Benvenuti in Quaderni di Lettere di Massimo Capuozzo

Sono presenti in questo sito le mie lezioni di grammantologia nel corso degli anni collaudate sul campo. Per le parti riguardanti la Storia mi sono valso della collaborazione del Dott. Antonio Del Gaudio

giovedì 15 settembre 2016

Grammantologia - I unità

I UNITÀ
Comunicazione - La comunicazione è un processo di trasmissione di informazioni, costituito da un soggetto che vuole far sì che il ricevente pensi, sappia o faccia qualcosa. Comunicazione significa far conoscere, render noto.
Comunicazione significa così sia il parlare quotidiano delle persone, sia pubblicità o pubbliche relazioni.
Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’interazione tra soggetti diversi: la comunicazione è infatti un’attività che presuppone una cooperazione che avviene in entrambe le direzioni. Se un soggetto può parlare a molti, senza la necessità di ascoltare, siamo di fronte ad una semplice trasmissione di segni o di informazioni: per questo, non si può parlare di comunicazione quando il flusso di segni e di informazioni sia unidirezionale.
Nel processo comunicativo degli esseri umani ci troviamo invece di fronte a due polarità:
·         la comunicazione come atto di cooperazione, in cui due o più individui costruiscono insieme una realtà e una verità condivisa;
·         la trasmissione, unidirezionale, senza possibilità di replica.
Per realizzare un atto comunicativo concorrono generalmente cinque elementi:
·         Emittente: la fonte delle informazioni effettua la codifica di queste ultime in un messaggio.
·         Ricevente: accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende.
·         Codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegato per formare il messaggio.
·         Canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici).
·         Contesto: l’ambiente significativo all’interno del quale si situa l’atto comunicativo.
Il processo comunicativo ha una natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nel senso che si ha comunicazione, quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi.
Il registro è il tono generale, lo stile e il tipo di lessico impiegati in un discorso, adeguati al destinatario del messaggio.
Se distinguono diversi livelli di registro:
·         Registro colloquiale. È un linguaggio molto simile a quello parlato quotidianamente in ambiti informali, fra amici e in famiglia.
·         Registro formale. È freddo, distaccato ed oggettivo, non esterna alcun sentimento interiore. Si usa, quando il destinatario è uno sconosciuto oppure un’autorità.
·         Registro medio. È tipico dei messaggi semplici, ma composti: è usato per intrattenersi con l’interlocutore senza badare troppo alla forma e senza esprimere familiarità con lui.
·         Registro solenne. È il linguaggio prestabilito, da usare in occasioni ufficiali. Segue un lessico preciso, previsto dal cerimoniale o dal galateo.

Comunicazione. Il testo. Il termine testo (dal latino textus = intreccio, tessuto) indica un insieme di parole, scritte o dette, strutturato in base alle norme di una lingua per comunicare un messaggio.
Per raggiungere il suo scopo, un testo deve essere:
·         comprensibile
·         completo
·         coerente.
Per essere comprensibile, occorre che il testo sia espresso in un codice linguistico noto a chi lo legge o lo ascolta.
Per essere completo, occorre che un testo non manchi di nessun elemento fondamentale del messaggio che intende trasmettere.
Es. Se in una stazione ferroviaria leggiamo o ascoltiamo dall’altoparlante l’annuncio: Il treno delle ore 11 per Parigi. Che cosa capiamo? Nulla, poiché al testo manca l’elemento fondamentale che ci dica che cosa fa il treno per Parigi delle ore 11: arriva? ritarda? parte? E’ stato soppresso?
Per essere coerente, occorre che un testo sia strutturato secondo un’organizzazione logica di pensiero: altrimenti non comunica nulla e perciò non ha alcuno scopo.
Es. Un testo che affermi: Le pantere sono solite esplodere nell’universo, essendo privo di coerenza logica, non ha valore comunicativo.

Comunicazione. Tipi di testo - Sul testo scritto si può individuare subito una prima fondamentale suddivisione:
1.      Testo letterario, scritto per costituire un’opera d’arte. Dopo aver deciso ciò che vuole comunicare, l’autore studia attentamente l’uso della lingua e dei suoi mezzi espressivi per raggiungere la forma  più adeguata e più ricca di significato, stimolando la sensibilità emotiva e la capacità interpretativa del lettore. Il testo letterario sorge dall’interiorità dell’autore, è una finzione che nasce dalla sua fantasia, anche quando riguarda la realtà, e dalla sua sensibilità, costituendo un’interpretazione personale dell’animo umano e del mondo. Per comprendere pienamente un testo letterario non basta conoscere il codice linguistico in cui esso è scritto, ossia il livello denotativo, poiché termini ed immagini si caricano di significati che vanno ben oltre il piano letterale, rendendo più ricco e complesso significato del testo, ossia il livello connotativo. Questi due livelli danno origine al fondamentale concetto di denotazione e connotazione[1].
2.      Testo non letterario, detto anche pragmatico o d’uso perché, è scritto per uno scopo pratico e privo d’intenti artistici. Si serve di un linguaggio ordinario, preciso, spesso essenziale ed univoco nel significato. L’attenzione di chi lo fruisce è completamente attirata dal contenuto che non necessita d’ulteriori e sottili interpretazioni. Il mondo in oggetto è quello reale, cose ed avvenimenti sono concreti. Per comprendere il testo non letterario basta la conoscenza del codice linguistico in cui è scritto ossia il livello denotativo.
I testi non letterari possono essere usati:
·         Per informare: descrivono com’è fatta una cosa.
Es.: un articolo di un giornale di moda, che descrive un abito.
·         Per esporre un argomento e per spiegarlo al destinatario.
Es.: una voce d’enciclopedia.
·         Per narrare un fatto
Es.: un articolo giornalistico di cronaca.
·         Per esprimere emozioni o giudizi
Es.: una lettera, un diario
·         Per spiegare e valutare opere letterarie o d’arte.
Es.: una recensione di un libro oppure un saggio critico;
·         Per prescrivere comportamenti e persuadere: dettano regole
Es.: un testo giuridico, oppure le istruzioni per l’uso di un apparecchio o di un medicinale.
·         Per argomentare (cioè sostenere con argomenti) un’opinione
Es.: un discorso politico, un articolo di fondo, un saggio di filosofia.

Riflessioni sulla lingua. La punteggiatura - La punteggiatura o interpunzione
·         indica le pause tra le frasi[2] o tra parti che compongono una stessa frase,
·         esprime rapporti di coordinazione e di subordinazione,
·         suggerisce il tono del discorso.
Un uso appropriato della punteggiatura è quindi importante, non solo dal punto di vista sintattico, ma anche dal punto di vista espressivo e stilistico.
La funzione della punteggiatura è di rendere chiaro il significato della frase e di rendere facile la lettura.
Sebbene ci sia un certo grado di arbitrarietà nella punteggiatura, ci sono alcuni principi che colui che scrive deve conoscere.
I segni d’interpunzione sono:
·         Il punto indica una pausa lunga e si mette alla fine di una frase. Se tra due frasi o tra due gruppi di frasi c’è uno stacco molto netto, dopo il punto si va a capo e si comincia un nuovo paragrafo.
·         La virgola indica una pausa breve, la più piccola interruzione nella continuità del pensiero o nella struttura della frase. I suoi impieghi sono molti e complessi: si usa nell’elencazione, negli incisi, tra la proposizione principale e vari tipi di subordinate ecc.
·         Il punto e virgola indica una pausa intermedia tra quella lunga segnata dal punto e quella breve segnata dalla virgola. Può dividere due o più frasi collegate tra loro ma troppo estese per essere delimitate da una semplice virgola.
·         I due punti introducono un discorso diretto, un’elencazione, una spiegazione. In alcuni casi hanno lo stesso valore di una congiunzione subordinante (causale).
·         I punti di sospensione indicano il tono sospeso, il discorso lasciato a metà (per reticenza, per convenienza, per un sottinteso allusivo), impiego decisamente sconsigliato nella comunicazione scientifica, oppure l’eliminazione di alcune parole o frasi nella citazione di un brano.
·         Le virgolette “...” delimitano un discorso diretto o una citazione. Per quest’ultima è meglio ricorrere ai segni «...». Talvolta sono usate per evidenziare una parola (ma, se si dispone dei caratteri in corsivo è meglio usare questi ultimi), oppure per sottolinearne un particolare significato o uso, diverso dal solito.
·         Le parentesi tonde e quadre: le prime delimitano le parole che si vogliono isolare in un discorso, le seconde sono usate per racchiudere parole o frasi che non fanno parte del testo ma che sono inserite per maggior chiarezza (ad esempio, nelle traduzioni). Nella scrittura scientifica le parentesi tonde sono anche usate per indicare le unità di misura, le parentesi quadre per indicare le citazioni bibliografiche.
·         La barra /: è usata per indicare un rapporto di contrapposizione o di complementarità.
Riflessioni sulla lingua. Le congiunzioni – La congiunzione è una parte invariabile del discorso che unisce due unità sintattiche in un rapporto di coordinazione o subordinazione
L’uso corretto delle congiunzioni è essenziale per collegare in modo corretto diversi elementi (due parole, aggettivi, ecc. o due proposizioni), oppure per collegare diverse frasi, in modo logico.
Questo collegamento può avere due funzioni[3],
·         Coordinante, quando mettono insieme due proposizioni che hanno la stessa funzione,
·         Subordinante quando mettono insieme due proposizioni in cui una dipende da un’altra.
Le congiunzioni coordinanti si usano per connettere due elementi che non sono indipendenti tra loro.
Esse si classificano in:
·         Copulative: (accoppiare, unire) è il più semplice collegamento perché collega due proposizioni  dello stesso valore: la più comune è la congiunzione e, altre sono: anche, pure, eppure, né, ecc.
Es.: Mariella va al cinema e Giovanni va a teatro
Non parlo mai, né voglio palare
·         Disgiuntive: esprimono una separazione tra proposizioni o tra due elementi sintattici aventi la stessa funzione – o, oppure, ovvero, ecc.
Es.:Vuoi un caffè o un cappuccino?
·         Avversative: esprimono una contrapposizione tra due elementi sintattici aventi la stessa funzione – ma, però, tuttavia, piuttosto, ecc. Esse devono essere sempre precedute dalla virgola.
Es.: Mariella è andata al cinema, ma il film era scadente.
·         Dichiarative o esplicative: esprimono una dichiarazione o una spiegazione – cioè, infatti, ecc.
Es.: Mariella è un’amica, infatti mi aiuta sempre.
·         Conclusive: segnalano una conclusione o una conseguenza – dunque, quindi, ebbene, perciò, ecc.
Es.: Ho studiato molto, quindi ho preso un buon voto.
·         Correlative: stabiliscono una relazione o corrispondenza tra due proposizioni o tra due elementi sintattici aventi la stessa funzione – e…e, sia…sia, né…né, o…o, non solo…ma anche.
Es.: Posso prendere sia un caffè sia un cappuccino.
Le congiunzioni subordinanti, invece, collegano due proposizioni, una delle quali è subordinata all’altra, cioè dipende dall’altra, la quale si identifica come reggente.
Le più comuni sono:
·         Dichiarative: introducono una dichiarazione, che, come, ecc.
Es.:afferma   che non ha visto niente
·         condizionali: indicano una condizione, senza la quale il fatto espresso nella principale non può avverarsi, se, purché, qualora, a condizione che, nel caso se, ecc.
Es.: Se fossi in te, agirei diversamente
Nel caso che ci vai, comportati bene
·         Causali: indicano una causa, una ragione, un motivo, perché, poiché, siccome, visto che.
Es.: Non è venuto perché si sentiva poco bene
Siccome è tardi, prenderò un tassì
·         Finali: indicano il fine per il quale il fatto tende a realizzarsi, affinché, perché, acciocché.
Es.: Ho dato queste istruzioni affinché possiate completare il lavoro.
Parlo a voce alta perché tutti mi possano sentire.
·         Concessive: indicano una concessione, negando nello stesso tempo la conseguenza, benché, seppure, sebbene, malgrado, ecc.
Es.: Benché fosse giugno, faceva freddo
Quantunque avessimo camminato molto, non eravamo stanchi
·         Consecutive: indicano la conseguenza di quello che è stato detto nella principale, così… che, a tal punto, talmente che, ecc.
Es.: Aveva così fame che finì di mangiare in pochi minuti
Ero stanco al punto che non mi reggevo in piedi
·         Temporali: indicano una circostanza di tempo, quando, prima, dopo, finché, ogni volta.
Es.: Quando l’ho visto gli sono corso incontro
Dobbiamo prendere una decisione prima che sia troppo tardi.
·         Comparative: stabiliscono tre tipi di comparazioni, maggioranza, più…di, più che; minoranza, meno…di, meno…che; uguaglianza, tanto…quanto, così…come.
Es.: Non è così furbo come credevo
Marisa è più intelligente di Giovanna
·         Modali: indicano una circostanza di modo, come, come se, quasi.
Es.: Fa’ come se fossi a casa tua
Urlava come se fosse impazzito
·         Avversative: introducono una contrapposizione, quando, mentre, ecc.
Es.: Lo ha fatto in fretta, mentre doveva farlo lentamente.
·         Esclusive: esprimono un’eccezione, un’esclusione, una limitazione a quello che si afferma nella principale, tranne che, fuorché, eccetto che, salve che, senza che, ecc.
Es.: Non fa niente tutto il giorno fuorché divertirsi
Senza che ce ne accorgessimo, si è fatto tardi.

La comunicazione – Il riassunto
Riassumere un testo significa togliere qualcosa al testo originale. Con il riassunto si perde qualcosa.
Il segreto del riassunto sta nel mantenere ciò che è necessario e togliere quello che non lo è.
Questa operazione, se il testo originale non è particolarmente lungo, avviene in modo più semplice: basta togliere aggettivi, frasi ed espansioni non necessarie.
Se il testo originale è più lungo occorrerà svolgere le seguenti operazioni:
1) dividere il testo in sequenze
2) sottolineare le informazioni necessarie per la comprensione 
3) collegare le informazioni tramite connettivi. (All’inizio, dopo, infatti, invece, tuttavia, pertanto)

T 1 L’origine dell’Universo e il big bang
Da Scienze naturali di Lupia Palmieri, Parotto, Saraceni, Strumia
Nell’Universo sono presenti numerose galassie[4] molto lontane, ma con emissione così intensa da venire indicate come radiogalassie[5]. E dallo spazio arrivano anche altri segnali, che hanno rivelato la presenza di oggetti straordinari, alcuni dei quali si trovano addirittura al di là delle galassie più lontane finora scoperte.
Quei segnali sono emissioni radio di grandissima intensità e fortemente concentrate provenienti da corpi d’apparenza stellare, denominati quasar[6]. È possibile che galassie, radiogalassie e quasar rappresentino fasi diverse dell’evoluzione della materia nell’Universo? A questo e a molti altri interrogativi tenta di dare risposta la Cosmologia, la scienza che studia l’origine e la successiva evoluzione dell’Universo. La Cosmologia è una scienza del tutto particolare: si basa su dati e ipotesi scientifiche, ma non permette la piena applicazione del metodo scientifico. Manca infatti la possibilità di verificare la correttezza delle ipotesi attraverso esperimenti ripetuti.
D’altra parte, quanto più l’oggetto verso cui puntiamo il telescopio è lontano, tanto più antico è l’aspetto che ne osserviamo. Per esempio, se osserviamo dei quasar a 10 miliardi di anni-luce, in realtà noi stiamo gettando uno sguardo sull’Universo qual era 10 miliardi di anni fa. Nel XX secolo sono state formulate ipotesi sull’origine dell’Universo, basate sulle scoperte dell’astronomo E.P. Hubble. La più accreditata di queste ipotesi è nota col nome di Teoria del big bang: l’esplosione di un nucleo primordiale di densità quasi infinita e con una temperatura di miliardi di gradi, seguita da una rapidissima espansione, che generò anche lo spazio in cui si dilatava.

T 2 L’origine dell’uomo
Da Studiafacile.net
È difficile stabilire con esattezza la data in cui l'uomo è comparso sulla Terra. Secondo alcuni tale comparsa risalirebbe a circa 500.000 anni fa, mentre altri ritengono che questo evento sia avvenuto in tempi molto più recenti, intorno a 250.000 anni fa.
Sicuramente l’uomo è stato l’ultimo essere vivente apparso sul nostro pianeta: infatti, i resti fossili dell’uomo sono stati rinvenuti negli strati posti più in alto della superficie terrestre.
Probabilmente il mammifero dal quale è partita l’evoluzione della specie umana è il Purgatorius.
Il Purgatorius era un mammifero vissuto tra i 70 e i 60 milioni di anni fa. Si trattava di un piccolo mammifero, simile ad un topo, il cui nome deriva dalla zona di Purgatory Hill nel Montana dove sono stati ritrovati i suoi resti. Il Purgatorius viveva sugli alberi e si nutriva di frutta.
Settanta milioni di anni fa si afferma sulla terra la specie dei primati. Con questa espressione si intendono dei mammiferi che comprendono tutte le scimmie e anche l’uomo.
Questa specie, successivamente (circa quattro milioni di anni fa) si divise in due filoni: le scimmie antropomorfe come scimpanzé, gorilla, ecc.. e gli ominidi, caratterizzati dalla presenza di caratteristiche simili all’uomo e soprattutto dalla posizione eretta.
Successivamente, gli ominidi si scissero in due filoni: quello degli australopiteci, poi estinti e quello degli homo da cui vennero l’homo habilis[7], l’homo erectus[8] e l’homo sapiens[9] e l'homo sapiens sapiens[10].
Gli ominidi presentavano accentuati tratti scimmieschi, ma anche caratteristiche simili a quelle dell’uomo.
Essi, si differenziavano dalle scimmie perché camminavano su due gambe, erano, cioè, bipedi e potevano mantenere la posizione retta.
La comparsa del bipedismo fu molto importante in quanto permise agli ominidi di avere le mani libere e di poterle così impiegare per afferrare oggetti, raccogliere cibo, difendersi dagli animali feroci lanciando pietre.
La conquista della posizione eretta fu, dunque, una tappa importantissima nell’evoluzione dell’uomo.
Un'altra importante caratteristica degli ominidi, che li differenziava dalle scimmie, era quella del pollice opponibile. Il pollice, cioè, poteva essere avvicinato a ciascun altro dito della mano in modo da permettere a questa di chiudersi perfettamente e di afferrare ogni oggetto.
L’uomo primitivo aveva un aspetto fisico parecchio diverso dal nostro.
Il corpo era più basso e più curvo del nostro, la fronte poco ampia, le orbite sporgenti, le mascelle molto forti con grossi denti che gli permettevano di sminuzzare le radici delle piante e le carni crude: ce lo dimostrano i resti di crani ritrovati nelle caverne che risalgono a milioni di anni fa.
L’uomo primitivo era senz’altro più robusto e muscoloso rispetto a quello attuale, ma era debole rispetto a molti animali. Nonostante ciò, l’uomo è sopravvissuto nel tempo e si è evoluto, dando luogo al sorgere di grandi civiltà.
Tutto ciò grazie alla ragione che gli ha permesso di aumentare le proprie conoscenze, inventare strumenti di lavoro e migliorarli continuamente, escogitare mezzi di trasporto[11], armi e così via.
Nel 1974 è stato fatto un importante ritrovamento in Africa: un australopiteco a cui è stato dato il nome di Lucy.


[1] Denotazione e connotazione - Denotazione e connotazione sono termini che si riferiscono ai diversi modi di intendere il significato di una parola.
Per denotazione si intende il rapporto tra la parola e l’oggetto che vuole significare.
Es.: Deserto indica un luogo geografico (denotazione).
In generale la denotazione è tipica della prosa e dei testi non letterari.
Per connotazione invece si intende il significato nascosto (metaforico) di una parola che si riconduce spesso  ai sentimenti dell’autore.
Es.: deserto, può indicare una condizione umana (connotazione: deserto dell’anima = solitudine).
In genere la denotazione è tipica del testo non letterario, mentre la connotazione è diffusa nel testo letterario e più in particolare nel testo poetico.
Ogni parola ha un significante, un significato e un referente.
- il significante è il suono della parola o la sua grafia è cambia a seconda della lingua che si usa.
- il referente è l’oggetto a cui diamo quel nome determinato (esempio “cavallo”) associato a quel suono (cavallo = mammifero con certe caratteristiche).
- il significato è il senso che diamo a un simbolo grafico o a un suono; il significato è dunque l’insieme di stati d’animo, di esperienze passate, di aspettative che ciascuno di noi associa al referente e quindi varia in modo soggettivo.
Dal significato delle parole nasce la loro capacità di associarsi ad immagini diverse a seconda di chi le utilizza e di chi le ascolta; l’uso delle figure di significato è quindi personale e questo le rende suggestive, ma talvolta di difficile interpretazione.
[2] Frase – Una frase o proposizione è un gruppo di parole che esprime un pensiero completo.
Per comporre una frase devono essere presenti come minimo tre cose:
1.         Le parole devono essere nella giusta posizione.
2.         Deve contenere un soggetto, ossia la persona o l’animale o la cosa di cui si parla.
3.         Deve contenere almeno un predicato, ossia quello che si dice a proposito del soggetto; Un predicato contiene sempre un verbo.
Struttura della frase – La maggioranza delle frasi consistono in un verbo e in un nome, anche se la sola presenza di un verbo è sufficiente per individuare una frase.
Es. Io mangio,
Gianni dorme.
Ci sono tuttavia frasi in cui il verbo è assente e in cui sono presenti solo sintagmi nominali
Es:. Bella giornata! Davvero? Sì.
Il verbo può essere anche sostituito da eventuali altri sintagmi nominali, come nel caso delle frasi ellittiche:
Es. A Mario piacciono i dolci, a me no.
Per eliminare ambiguità di significato, sono indispensabili segni non verbali che nella comunicazione orale si esprimono nell´intonazione e che nella lingua scritta si esprimono nella punteggiatura.
Il periodoIl periodo o frase complessa è un’unità complessa del discorso, composta da più frasi semplici o proposizioni combinate in una sola struttura di senso compiuto. Ogni periodo termina con un segno di interpunzione forte.
Un periodo può essere
·         Semplice, quando è costituito da una sola proposizione
Es. Gli allievi studiano il latino volentieri
·         Composto, quando è costituito da due proposizioni legate fra loro da rapporto di coordinazione. Esse sono coordinate mediante dei segni di interpunzione o da congiunzioni. I diversi tipi di coordinazione sono divisi in due gruppi:
·         1) coordinazione per asindeto, quando sono coordinate per semplice accostamento logico di una proposizione all’altra (giustapposizione), ma sono utilizzati i segni di interpunzione. 2) coordinazione per polisindeto cioè mediante le varie congiunzioni coordinanti dalle quali prendono il nome i diversi tipi di proposizioni coordinate. Asindeto e polisindeto non si escludono a vicenda, ma spesso si integrano.Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_del_periodo"
·          
Es. Molti studiano senza entusiasmo, // ma poi se ne pentono
·         Complesso, quando è costituito da almeno due proposizioni legate fra loro da un rapporto di subordinazione. Le subordinate hanno un grado (I se si subordinano alla principale; II se si subordinano a una subordinata di I grado, e così via); sono esplicite quelle che hanno un verbo di modo finito (indicativo, congiuntivo, condizionale ed imperativo), implicite quelle col verbo di modo indefinito (gerundio, participio, infinito); infine, esse svolgono una funzione logica in relazione al verbo della frase cui si subordinano e possono quindi essere soggettive (se svolgono la funzione di soggetto, ad esempio: È chiaro che tu studi), oggettive (se sono l’oggetto, ad esempio: Gli studiosi tramandano che Romolo fondò Roma), oltre che complementari indirette, svolgendo la funzione di complementi (come le proposizioni finali, consecutive, causali, ecc.)
L’analisi del periodo consiste nel determinare i rapporti esistenti fra le varie frasi semplici che compongono il periodo: si individua la frase reggente o principale e quelle subordinate o dipendenti, o quelle coordinate, designandone il tipo di rapporto coordinante o subordinante implicito o esplicito, il grado, la funzione logica svolta.
[3] Funzione - ruolo svolto da un elemento linguistico all’interno di una frase: funzione di soggetto, di complemento oggetto
[4] Una galassia è un agglomerato di stelle, gas e polveri (nubi di materia oscura interstellare), legati tra loro dalla forza di gravità e orbitanti intorno a un punto centrale.
[5] Le radiogalassie sono galassie caratterizzate da un'emissione di onde radio molto intense (circa 100 volte rispetto a quelle normali).
[6] Un quasar è un nucleo galattico attivo estremamente luminoso e generalmente molto distante dalla Terra (dell'ordine dei miliardi di anni luce). Il nome deriva dal fatto che questi oggetti, furono inizialmente scoperti come potenti sorgenti radio, la cui controparte ottica risultava puntiforme come una stella. Il grande spostamento verso il rosso che caratterizza i quasar, implica che siano oggetti molto distanti e che quindi debbano emettere energia equivalente a centinaia di normali galassie.
[7] Homo habilis significa uomo abile. Egli visse in Africa circa 2 milioni di anni fa, contemporaneamente all'australopiteco, e viene considerato il primo uomo vissuto sulla Terra.
Rispetto all'australopiteco, l'Homo habilis era più evoluto e aveva un cervello più sviluppato, camminava stabilmente su due gambe. Era alto circa 140-150 cm e pesava 40-50 kg. La testa era più arrotondata e la mascella meno sporgente.
L'Homo habilis era onnivoro, cioè mangiava di tutto: si nutriva di bacche, frutta, erbe, grandi animali morti e piccoli animali catturati. L'Homo habilis viveva in piccoli gruppi. Dimorava sugli alberi, nelle caverne, sotto le sporgenze delle rocce.
L'Homo habilis era nomade: si muoveva continuamente per inseguire le prede, per trovare nuova frutta e sfuggire alle belve. I maschi si dedicavano alla caccia e alla difesa, mentre le donne curavano la prole e raccoglievano bacche e frutta.
L'Homo habilis era in grado di comunicare con i gesti ed emettendo dei suoni articolati che non formavano ancora un vero e proprio linguaggio.
L'Homo habilis imparò a costruire degli strumenti in pietra. Egli prendeva una grossa pietra e la batteva con un'altra di dimensioni più piccole fino a ricavare dalla prima alcune schegge: le schegge ottenute erano utili per scavare la terra, tagliare la carne, difendersi dai predatori, catturare piccoli animali e fabbricare altri utensili. Questi strumenti sono stati chiamati chopper.
Con l'Homo habilis inizia la Preistoria e in particolare un periodo detto Paleolitico.
La parola Paleolitico viene da due termini greci: palaios che significa antico e líthos che significa pietra. Il Paleolitico è il primo periodo della Preistoria ed è anche il più lungo di essi. Poiché in questo periodo della Preistoria l'uomo impara a costruire i primi strumenti di pietra ottenuti scheggiandole grossolanamente le une con le altre si parla anche di età della pietra antica o età della pietra scheggiata. Il Paleolitico comprende un lunghissimo periodo della storia dell'uomo che va da circa 2.000.000 di anni fa fino a 10.000 anni fa ed è diviso, a sua volta, in varie ere. Durante il Paleolitico la Terra era coperta da grandi e folte foreste e da estese praterie. Molte zone erano ricoperte da ghiacciai, altre erano abitate da belve selvatiche. Terremoti, inondazioni, eruzioni vulcaniche sconvolgevano la Terra.
[8] Homo erectus significa uomo eretto ovvero uomo che sta dritto, visse in Africa circa 1 milione e mezzo di anni fa, camminava in posizione eretta, da qui infatti deriva il suo nome.
Rispetto all'Homo abilis era più alto e aveva un cranio più grande e un cervello più sviluppato. L'Homo erectus divenne più abile nel lavorare la pietra e iniziò a costruire le amigdale, ovvero delle pietre aventi la forma di mandorle e dotate di una lama più affilata rispetto ai chopper in quanto esse erano lavorate da entrambi i lati. Con le amigdale l'uomo iniziò a costruire le prime asce, i coltelli e le lance.
L'Homo erectus fece l'importante scoperta del fuoco: imparò ad accenderlo strofinando tra loro due pietre o due bastoncini. Il fuoco permise all'uomo di scaldarsi, di cuocere il cibo, di difendersi dagli animali feroci, di illuminare le caverne.
L'Homo erectus utilizzò il fuoco per procurarsi il cibo: egli bruciava parti di foreste ottenendo così degli spiazzi che richiamavano i grandi erbivori dei quali si cibava come i mammut e i cervi. L'Homo erectus divenne cacciatore. La scoperta del fuoco, consentendo la cottura della carne, la rendeva più digeribile e nutriente.
L'uomo iniziò ad utilizzare le pelli degli animali uccisi per coprirsi e le loro ossa per costruire piccoli utensili ed arnesi. L'Homo erectus, a differenza dell'Homo habilis, non sfruttò solamente i rifugi naturali per vivere, ma iniziò a costruire le prime capanne fatte con pali di legno e rami di alberi.
L'Homo erectus viveva in gruppi abbastanza numerosi. All'interno del gruppo vi era una netta divisione dei ruoli: i maschi si occupavano della caccia, della difesa del territorio e della fabbricazione degli utensili. La caccia ai grossi animali avveniva in gruppo, mentre le femmine si occupavano della prole, della raccolta di bacche e frutta e si preoccupavano di mantenere acceso il fuoco.
Le varie famiglie si riunivano intorno al fuoco e questo favorì lo sviluppo del linguaggio.
L'Homo erectus era nomade: egli si spostava soprattutto per seguire gli animali. Alcuni gruppi migrarono lentamente dall'Africa verso nord e raggiunsero l'Europa e l'Asia.
[9] Homo sapiens significa uomo sapiente ovvero uomo che sauomo intelligente. L'Homo sapiens visse in e in Asia circa 200.000 anni fa.
L'Homo sapiens aveva una corporatura tozza, era alto, aveva un cervello molto sviluppato, mani robuste e denti forti che gli servivano per strappare la carne e per tenere gli oggetti mentre li lavorava.
In quel tempo l'Europa e l'Asia era coperte di ghiaccio. L'Homo sapiens viveva nei periodi più freddi, nelle caverne riscaldate dal fuoco, che ormai aveva imparato a domare e conservare. Nelle caverne vivevano più famiglie tutte insieme; durante i periodi di caccia in accampamenti all'aperto realizzati con capanne circolari. L'Homo sapiens si spostava per cacciare grandi mammiferi come mammut, renne, bisonti, iniziò anche a pescare nei fiumi. Egli era onnivoro, ma si cibava soprattutto di carne cotta.
L'Homo sapiens divenne sempre più abile nel costruire strumenti come lame di pietra sempre più taglienti, armi e martelli di pietra. Anche il suo linguaggio divenne più evoluto.
Con l'Homo sapiens inizia anche la sepoltura dei morti. Una particolare specie di Homo sapiens si chiama uomo di Neanderthal.
[10] L'Homo sapiens sapiens visse in Africa, in Europa, nelle Americhe e in Australia.
L'Homo sapiens sapiens iniziò a differenziarsi nella struttura ossea, nei capelli e nella pelle in modo da adattarsi alle diverse condizioni ambientali riuscendo così a popolare tutta la Terra: era alto circa 160-180 cm; il suo cervello era grande come quello dell'uomo di oggi; aveva la fronte piatta, le arcate sopracciliari poco marcate, il naso e le mascelle più piccole rispetto ai suoi predecessori e il volto meno sporgente.
L'Homo sapiens sapiens scoprì nuovi materiali, come l'ossidiana, un vetro di origine vulcanica, di colore nero, formatasi in seguito al rapido raffreddamento della lava, la selce, cioè una pietra liscia e tagliente.
Egli imparò ad utilizzare questi materiali per costruire coltelli, asce, punte di frecce o di lancia. Con le lame intagliava gli ossi in modo da ottenere punte di arpioni da usare per la pesca o aghi per cucire le pelli.
Usando i tendini degli animali e i vegetali realizzava corde, ceste e contenitori per trasportare utensili e cibo. Inoltre inventò l'arco che gli permise di colpire a distanza e con molta precisione gli animali.
L'Homo sapiens sapiens usava un linguaggio articolato e complesso.
Poco alla volta l'Homo sapiens sapiens divenne in grado di coltivare la terra, allevare gli animali, lavorare i metalli e creare opere d'arte.
Nel momento in cui l'uomo iniziò a coltivare la terra, egli non dipendeva più dalle risorse della natura, non era più un predatore, ma divenne un produttore, disponeva di più cibo e si nutriva meglio; non era più nomade, ma divenne sedentario poiché il campo coltivato aveva bisogno di essere continuamente lavorato e sorvegliato.
Nel momento in cui l'uomo iniziò ad allevare gli animali, egli aveva più cibo (carne e latte) e per ottenerlo non doveva andare a caccia o raccogliere bacche e frutti; si nutriva meglio e, di conseguenza, viveva più a lungo; disponeva di pelli che poteva usare per preparare vestiti e utensili; iniziava ad usare alcuni animali, come il bue e l'asino, per i lavori agricoli più faticosi.
Con l'Homo sapiens sapiens nasce l'arte rupestre. Egli dipingeva sulle pareti delle caverne o incideva nella roccia animali, scene di caccia e di danza. A questo proposito si parla di arte rupestre. Venivano usati colori vivaci ottenuti mescolando terra, polvere, minerali, acqua e grasso. Famose sono le pitture della grotta di Lascaux e quelle delle grotte di Altamira. Secondo alcuni studiosi questi dipinti erano legati a riti magici compiuti con le immagini degli animali e avevano la funzione di propiziare la caccia. Secondo altri, invece, essi servivano ad insegnare ai giovani cacciatori il modo di colpire la preda.
Con l'Homo sapiens sapiens inizia anche l'arte mobiliare. Questa espressione è usata per intendere la realizzazione di oggetti mobili di uso domestico o rituale.
L'Homo sapiens sapiens realizzava piccole sculture in osso, roccia o pietra che rappresentavano figure di animali o di donne.
L'uomo di Cro-Magnon è il primo esemplare di Homo sapiens sapiens ritrovato.
[11] I primi mezzi di trasporto che l'uomo ha iniziato ad usare sono stati gli animali. Inizialmente l'uomo imparò a sfruttare la forza degli animali per i lavori dei campi. Egli usava il bue per spingere l'aratro. Ma il bue non si adattava bene al trasporto delle persone e delle cose.
L'asino fu il primo animale che l'uomo usò per spostarsi da un luogo all'altro e per trasportare materiali e oggetti. L'asino, essendo un animale mansueto e resistente, si adattava a portare in groppa l'uomo e a trasportare dei carichi anche pesanti ed era in grado di arrampicarsi anche su sentieri poco agevoli.
Il bue fu usato, invece, per trascinare la slitta. Questo mezzo di trasporto, che non si sa bene quando sia comparso, è stato usato a lungo nell'Asia centrale.
La più grande invenzione nel campo dei trasporti terresti è stata l'invenzione della ruota. Tale invenzione si ebbe intorno al 3500 a.C. Le prime ruote erano piene, costruite con alcune tavole di legno unite da incastri. Nel tempo la ruota fu perfezionata, ma da subito l'uomo comprese le sue grandi potenzialità. Essa permetteva di spostare un grosso carico molto più velocemente e con minore fatica. 
La scoperta favorì i contatti tra popolazioni lontane e gli scambi commerciali. La ruota permise di usare il cavallo come animale per i trasporti.
L'uomo primitivo iniziò a costruire vari mezzi di navigazione, diversi a seconda del materiale di cui disponeva e delle condizioni di navigazione delle acque. Dapprima costruì zattere legando tra loro tronchi d'albero con delle fibre vegetali e canoe svuotando dei tronchi d'albero o intrecciando il giunco. Solo più tardi iniziò a costruire delle vere e proprie barche. Intorno al 3000 a.C. fecero la loro comparsa, in Egitto, le prime vele.
Nell'antichità il mare e i grandi corsi d'acqua rappresentarono un'importante via di comunicazione più sicura e conveniente rispetto alla terra.

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