III UNITÀ.
Comunicazione. Il testo espositivo-informativo – Per testo espositivo si intende la
presentazione esauriente, condotta a scopo informativo, di un determinato
argomento.
Sono testi espositivi la relazione,
l’articolo informativo.
Oggetto dell’esposizione può essere:
·
un argomento di esperienza personale
·
un argomento culturale di qualsiasi disciplina.
Il testo espositivo può:
·
limitarsi a presentare dati, fatti, informazioni
·
far seguire ai dati, ai fatti e alle informazioni la
loro interpretazione.
Riflessioni sulla lingua. La proposizione - Una proposizione è una frase, un
pensiero di senso compiuto. Una frase
è il massimo segmento in cui può essere suddiviso il discorso umano.
Es.: Luigi gioca.
Riflessioni sulla lingua. Il soggetto - Il soggetto indica la persona,
l’animale o la cosa che compie o subisce l’azione.
Es: Maria lavava; egli guarda, ecc.
Riflessioni sulla lingua. Il predicato - Il predicato è la voce verbale che
dichiara l’esistenza del soggetto.
Il predicato può essere:
·
predicato verbale:
se è formato da un verbo,
es.: Luca ascolta;
·
predicato nominale:
se la voce verbale è rappresentata dal verbo essere seguita da un aggettivo o
nome,
·
es.:
egli è gentile, io sono un bambino.
Il verbo essere si chiama copula,
e nome del predicato la parola che segue.
Es.: Luca è diligente
- Luca (soggetto) è (copula) diligente (nome del predicato), oppure si può
dire: Luca (soggetto) è diligente (predicato nominale).
Quando il verbo essere significa esistere, appartenere ecc.
ha valore di predicato verbale.
Es.: La casa della zia
è a Roma diventa predicato verbale.
Riflessioni sulla lingua. Il periodo – Il periodo è l’unione di due o più
proposizioni in una espressione logicamente
ordinata.
Es.: «Agnese vi s’avviò, come se volesse tirarsi alquanto in
disparte, per parlar più liberamente.» (Manzoni).
In questo periodo vi sono tre proposizioni perché tre sono le
forme verbali; una è la proposizione principale, o reggente, in quanto può
reggersi grammaticalmente da sola, mentre su di essa poggiano le altre che,
proprio perché dipendono dalla principale si chiamano proposizioni dipendenti
o subordinate o secondarie.
Riflessioni sulla lingua. Vari tipi di
proposizioni principali - Le
proposizioni principali, secondo le varie sfumature che assume il predicato,
si possono distinguere in:
·
enunciative o narrative sono le più frequenti fra le proposizioni principali;
esse riferiscono, enunciano e raccontano un episodio sia in forma negativa sia
in forma positiva.
In genere usano l’indicativo.
Es.: Questo alunno né studia, né sta
attento alle lezioni.
Con i verbi potere, dovere, usano il
condizionale.
Es.: Avresti dovuto accettare;
·
interrogative dirette sono proposizioni che contengono in sé
una domanda e si concludono con il punto interrogativo.
Es.: Chi ti ha parlato?;
·
esclamative sono proposizioni che esprimono un
sentimento di meraviglia, dolore, gioia, ecc.
Usano l’indicativo o il modo infinito e si concludono con il punto esclamativo.
Usano l’indicativo o il modo infinito e si concludono con il punto esclamativo.
Es.: Che gioia parlarti!;
·
imperative sono proposizioni che esprimono un
ordine un comando, una proibizione. Usano l’imperativo.
Es.: Va’ via di qua;
·
dubitative sono proposizioni che esprimono
dubbio, incertezza. Usano indicativo e il condizionale.
Es.: Che cosa dovevo fare? A chi
dovrei parlare?;
·
esortative sono proposizioni che esprimono una
preghiera, un invito. Usano il modo congiuntivo.
Es.: Su, si faccia avanti. Andiamo
dal professore e chiediamogli una spiegazione;
·
concessive sono proposizioni che esprimono una
concessione, un permesso; esse usano il congiuntivo seguito in genere da pure, finché.
Es.: Ammettiamo pure che lo abbia
fatto;
·
potenziali sono proposizioni che esprimono un
fatto come possibile; esse usano il condizionale e l’indicativo.
Es.: Avrei dovuto ascoltarlo.
Potrei andare da lui;
·
desiderative o ottative sono proposizioni che servono ad
esprimere un desiderio o un augurio. Queste proposizioni sono spesso introdotte
da espressioni come: Voglia il cielo,
che. Esse usano il congiuntivo o il
condizionale.
Es.: Voglia il cielo che tu possa venire.
Oh, come vorrei che tu mi fossi vicino!
Riflessioni sulla lingua. Proposizioni
coordinate e subordinate - In
un periodo formato da proposizioni sintatticamente indipendenti l’una
dall’altra vi sono una proposizione principale, che esprime l’idea più
importante, ed altre proposizioni dette coordinate alla principale, perché
unite ad essa senza idea di subordinazione.
Es.: Sono andato a Roma, ho visitato il Colosseo ed ho
proseguito per il Vaticano.
In una frase complessa, la combinazione di più proposizioni
può avvenire non solo mediante la coordinazione, ma anche mediante la
subordinazione. La proposizione subordinata non può stare da sola, ma ha
bisogno di un’altra proposizione a cui appoggiarsi.
In un periodo si possono avere diverse proposizioni
subordinate.
Sono invece subordinate quelle proposizioni che per la loro
struttura non possono sostenersi da sé ma, si appoggiano ad altre frasi
(principali o anche subordinate) dalle quali sono rette.
In genere la subordinazione avviene per mezzo di congiunzione, di pronomi, di aggettivi o
di avverbi relativi o interrogativi.
Es.: Il cane che hai incontrato, è di mio fratello.
Ti ho parlato per convincerti a portare tuo marito dal
medico.
Riflessioni sulla lingua. Vari tipi di periodo -
Il periodo può
essere di tre tipi:
·
semplice: quando è formato da una sola
proposizione.
Es.: Ieri ho studiato a lungo;
·
composto: quando è formato da due o più
proposizioni indipendenti.
Es.: Quell’uomo aveva incontrato un
cane: proposizione principale, si era fermato: proposizione coordinata alla
principale, poi aveva ripreso il cammino: proposizione coordinata alla
principale;
·
complesso: quando è formato da una
proposizione principale e da una o più proposizioni secondarie.
Es.: Non sono stato al cinema:
proposizione principale, perché avevo un grosso impegno: proposizione
secondaria di 1° grado che non potevo evitare: proposizione secondaria di 2°
grado.
Riflessioni sulla lingua. Proposizioni implicite
ed esplicite - Una
proposizione si dice esplicita quando il predicato verbale è un verbo di modo
finito (indicativo, congiuntivo, condizionale, imperativo).
Es.: La maestra dice
ai suoi alunni: (dice indicativo) «Studiate di più!» (studiate imperativo).
Si dice implicita quando il predicato verbale è un verbo al
modo indefinito (infinito, participio, gerundio).
Es.: Ascoltando
capii molto.
Una proposizione implicita può sempre essere trasformata in
una equivalente proposizione esplicita.
Es.: Penso
di andare al mare - Penso che andrò al mare, ecc.
Riflessioni sulla lingua. Modi indefiniti
- Questi modi non permettono di identificare la persona e il numero (fatta
eccezione per il participio, in cui si può distinguere il singolare dal
plurale).
Infinito - L’infinito è la forma base
del verbo. Si usa in dipendenza da un altro verbo (p. es.: Sai guidare una
motocicletta?), ma si può usare anche come verbo principale per indicare
ordini, desideri, ed altro (es.: Uscire, uscire fuori, subito!). Ne esistono il
tempo presente (riflettere) e passato
(aver riflettuto).
Participio - Il participio è simile ad un
aggettivo e, per questo, può indicare il numero e talvolta anche il genere
(es., il participio mangiata indica un femminile singolare). Si usa con i verbi
ausiliari nella costruzione dei tempi composti. Ha due tempi, il presente (riflettente) e il passato (riflettuto).
Gerundio – Il gerundio si usa nelle
subordinate per esprimere un certo tipo di rapporto con la reggente. Ha due
tempi: il presente (riflettendo) e il
passato (avendo riflettuto).
Riflessioni sulla lingua. Le subordinate
completive - Le
proposizioni subordinate completive (o sostantive o complementari dirette) sono
proposizioni dipendenti che completano il senso della proposizione reggente,
svolgendo nel periodo la medesima funzione che nella proposizione ha un
sostantivo non preceduto da preposizione, cioè usato in funzione di soggetto o
di complemento oggetto.
Riflessioni sulla
lingua. La proposizione soggettiva - La proposizione subordinata soggettiva è una proposizione
subordinata che fa da soggetto al predicato della reggente:
Es.: È evidente che sei triste (prop. subordinata soggettiva)
La tua tristezza (soggetto) è evidente. Dipende sempre da
verbi o locuzioni verbali impersonali o usati impersonalmente. In particolare,
dipende:
·
da
verbi impersonali o usati impersonalmente alla 3a persona
singolare, come accade, avviene, capita, bisogna, occorre, sembra, pare, dispiace, basta, importa, interessa ecc.: “Sembra che tutti siano d’accordo; Bisogna che partecipiate anche voi; Mi basta vederti ogni tanto; Bastava
che arrivassi un’ora prima;
·
da
verbi costruiti con il si passivante,
come si dice, si crede, si pensa, si teme, si spera: “Si dice che il sindaco si dimetterà”; “Si temeva che
fossi già partito”;
·
da
locuzioni verbali impersonali costituite
dal verbo essere + un nome, come è
ora, è tempo, è compito, è dovere, è una vergogna,
è un piacere: “È ora di alzarsi”; “È
un’indecenza che possano succedere queste cose”; “È dovere di tutti provvedere
al bene comune”;
·
da
locuzioni verbali impersonali costituite
dai verbi essere, parere, sembrare, riuscire, venire, accompagnati da un aggettivo o da un
avverbio in funzione di nome, come è
bello, è brutto, è necessario, è tanto, è poco, è molto, è bene, è male, pare certo, sembra sicuro, pare opportuno,
riesce facile, riesce difficile, viene
opportuno ecc.:
“È stato brutto da parte tua
comportarti così”;
“È tanto che non lo vedo”;
“Sarà opportuno chiedere un prestito
alla banca”;
“Non ci sembra necessario informarli
del nostro progetto”;
“Mi riesce difficile immaginare una
cosa simile”.
Nella forma esplicita,
la proposizione soggettiva è introdotta dalla congiunzione subordinante che e ha il verbo:
·
all’indicativo,
quando la reggente esprime certezza: “È chiaro che il responsabile sei tu”;
·
al
congiuntivo, quando il verbo della reggente esprime possibilità, probabilità,
dubbio, speranza e simili: “Si dice che il responsabile sia tu”;
·
al
condizionale, quando il fatto indicato dalla soggettiva dipende da una
condizione (espressa o sottintesa): “È chiaro che verrebbe volentieri (se
potesse)”.
Nella forma implicita,
la proposizione soggettiva ha il verbo all’infinito, con o senza la
preposizione di:
“È ora di partire”;
“Bisogna avvertire subito Paolo”.
Educazione letteraria. Le forme del
testo narrativo – I testi narrativi possono presentarsi in
forma diverse: come mito, favola, leggenda, parabola, novella
e romanzo.
·
Il mito è la narrazione di eventi
riguardanti le origini di un gruppo di gente, e ha per protagonisti divinità ed
eroi
Es.: I miti greci e latini.
·
La fiaba
è una narrazione breve originaria della tradizione popolare, caratterizzata da
componimenti brevi e di fatti fantastici caratterizzati da due elementi:
eccezionalità e magia; e centrati su avvenimenti e personaggi fantastici come
streghe, fate, orchi, giganti e così via. Dopo aver sconfitto le forze del
male, l’eroe-positivo riesce sempre a realizzare gli scopi prefissati e a
conquistare l’oggetto di attrazione.
·
La favola è una narrazione breve, in cui
spesso protagonisti sono animali in grado di parlare, aventi gli stessi
caratteri degli uomini, con i loro difetti e le loro qualità ed in esse la
componente fantastica è generalmente assente, e la narrazione ha un intento allegorico[3]
e morale più esplicito.
·
La leggenda è un racconto, in genere
immaginario, di vicende riguardanti la vita di personaggi famosi, che hanno
lasciato un’impronta nel campo della storia o in quello religioso.
L’esagerazione, elemento caratteristico di questa forma di narrazione, serve ad
esaltare e a rendere esemplare la figura del personaggio.
Es.: le leggende riguardanti i santi o quelle legate a
personaggi storici celebri, come Muzio Scevola, Masaniello o Garibaldi.
La parabola è un racconto breve il cui
scopo è spiegare un concetto difficile con uno più semplice o dare un insegnamento
morale. La parabola divenne famosa dall’uso fatto nei Vangeli con le parabole di Gesù. La parabola
introduce un esempio che vuole illuminare la realtà specificata, con un unico
punto di contatto tra la immagine e la realtà.
·
·
La novella è un racconto non eccessivamente
lungo, che tratta fatti reali o immaginari, accaduti in un arco di tempo
alquanto breve, con un limitato numero di personaggi.
·
Il romanzo è un racconto di ampia
estensione, che narra di fatti reali o immaginari, accaduti in un lungo lasso
di tempo, con un proporzionato numero di personaggi. I filoni del romanzo sono
numerosi, i più noti sono:
§ il romanzo
storico
§ il romanzo
d’avventura
§ il romanzo
naturalista e verista
§ il romanzo di
fantascienza
§ il romanzo
epistolare
§ il romanzo
psicologico
§ il romanzo
autobiografico
§ il romanzo
giallo o poliziesco.
Educazione letteraria. Temi centrali e
temi periferici – Il tema centrale, cioè l’argomento
fondamentale del testo, è il filo conduttore che unisce organicamente le varie
parti dell’opera.
Accanto
al tema centrale vi sono poi dei temi
periferici, che sono propri di ogni singola parte dell’opera e che sono
comunque convergenti verso il tema principale.
Individuare
il tema centrale e quelli periferici significa procedere a una prima generale
scomposizione del testo e serve a capire la struttura portante dell’opera
stessa.
Es.:
Nei Promessi Sposi di Alessandro
Manzoni il tema centrale è l’amore
fra Renzo e Lucia, ostacolato da don Rodrigo. Il tema periferico è la vita di Gertrude; quest’ultima, però, è parte
anche del tema centrale, poiché ella dà ospitalità a Lucia e consegna la
ragazza ai bravi dell’Innominato al momento del rapimento.
Educazione letteraria. L’individuazione
del tema - Emozioni e sentimenti
pervadono continuamente la vita quotidiana di ogni periodo storico influenzano
un elevato numero di comportamenti sociali; essi sono oggetto di ogni forma di
produzione umana e si traducono in:
le cui differenze tra sono estremamente sfumate.
Un testo letterario, di qualsiasi natura esso sia narrativo,
sia poetico sia teatrale ne è sempre impregnato.
Educazione letteraria. La struttura
generale – Nei testi narrativi è
possibile individuare una struttura generale di base valida per la quasi
totalità dei testi.
Questa
struttura è costituita da quattro momenti:
·
situazione iniziale
·
complicazione:
un evento che viene ad alterare, più o meno improvvisamente, l’equilibrio
iniziale;
·
evoluzione della vicenda: una serie di eventi, che possono migliorare o peggiorare
la situazione del personaggio principale;
·
conclusione della vicenda: alla fine della narrazione si ristabilisce un equilibrio,
che può essere positivo o negativo, e la vicenda si scioglie.
Educazione letteraria. Fabula e
intreccio – La distinzione,
introdotta dai formalisti russi, tra fabula
e intreccio.
Con
fabula si indica la sequenza dei
fatti raccontati, disposti nell'ordine cronologico in cui si sono svolti e
selezionati in base ai loro rapporti di causa-effetto.
Con
intreccio si intende il modo in cui i
fatti raccontati sono disposti dal narratore, spesso alterando l'ordine
cronologico della fabula e/o introducendo fatti che non hanno rapporto di
causa-effetto con altri, ma sono liberi (digressioni, descrizioni ecc.)
Educazione letteraria.
Nuclei narrativi e sequenze – In ogni testo narrativo troviamo una serie di informazioni:
alcune sono indispensabili per capire lo svolgimento della storia, altre invece
aggiungono particolari meno importanti, utili tuttavia a comprendere meglio
determinate situazioni. Le prime costituiscono gli eventi essenziali, le
seconde gli eventi accessori. Gli eventi essenziali formano i pilastri del
racconto, mentre quelli accessori hanno la funzione di far comprendere meglio
il contesto e l’atmosfera in cui si svolge il racconto stesso. Ogni evento
essenziale, con i relativi eventi accessori, forma un nucleo narrativo, cioè
una porzione di testo più o meno completa, che sviluppa una parte ben precisa
del racconto.
Un altro sistema di scomposizione del testo narrativo è
costituito dalle sequenze, unità
narrative minime, che sono dei segmenti di testo, inferiori rispetto ai nuclei
narrativi per estensione e complessità, forniti di senso logico compiuto.
Anche se ogni sequenza, in sé conclusa e dotata di piena
autonomia sul piano sintattico e di significato compiuto, essa acquista pieno significato
solo all’interno del testo di cui fa parte, integrata nel sistema di relazioni
con tutte le altre sequenze del racconto.
Non è possibile precisare l’ampiezza di una sequenza le sequenze cambiano quando:
·
entra
in scena o esce un nuovo personaggio;
·
cambiano
le modalità espositive (es.: il passaggio dal discorso diretto all’indiretto e
viceversa).
·
c’è
una variazione di tempo e di luogo.
Inoltre, rispetto al loro contenuto, le sequenze si dividono
in:
A seconda del particolare significato, le sequenze si
suddividono in:
·
sequenze narrative: parti del racconto che registrano
le azioni dei personaggi e gli
avvenimenti in cui sono coinvolti, poiché immettono nel racconto fatti e
accadimenti, le sequenze narrative portano
avanti lo sviluppo della trama e sono dunque sequenze dinamiche.
·
sequenze descrittive[9]: parti del racconto che hanno il
compito di dare consistenza ai personaggi e al contesto della vicenda. Le
sequenze di questo tipo sono statiche e rallentano il ritmo della narrazione,
arricchendo però la storia di determinazioni che la rendono più viva e
consistente. La loro presenza è indispensabile per delineare, attraverso la
descrizione dell’ambiente e delle sue caratteristiche, il contesto in cui si
svolge una vicenda;
·
sequenze riflessive: parti del racconto che registrano e
analizzano i sentimenti e gli stati d’animo dei personaggi e le riflessioni e i
giudizi che essi esprimono in ordine alla vicenda, oppure riportano la voce
stessa del narratore che manifesta le sue considerazioni su quanto sta
avvenendo nella storia o sull’agire e il carattere dei personaggi. Al pari di
quelle descrittive, anche le sequenze riflessive sono statiche e segnano una
pausa nella narrazione, rallentando il procedere degli eventi.
·
sequenze dialogate: parti del racconto che riportano i
discorsi diretti dei personaggi. A seconda del contenuto e dell’impostazione
dei dialoghi, questo tipo di sequenze può svolgere molteplici funzioni
narrative: può contribuire allo sviluppo dell’azione (sostituendo in un certo
senso le sequenze narrative), può rivelare lo stato d’animo e il carattere dei
personaggi e le relazioni che intercorrono tra loro o, anche, commentare la
vicenda con considerazioni, giudizi e così via. Il ritmo delle sequenze
dialogiche può essere molto diverso, a seconda che le battute che vengono
pronunciate siano brevi e scarne o, viceversa, ridondanti e prolisse; in ogni
caso le sequenze dialogate mettono in primo piano i personaggi, con un effetto
di presa diretta che tende a ridurre
il ruolo del narratore.
T 4 Il
mito di Prometeo.
Dalla Teogonia
di Esiodo
La presenza del fuoco nell'umanità
primitiva fu molto importante e la scoperta della sua utilizzazione per diversi
scopi apportò utili miglioramenti alle condizioni di vita degli esseri umani.
Naturale quindi che il fuoco sia protagonista di molti miti. Il più noto di
essi, quello di Prometeo, fa parte della ricchissima mitologia creata dal
popolo dell'antica Grecia. Ecco come lo racconta Esiodo, un poeta vissuto tra
l' VIII e il VII secolo avanti Cristo.
Nelle
prime epoche del mondo, quando Giove aveva spodestato il feroce Saturno[10]
ed era diventato il dominatore dell'Universo, i Titani[11]
si erano ribellati al potere del Re giovinetto. Uno solo fra essi, Prometeo,
non aveva partecipato alla sommossa, e non per amore verso il nuovo Re, ma
perché egli poteva vedere le cose future e le presenti e sapeva che era inutile
opporsi alle decisioni del destino.
Prometeo
dunque era antiveggente[12]
e saggio e i suoi occhi sicuri, scintillanti, scrutatori rivelavano il suo
potere divinatore[13]
e infallibile; la sua fronte vasta, la sua bocca buona, quasi infantile, il
corpo immane[14] , gli
davano l'aspetto di un generoso gigante dalla forza enorme abituato a dominare
gli elementi. Ora, Prometeo voleva bene agli uomini. E l'uomo allora era
misero, non aveva armi, né vesti, viveva selvatico nelle boscaglie cibandosi di
cruda selvaggina e di frutta; per vestirsi si copriva di foglie, per difendersi
dalle belve non possedeva che sassi e rami nodosi. Si riparava dai geli e dal sole
in basse caverne profonde, in cui, simile a un rettile strisciante, la notte si
rifugiava a dormire. E, quando il sole era tramontato, se la luna non appariva
a rischiarare le lunghe notti, una tenebra impenetrabile inghiottiva
l'universo, e gli uomini erano simili a miseri ciechi, tremanti, indifesi, in
un mondo senza luce, colmo di ruggiti paurosi e lampeggiante degli occhi
fosforescenti delle belve. Prometeo, il buon gigante dagli occhi splendenti,
non poté sopportare a lungo lo spettacolo di quella umanità dispersa e
miserabile. “ Voglio aiutare gli uomini ” disse. “ Voglio che la loro vita
diventi meno selvaggia, che essi imparino a difendersi dalle tigri e dai
cinghiali, che coltivino la terra, lavorino i metalli, si nutrano di cibi caldi
e arrostiti e non di sanguinanti e crudi resti di animali. Voglio donare
all'uomo il fuoco! ” Sapeva, nella sua chiaroveggenza[15],
che questo era contrario ai desideri di Giove, sapeva che un dono simile fatto
agli uomini sarebbe stato la sua rovina, ma Prometeo era generoso, e risoluto[16],
perciò, anche a sfidare l'ira del Nume Onnipossente[17],
pur di fare tal bene ai miseri mortali. Salì dunque una sera su, nella montagna
radiosa[18],
dove gli Dei banchettavano felici, circondati dalle fiamme purpuree[19]
del fuoco divino.
Ed
entrò nelle fucine[20]
risonanti di Vulcano, che, nella sua corazza di bronzo battuta dalle fiamme,
foggiava instancabilmente armi per gli eroi e monili[21]
per le belle Dee dell'Olimpo. “ Sono venuto a portarti quest'anfora di vino
etnèo[22]”
disse Prometeo, sedendosi presso il fuoco. “Bevi, fabbro laborioso, questo ti
darà più forza che il tuo nèttare[23]!
Bevi! ” Vulcano accettò di buon grado dall'amico l'offerta, e mandò giù in un
sorso nella gola, arsa da tutto quel calore infernale, il rosso liquore
dell'Etna. Ma, dopo un poco, il suo capo si piegava e gli occhi si chiudevano
nel sonno: il previdente Prometeo aveva mescolato al vino molto succo di rossi
papaveri[24]. Il
fuoco divino era lì, incustodito: e Prometeo ne imprigionò alcuni semi
scintillanti nella fèrula[25],
il bastone cavo[26] che gli
aveva donato lo stesso Vulcano. E via, a precipizio, giù, verso la terra
desolata! La notte intanto era scesa, invadendo di paura con le sue ondate di
tenebre il cuore degli uomini, e la fèrula bronzea di Prometeo fiammeggiava nel
buio come un astro staccatosi dal firmamento[27].
“Vi porto il fuoco!” gridò il gigante agli uomini che lo attendevano “Vi porto
la vita, la civiltà, la gioia!” E, accatastate molte fascine secche e gettativi
sopra gli scintillanti tizzoni rubati a Vulcano, Prometeo accese un immenso
rogo che salì fino al cielo, mentre le grida gioiose degli uomini scotevano
tutto l'Universo e giungevano fino all'Olimpo.
Giove
udì gli urli di vittoria, e, corrugando la fronte, irritato, tonò: “Il
temerario[28] che ha
donato agli uomini il fuoco deve essere punito.” E ordinò a Vulcano di
apprestare egli stesso catene enormi ed anelli di bronzo per incatenare
Prometeo a una roccia.
Intanto
gli uomini, per opera del generoso Titano, imparavano a riscaldarsi, a cuocere
le carni, a foggiarsi le armi, a costruire le case dove potere a sera riposare,
a fabbricare le navi, per solcare senza pericolo il mare infido. E gli uomini
furono così felici di tutti questi doni, che, ebbri di gioia per la conquistata
vittoria, si credettero diventati simili agli Dei.
Questa
presunzione aumentò il furore di Giove; e Vulcano, sia pure a malincuore,
poiché voleva bene al Titano dagli occhi sereni, dovette impadronirsi, per
ordine del Nume, del corpo del gigante e legarlo alle rupi inaccessibili del monte
Caucaso[29].
“Tu
l'hai voluto, Prometeo!” gli diceva Vulcano, mentre, aiutato dai Ciclopi[30],
gli stringeva ai polsi le catene. E, mentre Vulcano parlava al gigante
incatenato, i Ciclopi dal grande occhio in mezzo alla fronte lavoravano
instancabili a chiudere gli anelli e a issare alto sul baratro[31],
fra il cielo e il mare, il corpo doloroso di lui.
Ma
Vulcano non aveva previsto tutto il supplizio immane che attendeva il donatore
di fuoco. Ogni mattina, un'aquila gigantesca calava dalle cime nevose, si
accostava al corpo del gigante, gli squarciava con un colpo del becco ricurvo
il torace e si cibava del suo fegato sanguinante. Quando tornava la notte, il
fegato, miracolosamente, rinasceva e di nuovo, al sorgere del sole, l'aquila
affamata si dissetava al suo sangue e divorava il fegato del martire gigante.
Il
volto di Prometeo diventava bianco di dolore, la sua bocca lanciava urli
inumani, e inutilmente le rosee Ninfe[32]
cercavano di far salire fino a lui il loro canto dolcissimo per consolarlo. Il
martirio era inesorabile. Ma, se pure dalle labbra riarse[33]
sfuggivano incontenibili lamenti, il cuore grande di Prometeo era contento del
supplizio. La sua sofferenza aveva dato agli uomini la felicità della fiamma
prodigiosa! Sarebbe rimasto incatenato lassù fino alla fine dei secoli,
serenamente! Passarono così, in quel martirio, trent'anni, finché Giove ebbe
pietà di quel corpo roso[34]
dalle intemperie, di quegli occhi abbacinati[35]
dalle nevi, del petto squarciato, il cui sangue rigava in eterno la roccia. E
liberò il Gigante, accogliendolo immortale nelle felici praterie dei Campi
Elisi[36].
E
Prometeo infatti vive ancora. E ogni volta che si compie fra gli uomini una
impresa ardita, ogni volta che un martire cade per la fede e per la gloria, lo
spirito immortale di Prometeo alita[37]
attorno agli eroi; e il fuoco divino, che il Gigante ha rapito al Cielo,
infiamma le anime generose degli uomini. Prometeo ha insegnato loro, oltre alla
civiltà, anche ad essere degni della propria origine divina e fieri dell'anima
immortale.
Rielaborazione di Alfredo Panzini, da Teogonia,
Treves, Milano.
[1] Il
nome - Il nome o sostantivo è la parte variabile del
discorso che indica un essere, una idea, un fatto. I sostantivi sono anche
detti nomi, anche se linguisticamente, il primo termine è preferito
per il suo significato più pregnante: significa infatti provvisto di una
propria sostanza, di una realtà di cui possiamo parlare, sia essa
tangibile, sia che esista solo nella nostra mente (virtù).
I nomi, insieme ai verbi,
sono gli elementi primari di una lingua
e costituiscono il pilastro su cui la frase
si costruisce.
Le caratteristiche
morlogiche – Le
caratteristiche morfologiche di un nome riguardano il genere ed il numero.
Nel genere i nomi
possono essere maschili o femminili.
Una delle maggiori difficoltà è costituita dall’apprendere
come si trasforma un nome maschile nel corrispettivo femminile (quando esiste)
e come si forma il plurale.
La trasformazione di un sostantivo maschile in femminile può
avvenire solo con nomi di persone (maestro - maestra) o di animali (asino -
asina), ma non con quelli di cose: infatti la tappa (quella del giro d’Italia)
non è la femmina del tappo (quello della bottiglia).
Nel numero sono
generalmente singolari e plurali, ma non mancano quelli che si
usano solo al singolare (buio) o solo
al plurale (forbici).
Per quanto attiene alla formazione del plurale, si osservino queste
semplici norme:
a) la maggior parte dei nomi, sia
maschili che femminili, al plurale esce in i tranne i femminili che al
singolare escono in a perché questi al plurale vogliono la desinenza e:
Esempi:
Singolare
|
Plurale
|
Il cavallo (m. in o)
|
I cavalli
|
Il fiume (m. in e)
|
I fiumi
|
Il poeta (m. in a)
|
I poeti
|
La mano (f. in o)
|
Le mani
|
La vite (f. in e)
|
Le viti
|
La matita (f. in a)
|
Le matite
|
b) al plurale restano invariati:
·
i
nomi monosillabici (il re - i re)
·
i
nomi tronchi (cioè con l’accento sull’ultima sillaba: la virtù - le virtù / la
verità - le verità)
·
i
nomi terminanti in i (il brindisi - i
brindisi)
·
i
nomi terminanti in consonante (il lapis - i lapis)
·
i
nomi propri di persona con desinenza a
(Enea - gli Enea)
·
i
cognomi (il Foscolo - i Foscolo / l’Alighieri - gli Alighieri)
·
i
nomi stranieri (il pullman - i pullman / il goal - i goal)
c) i nomi terminanti in -io, se hanno la i tonica (cioè accentata nella pronuncia) come pigolìo e zìo, al
plurale richiedono la desinenza ii (pigolii, zii), altrimenti una sola i
(figlio - figli / premio - premi);
d) i nomi che terminano in -cia e -gia,
se davanti a -cia e -gia hanno una vocale, fanno al plurale -cie e -gie
(camicia - camicie / guarentigia guarentigie); se hanno una consonante fanno
invece -ce e -ge (lancia lance / bolgia - bolge). Se però hanno la i tonica, la conservano sempre (farmacìa
- farmacìe / nostalgìa - nostalgìe).
Le eccezioni a queste norme sono numerose e
solo l’uso frequente del dizionario può farcele apprendere.
Ecco
solo alcuni dei nomi che sfuggono alle regole su accennate: il vaglia - i
vaglia , il pigiama - i pigiama, la radio - le radio, la dinamo - le
dinamo, l’arbitrio - gli arbitrii (per distinguerlo da arbitri che è il plurale
di "arbitro"), l’omicidio - gli omicidii (per distinguerlo da omicidi
che è il plurale di "omicida").
Per il plurale dei nomi in -co e -go è d’obbligo l’uso del
dizionario. Quando sorge un dubbio si consulti il vocabolario e si cerchi di
memorizzare l’esito della ricerca.
es: mago al plurale
fa magi (come i tre re del presepio)
o maghi (come dicono i presentatori
televisivi)?
L’uso del dizionario vale anche per il plurale dei nomi
composti.
Le caratteristiche
semantiche - Dal
punto di vista semantico i nomi si suddividono nelle seguenti categorie:
- nomi comuni e nomi propri
- nomi concreti e nomi astratti
- nomi individuali e nomi collettivi
- nomi numerabili e nomi non numerabili
Nomi comuni e nomi propri di cose - I nomi comuni indicano persone, animali, cose, luoghi,ecc. in modo generico come appartenenti ad una classe;
il nome libro può indicare uno qualsiasi dei possibili libri esistenti,
se non viene a esso aggiunto qualche maggiore elemento di identificazione:
- il mio libro
- il libro di
latino che ho lasciato sul tavolo
I nomi propri, invece, sono nomi o cognomi di persone,
appellativi geografici, storici, letterari, culturali e sociali; indicano non
ciò che è generico ma ciò che è individuale, non la classe ma l’elemento
singolo. E questa singolarità è evidenziata con l’uso della lettera maiuscola:
Parigi
Nomi concreti e nomi astratti - Sono concreti i nomi comuni usati per
designare persone, animali o cose percepibili con i nostri sensi:
ragazza,
sedia, fragore, profumo, superficie
Sono astratti i nomi comuni con cui si
designano entità accessibili solamente al nostro spirito e al nostro
pensiero:
Nomi individuali e nomi collettivi - Il nome individuale designa
un’entità singola che può essere una persona, un animale, una cosa o un
concetto, indicandola con il nome proprio o con il nome comune della classe a
cui questo appartiene. Per indicare una pluralità di individui, questi nomi
devono essere usati al plurale Questa categoria comprende la maggior parte dei
nomi:
Luisa,
donna, lupo, tazza, virtù.
Il nome collettivo, invece, pur
essendo al singolare designa gruppi o insiemi di persone (folla),
cose (fogliame) o animali (mandria). Quando il nome collettivo è
in funzione di soggetto, il verbo va al singolare
[2] I
pronomi personali - I pronomi personali sono quei pronomi che rappresentano
la persona che parla, la persona che ascolta oppure la persona, l’animale o la
cosa di cui si parla, senza specificarne o ripeterne il nome.
Es.: Io sono pronto per
la partenza, tu no.
Es.: Abbiamo discusso
con loro dei risultati elettorali.
I pronomi personali hanno forma diversa, secondo la persona,
il numero, il genere e la funzione. Tale funzione può essere di soggetto o di
complemento.
Persona
|
funzione soggetto
|
funzione complemento
|
||
forma tonica
|
forma atona
|
|||
1a singolare
|
|
Io
|
Me
|
Mi
|
2a singolare
|
Tu
|
Te
|
Ti
|
|
3a singolare
|
Maschile
|
Egli,esso
|
lui, esso, sé
|
lo, gli, ne, si
|
Femminile
|
Ella, essa
|
lei, essa, sé
|
la, le, ne, si
|
|
1° plurale
|
|
Noi
|
Noi
|
ci, ce
|
2° plurale
|
Voi
|
Voi
|
vi, ve
|
|
3° plurale
|
Maschile
|
Essi
|
essi, loro, sé
|
li, ne, si
|
Femminile
|
Esse
|
esse, loro, sé
|
le, ne, si
|
Pronomi personali soggetto - I pronomi personali soggetto indicano
la persona che è protagonista dell’azione o che effettua la comunicazione.
Es.: Tu sei stato
proprio bravo;
Es.: Egli ascolta la
musica di Puccini.
In italiano, a differenza di quanto accade in altre lingue,
il pronome personale soggetto è spesso sottinteso, ma è preferibile evitarlo
nella lingua scritta.
Il pronome deve essere espresso. Ciò avviene:
·
quando
si vuole specificare il maschile o il femminile; Egli/Ella gioca;
·
quando
il verbo presenta la stessa forma per più persone, ad esempio nel congiuntivo
presente: Bisogna che io sappia la novità; Bisogna che tu sappia la novità;
·
quando
si vuole dare rilievo al soggetto: Voi formate una bella compagnia;
·
quando si
vogliono contrapporre più soggetti: Io lavoro ed egli si diverte.
[3] NOTA DI
RETORICA L’allegoria - L’allegoria è una figura retorica per cui un
concetto astratto è espresso attraverso un’immagine concreta: in essa, come
nella metafora, vi è la sostituzione di un oggetto ad un altro ma, a differenza
di quella, l’accostamento non è basato su qualità evidenti o sul significato
comune del termine, bensì su un altro concetto che spesso attinge al patrimonio
di immagini condivise della società. Essa opera comunque su un piano superiore
rispetto al visibile e al primo significato: spesso l’allegoria si appoggia a
convenzioni di livello filosofico o metafisico.
[4] La
sensazione – La sensazione è la
modificazione dello stato del nostro organismo, causato del contatto con
l’ambiente, i cui stimoli sono percepiti dai nostri organi di senso; ognuno di essi è destinato alla ricezione di un
particolare stimolo e sono:
·
udito,
·
vista,
·
olfatto,
·
gusto,
·
tatto,
·
cinestesia ed equilibrio,
·
sensazione di dolore.
La relazione tra la sensazione
e lo stimolo è complicata dal fatto
che non tutti gli stimoli fisici sono percepiti dall’individuo. Per essere
percepito da un determinato organo di senso (soglia assoluta), uno stimolo deve
infatti raggiungere una determinata grandezza e deve essere abbastanza diverso
in intensità per poter essere distinto da un altro, simile per grandezza
(soglia differenziale).
La distinzione tra sensazione,
legata agli effetti immediati ed elementari in grado di suscitare una risposta,
e la percezione, corrispondente
all’organizzazione dei dati sensoriali in un’esperienza complessa, cioè al
prodotto finale di un processo di elaborazione dell’informazione sensoriale, è
che la percezione finale è la somma
di sensazioni.
[5] L’emozione – L’emozione è
uno stato affettivo, caratteristico
di tutti gli esseri viventi.
L’emozione è
un’impressione viva, un intenso moto, un impulso affettivo, di durata
relativamente breve, piacevole o penoso, accompagnato da modificazioni
fisiologiche e mentali, dovuto a forte impressione.
Le emozioni sono determinate non solo da uno stato interno
dell’organismo, ma anche da una percezione di quanto avviene esternamente.
Ogni emozione implica una reazione cognitiva e fisica ad uno
stimolo improvviso di approvazione, sorpresa, paura, dispiacere, disgusto, aspettativa, rabbia, gioia, per questo ogni emozione è collegata a reazioni
psicofisiologiche di vario genere, mescolate tra loro in modo complesso e particolare
a seconda delle persone e delle situazioni.
L’emozione può provocare reazioni
·
Fisiologiche, ossia modificazioni somatiche
diffuse (pallore o rossore, reazioni motorie ed espressive ecc.).
·
Cognitive ossia diminuzioni o miglioramenti
nella capacità di concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via.
·
Comportamentali
L’emozione si distingue dal sentimento, perché quest’ultimo è meno
intenso e più durevole e dà una particolare tonalità affettiva alle nostre
sensazioni, alle nostre rappresentazioni ed alle nostre idee: mentre l’emozione
è quindi involontaria ed istintiva, il sentimento, come il pensiero, è una
funzione razionale.
[6] Sentimento
- Il sentimento è la capacità di
provare consapevolmente sensazioni ed
emozioni. Il sentimento dunque non è più solo una percezione fisica, ma uno stato d’animo, un’emozione che è possibile razionalizzare e comunicare.
I sentimenti sono espressione di ciò che ci circonda e che
agisce direttamente o indirettamente su di noi. La maggior parte dei sentimenti
è controllata dal nostro subconscio e per questo ogni elemento
esterno ci coinvolge anche internamente: in altri termini dal nostro subconscio si innesca una catena logica,
maturando così risposte logiche non
esprimibili con parole, ma che si sviluppano nella nostra mente come concetti.
Ogni risultato, ottenuto da questa catena logica, è posto in
una zona, ancora scientificamente ignota, chiamata anima, e perciò a volte si possono provare sentimenti contrastanti
tra di loro e non sapere il motivo di tutto ciò.
Es.: L’innamoramento,
che può effettuarsi tra due persone completamente diverse e perciò c’è uno
scontro tra opinione soggettiva, che
cerca profitto nei fatti per il soggetto stesso, ed opinione oggettiva (o del subconscio).
I sentimenti
influenzano il nostro umore, il nostro modo di agire, il nostro modo di
parlare, ma sopratutto il nostro modo di vivere e di essere: in altri termini i
sentimenti influenzano tutta la sfera dell’affettività, un ambito che
definisce i sentimenti e le emozioni proprie dell’uomo nell’ambito
delle sue relazioni sociali, in particolare di quelle familiari, sentimentali e
amicali caratterizzate da una particolare intimità.
[7] Passione
– La passione è una tensione
violenta e di una certa durata. L’idea di passione
indica un cambiamento che subisce l’individuo (si è sopraffatti dal dolore,
travolti dall’amare, ecc.).
Diversamente dall’emozione,
che è passeggera, la passione è
cronica, acuta, complessa, che polarizza l’attenzione attorno di un soggetto su
un unico oggetto.
Nell’antichità le passioni sono state quasi sempre condannate
come elementi disturbanti: i filosofi identificavano le emozioni con le passioni e
Platone definiva le passioni come una
malattia dell’anima. Tra queste forze
interne il soggetto cerca un equilibrio
che è sempre precario e instabile pertanto costituiscono una continua minaccia
all’armonia del soggetto, se non guidate e indirizzate verso fini razionali e
moralmente validi.
Le passioni hanno occupato l’attenzione dei filosofi fin dall’antichità
classica, ma solo recentemente le scienze sociali hanno prestato attenzione
alle diverse componenti della cultura
emozionale, presenti nelle espressioni letterarie e nelle manifestazioni
massmediali, ma anche nella dinamica dell’interazione sociale.
[8] Stato d’animo – Gli stati d’animo sono sentimenti
o emozioni di intensità bassa e
durata relativamente lunga: in altri termini lo stato
d’animo è un modo di essere
temporaneo o permanente, una situazione, una condizione psicologica che noi
stessi ci creiamo mediante specifiche azioni mentali e fisiche.
Le componenti che determinano uno stato d’animo sono due:
1. Le
rappresentazioni interiori:
le imitazioni di modelli familiari, le situazioni del passato, le nostre
credenze, i nostri atteggiamenti, valori ed esperienze condizionano le
rappresentazioni interne che ci facciamo;
2. L’uso
della fisiologia: la
tensione muscolare, ciò che mangiamo, il modo di respirare, hanno un’incidenza
enorme sul nostro stato d’animo.
L’esperienza interna e quella fisiologica influiscono l’una
sull’altra, quindi i cambiamenti di stati d’animo implicano cambiamenti di
rappresentazioni interne e di fisiologia: di conseguenza, per controllare il
nostro comportamento dobbiamo controllare e dirigere i nostri stati d’animo,
per controllare questi ultimi dobbiamo controllare e dirigere le nostre
rappresentazioni interne e la nostra fisiologia.
Alcuni stati d’animo quali amore, fiducia in se stessi, forza
interiore, gioia, estasi generano la forza personale; altri stati d’animo quali
confusione, depressione, paura, ansia, tristezza, frustrazione rendono deboli.
Per questo il comportamento umano è il risultato dello stato d’animo in cui ci
si trova.
[9] Il testo
descrittivo - La descrizione o testo descrittivo mostra con le parole com’è fatta una persona, un
animale, una cosa, un ambiente, descrivendone le caratteristiche e gli aspetti
più significativi.
La descrizione può
essere:
1. Oggettiva o impersonale: essa è caratterizzata dal fatto che chi comunica
(scrive o parla) vuole presentare fedelmente
la realtà attraverso una serie di dati condivisibili da tutti cioè
impersonalmente. Essa si
ha quando sono descritti dati fisici, utilizzando le informazioni che ci vengono dai sensi: (udito, vista, olfatto, gusto, tatto, cinestesia ed equilibrio, sensazione di dolore) gli atteggiamenti e le abitudini
senza aggiungere impressioni, opinioni e sentimenti personali. Il linguaggio
è ricco di aggettivi qualificativi
e di termini specifici. I verbi sono generalmente usati al tempo
presente e le frasi sono brevi e semplici. Lo scopo è quello di
fornire informazioni chiare, ordinate e corrette.
Es.: E’ una ragazza di vent’anni. E’ alta e magra. Ha la carnagione chiara e
gli occhi azzurri. Indossa un maglione di lana bianca e un paio di jeans
chiari. Ha con sé un cagnolino.
2. Soggettiva o personale: essa è caratterizzata dal fatto che chi comunica (scrive
o parla) ha l’intenzione di rappresentare la realtà, dando particolare rilievo
ai sentimenti, alle
opinioni, alle
riflessioni, alle esperienze personali. Il linguaggio è
ricco di aggettivi qualificativi, attraverso i quali sono espressi giudizi e
valutazioni, di paragoni e metafore. I verbi sono per lo più usati al
tempo passato e i periodi sono lunghi e complessi.
Lo scopo è quello di rappresentare la realtà come appare a chi
scrive, di creare un’atmosfera particolare e di suscitare emozioni
e riflessioni.
Es.: E’ una ragazza giovane, splendida, bella come il sole. Ha un viso
luminoso e sorridente. I suoi capelli sono lunghi e luminosi come la sete. I
suoi occhi, azzurri come il cielo, infondono fiducia e simpatia. Veste in modo
semplice e sportivo: comodi e pratici jeans e un caldo maglione di lana bianca.
Passeggia con un simpatico e vivace cagnolino.
Dati da considerare per descrivere:
1. una persona
·
chi
è
·
come
si chiama
·
aspetto
fisico (la corporatura, la statura, la carnagione, il viso, gli occhi, il naso,
la bocca, i capelli, la voce)
·
abbigliamento:
il modo di vestire
·
il
carattere: qualità e difetti, l’intelligenza, i sentimenti.
·
il
temperamento: come si comporta solitamente, gli atteggiamenti, il modo di
parlare.
·
i
suoi interessi.
·
la condizione sociale: l’età, la famiglia, il tipo di lavoro, la ricchezza,
la povertà.
·
quali
sentimenti suscita.
2. un animale
- che animale è
- come si chiama
- ambiente in cui vive
- caratteristiche
fisiche
- da cosa è ricoperto
il suo corpo
- versi che produce
- il comportamento
- il rapporto che ha
con te
- quali sentimenti
suscita
[10]
Saturno: nome latino di Crono, figlio di Urano e Gea e fratello dei Ciclopi.
Tolse al padre il dominio del mondo e divorò i suoi figli per paura che lo
privassero del trono; solo Zeus riuscì a salvarsi e divenne così signore degli
dei. Dopo la riconciliazione fra padre e figlio Saturno ottenne il regno dei
morti.
[11]
Titani: figli di Urano e Gea, combatterono contro Zeus, ma, dopo la loro
sconfitta, furono buttati nel Tartaro.
[12] antiveggente: capace di
prevedere il futuro.
[13] divinatore: é sinonimo di
antiveggente ed indica dunque la capacità di scoprire gli avvenimenti futuri o
quelli presenti ignoti.
[14] immane: enorme, di
dimensioni smisurate.
[15] chiaroveggenza: capacità
di veder chiare le cose, anche quelle future.
[16] risoluto: sicuro, deciso
ad agire in un determinato modo.
[17] Nume Onnipossente: Giove.
La parola "nume" indica una divinità della mitologia.
[18] montagna radiosa:
l'Olimpo, sede degli dei.
[19] purpuree: di un color
rosso come la porpora.
[20]
fucine: propriamente indica il focolare su cui i fabbri arroventano il ferro
per batterlo all'incudine; qui per estensione indica il luogo, l'officina dove
Vulcano lavorava.
[21] monili: gioielli.
[22] etneo: dell'Etna.
[23] nettare: bevanda degli
dei.
[24] succo di rossi papaveri:
i semi di questo fiore contengono sostanze che favoriscono il sonno
[25] ferula: bastone che
rappresentava un simbolo di autorità.
[26] cavo: vuoto all'interno.
[27] firmamento: volta del
cielo.
[28] temerario: troppo ardito,
persona che non riflette sull'effettiva consistenza di un pericolo.
[29] Caucaso: alto sistema
montuoso dell'Asia, si estende dal Mar Nero al Caspio.
[30]
Ciclopi: giganti con un solo occhio, secondo alcune tradizioni lavoravano
nell'officina di Vulcano, secondo altre erano pastori.
[31] baratro: abisso.
[32] Ninfe: divinità minori
che abitavano i boschi, le selve e i corsi d'acqua.
[33] riarse: completamente
secche.
[34] roso: consumato, distrutto a poco a poco.
[35] abbacinati: accecati.
[36] Campi Elisi: i luoghi
dove si pensava che fossero accolti i giusti dopo la morte.
[37] alita: soffia.
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