattiche,
·
la
sostituzione degli scarti linguistici (forma
linguistica antica, scomparsa o desueta) e degli altri scarti linguistici[2]
·
l’esplicitazione
delle figure retoriche di significato
·
la
riscrittura in prosa del testo poetico.
Possono
anche essere operati dei chiarimenti di alcuni punti del testo: una buona
parafrasi include infatti tutti i dettagli e rende il testo originale più
semplice da comprendere. Poiché il testo risultante è normalmente più ampio del
testo di partenza, quest’operazione si oppone a quella del riassunto.
Come
necessario effetto collaterale della parafrasi, il profondo rapporto tra significante e significato, tipico della comunicazione letteraria e fulcro dei
testi poetici finisce normalmente sacrificato.
Riflessione sulla lingua. La ricostruzione
sintattica e delle figure sintattiche – La poesia fonda
il suo messaggio sulla ricerca di un linguaggio particolare, diverso da quello
ordinario ed ottiene quest’effetto anche modificando l’ordine che normalmente
le parole assumono all’interno di una frase.
Lo studio di questi cambiamenti
riguarda l’aspetto sintattico del testo poetico quindi la parafrasi deriva dall’osservazione su come vengono disposte le parole nella frase[3]
e le frasi nei periodi[4] e dalla modificazione della costruzione[5] secondo il linguaggio prosastico.
Alcuni di questi
cambiamenti, detti figure sintattiche, caratterizzavano la sintassi della
poesia classica e sono stati ampiamente utilizzati fino alla fine
dell’800.
La
poesia del ventesimo secolo utilizza di meno le figure sintattiche,
prediligendo invece le figure di significato, ma questo non significa che esse
non si trovino in moltissimi autori.
Tra
le più comuni figure sintattiche si trovano:
La tomba nel Busento a. D. 410
Di
August Graf von Platen trad. di Giosué Carducci
·
Prima della
definitiva caduta dell’impero romano si verificarono numerose incursioni dei
popoli barbari e, tra questi spiccò per violenza il popolo dei Goti che, al
comando del re Alarico nell’anno 409, valicate le Alpi Giulie discese il
Veneto, attraversò il Po e, seminando dovunque miseria e fame, giunse a Roma:
era l’anno 410.
·
L’esercito
barbaro entrò in Roma e i Goti la devastarono e la saccheggiarono per sei
giorni. Per ordine di Alarico furono rispettati gli edifici e le chiese
cristiane. Successivamente il re condusse il suo esercito, carico di bottino, verso
sud, attraversò la Campania e penetrò in Calabria in direzione di Reggio, ma
presso Cosenza, Alarico fu colto da violenta febbre malarica e in pochi giorni
morì. Prima di spirare ordinò che fosse sepolto nel letto del fiume Busento e
le cui rive gli ricordavano le natìe sponde del Danubio. I suoi soldati
attraverso il lavoro di migliaia di schiavi, in pochi giorni deviarono un
tratto del fiume e nel suo letto naturale scavarono una profonda fossa dove
deposero Alarico, a cavallo con tutte le sue armi. Quindi ricoprirono la fossa
e riportarono le acque del fiume nel suo percorso originario e, affinché
mai nessuno ne violasse la tomba, fecero strage tutti gli schiavi.
·
Con questa
lirica Carducci ci avvolge in un’atmosfera selvaggia e, quasi in una realtà
virtuale, e ci coinvolge in un dramma pagano nel quale par di udire i cupi
canti e i rulli dei tamburi, in una notte di lutto vagamente rischiarata dai
fuochi dell’accampamento. Sentiamo vivissima l’emotività serpeggiare tra quegli
uomini e, pervasi da empatica tristezza, scordiamo per un istante le atrocità
che quei barbari per anni perpetrarono.
·
Questa armoniosa
lirica, già di per sé esaustiva pur nella breve descrizione di quel momento
storico, con l’incalzante ritmicità nella diffusa rude malinconia dell’evento,
svela la commossa partecipazione del Poeta nel dipingerci un realistico
scenario impregnato di vita e di morte.
1.
Cupi
a notte canti suonano
Da Cosenza su ‘l Busento[15],
Cupo il fiume gli rimormora[16]
Dal suo gorgo sonnolento.
Da Cosenza su ‘l Busento[15],
Cupo il fiume gli rimormora[16]
Dal suo gorgo sonnolento.
2.
Su
e giù pe ‘l fiume passano
e ripassano ombre lente:
Alarico[17] i Goti piangono,
il gran morto di lor gente.
e ripassano ombre lente:
Alarico[17] i Goti piangono,
il gran morto di lor gente.
3.
Ahi
sì presto e da la patria
così lungi avrà il riposo,
mentre ancor bionda per gli omeri
va la chioma al poderoso[18]!
così lungi avrà il riposo,
mentre ancor bionda per gli omeri
va la chioma al poderoso[18]!
4.
Del
Busento ecco si schierano
su le sponde i Goti a pruova[19],
e dal corso usato il[20] piegano
dischiudendo[21] una via[22] nuova.
su le sponde i Goti a pruova[19],
e dal corso usato il[20] piegano
dischiudendo[21] una via[22] nuova.
5.
Dove
l’onde pria muggivano,
cavan[23], cavano la terra;
e profondo il corpo calano,
a cavallo, armato in guerra.
cavan[23], cavano la terra;
e profondo il corpo calano,
a cavallo, armato in guerra.
6.
Lui
di terra anche ricoprono
e gli arnesi[24] d’or lucenti:
de l’eroe crescan su l’umida
fossa l’erbe de i torrenti!
e gli arnesi[24] d’or lucenti:
de l’eroe crescan su l’umida
fossa l’erbe de i torrenti!
7.
Poi,
ridotto[25] a
i noti tramiti,
il Busento lasciò l’onde
per l’antico letto valide.
spumeggiar tra le due sponde.
il Busento lasciò l’onde
per l’antico letto valide.
spumeggiar tra le due sponde.
8.
Cantó
allora un coro d’uomini:
– Dormi, o re, ne la tua gloria!
Man romana mai non víoli
la tua tomba e la memoria! –
– Dormi, o re, ne la tua gloria!
Man romana mai non víoli
la tua tomba e la memoria! –
9.
Cantó,
e a lungo il canto udivasi[26]
per le schiere gote errare:
recal[27] tu, Busento rapido,
recal tu da mare a mare.
per le schiere gote errare:
recal[27] tu, Busento rapido,
recal tu da mare a mare.
LAVORIAMO SUL TESTO
Lessico
1.
In
questa poesia Carducci parlando, del Busento lo definisce fiume: in realtà esso
fa parte del bacino idrografico del Crati. Spiega con l’aiuto del vocabolario
che cosa si intende per fiume, canale, torrente ruscello, affluente, emissario,
immissario ed infine che cosa si intende per bacino idrografico.
2. Individua gli scarti linguistici
presenti nel testo e, per ciascuno scarto, dopo averlo classificato, indicane
la definizione, dopo un’accurata scelta nel vocabolario.
Figure sintattiche
3.
Individua
e trascrivi tutte le figure sintattiche presenti nel testo ricostruiscile
sintatticamente svolgine l’analisi logica e spiega eventualmente la loro
finzione.
4.
Di
figure sintattiche incontrate fanne un esempio come se volessi pubblicizzare
dei prodotti da immettere sul mercato
Struttura
5.
In
quante parti può essere divisa la poesia?
6.
Individua
i nuclei delle singole parti, riassumendo in poche parole ciascun nucleo.
Analisi del testo
7.
Il testo fa leva principalmente su descrizioni[28],
su ragionamenti[29],
su emozioni[30]?
Argomenta la tua risposta indicando come e perché.
8.
A
quale genere letterario[31]
appartiene il testo? A quale sottogenere letterario appartiene il testo? Rispetto alla definizione tradizionale del
genere letterario o del sottogenere, che cosa mantiene e che cosa
trasforma?
Le lacrime di Galla
Placidia (a. D. 437)
Valeria
si stava incamminando lungo una strada di Ravenna[32] che
conduceva al mausoleo di Galla Placidia[33],
dove lavorava suo padre come mosaicista[34].
Era una splendida giornata, l’ideale per una passeggiata, ma la bambina non
immaginava neanche lontanamente quello che le sarebbe capitato.
Infatti,
mentre camminava lentamente, fantasticando chissà quali cose meravigliose, udì
dei passi provenire in lontananza. La sua gioia fu grande quando vide un intero
corteo di soldati e damigelle, ma non essendo molto alta non riusciva a vedere
chi fosse l’illustre personaggio che procedeva con tale scorta; comunque fece
in tempo a godersi tutto il corteo.
I
bellissimi occhi azzurri della bambina non smettevano di guardare con curiosità
le sontuose vesti, i bei copricapi, le lance e i mantelli con ricami dorati.
Purtroppo
il corteo si allontanò e Valeria non riuscì a godersi lo spettacolo multicolore
che era assai raro vedere.
Un
po’ scoraggiata, riprese il cammino, ma fu di nuovo allegra quando, voltato
l’angolo, si accorse che il corteo si era fermato proprio davanti al mausoleo
di Galla Placidia. “Ma allora” esclamò Valeria “è proprio lei il personaggio
illustre che viaggia con tutta quella scorta: Galla Placidia, la nostra regina!
Oh! Come desidererei vederla e conoscerla! Ma non mi faranno certo passare
quelle guardie dall’aspetto così minaccioso… Comunque un sistema lo troverò!”.
Cercando
di non farsi notare si nascose dietro un grande albero che nascondeva bene il
suo sottile corpo: da lì era facile vedere tutto quello che poteva accadere.
Aguzzando
la vista poté scorgere varie donne e soldati e perfino suo padre, ma della
regina nessuna traccia. Finalmente ella arrivò ed era splendida: comunicava una
grande sensazione di sicurezza per il suo portamento fiero e dignitoso; aveva i
capelli raccolti da un diadema e bellissime vesti provenienti da chissà dove;
anche se non aveva molti gioielli era bellissima ed elegante; le altre
damigelle, pur graziose, in confronto a lei erano insignificanti.
Valeria
seguì con lo sguardo la regina quando entrò nel piccolo mausoleo: esternamente
l’edificio era molto spoglio, ma, come le aveva spiegato suo padre, dentro era
scintillante di mosaici multicolori. Valeria si avvicinò, senza essere vista,
al mausoleo e diede un’occhiatina all’interno: proprio al centro vi era Galla
Placidia.
La
regina guardava i bellissimi mosaici che, sulla volta[35],
rappresentavano un cielo turchino punteggiato di stelle d’oro.
Anche
se il mausoleo aveva pochissime e piccolissime finestre, da cui entravano tenui
raggi di luce, ci si abituava facilmente al buio e gli occhi della bambina
poterono distinguere abbastanza chiaramente i colori e le figure.
Ovunque
regnavano colori come l’azzurro, il blu e il giallo oro. Valeria notò che la
regina ammirava particolarmente la cupola tempesta di giri concentrici di stelle
d’oro e le bianche colombe che si abbeveravano a una fontana.
Seguendo
gli occhi della regina la bimba capì che ella guardava con attenzione i
dettagli, la disposizione delle tessere dei mosaici. “Forse” pensò Valeria
“cerca di immedesimarsi ne paziente lavoro dei musivari[36] e
si sforza di immaginare come sarà l’opera ultimata”.
Intanto
Galla Placidia stava ammirando i mosaici e non si era accorta della presenza di
Valeria; infatti guardava con attenzione la lunetta raffigurante il Buon
Pastore con tante pecorelle intorno[37].
Gesù
aveva un’espressione pensosa; indossava splendidi abiti dorati che risaltavano
sul cielo azzurro. “Vedendo un mosaico” pensava la bimba “sembra un’opera
facile da realizzare, ma io mi ricordo ancora le tante fatiche compiute da mio
padre; ricordo quando lavorava anche se il tramonto volgeva al termine, per
completare una scena”.
Valeria
si domandava se i mosaici piacessero alla regina.
Ci
mise un po’ di tempo a vedere l’espressione del viso di Galla Placidia, cosa
difficile con tutto quel buio, ma quando riuscì a scorgerla, grande fu la sua
sorpresa alla vista delle lacrime che scorrevano lungo le candide guance della
regina.
“Chissà
se sono lacrime di gioia o di dolore?” si domandò la bambina “a cosa starà
pensando? Perchè piange?”.
La
regina, ora, non sembrava più imponete, ma appariva piccola, così sola e
bisognosa di essere protetta che la bambina, se non si fosse ricordata che era
la sua regina, sarebbe di certo andata a consolarla, com’era solita fare quando
una sua amica si trovava in difficoltà.
Galla
Placidia, come se avesse letto le domande nella mente della bambina, si sedette
su uno sgabello piuttosto rozzo, che serviva alle persone addette alla
costruzione del mausoleo e cominciò a parlare tra sé e sé, non distogliendo gli
occhi dai mosaici; benché le lacrime le scorressero lungo le guance, la sua
voce era chiara e Valeria non fece fatica a capire quello che diceva.
Mentre
parlava, i sui occhi, il suo viso, tutto di lei assumeva un’espressione antica
e anche se i capelli erano sempre dello stesso colore, la bambina ebbe
l’impressione di avere davanti a sé una donna molto più anziana, simile a tante
altre, sconvolta e timorosa per l’avvenire dei suoi figli; ma non poté fare
altre osservazioni perché la regina aveva già iniziato a rievocare la sua vita:
“Sono nata in una potente famiglia; infatti mio padre era un imperatore romano:
il grande Teodosio[38].
Fin da piccola sono cresciuta nella ricchezza e sono stata educata dai migliori
maestri; avevo due fratelli, Arcadio e Onorio[39],
che alla morte di mio padre si divisero l’Impero d’Occidente e d’Oriente. Mio
fratello Onorio spostò la capitale a Ravenna, perché Roma non era ritenuta più
tanto sicura.”[40]
Si
fermò come se continuare fosse per lei troppo doloroso, ma poi riprese: “Ricordo
ancora quando arrivò Alarico[41]
che saccheggiò e distrusse tutto; ricordo anche il messaggio del senato
che diceva di scappare perchè la città non era più sicura: tutta la gente
atterrita correva nella speranza di raggiungere la salvezza, mentre l’odore
della morte regnava nelle strade. A stento ero riuscita a salvarmi da quella
rovina. Accadde poi un evento che io giudico il peggiore della mia vita:
infatti, anche se ero ancora molto giovane, mi costrinsero a sposarmi con
Ataulfo[42],
re dei Visigoti, successore di Alarico.”
S’interruppe
e, ridendo amaramente, disse: “Come potevano pensare che io sarei stata felice
di sposare un parente di colui che aveva distrutto la mia città? Comunque non
accettarono rifiuti e io fui costretta a sposarmi.
Mi
risposai, in seguito, con il patrizio Costanzo dal quale ebbi due figli: Onoria
e Valentiniano[43];
ora governo in nome di mio figlio, che è ancora troppo giovane per assumere il
potere; il mio desiderio più grande sarebbe che lui crescesse sereno, che
diventasse un re buono e giusto e che il popolo lo potesse apprezzare per
quello che è”.
Guardava,
intanto, la regina, alcuni mosaici che rappresentavano apostoli vestiti come i
senatori romani, con la lunga toga bianca.
Galla
Placidia proseguì: “Anche se sono abbastanza giovane, mi sento già molto stanca
e ho paura per quello che potrà accadere ai miei figli, soprattutto a Onoria,
che è ancora una bambina, ma anche a Valentiniano; io forse non ci sarò più
quando loro saranno grandi, ma spero che la vita riservi loro anche cose belle,
non tragiche come quelle che io ho subito…”.
Rimase
un attimo pensosa, poi alzò la testa e disse: “Ora, però, è meglio andare”.
In
fretta si asciugò le lacrime e il suo viso ritornò fiero e sicuro; com’era
diversa ora dalla donna che piangeva su quel rozzo sgabello dov’era prima!
Valeria poté sentire gli elogi che la regina faceva alle persone addette ai
mosaici. Poi il corteo si allontanò.
Valeria
provava ammirazione e insieme compassione per Galla Placidia: ella voleva
infatti mostrarsi energica, ma forse in realtà era debole come un fiore che
all’arrivo del vento si piega e perde i candidi petali, triste presagio di
tempi futuri, ancora più drammatici per l’impero romano[44].
Valeria
sapeva che, se anche la regina se n’era andata, sarebbe rimasto sempre un
ricordo di lei in quell’ambiente e nella sua mente; inoltre era sicura che,
anche non avendola vista, la regina avesse voluto dividere con lei il suo
segreto, il segreto della sua vita.
Valeria
giurò a se stessa che non ne avrebbe mai parlato con nessuno, ma che avrebbe
custodito quel grande segreto come in uno scrigno, prezioso e dorato com’era il
mausoleo di Galla Placidia[45].
LAVORIAMO SUL
TESTO
Comprensione
1.
Dividi il testo in sequenze: per ogni
sequenza indica un titolo e la natura della sequenza infine riassumi la
sequenza in poche parole, cercando di non superare per ogni periodo le trenta
parole che hanno un significato (nomi, pronomi, aggettivi, verbi e avverbi).
2.
Qual è il tema[46]
centrale del componimento e com’è esposto? Quali sono, se
ci sono, i temi secondari e come sono esposti? Quali sono i
nessi di relazione[47]
fra il tema-centrale e gli eventuali temi secondari?
3.
Analizza in dettaglio, enunciandone però la trattazione,
una situazione[48]
o un personaggio[49]
o qualche particolare immagine presente nel brano, spiegandone la relazione con il tema centrale del componimento.
5.
La vicenda è narrata da un narratore esterno[53]
o in prima persona un narratore interno[54]?
Se si tratta di un narratore esterno, è un narratore onnisciente[55]
che esplicita la propria presenza ed esprime giudizi personali
oppure è un narratore occulto[56]
che si limita a raccontare le azioni e a descrivere i
personaggi? inoltre, il punto di vista del narratore esterno o neutro oppure,
in qualche momento o in tutta la vicenda, coincide con il punto di vista di
qualche personaggio? infine, questo punto di vista cambia, nel corso della
narrazione? Se si tratta di un narratore interno chi è? inoltre è il protagonista
della vicenda o un personaggio secondario o
uno spettatore? infine, dichiara il proprio ruolo oppure lo si deduce dal racconto?
6.
Nella
vicenda vi è un protagonista[57]?
di chi si tratta? vi è un antagonista[58]?
di chi si tratta? vi è un oggetto[59]?
di chi o di che cosa si tratta? infine ci sono personaggi secondari come
aiutanti[60]
ed oppositori[61]?
di chi si tratta? Protagonisti e personaggi secondari sono negativi o positivi?
quali sono, inoltre, da che cosa
emergono le caratteristiche principali dei personaggi?
quale relazione esiste infine tra i personaggi del brano? Quale particolare significato conferisce alla vicenda il ruolo
assunto dai personaggi ed il rapporto fra i personaggi?
Nel brano sono chiaramente distinguibili
le parti in cui i personaggi agiscono da quelle in cui parlano o esprimono i loro pensieri? I pensieri o le parole dei
personaggi vengono presentati
XII
unità
Riflessioni
sulla lingua. Complemento di
paragone –
Il complemento di paragone indica il secondo termine di un confronto.
Risponde
alla domanda: di chi?, dopo il comparativo di maggioranza o minoranza; come?
quanto? dopo un comparativo[62].
Riflessioni
sulla lingua. Complemento
partitivo -
Il complemento partitivo, è il complemento che indica l’insieme di cui fa parte
l’elemento di cui si parla.
Il
complemento risponde alle domande: tra chi? tra che cosa? all’interno di quale
insieme?
Es:. Il lupo era il più cattivo degli
abitanti del bosco
Es:. Chi di voi non ha mai sentito la
favola di Cappuccetto Rosso?
·
un
sostantivo che indica una quantità.
Es:.
Una parte di noi non accettò la proposta.
·
un
pronome numerale.
Es.:
A caso verranno scelti quattro fra i
partecipanti.
·
un
aggettivo superlativo relativo.
Es.:
La balena è il più grande tra i mammiferi
marini.
·
un
pronome interrogativo.
Es.: Quale delle seguenti parole è un avverbio?
·
un
pronome indefinito.
Es.:
Ciascuno dei membri del circolo riceverà
l’invito.
Può
essere introdotto dalle preposizioni “di”, “tra” e “fra”.
Riflessioni
sulla lingua. Proposizioni
comparative – Le
proposizioni comparative sono quelle proposizioni che contengono un confronto
con la reggente, compiono cioè il medesimo ufficio del complemento di paragone;
perciò si distinguono in comparative di
uguaglianza, di maggioranza e minoranza.
Esse
sono quasi sempre esplicite, eccetto quelle rette da piuttosto che.
Es.:
Voglio studiare piuttosto che giocherellare.
Le
proposizioni comparative sono collegate alla reggente dalle espressioni: più (meno)... che, più (meno)... di quanto, più
(meno)... di quello che, ecc.; al posto di più può esserci meglio,
al posto di meno può esserci peggio. Usano l’indicativo e il
congiuntivo.
Es.:
Il mio nuovo vestito è più elegante di
quanto pensassi. (Proposizione subordinata comparativa di maggioranza).
Es.:
È un libro meno interessante di quanto
pensassi. (Proposizione subordinata comparativa di minoranza).
Es.:
Ho lavorato più di quanto mi fosse
consentito. (Proposizione subordinata comparativa di uguaglianza).
Educazione
letteraria L’esplicitazione delle figure retoriche di significato - Ogni volta che
si usa la lingua, allontanandosi dall’uso standard per ottenere un effetto di
maggiore efficacia si dice che si usa una figura:
essa è quindi l’uso della lingua in modo più o meno distante dall’uso standard.
Lo
studio delle combinazioni possibili e degli effetti determinati da un uso
lontano da quello standard fu iniziato dai Greci nel sec. V a.C.; i Greci
chiamarono retorica (l’arte del dire) questa disciplina.
Le
più comuni figure retoriche del significato sono:
- Allegoria[63]
- antitesi[64],
- Ellissi[65]
- Eufemismo[66]
- Iperbole[67]
- litote[68]
- metafora[69]
- metonimia[70]
- ossimoro[71]
- personificazione[72]
- Preterizione[73]
- Prosopopea[74]
- Similitudine[75]
- Sineddoche[76].
- sinestesia[77]
La
leggenda di Teodorico a. D. 526
Da
Rime
Nuove di Giosuè Carducci
·
Teodorico, Re degli Ostrogoti, della famiglia degli Amali, è
spesso definito “il Grande” per distinguerlo da altri re dei Goti e dei Franchi
che ebbero lo stesso nome. Egli ebbe tre sedi o Palazzi Reali: in Verona, in
Ravenna e in Pavia.
·
Nel Medioevo la fortuna di questo re d’Italia fu vasta: egli
fu considerato il massimo eroe del periodo delle grandi migrazioni. La sua vita
è passata nel mito e nella leggenda, con tre cicli narrativi distinti:
Teodorico e Ermanarico, le gesta di Teodorico, la sua fine. Il nucleo della
vicenda di Ermanarico e Teodorico è pressappoco questo: Teodorico, cacciato
dallo zio Ermanarico e fugge in esilio. Si rifugia alla corte del re unno Etzel
(Attila), con l’aiuto del quale intraprende diversi tentativi di riconquista
che falliscono. Dopo trent’anni riesce a tornare in possesso della sua terra.
La leggenda che mette insieme personaggi di epoche diverse (Ermanarico morì nel
375, Attila nel 453), è l’impresa principale della vita di Teodorico: la
fondazione di un regno in Italia.
·
Le gesta di Teodorico, per molti versi simile al ciclo di re
Artù, vertono su combattimenti favolosi che del re-eroe contro gli avversari
più diversi, per lo più esseri soprannaturali, come giganti e draghi. Le
composizioni poetiche tedesche relative a questo ciclo sono per lo più
ambientate sulle montagne dell’Alto Adige.
·
Un’opera letteraria di particolare rilievo è la
“Thidrekssaga”, databile verso il 1250, la lunga “saga di Teodorico”, una
specie di biografia completa e allargata, realizzata probabilmente in Norvegia,
ma su materiali di origine tedesca. La narrazione vuole che, dopo la giovinezza
e la sua educazione presso Ildebrando, Teodorico si rifugi in esilio da Attila
(che tiene corte in Germania). Egli combatte poi contro Ermanrico e rientra a
Roma.
·
Nel 524 il re ostrogoto Teodorico fece giustiziare Severino
Boezio, già suo consigliere particolare, perché coinvolto con il padre, lo zio
e altri personaggi di corte in una congiura - vera o supposta - contro
Teodorico stesso. Simmaco, suocero di Boezio, fu travolto nella stessa sua
disgrazia e messo a morte nel 525 per ordine di Teodorico. Noto per la sua
vastissima cultura, fu autore di una Historia romana, oggi perduta.
·
I contrasti alla corte ostrogota, tra i nobili romanici e il gruppo
dirigente ostrogoto causarono molti odi al giovane re Teodorico, tanto che la
sua morte è misteriosa e ammantata di diverse leggende. Una leggenda pavese vuole che il
fantasma di Boezio si aggirasse per i luoghi della sua esecuzione, con la
propria testa sotto il braccio.
·
Una leggenda, raccolta da Procopio verso il 550, racconta
che, durante un pranzo di corte, la vista di un piatto di portata con la testa
un grosso pesce che aveva gli occhi vitrei fuori delle orbite ricordasse al re
Teodorico il tipo di morte inflitto al suo consigliere Simmaco e che il re,
sconvolto da tale visione, cadesse a sua volta morto per improvviso
soffocamento. L’Anonimo Valesiano
lo fa morire di diarrea per punizione divina, dopo tre giorni di atroci
sofferenze, proprio come era accaduto ad Ario, ii fondatore della setta eretica
cui Teodorico aderiva.
·
La Thidrekssaga racconta che, visto un bellissimo cervo nelle
vicinanze della reggia, il re ordinò di condurgli cavallo e cani. Ma ecco che
scorse a poca distanza un cavallo nero mai vista prima, già sellato. Teodorico
gli saltò in groppa e iniziò a cavalcare freneticamente verso l’ignoto,
tentando invano di smontare. Il cavallo era il diavolo in persona, che lo aveva
rapito. A questa versione si è attenuto Giosue Carducci nella sua Leggenda di
Teodorico. Nei suoi Dialoghi papa Gregorio Magno (540-604 ca.) riferisce che
Teodorico precipitò nel cratere delI’Etna, spinto dalle sue vittime Boezio e
Simmaco, cui l’autore aggiunge, non sappiamo quanto a ragione, il pontefice
Giovanni.
1.
Su
'l castello di Verona
batte il sole a mezzogiorno,
da la Chiusa al pian rintrona[78]
solitario un suon di corno,
mormorando per l'aprico[79]
verde il grande Adige va;
ed il re Teodorico[80]
vecchio e triste al bagno sta.
batte il sole a mezzogiorno,
da la Chiusa al pian rintrona[78]
solitario un suon di corno,
mormorando per l'aprico[79]
verde il grande Adige va;
ed il re Teodorico[80]
vecchio e triste al bagno sta.
2.
Pensa
il dí che a Tulna ei venne
di Crimilde[81] nel conspetto
e il cozzar di mille antenne
ne la sala del banchetto,
quando il ferro d'Ildebrando[82]
su la donna si calò
e dal funere nefando[83]
egli solo ritornò[84].
di Crimilde[81] nel conspetto
e il cozzar di mille antenne
ne la sala del banchetto,
quando il ferro d'Ildebrando[82]
su la donna si calò
e dal funere nefando[83]
egli solo ritornò[84].
3.
Guarda
il sole sfolgorante
e il chiaro Adige che corre,
guarda un falco roteante
sovra i merli de la torre;
guarda i monti da cui scese
la sua forte gioventù,
ed il bel verde paese[85]
che da lui conquiso[86] fu.
e il chiaro Adige che corre,
guarda un falco roteante
sovra i merli de la torre;
guarda i monti da cui scese
la sua forte gioventù,
ed il bel verde paese[85]
che da lui conquiso[86] fu.
— Sire, un cervo mai sì bello
non si vide a l'età nostra[89].
Egli ha i piè d'acciaro a smalto,
ha le corna tutte d'òr.—
Fuor de l'acque diede un salto
il vegliardo cacciator.
non si vide a l'età nostra[89].
Egli ha i piè d'acciaro a smalto,
ha le corna tutte d'òr.—
Fuor de l'acque diede un salto
il vegliardo cacciator.
5.
I
miei cani, il mio morello[90],
il mio spiedo[91] — egli chiedea;
e il lenzuol quasi un mantello
a le membra si avvolgea.
I donzelli ivano[92]. In tanto
il bel cervo disparí,
e d'un tratto al re da canto
un corsier[93] nero nitrí.
il mio spiedo[91] — egli chiedea;
e il lenzuol quasi un mantello
a le membra si avvolgea.
I donzelli ivano[92]. In tanto
il bel cervo disparí,
e d'un tratto al re da canto
un corsier[93] nero nitrí.
6.
Nero
come un corbo vecchio,
e ne gli occhi avea carboni.
Era pronto l'apparecchio[94],
ed il re balzò in arcioni[95].
Ma i suoi veltri ebber timore
e si misero a guair[96],
e guardarono il signore
e no 'l vollero seguir.
e ne gli occhi avea carboni.
Era pronto l'apparecchio[94],
ed il re balzò in arcioni[95].
Ma i suoi veltri ebber timore
e si misero a guair[96],
e guardarono il signore
e no 'l vollero seguir.
7.
In
quel mezzo il caval nero
spiccò[97] via come uno strale
e lontan d'ogni sentiero
ora scende e ora sale:
via e via e via e via,
valli e monti esso varcò.
Il re scendere vorría[98],
Ma staccar non se ne può.
spiccò[97] via come uno strale
e lontan d'ogni sentiero
ora scende e ora sale:
via e via e via e via,
valli e monti esso varcò.
Il re scendere vorría[98],
Ma staccar non se ne può.
8.
Il
più vecchio ed il più fido
lo seguía de' suoi scudieri,
e mettea d'angoscia un grido
per gl'incogniti[99] sentieri:
— O gentil re de gli Amali[100],
ti seguii ne' tuoi be' dí[101],
ti seguii tra lance e strali,
Ma non corsi mai cosí.
lo seguía de' suoi scudieri,
e mettea d'angoscia un grido
per gl'incogniti[99] sentieri:
— O gentil re de gli Amali[100],
ti seguii ne' tuoi be' dí[101],
ti seguii tra lance e strali,
Ma non corsi mai cosí.
9.
Teodorico
di Verona,
dove vai tanto di fretta?
Tornerem, sacra corona,
a la casa che ci aspetta? —
— Mala bestia è questa mia,
mal cavallo mi toccò:
sol la Vergine Maria
sa quand'io ritornerò. —
dove vai tanto di fretta?
Tornerem, sacra corona,
a la casa che ci aspetta? —
— Mala bestia è questa mia,
mal cavallo mi toccò:
sol la Vergine Maria
sa quand'io ritornerò. —
10.
Altre
cure[102]
su nel cielo
ha la Vergine Maria:
sotto il grande azzurro velo
Ella i martiri covría[103],
Ella i martiri accoglieva
de la patria e de la fé[104];
e terribile scendeva
Dio su 'l capo al goto re.
ha la Vergine Maria:
sotto il grande azzurro velo
Ella i martiri covría[103],
Ella i martiri accoglieva
de la patria e de la fé[104];
e terribile scendeva
Dio su 'l capo al goto re.
11.
Via
e via su balzi e grotte
va il cavallo al fren ribelle:
ei s'immerge ne la notte,
ei s'aderge[105] in vèr'[106] le stelle.
Ecco, il dorso d'Appennino
fra le tenebre scompar,
e nel pallido mattino
mugghia a basso il tosco[107] mar.
va il cavallo al fren ribelle:
ei s'immerge ne la notte,
ei s'aderge[105] in vèr'[106] le stelle.
Ecco, il dorso d'Appennino
fra le tenebre scompar,
e nel pallido mattino
mugghia a basso il tosco[107] mar.
12.
Ecco
Lipari, la reggia
di Vulcano ardua[108] che fuma
e tra i bòmbiti[109] lampeggia
de l'ardor[110] che la consuma:
quivi giunto il caval nero
contro il ciel forte springò[111]
annitrendo; e il cavaliero
nel cratere inabissò.
di Vulcano ardua[108] che fuma
e tra i bòmbiti[109] lampeggia
de l'ardor[110] che la consuma:
quivi giunto il caval nero
contro il ciel forte springò[111]
annitrendo; e il cavaliero
nel cratere inabissò.
13.
Ma
dal calabro confine
che mai sorge in vetta al monte?
Non è il sole, è un bianco crine;
non è il sole, è un'ampia fronte
sanguinosa, in un sorriso
di martirio e di splendor:
di Boezio[112] è il santo viso,
del romano senator.
che mai sorge in vetta al monte?
Non è il sole, è un bianco crine;
non è il sole, è un'ampia fronte
sanguinosa, in un sorriso
di martirio e di splendor:
di Boezio[112] è il santo viso,
del romano senator.
LAVORIAMO SUL TESTO
Lessico
1. Individua gli scarti linguistici presenti nel testo e, per ciascuno
scarto, dopo averlo classificato, indicane la definizione, dopo un’accurata
scelta nel vocabolario.
2. Nel brano l'autore fa ricorso a termini letterari, aulici, poetici.
Individuali e spiegane significato e valore.
Sintassi
9.
Dal punto di vista sintattico, prevalgono costruzioni
difficili, elaboratissime, o espressioni colloquiali? Una
volta individuata la prevalenza, spiegane le motivazioni.
10.
Individua
e trascrivi tutte le figure sintattiche presenti nel testo ricostruiscile
sintatticamente svolgine l’analisi logica e spiega eventualmente la loro
finzione.
Struttura
11.
In
quante parti può essere divisa la poesia?
12.
Individua
i nuclei delle singole parti, e, individuandone la natura, riassumi in poche
parole ciascun nucleo.
Analisi del testo
13. Il testo fa leva principalmente su descrizioni, su ragionamenti, su
emozioni? Argomenta la tua risposta indicando come e perché.
14. A quale genere
letterario appartiene il testo? A quale sottogenere letterario appartiene il testo? Rispetto alla definizione tradizionale del
genere letterario o del sottogenere, che cosa mantiene e che cosa
trasforma?
15.
Quali
sono nel testo le figure del significato (metafora,
similitudine, allegoria, metonimia, sineddoche, personificazione, antitesi,
ossimoro, litote, iperbole sinestesia)
ed in quali versi compaiono?
Le figure retoriche utilizzate sono
ricercate, letterarie, oppure fanno riferimento alla realtà quotidiana della
situazione descritta e sono caratterizzate dalla concretezza.
[1] Poema - Un poema è una composizione
letteraria in versi, per lo più di carattere narrativo o didascalico e di ampia
estensione, spesso suddivisa in più parti.
Con
questo termine si intende generalmente il genere
letterario che comprende tali
composizioni.
Un
poema è in genere scritto in versi endecasillabi, perché sono versi narrativi,
serve per raccontare, ed è molto più lungo di una poesia.
Ha
tre momenti fissi:
·
Protasi: riassunto in
pochi versi di tutto il contenuto dell’opera;
·
Invocazione: richiesta di
aiuto (ispirazione) ad un’entità superiore (dèi,
muse della letteratura nell’età
classica, Maria nella letteratura
religiosa del cristianesimo, oppure una vera donna come nel caso di Ludovico
Ariosto)
·
Dedica: nel poema
classico, la dedica non è presente in modo scritto perché era destinato alla
declamazione orale, dal medioevo in poi la dedica sarà presente per dimostrare
gratitudine a chi ospita l’autore.
Un
poema può avere vario tono ed argomento e si può distinguere fra l’altro, a
seconda della materia, in:
·
Poema
cavalleresco - è
un insieme di narrazioni e di poemi che trattano tematiche inerenti le gesta
dei cavalieri medievali. Si distingue
dalla letteratura epica in quanto alterna i toni tipici dell'epica con quelli
satirici o grotteschi, per la presenza di interventi soggettivi dell'autore e
per la grande varietà delle azioni descritte. Nel Medioevo e nel Rinascimento
furono composti in Europa numerosi poemi epici, comunemente raccolti sotto la
definizione di epica cavalleresca, perché narrano le imprese dei cavalieri
medioevali. Pur ispirandosi alla figura del cavaliere,
questi poemi sono spesso molto diversi tra loro. Evidenti sono ad esempio le
differenze tra due forme di narrazione epica nate entrambe in Francia: le chansons de geste (materia di Francia) e i romanzi cavallereschi del ciclo di re Artù (materia di Bretagna). I miti e le leggende dei popoli germanici
trovarono la loro espressione più importante nel Canto dei Nibelunghi, mentre gli sviluppi della poesia epica in
Italia ci mostrano la trasformazione subita nel tempo dall'immagine del
cavaliere: il passaggio dagli ideali e dai valori del Medioevo a quelli del mondo rinascimentali modifica profondamente
le caratteristiche degli eroi, come risulta evidente, in particolare, dall'Orlando furioso di Ludovico Ariosto.
·
Poema
didascalico - è
un genere letterario che, in forma di poema si propone di impartire un
ammaestramento scientifico, religioso, morale, dottrinale, etc. Il più antico
esempio è costituito dal breve poema Le
opere e i giorni di Esiodo,
risalente all'VIII sec. a.C. contenente una serie di consigli per le opere
agricole delle singole stagioni. Nel poema esiodeo il poeta impartisce agli
uomini consigli pratici per l'attività fondamentale in una comunità agricola.
La poesia didascalica è diffusa nella Letteratura greca e nel III sec a.C.
secolo nell'opera I fenomeni di Arato ed è stata ripresa dalla
Letteratura latina, con il capolavoro De
rerum natura di Lucrezio.
Rientrano nel genere didascalico anche le Georgiche
di Virgilio, composte intorno al 30
a .C. La poesia didascalica è presente anche
abbondantemente nella Letteratura italiana fino da Bonvesin de la Riva ,
Brunetto Latini e Dante.
·
Poema epico
·
Poema eroico
·
Poema eroicomico
è
un genere letterario del XVII secolo che ribalta le tecniche stilistiche e i
cliché della poesia epica allo scopo di ottenere un effetto comico.
·
Poema sinfonico - Il poema sinfonico è una composizione
musicale di solito di ampio respiro che sviluppa musicalmente una idea poetica,
ispirata a una opera letteraria in versi o in prosa o ad un'opera figurativa o
filosofica. È una derivazione diretta della musica
a programma che fu una delle forme predilette dai musicisti romantici, ad
esempio Hector Berlioz nella sua Sinfonia
fantastica e nell'Aroldo in Italia.
[2] Scarto linguistico – vedi modulo I
[3] Frase – vedi modulo I
[4] Periodo: è l’insieme di due o più proposizioni collegate in
successione logica in modo da formare un’unità funzionale autonoma; le
struttura del periodo si distingue in:
·
paratattica quando le proposizioni di un
discorso sono coordinate fra loro, senza utilizzare alcuna congiunzione;
·
ipotattico quando il rapporto di
subordinazione che esiste tra due frasi viene evidenziato mediante un segno
funzionale.
[5] Costruzione: è un’ordinata disposizione delle parole in una frase o
delle frasi in un periodo.
[6] Anafora: l’anafora
consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di più versi o
enunciati successivi.
Es.: Per me si va nella città dolente,
per
me si va nell’etterno dolore,
per
me si va tra la perduta gente.
Come l’allitterazione, anche l’anafora si presenta
con frequenza nel linguaggio pubblicitario, per richiamare l’attenzione
dell’ascoltatore.
Es.: Selenia, speciale formula Alfa Romeo...
Selenia, il motore dei nuovi motori.
[7] Anastrofe o inversione: l’anafora o inversione consiste nel capovolgimento dell’ordine di alcuni
elementi della frase.
Es.: sempre
caro mi fu quest’ermo colle”
al posto di quest’ermo
colle mi fu sempre caro.
[8] Antitesi: l’antitesi consiste nella contrapposizione di idee, espressa mettendo
in corrispondenza parole di significato opposto; conferisce a due immagini
consecutive e spesso simmetriche un maggior rilievo, facendo leva sulla loro
più o meno accentuata contrapposizione.
Es.:
Pace non trovo e non ho da far guerra
di
fuor si legge com’io dentro avvampi
[9] Asindeto: l’asindeto consiste nell’eliminazione
delle congiunzioni tra un termine e l’altro, lasciando solo la virgola a
separarli; si prenda come esempio la prima parte di Meriggiare.
L’asindeto
è una figura sintattica molto usata nella poesia del ‘900.
[10] Chiasmo: il chiasmo è collegato all’inversione,
dispone in ordine opposto gli elementi corrispondenti di due versi o frasi.
Es.:
Le donne, i cavalier
l’armi, gli amori
[11] Climax: La climax consiste nell’enumerazione di termini in ordine crescente
(es.: disagio, paura, terrore).
Questa
figura si trova anche in altri settori dell’arte come ad esempio il cinema.
Se
invece l’enumerazione dei termini avviene in ordine decrescente (terrore, paura,
disagio), si ha l’anticlimax, che è tuttavia molto più raro.
[12] Iperbato: Affine all’anastrofe che rappresenta un’inversione
nell’ordine naturale delle parole all’interno di una frase, l’iperbato si produce quando tale
inversione comporta lo spostamento di un segmento di enunciato all’interno di
un sintagma.
Es.: [...] ma valida
venne
una man dal cielo,
e
in più spirabil aere
pietosa
il trasportò;
Es.:
...tardo ai fiori
ronzìo
di coleotteri
(Eugenio
Montale, Derelitte..., 1-3)
Es
...a noi prescrisse il fato
illacrimata sepoltura
[13] Parallelismo: Il parallelismo consiste, al contrario del chiasmo, nel disporre nello stesso ordine gli elementi
corrispondenti di due versi o frasi.
Es.: l’albero
cui tendevi
la
pargoletta mano
il
verde melograno
da’
bei vermigli fior
[14] Polisindeto: il polisindeto, al contrario dell’asindeto, consiste nella ripetizione
della congiunzione prima di ogni elemento dell’enumerazione, con l’effetto di
dare molta enfasi al verso o alla frase.
Es.: e
sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
e
dimani cadrò… (Carducci)
[15] Il Busento è un fiume della Calabria (provincia
di Cosenza) confluendo da
sinistra nel fiume Crati, dopo avere attraversato Cosenza.
Secondo la leggenda, nel 410 il re visigoto Alarico sarebbe stato sepolto nell'alveo del
fiume, appositamente deviato.
[16] Fa eco
[17] Alarico -
Re dei Visigoti (376-
410) apparteneva ai Balti, una famiglia dinastica gotica.
Il loro nome deriva dal termine gotico balþa (baltha), che significa
"audace". I suoi membri sono normalmente citati come i Balti.
I Balti furono una delle due stirpi
nobili dei Goti che giunsero, al pari degli Amali, alla dignità regale. Mentre
gli Amali divennero re degli Ostrogoti, i Balti con Alarico, divennero re dei Visigoti e
fondarono un regno nella Gallia romana che durò un secolo e lo estesero alla penisola iberica romana, dove durò circa tre secoli.
Seguace, con i suoi, dell'arianesimo, Alarico fu riconosciuto, ancor giovane, capo
dei Visigoti. Nel 396 guidò il suo popolo verso la Tracia, spingendosi da
una parte fino a Bisanzio, dall'altra fino in Grecia.
Respinto da Stilicone, generale
romano figlio di un vandalo e di una romana, ottenne poi la carica di magister militum e il governo dell'Illirico
Acclamato re dai suoi, Alarico si
presentò una prima volta in Italia conquistando Aquileia, ma Stilicone lo
sconfisse a Pollenzo e a Verona nel 402, costringendolo a rientrare
nell'Illirico. Dopo la morte di Stilicone, Alarico discese in Italia, assediò
Roma nel 408 e si astenne dal saccheggiarla dietro un forte compenso in oro.
Tuttavia, quando Arcadio, imperatore romano d’oriente, gli negò la cessione del Norico, provincia romana
comprendente la regione alpina tra la Rezia, il Danubio, la Pannonia e le Alpi
Carniche. invase nuovamente
l'Italia scendendo fino a Roma che espugnò nel 410, abbandonandola per tre
giorni al furioso saccheggio dei suoi soldati.
L'evento fece enorme impressione e
non pochi attribuirono la caduta di Roma alla vendetta degli dei per il
diffondersi del Cristianesimo. Sant'Agostino replicò
a tali accuse con la sua opera De Civitate Dei.
Dopo il sacco, Alarico, portando
con sé Galla Placidia, sorella
di Onorio e Arcadio, scese
nell'Italia meridionale, forse per trasferirsi in Africa, ricca di frumento, ma
la morte lo colse ai bordi del Busento, nel cui letto fu seppellito, insieme al suo
tesoro, dopo che i soldati avevano fatto deviare il corso del fiume, secondo la
leggendaria versione dello storico Giordane di origine gota della metà del VI secolo
[18] Possente, forte, vigoroso.
[19] A prova = a tentativi, ma qui va
meglio a turno
[20] lo
[21] Aprendo, ma qui scavando
[22] letto
[23] Sta per scavano
[24] utensili
[25] ricondotto
[26] Separa la parola composta
[27]Completa la parola
[28] La descrizione è una rappresentazione con parole di un oggetto, di una
persona, di un evento, indicandone le caratteristiche e gli aspetti che possono
darne un'immagine efficace e chiara al destinatario. Descrivere è uno dei modi
più comuni per far conoscere qualcosa a qualcuno, cioè per informare; per
questo la descrizione è utilizzata quando è necessario per creare l'immagine di
un oggetto, di una persona o di un animale, fornendo tutti gli elementi che lo
compongono o i particolari che lo caratterizzano, in modo che chi legge o
ascolta se ne faccia un'immagine il più possibile precisa. Lo scopo
fondamentale di ogni descrizione è informare, ma una descrizione può essere
usata a scopo persuasivo cioè per indurre il destinatario a valutare
positivamente o negativamente l'oggetto descritto, oppure a scopo espressivo,
cioè per esprimere, attraverso la descrizione, emozioni, sentimenti, stati
d'animo ecc. Mentre le descrizioni informative devono far conoscere l'oggetto
in questione in modo fedele, chiaro e completo, impersonale, senza esprimere
alcuna opinione o impressione personale e senza alcuna partecipazione emotiva,
le descrizioni persuasive o espressive rappresentano l'oggetto della
descrizione in modo personale, dando risalto solo ad alcune caratteristiche,
facendo trasparire giudizi mediante l'uso di aggettivi che danno un'immagine
positiva o negativa dell'oggetto di descrizione, trasmettendo emozioni
attraverso un uso particolare del linguaggio che ricorre frequentemente a
espressioni figurate e a paragoni.
[29] Il ragionamento è un'operazione della mente per cui, partendo da
alcuni giudizi noti, assunti come premesse, se ne scoprono i reciproci legami e
si giunge a una conclusione. Il ragionamento, quindi, è un discorso logicamente
condotto in cui chi parla o scrive, attraverso argomentazione (insieme di
argomenti con cui si dimostra o si confuta una tesi) e dimostrazione
(argomentazione deduttiva per provare la verità di una proposizione sulla base
di premesse già accettate come vere), presenta una propria opinione - o tesi -
e la sostiene proponendo le ragioni a favore e confutando le opinioni contrarie,
allo scopo di convincere della validità di quanto dice.
[30] L'emozione è un intenso moto, un impulso (sentimentale o
intellettuale) affettivo di durata relativamente breve (relativo alla sfera dei
sentimenti e delle emozioni), piacevole o penoso, accompagnato per lo più da
modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed
espressive ecc.) dovuto a forte impressione (a differenza di commozione che ha
significato affine, implica o sottintende uno stato di eccitazione interiore);
nell'uso corrente, l'emozione è un'impressione viva, un turbamento determinati
da approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia,
gioia. Il concetto di emozione si distingue da quello di sentimento, meno
intenso e più durevole che da una particolare tonalità affettiva alle nostre
sensazioni, rappresentazioni, idee. Secondo questa definizione, mentre
l'emozione è involontaria, il sentimento è, come il pensiero, una funzione
razionale. All'origine dell'emozione non vi è uno stato interno dell'organismo,
ma una percezione di quanto avviene a livello periferico.
[31] Il genere
letterario è il luogo all'interno del quale un'opera letteraria trova la
sua identità, riconoscendosi in altre ad essa affini per scelte tematiche,
stilistiche e strutturali. genere letterario è dunque ciascuna delle
suddivisioni che, in conformità a criteri contenutistici e formali, distinguono
tradizionalmente la produzione letteraria
1.
Genere
saggistico riguarda l'arte di
scrivere saggi critici che possono avere due forme: il trattato ed il saggio;
il trattato è opera di considerevole estensione che si occupa metodicamente di
una scienza, di una disciplina, di una dottrina o di parti di esse; il saggio è
uno scritto di carattere critico su un particolare argomento storico, politico,
economico, sociologico ecc.
2.
Genere
narrativo è assai ampio e variegato e
riguarda tutto ciò che ha per oggetto la narrazione di avvenimenti reali,
quando sono senza fabula, diario, epistolografia, odeporia, o fantastici,
quando sono cum fabula, romanzo, racconto breve, novella, favola e fiaba.
3.
Genere
epico riguarda ampia narrazione in
versi, avente come oggetto la celebrazione delle imprese di un guerriero o di
un intero popolo, colti in avvenimenti in parte leggendari, sull'esito dei quali
non poca importanza ha l'elemento soprannaturale. L'epica si articola in vari
sottogeneri:
- L'epica
mitologica che ha come oggetto la mitologia,
- L'epica
cavalleresca che ha come oggetto le gesta dei cavalieri medievali,
- L'epica
storica che ha come oggetto eventi storici particolarmente importanti per
la vita di un popolo
- L'epica
eroicomica parodia dei poemi epici, particolarmente in voga nel Seicento,
in cui un soggetto futile è cantato in tema solenne o un argomento eroico
in stile basso e plebeo.
4.
Genere lirico
o lirica è la forma poetica che
esprime nel modo più soggettivo e immediato il sentimento del poeta,
evidenziandone l'esperienza psicologica, sentimentale, fantastica e
autobiografica. La lirica si articola in vari sotto generi:
·
la
poesia civile che esalta le virtù proprie del cittadino ed ha la finalità di
sensibilizzare su questioni politico-sociali,
·
la
poesia didascalica che ha come scopo l’ammaestramento scientifico morale e
religioso del lettore
·
l'innografia
che ha carattere religioso,
·
la
poesia comico-giocosa che si basa sulla parodia e lo scherzo e ha forma
apparentemente antiletteraria,
·
la
poesia satirica che ritrae con intenti critici e morali personaggi e ambienti
della realtà e dell'attualità, in toni che vanno dalla tranquilla ironia alla
denuncia, all'invettiva più acre.
5.
Genere
drammaturgico riguarda qualsiasi
componimento in prosa o in versi destinato alla rappresentazione scenica avente
per oggetto un fatto storico o di invenzione e per protagonisti uomini di
qualunque condizione sociale esso comprende vari sottogeneri
·
La
tragedia è una rappresentazione
scenica in prosa o in versi, diviso in atti e scene che abbia per oggetto un
fatto grandioso e terribile di personaggi illustri della storia o del mito,
tale da provocare negli spettatori una viva emozione, volta a purificarli da
determinate passioni (catarsi), e che si conclude con un evento luttuoso
(catastrofe).
·
La
commedia è la rappresentazione
scenica in prosa o in versi, diviso in atti e scene, di un episodio della vita
di ogni giorno, con personaggi comuni e spesso di modeste condizioni, per lo
più divertente e briosa e nella maggior parte dei casi caratterizzata da un
conclusione felice; la commedia a sua volta si suddivide in:
-
commedia
di carattere che dipinge un particolare carattere o difetto umano
-
commedia
d'intreccio che si fonda su vicende complicate
-
commedia
di ambiente che subordina personaggi e intreccio all'ambientazione naturale e
umana della vicenda, puntando piuttosto sul colore
-
commedia
musicale spettacolo musicale in parte anche recitato, simile all'operetta, con
soggetto comico o sentimentale.
·
La
sacra rappresentazione è un'opera drammatica di carattere sacro con
personaggi sacri.
·
Il
dramma pastorale è una composizione drammatica ispirata all'ambiente dei
pastori e alla vita campestre. La commedia dell'arte il teatro degli attori
italiani nei secoli XVI-XVIII, caratterizzato da recitazione improvvisata su
canovacci e dalla presenza delle maschere.
·
Il
melodramma è una composizione
drammatica, generalmente in versi, musicata e cantata.
·
Il
dramma moderno nacque all'inizio dell'Ottocento come reazione
all'esaurirsi della necessità storica della tragedia e come esigenza di una
maggiore aderenza alla realtà, si e sviluppala in varie direzioni, in
corrispondenza delle esigenze ideologiche dell'autore e delle inclinazioni del
gusto, dando luogo, cosi, al dramma storico, al dramma a tesi, al dramma
borghese, al dramma psicologico.
[32] Ravenna – Città di origine umbra, sorgeva su isolette lagunari al
limite meridionale dell’antico delta del Po. Divenne municipio e colonia
romana. Augusto vi fece costruire il porto di Classe.
Nel 402 l’imperatore Onorio la scelse come capitale
dell’Impero d’Occidente. La sua importanza crebbe grazie a: Galla Placidia,
Odoacre (re d’Italia dal 476 al 493, ne fece la capitale del regno), Teodorico
(re goto dal 493 al 526). Conquistata dai Greci nel 540, fu il quartier
generale degli eserciti bizantini. Fu arricchita di monumenti legati
all’imperatore Giustiniano. Seguì la decadenza sotto i Longobardi (dal 751);
sotto i Franchi (dal 755) e sotto lo Stato della Chiesa (dal 757).
[33] Galla Placidia (390-450) era figlia di
Teodosio I e sorella di Onorio. A giovane età sposò Ataulfo, re dei Visigoti e
poi Costanzo III. Regina molto cattolica e molto amante dei suoi figli:
Valentiniano III e Onoria. Il mausoleo, legato al suo nome, è un edificio a
forma di croce, in mattoni alti e grossi, visibili all’esterno, rivestito di
mosaici variopinti all’interno.
[34] I mosaici erano
presenti nelle ville romane e nelle chiese paleocristiane, specialmente sui
pavimenti. I mosaici di Ravenna e di Bisanzio sono più ricchi di colori,
collocati su pareti, volte e soffitti.
[35] Volta:
all’interno dell’edificio la copertura è a “volte di botte”, basse e pesanti,
rivestite di mosaici. Al centro è una cupola, più alta e leggera, anch’essa
ornata di mosaici.
[36] Musivari o mosaicisti: addetti
alla composizione delle tessere del mosaico.
[37] Nei mosaici del mausoleo di
Galla Placidia sono presenti elementi astratti e realistici. Astratti sono ad
esempio i simboli cristiani (il pastore rappresenta Cristo, le pecorelle
intorno sarebbero le anime); realistici sono alcuni elementi figurativi: gli
apostoli con la toga bianca dei sentori romani, i paesaggi, gli animali.
[38] Teodosio I visse dal 347 al 385
e divenne imperatore dei Romani dal 379. A lui è dovuto l’Editto di Tessalonica
(380). Alla sua morte i figli si divisero l’impero: Arcadio l’Oriente e Onorio
l’Occidente.
[39] Onorio imperatore romano
d’Occidente, dal 395, sotto la guida di Silicone, successe al padre Teodosio
insieme al fratello Arcadio. Subì invasioni ad opera dei Goti di Alarico nel
410 e rivolte militari. Fece anche spostare la capitale a Ravenna (nel 402)
perché ritenuta più sicura di Roma.
[40] Ravenna divenne la capitale dell’impero
Romano d’Occidente nel 402.
[41] Alarico
(370-470) fu re dei Visigoti (395-410). Invase l’Italia e saccheggiò Roma
(410). Morì presso Cosenza e secondo la leggenda fu sepolto nel fiume Basento.
[42] Ataulfo re dei
Visigoti e successore di Alarico dal 410; fu sposo di Galla Placidia e attuò
una politica di riconciliazione con i Romani.
[43] Valentiniano III, figlio di
galla Placidia, fu imperatore dal 425 (con la reggenza della madre fino al
437), mentre Teodosio II reggeva l’Oriente. Nel 454 uccise il generale Ezio e
fu poi ucciso da due soldati di Ezio (generale romano di origine il lirica e
vincitore di Attila).
[44] Ci sarebbero state altre
invasioni di popoli “barbari” e guerre. L’impero Romano d’Occidente sarebbe
definitivamente caduto nel 476 con la deposizione di Romolo Augustolo da parte
del germanico Odoacre.
[45] La forma e le decorazioni
preziose del mausoleo possono suggerire l’idea di uno scrigno.
[46] Il tema è l’argomento di cui si parla, è l'ipotesi di lettura che il
lettore fa sull'argomento di un testo. Un testo ha generalmente non solo un
tema generale o argomento principale di cui tratta, ma anche dei temi o
argomenti secondari, particolari, che si collegano al tema generale.
[47] I nessi di relazione individuano la coerenza del testo cioè la concordanza
di significato fra le parti che lo compongono.
[48] La situazione è un complesso di rapporti che legano l'individuo
all'ambiente storico-sociale, condizionando e limitando le sue scelte e azioni.
[49] Il personaggio è una persona che agisce in un'opera letteraria,
poetica narrativa e teatrale, che assume nel testo un ruolo fondamentale. Gli
eventi, concreti o interiori che siano, inevitabilmente coinvolgono uno o più
personaggi, siano essi figure umane o, come succede nella poesia o nelle
favole, animali o oggetti cui sono attribuite caratteristiche umane. Il
personaggio, come soggetto e oggetto delle azioni ed in relazione con tutti gli
altri personaggi, riveste un ruolo, una funzione. Il personaggio è spesso il
veicolo dei valori comunicati da un autore e le modalità della sua
presentazione, il linguaggio con cui il narratore lo fa esprimere rispondono ai
modelli e agli interessi dell'epoca in cui il testo è stato prodotto.
[50] La descrizione è una rappresentazione con parole di un oggetto, di una
persona, di un evento, indicandone le caratteristiche e gli aspetti che possono
darne un'immagine efficace e chiara al destinatario. Descrivere è uno dei modi
più comuni per far conoscere qualcosa a qualcuno, cioè per informare; per
questo la descrizione è utilizzata quando è necessario per creare l'immagine di
un oggetto, di una persona o di un animale, fornendo tutti gli elementi che lo
compongono o i particolari che lo caratterizzano, in modo che chi legge o
ascolta se ne faccia un'immagine il più possibile precisa. Lo scopo
fondamentale di ogni descrizione è informare, ma una descrizione può essere
usata a scopo persuasivo cioè per indurre il destinatario a valutare
positivamente o negativamente l'oggetto descritto, oppure a scopo espressivo,
cioè per esprimere, attraverso la descrizione, emozioni, sentimenti, stati
d'animo ecc. Mentre le descrizioni informative devono far conoscere l'oggetto
in questione in modo fedele, chiaro e completo, impersonale, senza esprimere
alcuna opinione o impressione personale e senza alcuna partecipazione emotiva,
le descrizioni persuasive o espressive rappresentano l'oggetto della
descrizione in modo personale, dando risalto solo ad alcune caratteristiche,
facendo trasparire giudizi mediante l'uso di aggettivi che danno un'immagine
positiva o negativa dell'oggetto di descrizione, trasmettendo emozioni
attraverso un uso particolare del linguaggio che ricorre frequentemente a
espressioni figurate e a paragoni.
[51] Il ragionamento è un'operazione della mente per cui, partendo da
alcuni giudizi noti, assunti come premesse, se ne scoprono i reciproci legami e
si giunge a una conclusione. Il ragionamento, quindi, è un discorso logicamente
condotto in cui chi parla o scrive, attraverso argomentazione (insieme di
argomenti con cui si dimostra o si confuta una tesi) e dimostrazione
(argomentazione deduttiva per provare la verità di una proposizione sulla base
di premesse già accettate come vere), presenta una propria opinione - o tesi -
e la sostiene proponendo le ragioni a favore e confutando le opinioni
contrarie, allo scopo di convincere della validità di quanto dice.
[52] L'emozione è un intenso moto, un impulso (sentimentale o
intellettuale) affettivo di durata relativamente breve (relativo alla sfera dei
sentimenti e delle emozioni), piacevole o penoso, accompagnato per lo più da
modificazioni fisiologiche e psichiche (pallore o rossore, reazioni motorie ed
espressive ecc.) dovuto a forte impressione (a differenza di commozione che ha
significato affine, implica o sottintende uno stato di eccitazione interiore);
nell'uso corrente, l'emozione è un'impressione viva, un turbamento determinati
da approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia,
gioia. Il concetto di emozione si distingue da quello di sentimento, meno intenso
e più durevole che da una particolare tonalità affettiva alle nostre
sensazioni, rappresentazioni, idee. Secondo questa definizione, mentre
l'emozione è involontaria, il sentimento è, come il pensiero, una funzione
razionale. All'origine dell'emozione non vi è uno stato interno dell'organismo,
ma una percezione di quanto avviene a livello periferico.
[53] Il narratore esterno si ha quando la voce narrante non
partecipa alla storia che racconta, ma
è soltanto la voce narrante che riferisce la storia dall'esterno, parlando in
terza persona.
L'adozione del narratore esterno che
racconta in terza persona consente di presentare i fatti da più punti di vista
e in genere fa sì che la storia sia
proposta con un taglio oggettivo ed emotivamente più distaccato.
[54] Il narratore
interno si ha quando la voce narrante è uno dei personaggi della
vicenda e, quindi, narra in prima persona (io
narrante) i fatti ai quali partecipa o
ha partecipalo come protagonista,
come figura secondaria o anche in qualità di semplice testimone.
L'adozione del narratore interno che registra i fatti
in prima persona comporta necessariamente un punto di vista piuttosto limitato, perché tutta la storia è vista
solo attraverso gli occhi del narratore, ma in genere conferisce alla storia la tensione emotiva di una
vicenda vissuta come esperienza diretta e personale.
[55] Il narratore
onnisciente si ha quando rivela in modo esplicito la sua
funzione di narratore e di regista del
racconto, intervenendo a fornire spiegazioni, sollecitare l'attenzione del lettore,
esprimere giudizi e considerazioni.
[56] Il narratore occulto
si ha quando si pone l'obiettivo di una
narrazione oggettiva che sembra svolgersi
da sé e quindi si limita a raccontare i fatti senza intervenire con
spiegazioni o commenti.
[57] Il protagonista è il personaggio principale che è al
centro del discorso narrativo, anche quando
non compare direttamente in scena.
[58] L’antagonista
è il personaggio che contrasta il protagonista sul piano delle azioni o che gli
si oppone anche soltanto sul piano psicologico.
Spesso è proprio lui a determinare la rottura dell’equilibrio che da inizio alla vicenda, ma può anche entrare in
scena quando ormai l'equilibrio iniziale è decisamente già rotto. In ogni caso,
con il suo comportamento è sempre il motore dello sviluppo dell'azione.
[59] L’oggetto è il personaggio che costituisce lo scopo
dell'impegno o del desiderio del protagonista,
contrastato in ciò dall'antagonista. La sua funzione, in un racconto o in un
romanzo, è fondamentale perché spesso
è, senza alcuna colpa, la causa scatenante della vicenda.
[60] L’aiutante
è il personaggio che assiste, aiuta, protegge e favorisce il protagonista.
Gli aiutanti che dovrebbero aiutarlo ma che invece, per i motivi più diversi,
finiscono per danneggiarlo.
[61] L'oppositore è il personaggio che cerca
di ostacolare il protagonista. Di solito l'oppositore è al servizio
dell'antagonista di cui quindi è l’aiutante, ma può anche agire di sua
iniziativa. Anche gli oppositori possono
essere più di uno e possono trasformarsi in falsi aiutanti, cambiando campo e
passando dalla parte del
protagonista.
[62] L’aggettivo qualificativo - I concetti
espressi dagli aggettivi qualificativi e da molti avverbi possono essere
soggetti a una gradazione per meglio esprimere una certa intensità espressiva.
La
grammatica ha codificato tre tipi di gradazioni:
·
grado
positivo, in cui la qualità è espressa senza indicazione di quantità o
intensità;
·
grado
comparativo, in cui la gradazione intensiva è messa a confronto con un altro
termine di paragone o con un’altra qualità posseduta dal soggetto;
·
grado
superlativo, in cui la gradazione intensiva è espressa al suo massimo in senso
assoluto o relativo:
Grado positivo
|
Daniela è elegante.
|
Grado comparativo
|
Daniela è più elegante di Marta.
Daniela è meno elegante di Marta. Daniela è elegante quanto Marta. |
Grado superlativo
|
Daniela è elegantissima.
Daniela è la più elegante del gruppo. |
Il comparativo -
Il
grado comparativo dell’aggettivo serve per esprimere un confronto fra due
termini, in relazione a una qualità possedute da entrambi o in relazione a
qualità diverse da un unico termine.
Es.:
La mia amica Valeria è più paziente di
me.
Es.:
L’ ippopotamo è più vorace che veloce.
Gli
elementi messi a confronto sono chiamati primo e secondo termine di paragone.
Il
comparativo può essere di tre tipi:
·
comparativo di
maggioranza,
quando il primo termine di paragone possiede la qualità indicata dall’aggettivo
in misura maggiore rispetto al secondo termine di paragone. L’aggettivo, in
questo caso, è introdotto da più, il
secondo termine di paragone da di o che:
Es.:
Miriam è più alta di Luisa.
Es.:
Sono più esperto di prima.
Es.:
Sono più stanchi che affamati.
·
comparativo di
minoranza,
quando il primo termine di paragone possiede la qualità indicata dall’aggettivo
in misura minore rispetto al secondo termine di paragone. L’aggettivo, in
questo caso, è introdotto da meno, il
secondo termine di paragone da di o che:
Es.:
Miriam è meno alta di Luisa.
Es.:
Carla è meno studiosa che intelligente.
·
comparativo di
uguaglianza,
quando la qualità espressa dall’aggettivo è presente in misura uguale nei due
termini di paragone. In questo caso l’aggettivo è introdotto da tanto o così (espressi o sottintesi), il secondo termine di paragone
indifferentemente da quanto o come:
Es.:
Miriam è (tanto) alta quanto Luisa.
Es.:
Simona è (così) simpatica come te.
Il
superlativo -
L’aggettivo qualificativo è di grado superlativo quando esprime una qualità
posseduta al massimo livello.
Il
grado superlativo può essere di due tipi: relativo o assoluto.
Superlativo relativo - Il superlativo
relativo esprime una qualità posseduta al massimo o al minimo grado, stabilendo
un confronto fra l’unità e un gruppo di persone o cose (secondo termine di
paragone).
Il
superlativo relativo si ottiene premettendo all’aggettivo l’articolo
determinativo assieme agli avverbi più o meno (la più dolce, il meno
volenteroso).
Il
secondo termine, che può essere anche sottinteso, è introdotto da di, tra, fra.
A volte l’articolo determinativo si può trovare separato dagli avverbi più o
meno:
L’elefante è il
più grande di tutti gli animali.
Il treno meno
veloce (di tutti) è l’accelerato.
Superlativo assoluto - Il superlativo
assoluto degli aggettivi esprime una qualità posseduta al massimo grado dal
nome cui si riferisce, senza alcun paragone con altre grandezze. Esso si può
formare in vari modi:
·
aggiungendo
all’aggettivo di grado positivo il suffisso -issimo, -a, -i, -e
(alto/altissimo, stanco/stanchissimo);
·
premettendo
all’aggettivo di grado positivo avverbi come molto, assai, oltremodo,
immensamente, incredibilmente, estremamente... (molto vivace, immensamente
ricco);
·
premettendo
all’aggettivo di grado positivo i prefissi arci-, stra-, super-, iper-, ultra-,
extra-, sovra- (arcinoto, stracarico, ipersensibile);
·
ripetendo
l’aggettivo di grado positivo due volte (forte forte, piano piano, svelto
svelto, zitto zitto);
·
rinforzando
l’aggettivo positivo con un altro aggettivo (nuovo fiammante, piena zeppo,
stanco morto)
·
rinforzando
l’aggettivo di grado positivo mediante tutto (tutto felice, tutta matta);
·
unendo
all’aggettivo di grado positivo le locuzioni quanto mai, oltre ogni dire, come
una campana, in canna (quanto mai intelligente, amabile oltre ogni dire, sordo
come una campana, povero in canna).
Comparativi e superlativi particolari - Per alcuni
aggettivi qualificativi, oltre alle normali forme di comparativo e di
superlativo, si usano anche speciali, in genere derivanti dal corrispondente
latino. Tra gli aggettivi che possiedono queste forme speciali ci sono:
grado positivo
|
grado comparativo di maggioranza
|
grado superlativo relativo
|
grado superlativo assoluto
|
Buono
|
più buono – migliore
|
il migliore
|
buonissimo – ottimo
|
Cattivo
|
più cattivo – peggiore
|
il peggiore
|
cattivissimo – pessimo
|
Grande
|
Più grande – maggiore
|
il maggiore
|
grandissimo – massimo
|
Piccolo
|
più piccolo – minore
|
il minore
|
piccolissimo - minimo
|
[63] Allegoria - L’allegoria è la figura
retorica per cui un concetto astratto è espresso attraverso un’immagine
concreta: in essa, come nella metafora,
vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza di quella,
l’accostamento non è basato su qualità evidenti o sul significato comune del
termine, bensì su un altro concetto che spesso attinge al patrimonio di
immagini condivise della società. Essa opera comunque su un piano superiore
rispetto al visibile e al primo significato: spesso l’allegoria si appoggia a
convenzioni di livello filosofico o metafisico.
Es.:
Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggiera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
Temp’ era dal principio del mattino,
e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
una lonza leggiera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ‘mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.
Temp’ era dal principio del mattino,
e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.
Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.
Qui
le tre fiere rappresentano tre mali che turbano l’animo dell’uomo: la superbia
e la violenza (leone), l’avarizia e la cupidigia (lupa), l’avidità o per alcuni
la lussuria (lonza).
[64] Antitesi – l’antitesi è l’accostamento di concetti opposti per significato,
espressi da sintagmi diversi.
Es.: Nel
tuo giro inquieto ormai lo stesso
sapore ha miele e assenzio
(l’assenzio è un liquore che si ottiene
dalla pianta assenzio: ha sapore
amaro)
Es.: Tutto
ei provo: la gloria
maggior dopo il periglio
la fuga e la vittoria
la reggia e il triste esiglio;
Il
seguente verso di Dante è un esempio di come si possa “lavorare” con l’antitesi ed ottenere effetti ad incastro
Es.:
Amor condusse noi ad una morte
amor e morte sono opposti per significato
(l’amore dà la vita) e sono prima ed ultima parola del verso; al centro del
verso si trovano noi e una opposti in quanto noi indica un plurale, mentre una indica
il singolare.
[65] Ellissi - L’ellissi consiste nell’omissione,
all’interno di una frase, di uno o più termini che sia possibile sottintendere.
È frequente nei proverbi e nelle sentenze
Es.:
A nemico che fugge, ponti d’oro.
Simile
all’ellissi è la frase nominale, molto ricorrente nel linguaggio giornalistico,
che consiste nella soppressione del verbo e nella trasmissione del suo
contenuto e di parte delle sue funzioni ad un sintagma nominale che resta
presente nella frase.
[66] Eufemismo - L’eufemismo consiste
nell’uso di una parola o di una perifrasi
al fine di attenuare il carico espressivo di ciò che si intende dire, perché
ritenuto o troppo banale, o troppo offensivo, osceno o troppo crudo.
Es.:
“questo piatto lascia a desiderare” per non dire che è ripugnante
“mordere
la polvere” per non dire essere in una posizione secondaria
“il caro nonno non è più tra noi” per attenuare una
proposizione di senso troppo crudo del tipo “il nonno è morto”
[67] Iperbole - L’iperbole è una figura
retorica che consiste nell’esagerazione nella descrizione della realtà tramite
espressioni che l’amplifichino, per eccesso o per difetto.
« quella
macchina, la desidero da morire! »
«il
prezzo del petrolio è schizzato alle stelle »
« ti
amo da morire »
«ti
stavo aspettando da una vita »
« vado
a fare quattro passi »
« ci
facciamo due spaghetti»
«perdere
quell’amichevole fu per noi una catastrofica sconfitta »
Dagli studiosi è stato messo in luce che l’iperbole
presuppone la buona fede di chi la usa: non si tratta
infatti di un’alterazione della realtà al fine di ingannare ma, al contrario,
allo scopo di dare credibilità al messaggio, attraverso un eccesso nella frase
che imprima nel destinatario il concetto che si vuole esprimere.
[68] Litote - La litote consiste nel dare un
giudizio usando il termine contrario preceduto dalla negazione.
Es.:
“Quell’uomo non è un genio”, per indicare che una persona è stupida.
La
litote può anche essere per così dire positiva.
Es.:
“questa non è una pessima idea” significa approvarla.
Generalmente però viene usata per rafforzare un
giudizio negativo, lasciando in superficie una versione che sembra più
edulcorata.
[69] Metafora: la metafora è il trasferimento di significato dal campo semantico di
una parola al campo di un’altra, per una caratteristica riscontrabile in
entrambe le parole. Equivale ad una operazione di intersezione, cioè
l’operazione di riconoscere somiglianze tenendo conto di differenze tra due o
più classi (insiemi).
Es.:
O falce di luna
calante
Campo
semantico di falce: strumento, di ferro, a forma molto arcuata, ecc...
Campo
semantico di luna: satellite della Terra, ha un periodo di rivoluzione attorno
ad essa di 28 giorni; fasi lunari - i periodi di tempo nei quali la luna è
visibile/non visibile dalla Terra; la luna ha dapprima una forma arcuata, via
via meno arcuata fino a divenire piena (tutta visibile), poi diminuisce
riassumendo forma arcuata, infine non è più visibile –
Lo
strumento falce e la luna nella fase
calante hanno la stessa forma; allora invece di dire:”O luna calante che sembri
(sei arcuata come) una falce” si trasferisce la forma dalla falce alla luna
calante;
Es.:
Ridon or per le piagge erbette e fiori
Erbette: è un
diminutivo, fa pensare a erba nuova, quindi piccola.
Fiori: aprono la loro
corolla stimolati dai raggi solari.
Ridere: sta ad
indicare una reazione dell’essere umano di felicità.
Invece
di dire: erbette e fiori che sembrano uomini e donne che ridono felici, si
trasferisce il ridere ad erbette e fiori.
[70] Metonimia – La metonimia è il trasferimento di significato da una parola ad altra
con il seguente meccanismo:
a)
la
causa per l’effetto
b)
l’autore per l’opera
Es.:
leggere Manzoni
c)
il
produttore per il prodotto:
Es.:
un Martini,
un
Ferré
d)
il
proprietario per la cosa posseduta:
Es.:
Federico va a cento all’ora (ma è l’auto di Federico che raggiunge quella
velocità)
e)
il
patrono per la chiesa:
Es.:
messa in San Giovanni
f)
la
divinità per i suoi attributi o l’ambito di influenza:
Es.:
Cupido per l’amore,
Bacco per il vino
g)
i mezzi per lo scopo:
Es.:
compiere un ottimo lavoro
h)
il concreto per l’astratto e viceversa
Es:
gioia per persona che dà gioia
fortuna,
rovina per persone o cose che producono tali effetti
avere
fegato, cioè coraggio
l’umanità
per l’insieme di tutti gli uomini
i)
il
contenente per il contenuto:
Es.:
bere una bottiglia
j)
lo
strumento per chi lo usa:
Es.:
è un ottimo pennello
k)
il
fisico per il morale:
Es.:
avere un gran cuore
l)
il
luogo per gli abitanti:
Es.:
l’Italia per gli Italiani
m)
la
località di produzione per il prodotto:
Es.:
il Bordeaux
n)
la
marca per il prodotto:
Es.:
una FIAT,
un
Rolex
o)
il
simbolo per la cosa simboleggiata:
Es.:
armi per guerra,
alloro
per gloria poetica
p)
le
divise per indicare chi le porta:
Es.:
Camice Rosse per Garibaldini,
Rossoneri
per giocatori del Milan
i
Verdi per indicare un partito politico (antonomasia metonimica)
q)
la
sede per l’istituzione o l’organo di governo o l’industria-società:
Es.:
il Vaticano per il Papa
Palazzo
Chigi per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
[71] Ossimoro - L’ossimoro la fusione di due
concetti opposti per significato in una immagine; si esprime tramite un solo
sintagma nel quali sono presenti parole opposte per significato o due sintagmi
di cui il secondo dipendente dal primo.
Es.:
Di questo son certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento
Il
sintagma nominale disperazione calma è formato da un nome disperazione che sta ad indicare agitazione al massimo grado di intensità e da un aggettivo calma il cui significato è l’opposto di disperazione.
Un piccolo
infinito scampanio
Nel
sintagma nominale indicato i due aggettivi attribuiti al nome sono tra loro
opposti per significato
il lampo che
candisce
alberi e muri e
li sorprende in quella
eternità
d’istante
Il
sintagma preposizionale d’istante dipende dal sintagma nominale eternità.
Antitesi e ossimori sono largamente usati anche nella
lingua standard, soprattutto dai titoli di giornali, nei titoli di film e
naturalmente dalla pubblicità.
[72] Personificazione - La personificazione
consiste nell’attribuzione di fattezze, comportamenti, pensieri, tratti (anche
psicologici e comportamentali) umani a qualcosa che umano non è.
Oggetto
di personificazione può ben essere un oggetto inanimato, un animale, ma anche
un concetto astratto, come ad esempio la pace, la giustizia, la vendetta etc.
[73] Preterizione - La preterizione, nota
anche come paralessi, paralissi o paralipsi, è la figura retorica in cui si
finge di non voler dir nulla di ciò di cui si sta parlando.
Es.:
“Non
ti dico cosa mi è successo...”
“Quando
dico niente, o è niente, o è cosa che non posso dire.”
[74] Prosopopea - La prosopopea si ha quando
si attribuiscono qualità o azioni umane ad animali, oggetti, o concetti
astratti. Spesso questi parlano come se fossero persone. È una prosopopea anche
il discorso di un defunto.
Nel linguaggio comune è sinonimo di arroganza,
pomposità, boria
[75] Similitudine: la similitudine è l’accostamento tra due concetti tramite come, sembra, simile; equivale
ad un’operazione di mettere in corrispondenza, cioè l’operazione di confronto
fra elementi appartenenti a più insiemi (classi) in base a caratteristiche
prescelte o ad un’operazione di mettere in relazione, cioè l’operazione di
confronto fra elementi appartenenti allo stesso insieme (classe) in base a
caratteristiche prescelte.
Es:
Si sta come
d’autunno
sugli
alberi
le
foglie.
Soldati di G. Ungaretti.
È
riconosciuta una somiglianza tra i soldati
del titolo e le foglie nella stagione
d’autunno. La somiglianza è lo stato di precarietà: per le foglie in autunno il
loro star per morire e per i soldati la possibilità sempre presente di morire.
Lo
stesso effetto può essere dato da una correlazione: così...come, tal...quale.
In questo caso si ha una comparazione.
Es.:
Come una pantera esce da forra profonda
[...]
così il figlio del nobile Antenore...
[76] Sineddoche: La sineddoche, aspetto particolare della metonimia, è il trasferimento
di significato da una parola ad altra con il seguente meccanismo:
a)
il
tutto per la parte.
Es.:
l’Europa (i paesi dell’Unione) ha deliberato;
Italia batte
Germania 2-0
(intendendo le rispettive squadre nazionali di calcio)
b)
la parte
per il tutto:
Es.:
tetto per casa, bocche (persone) da sfamare
c)
il
genere per la specie:
Es.:
felino per gatto,
mortali per uomini
d)
la
specie per il genere.
Es.:
pini per conifere,
pane per cibo
e)
il
plurale per il singolare:
Es.:
la servitù per un solo domestico
f)
il
singolare per il plurale.
Es.:
l’Italiano per gli Italiani
g)
la
materia per il prodotto (ma molti considerano questo caso una metonimia): ferro
per spada.
Es.:
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate
eran
le tue
Pupille (parte dell’occhio)
sta per il tutto, cioè occhio
h)
il
singolare per il plurale e viceversa
Es.: Sei
ancora quello della pietra e della fionda
uomo
del mio tempo
Uomo (il singolare)
sta per tutti gli uomini (il plurale)
i)
il
genere per la specie e viceversa.
Es.: O
animal grazïoso e benigno
Animal (il genere) sta
ad indicare nel verso di Dante l’uomo
(la specie)
[77] Sinestesia – La sinestesia è l’associazione di parole il cui significato si
riferisce a sfere sensoriali diverse
Es.:
La luce era gridata a perdifiato
La
luce riguarda la sfera sensoriale della vista; gridata fa riferimento alla
sfera sensoriale dell’udito.
Es.:
Pure i dorati silenzi ad ora ad ora
silenzi fa riferimento alla sfera uditiva, dorati fa
riferimento ad un colore, di conseguenza alla sfera visiva
[78] echeggia
[79] soleggiato
[80] Teodorico - Re degli Ostrogoti (454 – 526), figlio dell'amalo Teodomiro, re degli Ostrogoti; fu inviato dal
padre come ostaggio a Costantinopoli (462-472) e crebbe a corte. Tornato in
patria, nel 474 succedette al padre, vinse i Sarmati e trasferì il suo popolo nella Mesia, regione balcanica corrispondente
approssimativamente alla odierna Serbia. Si batté poi per l'imperatore Zenone, ottenendo i titoli di patricius, magister militum e consul nel 484.
Nel 488 fu inviato da
Zenone con il suo popolo in Italia contro Odoacre che, deposto l'ultimo
imperatore d'Occidente nel 476, reggeva la penisola. Teodorico lo vinse
all'Isonzo nel 489, a Verona e a Pavia, assediandolo infine a Ravenna dove lo
costrinse alla resa e proditoriamente lo assassinò nel 493.
Teodorico cominciò quindi a regnare fissando la capitale a
Ravenna, ma risiedendo spesso a Verona, consolidò il suo potere anche sul Norico, la Rezia, la Pannonia e la Dalmazia. Forte del favore imperiale (nel 498 Anastasio I lo riconobbe patricius per l'Italia, Teodorico adottò una
politica di avvicinamento tra i Romani e gli Ostrogoti, affidando ai primi
l'amministrazione e riservando ai secondi l'attività militare.
Ammiratore della civiltà romana, si
circondò di consiglieri latini quali, Cassiodoro, Severino Boezio e si fece promotore di costruzioni e
restauri a Roma e a Ravenna.
Come legislatore, operò sotto
l'influsso del diritto romano.
Ariano di religione, fu
tuttavia molto conciliante coi cattolici. In politica estera mirò, con una
serie di matrimoni (in seconde nozze sposò Audifreda, sorella di Clodoveo re dei Franchi), a stringere
alleanze coi Visigoti, i Burgundi, i Vandali e i
Franchi, riuscendo a creare quasi una federazione di regni barbarici, su cui
esercitò un'azione moderatrice. La sua supremazia fu però compromessa dalla
politica espansionistica di Clodoveo a danno dei Visigoti, che dovettero
all'alleato Teodorico la conservazione dei loro domini in Spagna e nella Gallia
meridionale; in seguito anche la politica di conciliazione con l'elemento
romano, che aveva portato in Italia sensibile progresso economico, favorito
dalla sicurezza garantita dalle armi gote, naufragò.
Avendo l'imperatore Giustino I promosso la persecuzione degli ariani
nel 523, Teodorico sospettò segrete intese tra l'aristocrazia senatoria romana
e Bisanzio, ne condannò a morte i membri più insigni, Albino, Simmaco e Boezio,
e costrinse papa Giovanni I a recarsi a Costantinopoli per sostenere la causa
degli ariani presso l'imperatore. Ma poiché la persecuzione non cessò,
Teodorico imprigionò anche il papa, che morì in carcere nel 526.
Poco dopo il re morì esecrato dai
Romani e fu sepolto a Ravenna in un monumentale mausoleo.
[81] Crimilde
è la vera protagonista della Canzone dei Nibelunghi. È sorella di Gunther, re dei Burgundi,
sposa di Sigfrido,
poi di Attila, re degli Unni.
Fanciulla pura e delicata creatura dello spirito cortese-cavalleresco nella
prima parte del poema, in corrispondenza con la storia d'amore tra lei e
Sigfrido, dominata nella seconda dall'etica pagana germanica della vendetta,
Crimilde si trasforma nell'esecutrice spietata del fato che incombe sui
Nibelunghi.
[82] Ildebrando,
maestro d'armi di Teodorico,
impazzisce d'odio per la morte ingloriosa di Hagen e lo vendica, uccidendo a
sua volta Crimilde
[83] Scellerato, esecrabile, atroce
[84] Secondo la leggenda Teodorico fu
l’unico a scampare alla strage di Tulna voluta da Crimilde e compiuta da Attila
che la principessa burgunda aveva sposato.
[85] Si riferisce all’Italia
[86] Conquistato: lett. Conquistare,
vincere, soggiogare dal verbo conquidere
[88] lett. Recinto,
luogo chiuso, cavità di forma specialmente circolare
[89] Nella nostra epoca
[90] Cavallo di pelame di color nero
[92] Lett andavano da ire
[93] Corsiero lett. Cavallo
da corsa o da battaglia; destriero.
[94] Qualsiasi apparato meccanico predisposto per un particolare
scopo. In questo caso tutto l’apparato che rende il cavallo cavalcabile
[95] sella,
soprattutto nelle espressioni montare, balzare, saltare in arcione (o in
arcioni), salire in sella, montare a cavallo:
[96] Emettere guaiti gemiti.
[97] Lett. Allontanarsi da un luogo con un balzo.
[98] vorrebbe
[99] sconosciuti
[100] Amali - Erano una delle dinastie nobili dei Goti, considerati come i più valorosi tra i guerrieri e i
sovrani gotici. Stando ad una loro leggenda, gli Amali discenderebbero da un
antico eroe le cui gesta gli valsero il titolo di Amala (ossia "potente").
In seguito alla
divisione dei Goti in Visigoti ed Ostrogoti, avvenuta nel III
secolo, gli Amali divennero la dinastia reale degli
Ostrogoti, mentre i Balti lo furono per i Visigoti, sopravvalendo sui primi per
prestigio e potere. Alla morte di Teodato, avvenuta nel 536,
gli Amali si estinsero definitivamente.
[101] Nella giovinezza
[102] preoccupazioni
[103] copriva
[104] fede
[106] In ver: verso
[107] Toscano etrusco tirreno
[108] Difficile, pericolosa
[109] Vomiti, emissioni
[110] Calore intenso sprigionato dal
fuoco
[111] Spingare (non com.) dimenare
fortemente i piedi; tirare calci. Etimologia: dal
longobardo springan ‘saltare’.
[112] Anicio
Manlio Boezio - Della
nobile famiglia romanica Anicia, era stato console nel 510 e poi aveva vissuto
ai margini della vita politica sino al 522, anno in cui accettò la carica di
“magister officiorum”. L’anno seguente fu accusato di alto tradimento e
imprigionato nell’Agro Calvenzano, alle porte di Pavia. Durante la prigionia,
Boezio compose la celebre opera “De consolatione philosophiae”. Nel 524, per ordine
di Teodorico, fu giustiziato (forse per strangolamento o per compressione della
scatola cranica).
Nessun commento:
Posta un commento