I
UNITÀ
Comunicazione - La comunicazione
è un processo di trasmissione di informazioni, costituito da un soggetto che
vuole far sì che il ricevente pensi, sappia o faccia qualcosa. Comunicazione
significa far conoscere, render noto.
Comunicazione
significa così sia il parlare quotidiano delle persone, sia pubblicità o
pubbliche relazioni.
Il
concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra soggetti
diversi: la comunicazione è infatti un’attività che presuppone una cooperazione
che avviene in entrambe le direzioni. Se un soggetto può parlare a molti, senza
la necessità di ascoltare, siamo di fronte ad una semplice trasmissione di
segni o di informazioni: per questo, non si può parlare di comunicazione quando
il flusso di segni e di informazioni sia unidirezionale.
Nel
processo comunicativo degli esseri umani ci troviamo invece di fronte a due
polarità:
·
la
comunicazione come atto di
cooperazione, in cui due o più individui costruiscono
insieme una realtà e una verità
condivisa;
·
la
trasmissione, unidirezionale, senza
possibilità di replica.
Per
realizzare un atto comunicativo concorrono generalmente cinque elementi:
·
Emittente: la fonte delle
informazioni effettua la codifica di queste ultime in un messaggio.
·
Ricevente: accoglie il messaggio,
lo decodifica, lo interpreta e lo comprende.
·
Codice: parola parlata
o scritta, immagine, tono impiegato per formare
il messaggio.
·
Canale: il mezzo di
propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit
elettronici).
·
Contesto: l’ambiente significativo all’interno del
quale si situa l’atto comunicativo.
Il
processo comunicativo ha una natura bidirezionale, quindi il modello va
interpretato nel senso che si ha comunicazione, quando gli individui coinvolti
sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi.
Il
registro è il tono generale, lo stile e il tipo di lessico impiegati in un
discorso, adeguati al destinatario del messaggio.
Se
distinguono diversi livelli di registro:
·
Registro
colloquiale.
È un linguaggio molto simile a quello parlato quotidianamente in ambiti
informali, fra amici e in famiglia.
·
Registro formale. È freddo,
distaccato ed oggettivo, non esterna alcun sentimento interiore. Si usa, quando
il destinatario è uno sconosciuto oppure un’autorità.
·
Registro medio. È tipico dei
messaggi semplici, ma composti: è usato per intrattenersi con l’interlocutore
senza badare troppo alla forma e senza esprimere familiarità con lui.
·
Registro solenne. È il
linguaggio prestabilito, da usare in occasioni ufficiali. Segue un lessico
preciso, previsto dal cerimoniale o dal galateo.
Comunicazione.
Il testo. Il
termine testo (dal latino textus =
intreccio, tessuto) indica un insieme di parole, scritte o dette, strutturato
in base alle norme di una lingua per comunicare un messaggio.
Per
raggiungere il suo scopo, un testo deve essere:
·
comprensibile
·
completo
·
coerente.
Per
essere comprensibile, occorre che il
testo sia espresso in un codice linguistico noto a chi lo legge o lo ascolta.
Per
essere completo, occorre che un testo
non manchi di nessun elemento fondamentale del messaggio che intende
trasmettere.
Es.
Se in una stazione ferroviaria leggiamo o ascoltiamo dall’altoparlante
l’annuncio: Il treno delle ore 11 per
Parigi. Che cosa capiamo? Nulla, poiché al testo manca l’elemento fondamentale
che ci dica che cosa fa il treno per
Parigi delle ore 11: arriva? ritarda?
parte? E’ stato soppresso?
Per
essere coerente, occorre che un testo
sia strutturato secondo un’organizzazione logica di pensiero: altrimenti non
comunica nulla e perciò non ha alcuno scopo.
Es.
Un testo che affermi: Le pantere sono
solite esplodere nell’universo, essendo privo di coerenza logica, non ha
valore comunicativo.
Comunicazione.
Tipi di testo - Sul testo
scritto si può individuare subito una prima fondamentale suddivisione:
1.
Testo letterario, scritto per costituire
un’opera d’arte. Dopo aver deciso ciò che vuole comunicare, l’autore studia attentamente l’uso della
lingua e dei suoi mezzi espressivi per raggiungere la forma più adeguata e più ricca di significato,
stimolando la sensibilità emotiva e la capacità interpretativa
del lettore. Il testo letterario
sorge dall’interiorità dell’autore, è una finzione
che nasce dalla sua fantasia, anche quando riguarda la realtà, e dalla sua
sensibilità, costituendo un’interpretazione personale dell’animo umano e del
mondo. Per comprendere pienamente un testo letterario non basta conoscere il
codice linguistico in cui esso è scritto, ossia il livello denotativo,
poiché termini ed immagini si caricano di significati che vanno ben oltre il
piano letterale, rendendo più ricco e complesso significato del testo, ossia il
livello connotativo. Questi due livelli danno origine al fondamentale
concetto di denotazione e connotazione[1].
2.
Testo non letterario,
detto anche pragmatico o d’uso perché, è scritto per uno scopo pratico e privo
d’intenti artistici. Si serve di un linguaggio ordinario, preciso, spesso
essenziale ed univoco nel significato. L’attenzione di chi lo fruisce è
completamente attirata dal contenuto che non necessita d’ulteriori e sottili
interpretazioni. Il mondo in oggetto è quello reale, cose ed avvenimenti sono
concreti. Per comprendere il testo non letterario basta la conoscenza del
codice linguistico in cui è scritto ossia il livello denotativo.
I
testi non letterari possono essere usati:
·
Per
informare: descrivono com’è fatta una cosa.
Es.:
un articolo di un giornale di moda, che
descrive un abito.
·
Per
esporre un argomento e per spiegarlo al destinatario.
Es.:
una voce d’enciclopedia.
·
Per
narrare un fatto
Es.:
un articolo giornalistico di cronaca.
·
Per
esprimere emozioni o giudizi
Es.: una lettera, un diario
·
Per
spiegare e valutare opere letterarie o d’arte.
Es.:
una recensione di un libro oppure un saggio critico;
·
Per
prescrivere comportamenti e persuadere: dettano regole
Es.: un testo giuridico, oppure le istruzioni per l’uso di un apparecchio o
di un medicinale.
·
Per
argomentare (cioè sostenere con argomenti) un’opinione
Es.:
un discorso politico, un articolo di fondo, un saggio di filosofia.
Riflessioni
sulla lingua. La punteggiatura - La punteggiatura
o interpunzione
·
indica
le pause tra le frasi[2]
o tra parti che compongono una stessa frase,
·
esprime
rapporti di coordinazione e di subordinazione,
·
suggerisce
il tono del discorso.
Un
uso appropriato della punteggiatura è quindi importante, non solo dal punto di
vista sintattico, ma anche dal punto di vista espressivo e stilistico.
La
funzione della punteggiatura è di rendere chiaro il significato della frase e
di rendere facile la lettura.
Sebbene
ci sia un certo grado di arbitrarietà nella punteggiatura, ci sono alcuni
principi che colui che scrive deve conoscere.
I
segni d’interpunzione sono:
·
Il
punto indica una pausa lunga e si mette alla fine di una frase. Se tra
due frasi o tra due gruppi di frasi c’è uno stacco molto netto, dopo il punto
si va a capo e si comincia un nuovo paragrafo.
·
La
virgola indica una pausa breve, la più piccola interruzione nella
continuità del pensiero o nella struttura della frase. I suoi impieghi sono
molti e complessi: si usa nell’elencazione, negli incisi, tra la proposizione
principale e vari tipi di subordinate ecc.
·
Il
punto e virgola indica una pausa intermedia tra quella lunga segnata dal
punto e quella breve segnata dalla virgola. Può dividere due o più frasi
collegate tra loro ma troppo estese per essere delimitate da una semplice
virgola.
·
I
due punti introducono un discorso diretto, un’elencazione, una spiegazione.
In alcuni casi hanno lo stesso valore di una congiunzione subordinante
(causale).
·
I
punti di sospensione indicano il tono sospeso, il discorso lasciato a
metà (per reticenza, per convenienza, per un sottinteso allusivo), impiego
decisamente sconsigliato nella comunicazione scientifica, oppure l’eliminazione
di alcune parole o frasi nella citazione di un brano.
·
Le
virgolette “...” delimitano un discorso diretto o una citazione. Per
quest’ultima è meglio ricorrere ai segni «...». Talvolta sono usate per
evidenziare una parola (ma, se si dispone dei caratteri in corsivo è meglio
usare questi ultimi), oppure per sottolinearne un particolare significato o
uso, diverso dal solito.
·
Le
parentesi tonde e quadre: le prime delimitano le parole che si
vogliono isolare in un discorso, le seconde sono usate per racchiudere parole o
frasi che non fanno parte del testo ma che sono inserite per maggior chiarezza
(ad esempio, nelle traduzioni). Nella scrittura scientifica le parentesi tonde
sono anche usate per indicare le unità di misura, le parentesi quadre per
indicare le citazioni bibliografiche.
·
La
barra /: è usata per indicare un rapporto di contrapposizione o di
complementarità.
Riflessioni
sulla lingua. Le congiunzioni
– La
congiunzione è una parte invariabile del discorso che unisce due unità
sintattiche in un rapporto di coordinazione o subordinazione
L’uso
corretto delle congiunzioni è
essenziale per collegare in modo corretto diversi elementi (due parole,
aggettivi, ecc. o due proposizioni), oppure per collegare diverse frasi, in
modo logico.
Questo
collegamento può avere due funzioni[3],
·
Coordinante, quando mettono
insieme due proposizioni che hanno la stessa funzione,
·
Subordinante quando mettono
insieme due proposizioni in cui una dipende da un’altra.
Le
congiunzioni coordinanti si usano
per connettere due elementi che non sono indipendenti tra loro.
Esse
si classificano in:
·
Copulative: (accoppiare,
unire) è il più semplice collegamento perché collega due proposizioni
dello stesso valore: la più comune è la congiunzione e, altre sono: anche, pure,
eppure, né, ecc.
Es.: Mariella va al cinema e Giovanni va a
teatro
Non parlo mai,
né voglio palare
·
Disgiuntive: esprimono una
separazione tra proposizioni o tra due elementi sintattici aventi la stessa
funzione – o, oppure, ovvero, ecc.
Es.:Vuoi un caffè o un cappuccino?
·
Avversative: esprimono una
contrapposizione tra due elementi sintattici aventi la stessa funzione – ma, però, tuttavia, piuttosto, ecc. Esse
devono essere sempre precedute dalla virgola.
Es.:
Mariella è andata al cinema, ma il film
era scadente.
·
Dichiarative o
esplicative:
esprimono una dichiarazione o una spiegazione – cioè, infatti, ecc.
Es.:
Mariella è un’amica, infatti mi aiuta
sempre.
·
Conclusive: segnalano una
conclusione o una conseguenza – dunque,
quindi, ebbene, perciò, ecc.
Es.:
Ho studiato molto, quindi ho preso un
buon voto.
·
Correlative: stabiliscono
una relazione o corrispondenza tra due proposizioni o tra due elementi
sintattici aventi la stessa funzione – e…e,
sia…sia, né…né, o…o, non solo…ma anche.
Es.:
Posso prendere sia un caffè sia un
cappuccino.
Le
congiunzioni subordinanti, invece,
collegano due proposizioni, una delle quali è subordinata all’altra, cioè
dipende dall’altra, la quale si identifica come reggente.
Le
più comuni sono:
·
Dichiarative: introducono
una dichiarazione, che, come, ecc.
Es.:afferma
che non ha visto niente
·
condizionali: indicano una
condizione, senza la quale il fatto espresso nella principale non può
avverarsi, se, purché, qualora, a
condizione che, nel caso se, ecc.
Es.:
Se fossi in te, agirei diversamente
Nel caso che ci
vai, comportati bene
·
Causali: indicano una
causa, una ragione, un motivo, perché,
poiché, siccome, visto che.
Es.:
Non è venuto perché si sentiva poco bene
Siccome è tardi,
prenderò un tassì
·
Finali: indicano il
fine per il quale il fatto tende a realizzarsi, affinché, perché, acciocché.
Es.:
Ho dato queste istruzioni affinché
possiate completare il lavoro.
Parlo a voce
alta perché tutti mi possano sentire.
·
Concessive: indicano una
concessione, negando nello stesso tempo la conseguenza, benché, seppure, sebbene, malgrado, ecc.
Es.:
Benché fosse giugno, faceva freddo
Quantunque
avessimo camminato molto, non eravamo stanchi
·
Consecutive: indicano la
conseguenza di quello che è stato detto nella principale, così… che, a tal punto, talmente che, ecc.
Es.:
Aveva così fame che finì di mangiare in
pochi minuti
Ero stanco al
punto che non mi reggevo in piedi
·
Temporali: indicano una
circostanza di tempo, quando, prima,
dopo, finché, ogni volta.
Es.:
Quando l’ho visto gli sono corso incontro
Dobbiamo
prendere una decisione prima che sia troppo tardi.
·
Comparative: stabiliscono
tre tipi di comparazioni, maggioranza, più…di,
più che; minoranza, meno…di, meno…che;
uguaglianza, tanto…quanto, così…come.
Es.:
Non è così furbo come credevo
Marisa è più
intelligente di Giovanna
·
Modali: indicano una
circostanza di modo, come, come se, quasi.
Es.:
Fa’ come se fossi a casa tua
Urlava come se
fosse impazzito
·
Avversative: introducono
una contrapposizione, quando, mentre, ecc.
Es.:
Lo ha fatto in fretta, mentre doveva
farlo lentamente.
·
Esclusive: esprimono
un’eccezione, un’esclusione, una limitazione a quello che si afferma nella
principale, tranne che, fuorché, eccetto
che, salve che, senza che, ecc.
Es.:
Non fa niente tutto il giorno fuorché
divertirsi
Senza che ce ne
accorgessimo, si è fatto tardi.
La comunicazione
– Il riassunto
Riassumere
un testo significa togliere qualcosa
al testo originale. Con il riassunto si perde qualcosa.
Il
segreto del riassunto sta nel mantenere ciò che è necessario e togliere quello
che non lo è.
Questa
operazione, se il testo originale non è particolarmente lungo, avviene in modo
più semplice: basta togliere aggettivi, frasi ed espansioni non necessarie.
Se
il testo originale è più lungo occorrerà svolgere le seguenti operazioni:
1)
dividere il testo in sequenze
2)
sottolineare le informazioni necessarie per la comprensione
3)
collegare le informazioni tramite connettivi. (All’inizio, dopo, infatti, invece, tuttavia, pertanto)
T 1 L’origine dell’Universo e il big bang
Da
Scienze
naturali di Lupia Palmieri,
Parotto, Saraceni, Strumia
Nell’Universo
sono presenti numerose galassie[4]
molto lontane, ma con emissione così intensa da venire indicate come
radiogalassie[5].
E dallo spazio arrivano anche altri segnali, che hanno rivelato la presenza di
oggetti straordinari, alcuni dei quali si trovano addirittura al di là delle
galassie più lontane finora scoperte.
Quei
segnali sono emissioni radio di grandissima intensità e fortemente concentrate
provenienti da corpi d’apparenza stellare, denominati quasar[6].
È possibile che galassie, radiogalassie e quasar rappresentino fasi diverse
dell’evoluzione della materia nell’Universo? A questo e a molti altri
interrogativi tenta di dare risposta la Cosmologia, la scienza che studia l’origine
e la successiva evoluzione dell’Universo. La Cosmologia è una scienza del tutto
particolare: si basa su dati e ipotesi scientifiche, ma non permette la piena
applicazione del metodo scientifico. Manca infatti la possibilità di verificare
la correttezza delle ipotesi attraverso esperimenti ripetuti.
D’altra
parte, quanto più l’oggetto verso cui puntiamo il telescopio è lontano, tanto
più antico è l’aspetto che ne osserviamo. Per esempio, se osserviamo dei quasar
a 10 miliardi di anni-luce, in realtà noi stiamo gettando uno sguardo
sull’Universo qual era 10 miliardi di anni fa. Nel XX secolo sono state
formulate ipotesi sull’origine dell’Universo, basate sulle scoperte
dell’astronomo E.P. Hubble. La più accreditata di queste ipotesi è nota col
nome di Teoria del big bang: l’esplosione di un nucleo primordiale di densità
quasi infinita e con una temperatura di miliardi di gradi, seguita da una
rapidissima espansione, che generò anche lo spazio in cui si dilatava.
T 2 L’origine dell’uomo
Da
Studiafacile.net
È
difficile stabilire con esattezza la
data in cui l'uomo è comparso sulla
Terra. Secondo alcuni tale comparsa risalirebbe a circa 500.000 anni fa, mentre altri ritengono che questo evento sia
avvenuto in tempi molto più recenti, intorno a 250.000 anni fa.
Sicuramente
l’uomo è stato l’ultimo essere vivente apparso sul nostro pianeta: infatti, i
resti fossili dell’uomo sono stati rinvenuti negli strati posti più in alto
della superficie terrestre.
Probabilmente
il mammifero dal quale
è partita l’evoluzione della specie umana è il Purgatorius.
Il
Purgatorius era un mammifero vissuto tra i 70 e i 60 milioni di anni fa. Si
trattava di un piccolo mammifero, simile ad un topo, il cui nome deriva dalla
zona di Purgatory Hill nel Montana dove sono
stati ritrovati i suoi resti. Il Purgatorius viveva sugli alberi e si
nutriva di frutta.
Settanta milioni di anni fa si afferma
sulla terra la specie dei primati. Con questa espressione si
intendono dei mammiferi che comprendono tutte le scimmie e anche l’uomo.
Questa
specie, successivamente (circa quattro
milioni di anni fa) si divise in due filoni: le scimmie antropomorfe come scimpanzé, gorilla, ecc.. e gli ominidi, caratterizzati
dalla presenza di caratteristiche simili all’uomo e soprattutto dalla posizione
eretta.
Successivamente,
gli ominidi si scissero
in due filoni: quello degli australopiteci, poi
estinti e quello degli homo da
cui vennero l’homo habilis[7],
l’homo erectus[8] e l’homo sapiens[9] e l'homo sapiens sapiens[10].
Gli ominidi presentavano
accentuati tratti scimmieschi, ma anche caratteristiche simili a quelle
dell’uomo.
Essi, si differenziavano dalle scimmie perché camminavano su due gambe, erano, cioè, bipedi e potevano
mantenere la posizione retta.
La
comparsa del bipedismo fu molto importante in quanto permise agli ominidi di
avere le mani libere e di poterle così impiegare per afferrare oggetti,
raccogliere cibo, difendersi dagli animali feroci lanciando pietre.
La
conquista della posizione eretta fu, dunque, una tappa importantissima
nell’evoluzione dell’uomo.
Un'altra
importante caratteristica degli ominidi, che li differenziava dalle
scimmie, era quella del pollice opponibile. Il pollice, cioè,
poteva essere avvicinato a ciascun altro dito della mano in modo da permettere
a questa di chiudersi perfettamente e di afferrare ogni oggetto.
L’uomo primitivo aveva un aspetto fisico parecchio diverso dal nostro.
Il
corpo era più basso e più curvo del nostro, la fronte poco ampia, le orbite sporgenti, le mascelle molto forti con
grossi denti che gli permettevano di sminuzzare le radici delle piante e le
carni crude: ce lo dimostrano i resti di crani ritrovati nelle caverne che
risalgono a milioni di anni fa.
L’uomo
primitivo era senz’altro più robusto e muscoloso rispetto a quello attuale,
ma era debole rispetto a molti animali. Nonostante ciò, l’uomo è sopravvissuto
nel tempo e si è evoluto, dando luogo al sorgere di grandi civiltà.
Tutto
ciò grazie alla ragione che gli ha permesso di aumentare le proprie conoscenze,
inventare strumenti di lavoro e migliorarli continuamente, escogitare mezzi di trasporto[11],
armi e così via.
Nel 1974 è stato fatto
un importante ritrovamento in Africa: un australopiteco a cui
è stato dato il nome di Lucy.
[1] Denotazione e connotazione - Denotazione e connotazione sono termini che si riferiscono ai diversi modi di
intendere il significato di una parola.
Per
denotazione si intende il rapporto
tra la parola e l’oggetto che vuole significare.
Es.:
Deserto indica un luogo geografico
(denotazione).
In
generale la denotazione è tipica della prosa e dei testi non letterari.
Per
connotazione invece si intende il
significato nascosto (metaforico) di una parola che si riconduce spesso ai sentimenti dell’autore.
Es.:
deserto, può indicare una condizione
umana (connotazione: deserto dell’anima = solitudine).
In
genere la denotazione è tipica
del testo non letterario, mentre la connotazione
è diffusa nel testo letterario e più in particolare nel testo poetico.
Ogni
parola ha un significante, un significato e un referente.
-
il significante è il suono della
parola o la sua grafia è cambia a seconda della lingua che si usa.
-
il referente è l’oggetto a cui diamo
quel nome determinato (esempio “cavallo”) associato a quel suono (cavallo =
mammifero con certe caratteristiche).
-
il significato è il senso che diamo a
un simbolo grafico o a un suono; il significato
è dunque l’insieme di stati d’animo,
di esperienze passate, di aspettative che ciascuno di noi associa
al referente e quindi varia in modo soggettivo.
Dal
significato delle parole nasce la loro capacità di associarsi ad immagini
diverse a seconda di chi le utilizza e di chi le ascolta; l’uso delle figure di
significato è quindi personale e questo le rende suggestive, ma talvolta di
difficile interpretazione.
[2] Frase –
Una frase o proposizione è un gruppo di
parole che esprime un pensiero completo.
Per comporre una frase devono essere presenti come
minimo tre cose:
1.
Le parole devono essere nella giusta posizione.
2.
Deve contenere un soggetto, ossia la persona o l’animale o la cosa di cui
si parla.
3.
Deve contenere almeno un predicato, ossia quello che si dice a proposito
del soggetto; Un predicato contiene sempre un verbo.
Struttura della
frase
– La maggioranza delle frasi consistono in un verbo e in un nome, anche se la
sola presenza di un verbo è sufficiente per individuare una frase.
Es.
Io mangio,
Gianni dorme.
Ci
sono tuttavia frasi in cui il verbo è assente e in cui sono presenti solo
sintagmi nominali
Es:.
Bella giornata! Davvero? Sì.
Il
verbo può essere anche sostituito da eventuali altri sintagmi nominali, come
nel caso delle frasi ellittiche:
Es.
A Mario piacciono i dolci, a me no.
Per
eliminare ambiguità di significato, sono indispensabili segni non verbali che
nella comunicazione orale si esprimono nell´intonazione e che nella lingua
scritta si esprimono nella punteggiatura.
Il
periodo – Il periodo o frase
complessa è un’unità complessa del discorso, composta da più
frasi semplici o proposizioni combinate in una sola struttura di senso
compiuto. Ogni periodo termina con un segno di interpunzione forte.
Un
periodo può essere
Es. Gli allievi studiano il latino volentieri
Composto, quando è
costituito da due proposizioni legate fra loro da rapporto di coordinazione.
Esse sono coordinate mediante dei segni di interpunzione o da congiunzioni. I
diversi tipi di coordinazione sono divisi in due gruppi:
1)
coordinazione per asindeto, quando sono coordinate per semplice accostamento
logico di una proposizione all’altra (giustapposizione), ma sono utilizzati i segni di interpunzione.
2) coordinazione per polisindeto cioè mediante le
varie congiunzioni coordinanti dalle quali prendono il nome i diversi tipi di
proposizioni coordinate. Asindeto e polisindeto non si escludono a vicenda, ma
spesso si integrano.
·
Es. Molti studiano senza entusiasmo, // ma poi se ne pentono
·
Complesso, quando è
costituito da almeno due proposizioni legate fra loro da un rapporto di
subordinazione. Le subordinate hanno un grado (I se si subordinano alla
principale; II se si subordinano a una subordinata di I grado, e così via);
sono esplicite quelle che hanno un
verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale ed imperativo), implicite quelle col verbo di modo
indefinito (gerundio, participio, infinito); infine, esse svolgono una funzione
logica in relazione al verbo della frase cui si subordinano e possono quindi
essere soggettive (se svolgono la funzione di soggetto, ad esempio: È chiaro che tu studi), oggettive (se
sono l’oggetto, ad esempio: Gli studiosi tramandano che Romolo fondò Roma),
oltre che complementari indirette, svolgendo la funzione di complementi (come
le proposizioni finali, consecutive, causali, ecc.)
L’analisi del periodo consiste nel
determinare i rapporti esistenti fra le varie frasi semplici che compongono il
periodo: si individua la frase reggente o principale e quelle subordinate o
dipendenti, o quelle coordinate, designandone il tipo di rapporto coordinante o
subordinante implicito o esplicito, il grado, la funzione logica svolta.
[3] Funzione - ruolo svolto da un elemento linguistico
all’interno di una frase: funzione di soggetto, di complemento oggetto
[4]
Una galassia
è un agglomerato di stelle, gas e polveri (nubi
di materia oscura interstellare), legati tra loro dalla forza di gravità e orbitanti intorno a un punto
centrale.
[5] Le radiogalassie sono galassie caratterizzate
da un'emissione di onde
radio molto intense (circa 100 volte rispetto a
quelle normali).
[6] Un quasar è un nucleo galattico attivo estremamente luminoso e generalmente molto distante dalla Terra (dell'ordine dei miliardi di anni luce). Il nome deriva
dal fatto che questi oggetti, furono inizialmente scoperti come potenti
sorgenti radio, la cui controparte ottica risultava puntiforme come una stella.
Il grande spostamento
verso il rosso che caratterizza i quasar, implica che siano oggetti
molto distanti e che quindi debbano emettere energia equivalente a centinaia di
normali galassie.
[7] Homo habilis significa uomo
abile. Egli visse in Africa circa 2 milioni di anni fa,
contemporaneamente all'australopiteco, e viene considerato il primo
uomo vissuto sulla Terra.
Rispetto
all'australopiteco, l'Homo habilis era più evoluto e aveva un cervello più
sviluppato, camminava stabilmente su due gambe. Era alto circa 140-150 cm e
pesava 40-50 kg. La testa era più arrotondata e la mascella meno sporgente.
L'Homo
habilis era onnivoro, cioè mangiava di tutto: si nutriva
di bacche, frutta, erbe, grandi animali morti e piccoli animali catturati.
L'Homo habilis viveva in piccoli gruppi. Dimorava
sugli alberi, nelle caverne, sotto le sporgenze delle rocce.
L'Homo
habilis era nomade: si muoveva continuamente per inseguire le prede, per
trovare nuova frutta e sfuggire alle belve. I maschi si dedicavano
alla caccia e alla difesa, mentre le donne curavano la
prole e raccoglievano bacche e frutta.
L'Homo
habilis era in grado di comunicare con i gesti ed emettendo
dei suoni articolati che non formavano ancora un vero e proprio
linguaggio.
L'Homo
habilis imparò a costruire degli strumenti in pietra. Egli prendeva
una grossa pietra e la batteva con un'altra di dimensioni più piccole fino a
ricavare dalla prima alcune schegge: le schegge ottenute erano utili
per scavare la terra, tagliare la carne, difendersi dai predatori,
catturare piccoli animali e fabbricare altri utensili. Questi strumenti sono
stati chiamati chopper.
Con
l'Homo habilis inizia la Preistoria e in particolare un periodo
detto Paleolitico.
La
parola Paleolitico viene da due termini greci: palaios che significa antico e
líthos che
significa pietra. Il Paleolitico è il primo periodo della
Preistoria ed è anche il più lungo di essi. Poiché in questo
periodo della Preistoria l'uomo impara a costruire i primi strumenti di
pietra ottenuti scheggiandole grossolanamente le une con le
altre si parla anche di età della pietra
antica o età della pietra scheggiata.
Il Paleolitico comprende un lunghissimo periodo della storia
dell'uomo che va da circa 2.000.000 di anni fa fino a 10.000 anni fa ed
è diviso, a sua volta, in varie ere. Durante il Paleolitico la Terra
era coperta da grandi e folte foreste e da estese praterie. Molte
zone erano ricoperte da ghiacciai, altre erano abitate da belve
selvatiche. Terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche sconvolgevano la Terra.
[8] Homo erectus significa uomo
eretto ovvero uomo che sta dritto, visse
in Africa circa 1 milione e mezzo di anni fa, camminava
in posizione eretta, da qui infatti deriva il suo nome.
Rispetto
all'Homo abilis era più alto e aveva un cranio più
grande e un cervello più sviluppato. L'Homo erectus divenne più
abile nel lavorare la pietra e iniziò a costruire le amigdale, ovvero delle pietre aventi la forma
di mandorle e dotate di una lama più affilata rispetto
ai chopper in quanto esse erano lavorate da entrambi i lati. Con le
amigdale l'uomo iniziò a costruire le prime asce, i coltelli e
le lance.
L'Homo
erectus fece l'importante scoperta del fuoco: imparò ad accenderlo
strofinando tra loro due pietre o due bastoncini. Il fuoco permise all'uomo
di scaldarsi, di cuocere il cibo, di difendersi dagli animali feroci, di
illuminare le caverne.
L'Homo
erectus utilizzò il fuoco per procurarsi il cibo: egli bruciava parti
di foreste ottenendo così degli spiazzi che richiamavano i grandi erbivori
dei quali si cibava come i mammut e i cervi. L'Homo erectus
divenne cacciatore. La scoperta del fuoco, consentendo la cottura della
carne, la rendeva più digeribile e nutriente.
L'uomo
iniziò ad utilizzare le pelli degli animali uccisi
per coprirsi e le loro ossa per costruire piccoli
utensili ed arnesi. L'Homo erectus, a differenza dell'Homo habilis, non sfruttò
solamente i rifugi naturali per vivere, ma iniziò a costruire le
prime capanne fatte con pali di legno e rami di alberi.
L'Homo
erectus viveva in gruppi abbastanza numerosi. All'interno del gruppo
vi era una netta divisione dei ruoli: i maschi si occupavano
della caccia, della difesa del territorio e
della fabbricazione degli utensili. La caccia ai grossi animali avveniva
in gruppo, mentre le femmine si occupavano della prole, della
raccolta di bacche e frutta e si preoccupavano di mantenere acceso il
fuoco.
Le
varie famiglie si riunivano intorno al fuoco e questo favorì lo sviluppo del
linguaggio.
L'Homo
erectus era nomade: egli si spostava soprattutto per seguire gli
animali. Alcuni gruppi migrarono lentamente dall'Africa verso nord e
raggiunsero l'Europa e l'Asia.
[9] Homo sapiens significa uomo sapiente ovvero uomo che sa, uomo intelligente. L'Homo sapiens visse in e in Asia circa 200.000 anni fa.
L'Homo sapiens aveva una corporatura tozza, era alto, aveva un cervello molto sviluppato, mani
robuste e denti forti che gli servivano per strappare la carne e per tenere gli
oggetti mentre li lavorava.
In quel
tempo l'Europa e l'Asia era coperte
di ghiaccio. L'Homo sapiens viveva
nei periodi più freddi,
nelle caverne riscaldate
dal fuoco, che ormai aveva imparato a domare e conservare. Nelle caverne
vivevano più famiglie tutte
insieme; durante i periodi di
caccia in accampamenti
all'aperto realizzati con capanne circolari. L'Homo sapiens si spostava
per cacciare grandi
mammiferi come mammut, renne, bisonti, iniziò anche a pescare nei fiumi. Egli era onnivoro, ma si cibava soprattutto
di carne cotta.
L'Homo sapiens divenne sempre più
abile nel costruire strumenti come lame
di pietra sempre più taglienti, armi e martelli di pietra. Anche il
suo linguaggio divenne
più evoluto.
Con l'Homo sapiens inizia anche
la sepoltura dei morti. Una particolare specie di Homo sapiens si
chiama uomo di Neanderthal.
L'Homo sapiens sapiens iniziò
a differenziarsi nella
struttura ossea, nei capelli e nella pelle in modo da adattarsi alle diverse condizioni ambientali riuscendo
così a popolare tutta la Terra: era alto circa 160-180 cm; il suo cervello era grande come quello dell'uomo di oggi; aveva la fronte piatta, le arcate sopracciliari poco marcate,
il naso e le mascelle più piccole rispetto ai
suoi predecessori e il volto
meno sporgente.
L'Homo sapiens sapiens scoprì
nuovi materiali, come l'ossidiana, un vetro di origine
vulcanica, di colore nero, formatasi in seguito al rapido raffreddamento della
lava, la selce, cioè una
pietra liscia e tagliente.
Egli imparò
ad utilizzare questi materiali per costruire coltelli, asce, punte di frecce
o di lancia. Con le lame intagliava gli ossi in modo da ottenere punte di arpioni da usare per la
pesca o aghi per
cucire le pelli.
Usando i
tendini degli animali e i vegetali realizzava corde, ceste e
contenitori per trasportare utensili e cibo. Inoltre inventò l'arco che gli permise di colpire a
distanza e con molta precisione gli animali.
L'Homo sapiens sapiens usava
un linguaggio articolato e complesso.
Poco alla
volta l'Homo sapiens sapiens divenne
in grado di coltivare la
terra, allevare gli animali, lavorare i
metalli e creare opere
d'arte.
Nel momento in cui l'uomo iniziò a coltivare
la terra, egli non dipendeva più dalle risorse della natura, non era più un predatore, ma divenne
un produttore, disponeva
di più cibo e si nutriva meglio; non era più nomade, ma
divenne sedentario poiché
il campo coltivato aveva bisogno di essere continuamente lavorato e
sorvegliato.
Nel momento in cui l'uomo iniziò ad allevare gli animali, egli aveva più
cibo (carne e latte) e per ottenerlo non doveva andare a
caccia o raccogliere bacche e frutti; si nutriva meglio e, di conseguenza, viveva più a lungo;
disponeva di pelli che
poteva usare per preparare vestiti e utensili; iniziava ad usare alcuni animali, come il bue e l'asino,
per i lavori agricoli più faticosi.
Con l'Homo sapiens sapiens nasce l'arte rupestre. Egli dipingeva sulle pareti delle caverne o
incideva nella roccia animali, scene di caccia e di danza. A questo
proposito si parla di arte
rupestre. Venivano usati colori
vivaci ottenuti mescolando
terra, polvere, minerali, acqua e grasso. Famose sono le pitture
della grotta di Lascaux e
quelle delle grotte di Altamira.
Secondo alcuni studiosi questi dipinti erano legati a riti magici compiuti con
le immagini degli animali e avevano la funzione di propiziare la caccia. Secondo altri, invece, essi servivano
ad insegnare ai giovani cacciatori il
modo di colpire la preda.
Con l'Homo sapiens sapiens inizia anche
l'arte mobiliare. Questa
espressione è usata per intendere la realizzazione di oggetti mobili di uso domestico o rituale.
L'Homo sapiens sapiens realizzava
piccole sculture in osso, roccia o
pietra che rappresentavano figure di animali o di donne.
L'uomo di Cro-Magnon è il primo esemplare di Homo sapiens sapiens
ritrovato.
[11] I primi mezzi di trasporto che l'uomo ha iniziato ad usare sono
stati gli animali.
Inizialmente l'uomo imparò a sfruttare la forza degli animali per i lavori dei campi. Egli usava il bue per spingere l'aratro. Ma il bue non si adattava bene
al trasporto delle persone e delle cose.
L'asino fu il primo animale che
l'uomo usò per spostarsi da un luogo all'altro e per trasportare materiali e
oggetti. L'asino, essendo un animale mansueto e resistente, si adattava a
portare in groppa l'uomo e a trasportare dei carichi anche pesanti ed era in
grado di arrampicarsi anche su sentieri poco agevoli.
Il bue fu usato, invece, per
trascinare la slitta.
Questo mezzo di trasporto, che non si sa bene quando sia comparso, è stato
usato a lungo nell'Asia centrale.
La più grande invenzione nel campo dei trasporti
terresti è stata l'invenzione della ruota. Tale
invenzione si ebbe intorno al 3500
a.C. Le prime ruote erano piene, costruite con alcune tavole di legno
unite da incastri. Nel tempo la ruota fu perfezionata, ma da subito l'uomo
comprese le sue grandi potenzialità. Essa permetteva di spostare un grosso
carico molto più velocemente e con minore fatica.
La scoperta
favorì i contatti tra popolazioni
lontane e gli scambi
commerciali. La ruota permise di usare il cavallo come animale per i trasporti.
L'uomo
primitivo iniziò a costruire vari mezzi
di navigazione, diversi a seconda del materiale di cui disponeva e delle
condizioni di navigazione delle acque. Dapprima costruì zattere legando tra loro tronchi d'albero con delle fibre
vegetali e canoe svuotando
dei tronchi d'albero o intrecciando il giunco. Solo più tardi iniziò a
costruire delle vere e proprie barche.
Intorno al 3000 a.C. fecero
la loro comparsa, in Egitto,
le prime vele.
Nell'antichità
il mare e i grandi corsi d'acqua rappresentarono un'importante via di
comunicazione più sicura e conveniente rispetto alla terra.
Nessun commento:
Posta un commento