I modulo III unità
La grande
migrazione del tredicesimo secolo: l’età del ferro - Il ferro fu il
grande protagonista di questi anni. Esso fornì alle popolazioni del nord, la
seconda ondata di genti indoeuropee,
l’incontenibile strumento che sbaragliò le difese della più progredita civiltà
mediterranea, che tuttavia già da alcuni decenni attraversava, in zone come la
Grecia, una fase di declino.
Così,
se l’epoca precedente, coincidente cronologicamente con la civiltà micenea e
con quella ittita, è definita Età del
Bronzo, il successivo periodo è denominato invece Età del Ferro, ed inizia con le invasioni e le devastazioni
indoeuropee del XIII secolo, cioè con il generale declino della precedente
civiltà.
Alla
base di tutto vi fu forse il movimento degli Illiri, popolazioni situate a nord della Grecia, le quali, partendo
dalle loro sedi originarie e mettendo in moto altre popolazioni, determinarono
una sorta di effetto domino. Gli
effetti di tali spostamenti si avvertirono così un po’ in tutta l’area egea e in
quella vicino orientale, dalla Grecia all’Anatolia alla Mesopotamia.
In
Grecia tali popoli coinvolsero nella propria discesa anche le popolazioni
doriche e quelle nord occidentali, con fortissime ripercussioni sugli equilibri
delle zone più interne e storicamente più interessanti,
quella cioè che dall’Etolia giungono fino al Peloponneso.
In
Anatolia, si pensa che furono soprattutto i Traci,
spinti in avanti dall’invasione illirica, a invaderla.
In
Oriente invece furono gli Assiri
(un’etnia estremamente aggressiva situata nelle regioni a nord della
Mesopotamia, e le cui innovative tecniche belliche colsero di sorpresa i popoli
asiatici) ad approfittare della situazione di destabilizzazione politica dovuta
alle invasioni per sottomettere le zone circostanti: dalla Babilonia, nel X
secolo, fino all’Egitto nel VII.
Ma
furono soprattutto i Popoli del mare,
probabilmente un miscuglio di varie popolazioni originarie di diverse aree
costiere del Mediterraneo a guidare le scorribande migratorie nell’area
asiatica alla ricerca di terre su cui insediarsi e la cui corsa fu infine
fermata dall’esercito egiziano.
I
Popoli del mare attaccarono e
distrussero il regno ittita all’inizio del XII secolo. Dopo avere razziato i
principali centri delle coste orientali, si diressero contro l’Egitto, dove
furono respinti dal faraone Ramses III,
che celebrò la sua vittoria in un famoso rilievo del tempio di Medinet Habu. Secondo alcuni studiosi, il movimento dei Popoli del mare fu originato da
movimenti più ampi di popolazioni partite dal continente europeo.
Le
conseguenze principali che tali eventi ebbero sulla precedente compagine degli
stati furono:
·
la
scomparsa o profonda trasformazione dei
regni Micenei, assieme a quella quasi totale dell’Impero ittita;
·
l’instaurarsi di un dominio assiro sulla
più antica civiltà babilonese, nonché successivamente sulle zone limitrofe e su
quelle a sud;
·
la
chiusura politica dell’Egitto (un
paese da sempre caratterizzato da marcate tendenze isolazioniste, dalle quali
però nei secoli precedenti, costretto anche dalla generale apertura tra gli
stati asiatici, si era fortemente emancipato).
Complessivamente
si può parlare di un forte
ridimensionamento delle comunicazioni e dei traffici, quindi anche delle
contaminazioni culturali, tra le regioni che avevano composto la precedente
unità mediterranea, un’interruzione che in tutto il mondo mediterraneo, durò
per alcuni secoli.
È
molto probabile che gli Etruschi fossero in origine delle popolazioni
anatoliche che, in fuga dalle proprie sedi verso le regioni occidentali,
raggiunsero le regioni italiche.
Le
conseguenze di tali invasioni su società ancora primitive, le cui basi non erano certamente solide, poiché fondate
su tecniche produttive e su strutture politiche ancora estremamente fragili,
furono devastanti. Da una parte vi furono le molteplici e inevitabili
devastazioni legate alle guerre, dall’altra vi fu la sostituzione delle vecchie
classi dirigenti con le nuove, più barbare e più primitive.
A
ciò si aggiunga il forte arretramento
nelle tecniche produttive, il collasso dello
stato e della quantità dei traffici, ed infine il calo demografico.
Si
interruppe insomma quel clima di serena comunione tra popoli legati al
Mediterraneo orientale, che aveva caratterizzato l’epoca precedente, sia
nell’area egea sia in quella medio orientale. E un tale cambiamento di rotta
determinò un impoverimento materiale e culturale delle zone in questione.
Soltanto
i Fenici costituirono un’eccezione a questo clima di chiusura. Essi infatti
continuarono a portare avanti gli scambi commerciali: un’attività nella quale
per un lungo periodo detennero un primato pressoché assoluto.
Non
fu un caso poi se essi tesero a sviluppare i loro traffici prevalentemente
verso l’occidente, cioè verso l’Africa e la Spagna, in quanto zone ricche di
metalli e non toccate da tali eventi traumatici.
I Fenici e la
potenza di Tiro – La
potenza di Tiro ebbe inizio con la
fine della potenza di Sidone e copre il periodo che va dal 1100 all’800.
Per
evitare parzialmente la rivalità dei Popoli
del mare nel Mediterraneo Orientale, Tiro fondò molte colonie nel
Mediterraneo Occidentale a Malta, nelle Baleari, in Sicilia (Panormo, Drepano,
Lilibeo), nella Sardegna (Caralis), in Corsica, in Africa settentrionale
(Cartagine, Utica) e nella Penisola Iberica (Malaga, Cartega, Cades ecc.).
Varcato lo stretto di Gibilterra raggiunsero le coste dell’Inghilterra, da cui
traevano lo stagno necessario per la fabbricazione del bronzo, fino al Mare del
Nord e del Mar Baltico da cui traevano l’ambra. I marinai di Tiro costeggiarono
l’Africa fino al Capo Verde. La potenza di Tiro fu abbattuta dagli Assiri, dai
Babilonesi e infine di Persiani, ma occorre notare che anche sotto il dominio
persiano i Fenici dominavano i commerci nel Mediterraneo orientale, mentre il
mediterraneo occidentale era dominato da Cartagine.
Il
predominio commerciale fenicio nel Mediterraneo Orientale fu definitivamente
abbattuto solo in seguito alla fondazione di Alessandria sulla costa egiziana.
Gli Ebrei
nell’età dei Giudici e dei Re (1230-922) – Verso il 1200 a.C. la Palestina
fu occupata lungo il litorale dai Filistei,
uno dei Popoli del mare, esperti
navigatori e guerrieri, che precedentemente avevano servito come mercenari i
faraoni egiziani e i re ittiti. Dai Filistei deriva alla terra di Canaan il
nome Palestina.
Dovendo
lottare duramente contro i popoli confinanti, gli Ebrei avevano bisogno di una
maggiore unità: quindi nei momenti di maggiore pericolo sceglievano dei capi
militari e politici detti Giudici, i
quali riportarono diverse vittorie contro i nemici, senza mai riuscire a
batterli definitivamente.
La
minaccia dei popoli confinanti si faceva sempre più pericolosa e pressante: fu
quindi necessario costituirsi in monarchia.
La
monarchia acquistò fin dall’inizio carattere sacro perché Samuele, ultimo dei giudici e sommo sacerdote, consacrò Saul (1020-1000), secondo la tradizione
su indicazione divina.
Saul
sconfisse i Filistei e altri popoli nemici in diverse battaglie, ma, sconfitto
dai Filistei presso il monte Gelboè,
si uccise sul campo di battaglia.
Successore
di Saul fu suo genero Davide. Davide
fu il più grande tra i re d’Israele. Si fece notare per il suo valore quando,
semplice pastorello, sconfisse ed uccise il gigante
Golia, campione dei Filistei, armato
solo di una fionda. Davide sconfisse definitivamente i Filistei e gli altri
nemici d’Israele ed estendendo i confini del regno fino alla Siria a nord,
l’Eufrate a est e il mar Rosso a sud. Conquistò Gerusalemme e ne fece la
capitale del regno, nonché centro politico e religioso del suo popolo.
Approfittando del suo immenso prestigio, limitò molto l’autonomia delle tribù,
accentrando i poteri nelle mani del re. Davide fu grande poeta e musicista; di
lui rimangono nella Bibbia molti inni religiosi, i Salmi, cantati dai sacerdoti e dai popoli in onore di Dio.
Grande
e famoso fu anche Salomone (961 –
922), figlio di Davide, il quale diede al suo popolo prosperità e splendide
opere edilizie. Salomone protesse gli artisti, si fece costruire una magnifica
reggia nella quale furono impiegati anche artigiani fenici, strinse relazioni
politiche e commerciali con gli Egiziani e con la favolosa regina di Saba che
si mosse dal suo regno lontano per conoscere Salomone e la sua sapienza.
Salomone, divenuto leggendario per la sua sapienza, scrisse anche tre libri
sacri: I Proverbi, l’Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici. I forti tributi imposti per la costruzione di
edifici pubblici e per il lusso della corte provocarono un gran malcontento tra
la gente.
Roboamo, figlio di
Salomone fece le spese di questi malcontenti: in seguito a una grande
insurrezione ben dieci tribù si staccarono dal regno, scegliendo come capo Geroboamo, un uomo forte e valoroso al
servizio del re Salomone, contro cui si ribellò e si rifugiò in Egitto.
Alla
morte di Salomone, Geroboamo tornò in
Israele, e, siccome Roboamo non
alleggerì il peso del popolo, dieci tribù si separarono e fecero Geroboamo re
(930-909 a.C.). Si verificò dunque una secessione da cui si formarono due
regni:
·
a
Nord il regno d’Israele (922-586),
formato dalle dieci tribù secessioniste, con capitale Samaria;
·
a
sud il regno di Giuda (922 al 586),
formato dalle tribù di Giuda e di Beniamino, rimaste fedeli alla stirpe di
Davide, con capitale Gerusalemme.
L’invasione
dorica della Grecia - La distruzione
di Troia, avvenuta secondo la tradizione nel 1184 a.C., segnò il culmine
della potenza micenea; subito dopo, infatti, Micene, Tirinto e Pilo furono
espugnate e devastate probabilmente dai Dori che, muovendosi dall’Epiro e dalle
regioni balcaniche del Nord, si spinsero verso il Peloponneso e, vinti gli
Achei grazie ad un più efficace armamento in ferro, si insediarono nella parte
sudorientale della penisola e diedero inizio all’età del Ferro.
I
Dori occuparono tutto il Peloponneso, eccetto l’Arcadia, rimasta immune
dall’invasione, come del resto anche l’Attica, e successivamente le Cicladi,
Creta, Rodi e la costa sudoccidentale dell’Asia Minore.
I
rapporti fra i nuovi invasori e le popolazioni indoeuropee già stanziatesi in
Grecia (ioni, eoli e achei) non furono sempre
facili: molti achei trovarono rifugio nel Peloponneso settentrionale, nella
regione chiamata da allora in poi Acaia;
altri (soprattutto gli abitanti della Laconia e della Tessaglia) tentarono di
opporre resistenza e, dopo essere stati soggiogati, furono fatti schiavi. Tra
le popolazioni che dal Peloponneso si
trasferirono in Attica e nell’isola di Eubea, alcune migrarono insieme agli
eoli verso le coste dell’Asia Minore, che fu colonizzata nei secoli successivi
al 1200 a.C. però soprattutto verso Oriente che si diresse l’espansione
micenea. Sulle coste dell’Asia Minore, furono stabiliti insediamenti di una
certa rilevanza, che con il tempo si svilupparono: fu questa la cosiddetta prima colonizzazione.
Il
medioevo ellenico - L’invasione
dorica segnò comunque l’inizio di una nuova fase, non molto conosciuta,
chiamata tradizionalmente Medioevo Ellenico (XII-VIII secolo a.C.), in
cui la Grecia non subì ulteriori invasioni esterne.
Questo
fu un periodo di crisi economica, caratterizzato da un certo regresso culturale
e materiale: scomparvero infatti la scrittura e l’architettura monumentale che
avevano caratterizzato la civiltà micenea e l’economia si ridusse
esclusivamente alla pastorizia e all’agricoltura. Si determinarono inoltre cambiamenti politico-istituzionali: al wánax
miceneo si sostituì il basiléus che non era propriamente un re, ma un
capo militare, di origine nobile, cui erano attribuiti anche compiti religiosi
e civili. Nell’esercizio del potere, che tese a divenire ereditario, questi era
affiancato da un consiglio di anziani, capi dei gruppi gentilizi, i ghéne,
che costituiranno l’aristocrazia nella futura società greca e che erano i
proprietari delle terre lavorate dai ceti più bassi della popolazione.
Il Medioevo Ellenico non
fu però solo un periodo di crisi, poiché furono introdotte dai Dori alcune
significative novità che caratterizzeranno lo sviluppo delle età successive.
Comparvero infatti i primi edifici religiosi, i templi, dedicati esclusivamente al culto, nella ceramica si affermò
lo stile geometrico, si sviluppò la
lavorazione del ferro e, soprattutto, si andò embrionalmente, costituendo una
nuova struttura politico-sociale, la polis (stato–città)[1].
[1] La Polis - La polis fu un modello di struttura tipicamente
greca che prevedeva l'attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita
politica. In contrapposizione alle altre città-stato antiche,
la peculiarità della polis non era tanto la forma di governo
democratica o oligarchica, ma l'isonomia: il fatto che tutti i cittadini liberi soggiacessero
alle stesse norme di diritto, secondo una concezione che identificava l'ordine
naturale dell'universo con le leggi della città. Queste erano concepite come un riflesso
della Legge universale preposta a governo del mondo.
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