I Modulo I unità
I MODULO
Preistoria e
protostoria[1]
La preistoria - La preistoria
è il periodo della storia precedente l'invenzione della scrittura[2].
Con la comparsa di testimonianze scritte infatti gli storici hanno, per la loro ricostruzione degli eventi, una più ampia documentazione che giustifica questa periodizzazione convenzionale.
Con la comparsa di testimonianze scritte infatti gli storici hanno, per la loro ricostruzione degli eventi, una più ampia documentazione che giustifica questa periodizzazione convenzionale.
La
lunghissima fase della storia dell'uomo prima dell'invenzione della scrittura
inizia 100 mila anni fa quando nella regione dell'attuale Sud-Africa emerse un
tipo umano detto Homo Sapiens Sapiens
che fisicamente risulta in tutto identico all'uomo attuale.
Tuttavia
due milioni di anni fa, nella regione intorno al Lago Vittoria, un ominide
utilizzò per la prima volta degli utensili e con questi creò altri utensili,
dando inizio alla storia della tecnica e alla storia del pensiero anche se
proprio nella tecnica, il pensiero umano ha avuto la sua preistorica
applicazione prima di divenire in seguito anche religione[3],
arte[4],
filosofia[5]
e scienza[6].
Perciò
si prova un sentimento religioso per quel primo utensile che non ha paragoni in
tutta la storia dell'universo giustifica l’inizio della preistoria umana
appunto circa 2 milioni di anni fa con il primo utensile anche se i gruppi di
ominidi che utilizzarono utensili non erano fisicamente come gli umani attuali
cioè homo sapiens sapiens.
Queste
considerazioni hanno allungato di molto il periodo di cui la preistoria si
occupa.
Il
termine Preistoria indica pure la
disciplina, la paleontologia[7]
che studia la presenza e l'attività dell'uomo nella preistoria.
L’età
della pietra è suddivisa in due fasi principali:
·
la
fase paleolitica o della pietra antica che comprende tutto il periodo dalla
comparsa dell’uomo fino all’invenzione dell’agricoltura.
·
la
fase neolitica o della pietra nuova che coincide con la nascita e
l’affermazione dell’agricoltura e dei primi villaggi stabili.
Il paleolitico – È un
periodo di continui cambiamenti climatici in cui si alternano quattro
glaciazioni, epoche caratterizzate da clima polare, ed interglaciazioni.
Durante le glaciazioni l’Europa era completamente ghiacciata escluse le coste
del Mediterraneo, mentre durante i periodi interglaciali il clima era temperato
e piovoso.
Durante
il paleolitico si verificò l’ominazione ossia la comparsa dell’uomo sulla terra.
Secondo
la teoria evolutiva l’uomo si è evoluto dai primati.
Durante
il Paleolitico inferiore compare l’Australopiteco
fra i 3 ed i 4 milioni di anni fa.
L’Homo abilis, primo membro della famiglia
umana, compare successivamente: diversamente dai precedenti ominidi era capace
di usare utensili ed aveva una più grande struttura cerebrale. L’Homo abilis comincia ad usare strumenti
di pietra ed utilizza grandi animali come fonte di cibo, e durante il quale la
dimensione del cervello aveva cominciato a ingrandirsi in modo significativo.
Circa
1.600.000 di anni fa l’Homo erectus
compare in Africa nella zona della Rift
Valley: dall’Africa Orientale, si diffonde rapidamente in Europa e in Asia
quindi è il primo ominide a diffusione intercontinentale. L’Homo erectus è un
cacciatore e raccoglitore, egli impara ad utilizzare ed a produrre il fuoco, a
fabbricare strumenti di pietra, a costruire capanne con le fronde degli
alberi, a costruire muri di pietra. La scoperta del fuoco è un la
conquista fondamentale. Tutto questo, insieme con la capacità di
costruire efficienti ripari, permette all’uomo di abbandonare i climi tropicali
di cui è originario e di spostarsi verso i climi più rigidi. L’Homo erectus era
più alto dell’Homo abilis, aveva un cervello più sviluppato e viveva
regolarmente in luoghi in cui restava per un tempo più prolungato. L’Homo
erectus era in grado di dare la caccia a grossi animali, spesso utilizzava la
pelliccia per ripararsi dal freddo. Macellava le prede ed era in grado di
costruire muri in pietra come riparo. L’Homo erectus scompare circa 250.000
anni fa.
Nel
Paleolítico Medio compaiono l’Homo di
Neanderthal e l’Homo sapiens, che
hanno perso tutti i caratteri primitivi: i loro strumenti rivelano una tecnica
notevole. Le mani possiedono le nostre stesse abilità: abile nella caccia, è
capace di pensiero astratto e di idee creative. Conosce e produce il fuoco; costruisce
oggetti complessi.
La
sua economia era fondamentalmente predatoria: caccia, pesca, raccolta. Gli
ominidi nomadi e la popolazione era molto ridotta. Alcune tribù praticavano
l’infanticidio, non potendo nutrire i piccoli per cui le tribù erano poco numerose.
Non possedevano il concetto di conservazione delle provviste, né quelli di
proprietà privata e di divisione sociale del lavoro.
Nel
Paleolítico Superiore comparve l’Homo
Sapiens Sapiens o Uomo di Cro-magnon,
capace di pensiero astratto e di idee creative, si serve di un linguaggio
codificato, abita in case costruite e in grotte, pratica riti funebri, crea una
cultura, pratica cacce organizzate. La popolazione aumenta.
L’uomo
di Cromagnon credeva che quando la natura offriva l’abitazione, era bene sfruttarla.
Sull’entrata della grotta spesso essi stendevano alcune pelli sorrette da
un’armatura di rami per chiudere l’imboccatura e consentire all’ambiente di
riscaldarsi. Al centro della grotta un fuoco serviva per riscaldare e per
cuocere le carni.
Per
ventimila anni, dal 30.000 al 10.000 a.C., essa produsse anche un’enorme
quantità di opere d’arte: statuette d’argilla e di pietra e pitture e graffiti
rinvenuti sulle pareti delle caverne scoperte in Francia, in Spagna e in
Italia: intere pareti sono state dipinte con figure di animali, cervi, cavalli,
bisonti, mammut e di uomini.
Queste
figure facevano parte probabilmente di una sorta di rito magico per assicurarsi
il successo della caccia, si credeva forse che colpire l’animale rappresentato
durante il rito avrebbe favorito la sua cattura. Esse sono le più antiche
espressioni artistiche dell’uomo: esse non scaturivano da ciò che noi oggi
chiamiamo senso estetico[8].
Gli artisti preistorici non dipingevano per arredare le caverne: colori e forme
rispondevano certamente a un’esigenza fortemente condivisa da tutta la comunità
ed probabilmente essa cercava di placare le ansie create dalla difficoltà di
trovare cibo. Le opere di Cro-Magnon insomma, avevano certamente un significato
magico-religioso.
Il
conquista del fuoco e la capacità di costruire permise agli uomini di
difendersi dal freddo e dalle animali feroci e ancora di migliorare
l’alimentazione: i membri della tribù collaboravano nella caccia, avevano un
capo, lo sciamano[9],
che dirigeva la caccia e teneva funzioni religiose per rendere la caccia più
efficace e per permettere di nutrire più facilmente i piccoli.
In
questo periodo aumenta la quantità e la qualità di strumenti di selce
specializzati, ed aumentano anche gli strumenti che servono unicamente a
fabbricarne altri e che dimostrano quindi nei loro costruttori un’elevata
capacità di progettazione. Tra tutti emerge il bulino, un attrezzo appuntito di pietra, ideato per incidere ossa,
corna di cervo, avorio e legno in modo da ricavarne altri attrezzi di uso
quotidiano. Quando la selce divenne
un materiale di largo consumo non ci si accontentò più di quella che si trovava
sulla superficie della terra, ma si scavarono delle vere e proprie miniere con
pozzi e gallerie.
L’arco, usato come arma per la caccia ai
cervi e sfruttato nella sua applicazione pacifica: il trapano. Col bulino furono costruiti pugnali, aghi di osso dotati
di cruna, fibbie e persino bottoni: questi popoli portavano indumenti di pelle
cuciti, con maniche e pantaloni, che accrescevano notevolmente l’efficienza dei
cacciatori durante i rigidi inverni della quarta glaciazione. Tra i progressi
tecnici va segnalata anche l’invenzione della tecnica dell’incastro. Ormai le
lance sono munite regolarmente di punte uncinate d’osso, di corno di cervo o di
selce e alcune affilatissime lame di selce sono fissate in manichi di osso o di
legno. Prima di allora tutto veniva direttamente impugnato dalla mano:
l’incastro è il primo passo verso l’uso di un dispositivo meccanico.
Proseguendo
su questa via, gli uomini paleolitici inventarono l’arco.
Dal
punto di vista economico, tuttavia, i popoli dell’ultima fase del Paleolitico
non avevano fatto nessun progresso rispetto ai loro predecessori. Vivevano
ancora esclusivamente di caccia e di raccolta e la loro fiorente cultura non
rispecchiava altro che un certo grado di ozio, reso possibile da una selvaggina
particolarmente abbondante rispetto ai livelli degli stadi precedenti.
Il Neolitico – Per migliaia di secoli gli
uomini vissero di caccia e di piante selvatiche; poi inventarono un nuovo
sistema per procurarsi il cibo: la coltivazione delle piante e l’allevamento degli
animali. L’invenzione di queste pratiche produsse un fondamentale cambiamento
non solo nella vita economica, ma anche nella mentalità e nella cultura degli
uomini, segnando il passaggio ad un atteggiamento attivo nella ricerca del
cibo: l’uomo non si limitò più a cercare le piante o gli animali che si
trovavano in natura, ma cominciò a produrre i suoi alimenti, a crearli con le
sue mani, acquistando la capacità di trasformare le risorse naturali per la
propria utilità. Fu una vera e propria rivoluzione, che diede origine a
cambiamenti radicali nel modo di vivere e rappresentò una svolta decisiva
nell’evoluzione della società umana.
Le
tracce più antiche di lavori agricoli sono quelle del Vicino Oriente, tra
l’Asia Minore sud-orientale e l’attuale Iraq. In questa zona sono stati
dissepolti utensili agricoli in pietra che sembrano risalire a circa 10.000
anni fa: con essi sono stati trovati chicchi fossili di orzo e di frumento
coltivati, testimonianza che in quelle terre, a quel tempo, l’uomo coltivava le
piante e lavorava la terra. L’agricoltura ebbe dunque le sue prime origini
negli altipiani del Vicino e Medio Oriente (Mesopotamia settentrionale, Anatolia[10]
sud-orientale, Palestina), la cosiddetta mezzaluna
fertile. Le prime piante coltivate furono l’orzo, il miglio, il frumento.
La
Mezzaluna Fertile è una regione del
Medio Oriente che include l'Antico Egitto, il Levante e la Mesopotamia. Questa
regione è spesso indicata come la culla
della civiltà per la sua straordinaria importanza nella storia umana dal Neolitico all'Età del Bronzo ed all’Età del Ferro.
Nelle
fertili valli dei quattro grandi fiumi della regione, il Nilo, il Giordano, il Tigri e l’Eufrate, si svilupparono le prime civiltà agricole ed i primi
grandi Stati dell'Antichità.
L'importanza
della Mezzaluna Fertile è tuttavia associata soprattutto al Neolitico e alla
nascita dell'agricoltura.
La
zona occidentale intorno al Giordano e all'alto Eufrate diede le origini ai più
antichi insediamenti neolitici noti, intorno al IX millennio; a questo periodo
risale per esempio il sito di Gerico.
Intorno
al Giordano, al Tigri e all'Eufrate si svilupparono le prime società complesse
dell'Età del Bronzo, che divennero poi le prime nazioni e ad esse si
riconducono anche i primi esempi di sistemi di scrittura.
Diversi
cause resero questa regione il teatro ideale della rivoluzione neolitica. Il clima della Mezzaluna Fertile favoriva la
crescita di diverse specie di cereali e legumi selvatici. Si trovavano nella
regione le varianti selvatiche delle otto coltivazioni fondamentali del
Neolitico.
Inoltre
erano presenti quattro delle cinque più importanti specie animali da
allevamento: le mucche, le capre, le pecore e i maiali; la quinta specie, il
cavallo, non si trovava nella Mezzaluna, ma era diffuso in regioni limitrofe.
L’arte
di coltivare le piante nacque probabilmente da osservazioni casuali e tali
casuali circostanze poterono verificarsi un po’ ovunque tra i popoli
raccoglitori. Tuttavia, la cronologia di apparizione dell’agricoltura fa
pensare piuttosto a una sua espansione progressiva: dal Medio Oriente all’Asia,
di qui all’America, forse seguendo gli spostamenti dei popoli agricoltori. Ciò
appare evidente soprattutto in Europa, dove l’agricoltura si diffuse a iniziare
circa da 8000 anni fa.
Sulle
cause per cui l’uomo inventò l’agricoltura esistono due ipotesi:
·
alcuni
studiosi la collegano alle mutate condizioni ambientali con cui gli uomini
dovettero confrontarsi dopo la fine delle grandi glaciazioni infatti il clima
diventò più caldo e più secco pertanto diminuì la selvaggina, fino ad allora,
assieme ai frutti selvatici, base dell’alimentazione umana e così la scoperta
che si potevano far crescere le piante, seminandole, aprì agli uomini un nuovo
modo per vincere la fame.
·
Altri
studiosi la collegano con la crescita demografica, che a un certo punto rese
impossibile la sopravvivenza con la sola economia di caccia e raccolta; essa
pertanto stimolò l’inventiva dei gruppi umani e provocò la nascita delle
pratiche di coltivazione.
In
tutte e due le ipotesi, promotore del cambiamento fu sempre il bisogno, che spinse gli uomini a cercare
nuovi modi per procurarsi il cibo. La crescita progressiva delle risorse
alimentari, messe a disposizione dalla pratica dell’agricoltura, consentì agli
uomini di moltiplicarsi.
Scattò
così un meccanismo sconosciuto nelle società primitive: l’abbondanza di cibo
faceva crescere il numero degli uomini e questi tendevano ad allargarsi su
nuovi territori alla ricerca di altre terre da coltivare.
A
differenza di quanto era accaduto prima, i gruppi umani dediti all’agricoltura
mostrarono una naturale tendenza all’espansione: anche questo motivo rende
probabile l’ipotesi che l’agricoltura sia stata portata nelle varie regioni del
mondo dai gruppi umani che progressivamente le occupavano.
Quasi
certamente l’agricoltura fu un’invenzione della donna: erano infatti le donne
ad occuparsi della raccolta delle piante, mentre gli uomini andavano a caccia.
La
pratica dell’agricoltura richiese la costruzione di nuovi attrezzi, adatti alla
nuova attività: nacque così la zappa, poi, molti secoli dopo, l’aratro di
legno, al quale si aggiunse il giogo quando si scoprì che gli animali potevano
essere impiegati nel lavoro dei campi.
Contemporaneamente
alle tecniche agricole, l’uomo incominciò a scoprire i modi per addomesticare e
allevare gli animali: galline, maiali, pecore, cammelli, cavalli, renne, asini,
elefanti, bovini, cani.
Spesso
agricoltura ed allevamento si integrarono: gli agricoltori erano anche
allevatori e utilizzavano gli animali non soltanto come cibo, ma anche come
aiuto nel lavoro dei campi e nei trasporti. Altre volte si formarono gruppi di
uomini dediti esclusivamente alla pastorizia che conservavano abitudini nomadi
ormai abbandonate dagli agricoltori.
In
questi casi poteva accadere che i pastori entrassero in conflitto con gli
agricoltori, in quanto i primi avevano bisogno di spazi aperti e di spostamenti
frequenti, i secondi invece avevano necessità di recintare la terra, per
proteggerla dal passaggio degli animali.
Per
migliaia di anni il materiale più usato fu la pietra dura. Poi si scoprirono i
metalli che a poco a poco si rivelarono di grande utilità e diventarono di
larghissimo impiego: armi, attrezzi ecc.
L’età dei
metalli – La
scoperta dei metalli è stato un ulteriore passo decisivo nell’evoluzione delle
culture umane.
L’età
dei metalli ebbe inizio in tempi diversi a seconda delle regioni e si suddivide
in:
·
età del rame o
eneolitica
·
età del bronzo
·
età del ferro che per le sue
caratteristiche di durezza e resistenza si diffuse come il metallo di più largo
impiego.
T 1 Dagli uomini primitivi alla civiltà
Dal
De
rerum
natura
V, vv. 925-1160
La storia
dell’umanità inizia con la descrizione della vita degli uomini primitivi, da
come si nutrono a come si difendono dalle belve feroci. Seguono poi le
descrizioni delle varie tappe della civiltà umana nel suo costituirsi: dalla
scoperta del fuoco all’ordinamento sociale, dalla nascita delle istituzioni al
loro degenerarsi in tirannia.
Allora
il genere umano nei campi era molto più duro[11],
com’è naturale: creato dalla dura terra, poggiato all’interno su ossa più
grandi e più solide[12],
connesso attraverso le carni da validi nervi, non era facile preda del caldo e
neanche del freddo, né di cibi inconsueti[13],
né di nessuna insidia del corpo.
Per
molti percorsi del sole nel cielo[14]
conducevano vagabondando una vita da fiere. Non c’era nessuno a tenere con
forza l’aratro ricurvo, nessuno[15]
sapeva trattare col ferro i campi, o piantare per terra nuovi virgulti, o
tagliare col falcetto dagli alberi i vecchi rami[16].
Quello che il sole e le piogge donavano, quello che la terra produceva
spontaneamente[17]
bastava a saziare gli animi. Per lo più si rifocillavano tra le querce ricche
di ghiande[18];
i frutti che ancor oggi tu vedi maturare d’inverno, prendendo il colore di
porpora, la terra li produceva più grossi e in gran numero[19].
Molti altri grezzi alimenti li offriva allora la florida giovinezza del mondo,
sufficienti ai poveri uomini[20].
Fiumi e fonti invitavano a placare la sete, come adesso i torrenti che scendono
dagli alti monti richiamano per largo tratto famiglie di fiere assetate. Nel
loro vagabondare occupavano le note sedi silvestri delle Ninfe[21],
da dove sapevano che le acque scendevano a larghi fiotti a lavare le pietre
umide, le pietre umide stillanti sopra di verde muschio, e in parte sgorgavano
e tracimavano sulla pianura. Non sapevano ancora trattare gli oggetti col
fuoco, usare le pelli e indossare le spoglie delle fiere[22];
abitavano i boschi e le grotte dei monti e, costretti a evitare la sferza dei
venti e della pioggia, nascondevano le membra selvagge in mezzo ai cespugli.
Non erano ancora in grado di mirare al vantaggio comune, non sapevano servirsi
di legge o di costumanze[23].
Ciascuno prendeva per sé, spontaneamente, la preda che la fortuna gli offriva,
ammaestrato a pensare alla sua vita e alla sua salute.
Nei
boschi Venere univa i corpi di amanti[24]:
il reciproco desiderio li avvicinava o la violenta furia dell’uomo e la
passione sfrenata, o un compenso di ghiande o corbezzole e pere scelte[25].
Fidando
nella forza straordinaria di mani e di piedi, inseguivano le razze delle bestie
selvatiche col lancio di pietre e con l’uso di clave pesanti: molte ne
vincevano, altre poche sfuggivano nelle loro tane. Come cinghiali setolosi
stendevano nude per terra le membra selvagge, sorpresi dall’ora notturna,
avvolgendosi tutt’intorno di foglie e di fronde. Non cercavano con clamore il
giorno ed il sole, vagando atterriti per i campi nel buio notturno, ma in
silenzio, sepolti nel sonno, aspettavano che il sole con la sua fiaccola rosea
riportasse in cielo la luce[26].
Fin da bambini infatti erano sempre avvezzi a vedere prodursi in alternanza la
luce e le tenebre, e dunque non poteva accadere che se ne stupissero, o che
temessero che una notte eterna occupasse la terra, facendo sparire per sempre
la luce del sole.
Più
preoccupava piuttosto che spesso le belve rendevano rischioso il riposo a
quegli infelici.
Scacciati
da casa, fuggivano i loro rifugi di pietra all’arrivo di un cinghiale
schiumante o di un forte leone e, per paura, nel cuore della notte cedevano ai
crudeli ospiti il loro giaciglio ricoperto di fronde.
Non
più di adesso le generazioni mortali lasciavano tra i lamenti la dolce luce
dell’esistenza[27].
Più spesso di noi infatti, sorpresi e aggrediti coi denti, offrivano alle belve
cibo vivente e riempivano di gemiti i boschi, i monti, le selve, vedendo le
proprie viscere vive sepolte in un sepolcro vivo[28].
E quelli che col corpo mutilo si erano salvati con la fuga, poi, tenendo le
mani tremanti sulle orribili piaghe, invocavano la morte con voci spaventose,
fin quando li privavano della vita gli atroci spasimi – privi d’aiuto, e senza
sapere che cosa richiedevano le loro ferite. Ma un solo giorno non mandava a
morte migliaia di uomini raccolti sotto le insegne, né le distese torbide del
mare sbattevano contro gli scogli uomini e navi[29].
Spesso il mare, invano sconvolto, infuriava a vuoto, e poi volubilmente
deponeva le vuote minacce; la subdola lusinga delle acque tranquille non poteva
trarre in inganno col sorriso delle onde. L’arte funesta della navigazione
giaceva all’oscuro. La penuria di cibo portava alla morte le membra languenti,
mentre adesso è l’abbondanza a sommergerle. Spesso per ignoranza
somministravano a se stessi il veleno, mentre adesso con più attenzione lo
somministrano ad altri.
Quando
si furono procacciati capanne, pelli e fuoco e le donne si unirono a un solo
uomo […] e riconobbero la prole che vedevano generata da sé, allora il genere
umano cominciò ad ammorbidirsi[30].
Il fuoco infatti fece sì che le membra sensibili non riuscissero più a
sopportare il freddo sotto la volta del cielo; inoltre Venere diminuì le forze,
e i bambini spezzarono con le carezze facilmente l’indole severa dei genitori.
Allora
i vicini cominciarono a stringere volentieri amicizia tra sé, per non offendere
né essere offesi, e misero sotto protezione i bambini e le donne, indicando
confusamente coi gesti e con la voce che tutti dovevano avere pietà dei più
deboli.
La
concordia non poteva prodursi sempre comunque, ma la migliore e maggior parte
osservava lealmente i patti; altrimenti già allora il genere umano sarebbe
stato distrutto e non avrebbe protratto fino ad oggi la sua discendenza.
La
natura costrinse ad emettere i vari suoni della lingua, e il bisogno diede il
nome alle cose, in modo non molto diverso da come l’incapacità di parlare
stimola essa stessa al gesto i bambini, e fa sì che mostrino a dito le cose
presenti[31].
Ognuno infatti sente come può usare le sue facoltà. Il vitello, anche prima che
gli spuntino in fronte le corna, quando è irritato si avventa con esse
minaccioso all’attacco. I cuccioli delle pantere e dei leoni si rivoltano a
unghiate, zampate e morsi, quando appena si sono formati i denti e gli artigli.
Vediamo che tutte le specie degli alati fidano nelle ali, e ad esse chiedono un
trepido aiuto.
Pensare
che dunque qualcuno abbia assegnato in antico i nomi alle cose e che da lui gli
uomini abbiano appreso i vocaboli originari è una sciocchezza[32];
perché mai costui avrebbe potuto denominare tutte le cose ed emettere i vari
suoni, e dobbiamo pensare che gli altri nello stesso momento non potessero
farlo? E se anche altri non avessero usato tra loro il linguaggio, come
quell’uno avrebbe avuto notizia del bisogno, e come avrebbe avuto il potere di
sapere e intuire ciò che voleva fare? Da solo non poteva certo costringere
molti a voler imparare, domati, i nomi delle cose. Non è facile insegnare con
la ragione e convincere i sordi[33] a
fare ciò che bisogna; non avrebbero tollerato, né sopportato un momento di più
per nessuna ragione, che suoni non prima uditi colpissero inutilmente le loro
orecchie. In fin dei conti, che c’è di tanto straordinario se il genere umano,
dotato di lingua e di voce, indicò con nomi diversi le cose a seconda di
sensazioni diverse? Anche le greggi mute, anche le razze delle fiere sono
solite emettere voci dissimili e varie, quando hanno paura o dolore, oppure
brilla la gioia[34].
Questo lo si capisce da fatti chiari. Quando i musi ampi e molli dei molossi
sono irritati, dapprima fremono scoprendo i denti e, contraendosi per la
rabbia, minacciano con suoni molto diversi da quando latrano e riempiono tutto
lo spazio di voci. Ma quando lambiscono affettuosamente i loro piccoli, li
toccano con le zampe o li assaltano a morsi, o con i denti sospesi fingono di
farne bocconi[35],
allora li vezzeggiano con tutt’altri uggiolii da quando abbaiano, lasciati soli
in casa, o da quando, ritraendo il corpo, implorano di sfuggire alle percosse.
E non ti pare che altrettanto diversi siano i nitriti quando un cavallo nel
fiore della giovinezza impazza tra le cavalle, spinto dagli sproni dell’amore
alato, da quando smania per la battaglia, ansimando dalle narici dilatate, o da
altri casi in cui pure nitrisce con membra frementi?
Infine,
le razze degli alati, i vari uccelli, gli sparvieri, le ossifraghe, gli smerghi
che cercano nelle acque del mare il cibo e la vita, emettono in circostanze
diverse suoni diversi da quando lottano per la vita e affrontano la loro preda.
Una parte di loro varia le loro strida rauche col variare del tempo, come le
cornacchie longeve[36] e
gli stormi dei corvi, quando si dice che chiamano pioggia, e talvolta
preannunziano il soffiare dei venti. Se dunque varie sensazioni spingono gli
animali, per quanto muti, ad emettere suoni diversi, quanto più si deve pensare
che gli uomini abbiano potuto designare cose diverse con parole diverse! E
perché tu, anche senza parlare, non te lo chieda ti dirò che fu il fulmine a portare
per primo in terra il fuoco, e da lì si diffuse il calore delle fiamme[37].
Vediamo infatti che molti corpi invasi dalle fiamme celesti risplendono, quando
l’arma del cielo li ha avvolti del suo vapore. Quando un albero ramoso, scosso
dai venti, vibra finendo sopra ai rami di un altro albero, sprizza il fuoco
provocato dall’attrito violento, e scaturisce talvolta la vivida fiamma, mentre
i rami e i tronchi si sfregano l’uno con l’altro. Entrambe queste cause possono
aver dato il fuoco agli uomini. Poi il sole insegnò a cuocere il cibo,
ammorbidendolo con il vapore della fiamma, perché vedevano nelle campagne tante
cose maturare ai raggi e al calore del sole[38].
Ogni giorno di più chi aveva più ingegno e forza d’animo, mostrava come
cambiare il tenore di vita grazie al fuoco e alle nuove scoperte[39].
I
re cominciarono a fondare città e a stabilire fortezze per loro difesa e loro
rifugio, e divisero campi e bestiame, assegnandoli a seconda della bellezza,
della forza e dell’ingegno di ciascuno: molto infatti valevano la bellezza e la
forza[40].
Più tardi si scoprì la ricchezza e l’oro che tolse facilmente l’onore a forza e
bellezza, giacché quelli che sono pur nati forti e di bell’aspetto seguono
comunque la fazione di chi è più ricco[41].
Se invece si considerasse la vita secondo la vera ragione, la vera ricchezza
per l’uomo è vivere sobriamente e serenamente: del poco non c’è mai penuria. Ma
gli uomini si vollero famosi e potenti, perché la loro fortuna durasse su
fondamenti stabili, e loro potessero trascorrere una vita tranquilla da ricchi;
invano perché, lottando per giungere ai sommi onori, si resero ostile il
cammino dell’esistenza e l’invidia come un fulmine li colpì e li scagliò
talvolta dalla cima con disonore fino al cupo Tartaro[42],
perché con l’invidia, come con il fulmine, bruciano le cime e tutte le cose che
sovrastano le altre, al punto che è molto meglio una tranquilla obbedienza che
voler dominare e tenere il potere. Lascia dunque che si sfiniscano inutilmente
e sudino sangue a lottare sullo stretto sentiero dell’ambizione[43];
costoro sanno per bocca d’altri e desiderano le cose più per fama che per i
loro sensi, e questo accade e accadrà come fu nel passato.
Uccisi
dunque i re[44],
giacevano abbattuti l’antica maestà dei troni e gli scettri superbi, e
l’insegna della fronte sovrana calpestata dal volgo piangeva, insanguinata, il
grande onore, giacché si calpesta con piacere quello che prima si è troppo
temuto. Così le cose precipitavano al peggio, al disordine, mentre ognuno
cercava per sé il dominio e il potere. In seguito alcuni insegnarono a creare
magistrature e stabilirono il diritto, perché accettassero di adottare le
leggi.
Infatti
il genere umano, sfinito da una vita violenta, moriva di odi, e perciò tanto
più volentieri si sottomise alla legge e ad un rigoroso diritto. Poiché ognuno
mirava a vendicarsi più ferocemente di quanto sia adesso concesso da leggi
giuste, gli uomini si stancarono di vivere una vita violenta[45].
Da allora il timore delle pene macchia le gioie dell’esistenza[46].
La violenza e l’offesa irretiscono tutti, e spesso ritornano là dove sono
partite: non è facile che possa vivere una vita tranquilla e serena che viola
con le sue azioni i patti comuni di pace. Se anche inganna gli dei e gli
uomini, non deve fidare di rimanere nascosto per sempre; al contrario si dice
che molti, parlando nel sonno o delirando per la malattia, si tradirono, e
confessarono colpe a lungo nascoste.
[1] Protostoria – La protostoria è il
periodo in cui si passa dalle piccole comunità neolitiche allo Stato. Questo
processo avvenne in tempi e luoghi diversi, dal quarto millennio avanti Cristo
per il vicino oriente, alla conquista romana per l’Europa settentrionale.
[2] Scrittura - La scrittura è la
rappresentazione grafica di oggetti e idee con l’uso di lettere o altri segni.
I segni delle lettere sono annotazioni di suoni o gruppi di suoni e sono
raggruppati in alfabeti.
Dopo
la tradizione orale, con cui l'uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l'oralità fu fonte di
trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso e facile
da usare, la scrittura è invece il primo modo di comunicazione tra i popoli ed
il primo mezzo usato per la conservazione e la trasmissione di dati.
[3] Religione - Una religione è un insieme
di credenze, riti, comportamenti, riconosciuto da un gruppo di persone.
Sulla
definizione del termine vi sono notevoli diversità tra le proposte dagli
studiosi di cui si possono delineate due definizioni generali:
·
in
senso stretto, la religione si riferisce al rapporto tra l'uomo e una o più divinità.
·
in
senso lato, la religione è intesa come via di salvezza naturale e/o
soprannaturale
La
religione comprende in ogni caso elementi che possono essere collocati su tre
livelli:
·
soggettivo: basato su credenze di natura
filosofica, etica o metafisica riguardanti il cosmo, l'uomo, la divinità;
·
oggettivo: basato su riti-culti privati o collettivi
che devono essere seguiti per garantire un adeguato legame tra l'uomo e la
divinità;
·
sociale: basato su obblighi e divieti
codificati e tramandati nel contesto sociale che regolano i rapporti tra gli
individui.
Alcune
religioni (ad es. Ebraismo Cristianesimo ed Islamismo) sono dette rivelate perché si ritengono depositarie
di una rivelazione e spesso adottano
dei testi sacri nei quali sono comprese tutte o parte delle rivelazioni
divine.
Un'altra
importante distinzione è quella tra religioni nazionali o etniche, diffuse
esclusivamente o prevalentemente all'interno di un determinato gruppo
etnico-sociale, e religioni universali, caratterizzate da una spinta
missionaria più o meno marcata.
[4] Arte - L'arte, nel suo significato più
ampio, comprende ogni attività umana che, poggiando su accorgimenti tecnici e
norme derivanti dallo studio e dall'esperienza, porta a forme creative di
espressione estetica.
L'arte
può essere considerata anche sotto l'aspetto di una professione di antica
tradizione svolta nell'osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo.
Analizzando
la storia del concetto di arte nel corso del tempo esso subisce una
trasformazione graduale ma radicale.
Nel
periodo ellenistico iniziarono le prime classificazioni e le arti furono divise
in comuni e liberali, a seconda che richiedevano uno sforzo fisico o uno sforzo
intellettuale.
[5] Filosofia - La definizione di filosofia
è un problema filosofico di per sé, ma ancor più problematica è la questione
dell’inizio filosofico. Se la
filosofia indaga sé stessa, dove possiamo collocare la sua indagine? Si tratta
dello studio del significato e della giustificazione della conoscenza del più
generale aspetto delle cose.
La
conoscenza
è la consapevolezza e la comprensione di fatti, verità o informazioni ottenuti
·
attraverso
l'esperienza o l'apprendimento (a posteriori),
·
attraverso
l'introspezione (a priori).
La
conoscenza è l'autocoscienza del possesso di informazioni connesse tra loro,
che singolarmente hanno valore e utilità inferiori.
L'aspetto
sostanziale della conoscenza è che mentre l'informazione può esistere
indipendentemente da chi la possa utilizzare, e quindi può in qualche modo
essere preservata su un qualche tipo di supporto, la conoscenza esiste solo in
quanto esiste una mente in grado di contenerla. In effetti, quando si afferma
di aver esplicitato una conoscenza, si sta in realtà preservando le
informazioni che la compongono e parte delle correlazioni fra loro, ma la conoscenza
vera e propria torna a esser tale solo a fronte di un utilizzatore che riassoci
tali informazioni alla propria esperienza personale. Fondamentalmente la
conoscenza esiste solo in quanto esiste un'intelligenza che possa utilizzarla.
Tornando
alla filosofia, essa è uno studio che è compiuto formulando linguisticamente i
problemi, offrendone la soluzione e giustificandola, ed usando procedure
rigorose per argomentarla. È inoltre lo studio dei principî primi e delle
ragioni ultime. Non avendo la filosofia un campo materiale d'indagine specifico
può essere considerata sia in chiave storica che sistematica, come madre delle scienze.
[6] Scienza - Per scienza si intende quel
complesso organico di conoscenze, ottenuto con un processo sistematico di
acquisizione delle stesse allo scopo di giungere ad una descrizione precisa
della realtà fattuale delle cose e di una verità condivisa.
Le
regole che governano tale processo di acquisizione di conoscenze sono
generalmente conosciute come metodo scientifico. In ambito moderno, gli
elementi chiave del metodo scientifico sono l'osservazione sperimentale di un
evento (naturale o sociale), la formulazione di un'ipotesi generale sotto cui
questo evento si verifica, e la possibilità di verifica dell'ipotesi mediante
osservazioni successive.
Settori scientifici si articolano
in:
·
scienze
matematiche, fisiche e naturali
·
scienze
sociali
·
tecnologia
e scienze applicate
·
geografia
·
linguistica
·
filologia
[7] Paleontologia – La paleontologia è la scienza che studia gli esseri viventi, vissuti
nel passato geologico e i loro ambienti di vita tramite il ritrovamento di
resti fossili, ossia di una qualsiasi
testimonianza di vita geologicamente passata, come resti di organismi o tracce
della loro esistenza.
[9] Lo sciamano – La figura dello sciamano
nasce nelle società primitive per risolvere problematiche di base per la
sopravvivenza di qualsiasi società, ovvero:
·
salute
·
riproduzione
·
sussistenza.
Secondo
queste società primitive erano gli spiriti ultraterreni a decidere le sorti e
quindi i problemi potevano essere risolti solo da un proprio simile che avesse
la capacità ed i mezzi per entrare in contatto con questi spiriti, per
affrontare quindi un viaggio
ultraterreno nel mondo degli spiriti, che potesse quindi trovare lì la
soluzione ai problemi. Lo sciamano è un ponte
tra il mondo terreno e quello ultraterreno.
Lo
sciamano, diversamente a quanto succede per il sacerdote o il re, non deriva da
un'istituzione, ma ha base empirica, possiede facoltà innate o trasmesse ed ha
un comportamento di carattere estatico, in trance è ponte fra le energie
spirituali e quelle terrene, un canale della volontà divina e delle forze della
natura che mette a disposizione dell'umanità attraverso l'amore e la
comprensione. Durante l'estasi si impadronisce di lui una forza: con questo
aiuto lo sciamano influisce sulla vita dei compagni.
Gli
Sciamani sono protettori della mitologia dei raccoglitori–cacciatori con un
ruolo fondamentale sull'evoluzione delle società di cui facevano parte. Le
regole fondamentali della pratica sciamanica sono il rispetto
dell'individualità e della libertà di ogni singolo individuo; divieto per lo
sciamano di nuocere a sé e agli altri, di mancare di rispetto alla Madre Terra e a qualsiasi espressione di
vita, nonché ricevere compensi in denaro.
[10] Anatolia - La penisola anatolica (nel
mondo antico l’Asia Minore, oggi la penisola turca), manca di grandi fiumi.
Nessun fiume è navigabile.
Alte
catene montuose circondano l'altopiano, quindi il clima è asciutto e
continentale con estati molto calde ed inverni freddi. Sulle coste la
vegetazione è di tipo mediterraneo; i monti sono molto boscosi.
[11] Allora… più duro: gli uomini primitivi erano molto più resistenti perché
le condizioni naturali della terra erano più difficili; essi vivevano nei
campi, in opposizione alla società civilizzata che vive al coperto.
[12] poggiato… più solide: era un’idea diffusa nell’antichità che gli uomini
primitivi avessero una corporatura più robusta dei moderni
[13] né di cibi inconsueti: i primitivi erano costretti a mangiare ciò che
trovavano.
[14] Per molti… nel cielo: essi erano anche più longevi.
[15] Non c’era nessuno… nessuno: Lucrezio accenna alla mancanza
dell’agricoltura e della metallurgia: l’insistenza sulle negazioni è modulo
tipico delle descrizioni dell’età dell’oro, caratterizzata dall’assenza di
tutte le istituzioni e le sovrastrutture dell’età presente.
[16] o tagliare… i vecchi rami: è l’operazione della potatura.
[17] spontaneamente: cioè senza il bisogno dell’agricoltura; la produzione
spontanea è un altro elemento tipico dell’età dell’oro, che sottolinea la
generosità della natura nei confronti dell’uomo.
[18] Per lo più… di ghiande: le ghiande sono espressione di frugalità che
ricompare in tutti gli scrittori che descrivono la vita dei primi uomini.
[19] i frutti… in gran numero: i corbezzoli, frutti commestibili tipici della
macchia mediterranea.
[20] sufficienti ai poveri uomini: l’aggettivo “poveri” si riferisce alla
dura condizione di vita degli uomini primitivi.
[21] Nel loro vagabondare… Ninfe: Lucrezio descrive ora le abitazioni degli
uomini primitivi.
[22] Non sapevano… delle fiere: torna la forma negativa utilizzata.
[23] Non erano… di costumanze: sempre in forma negativa, viene descritta la
mancanza della vita civile e delle leggi.
[24] Nei boschi… di amanti: l’ultimo aspetto della vita primitiva sono i
rapporti sessuali, di cui viene messa in evidenza la brutalità.
[25] o un compenso… pere scelte: allusione polemica alla degenerazione della
società contemporanea, in cui gli innamorati dilapidano i loro patrimoni per
soddisfare i desideri delle amanti.
[26] Non cercavano… la luce: Lucrezio critica la teoria, forse di matrice
stoica, secondo la quale gli uomini primitivi temevano che dopo il tramonto il
sole non risorgesse più; gli unici affanni erano dovuti a pericoli presenti e
reali come le fiere, che minacciavano il loro sonno.
[27] Non più di adesso… dell’esistenza: ora Lucrezio rivolge l’attenzione
alle cause di morte degli uomini primitivi.
[28] vedendo… in un sepolcro vivo: l’immagine è resa in latino anche
attraverso gli effetti fonici della paronomasia e dell’allitterazione.
[29] Ma… navi: anche qui Lucrezio sottolinea il contrasto tra l’età antica e
l’epoca contemporanea, in cui la morte è provocata dalle guerre e dai pericoli
della navigazione.
[30] 20. Quando… ammorbidirsi: prima di passare a descrivere nei particolari
le varie tappe della civiltà umana, Lucrezio ne offre un breve sommario: quando
gli uomini hanno imparato a fabbricarsi le vesti e ad usare il fuoco, il
matrimonio e le dimore stabili hanno ammansito i loro animi, allora comincia il
bisogno di istituire rapporti di amicizia; il senso esige che si postuli la
caduta di un verso.
[31] La natura… presenti: la sezione successiva è dedicata alla dimostrazione
del principio epicureo secondo il quale il linguaggio ha un’origine naturale e
istintiva, dal bisogno di dare un nome alle cose.
[32] Pensare… è una sciocchezza: la teoria che il linguaggio sia nato ad
opera di un uomo che ha dato nome alle cose si trova in Platone.
[33] convincere i sordi: espressione proverbiale.
[34] Anche le greggi
mute… la gioia: tramite gli esempi tratti dal mondo animale, Lucrezio conferma
la teoria naturalista dell’origine del linguaggio.
[35] o con i denti sospesi… bocconi: cioè fanno attenzione a non chiudere la
bocca per non fare del male ai piccoli.
[36] le cornacchie longeve: la longevità delle cornacchie è proverbiale.
[37] E perché tu… il calore delle fiamme: a fornire il fuoco ai mortali sono
stati i fulmini o gli incendi scatenati nei boschi in seguito allo sfregamento
dei rami degli alberi agitati dalla furia del vento.
[38] Poi il sole… al calore del sole: gli uomini si sono serviti del fuoco
per cuocere gli alimenti, lasciandosi ammaestrare dall’analoga azione del sole
sui frutti della terra.
[39] Ogni giorno… alle nuove scoperte: Lucrezio esamina ora il sorgere del
potere nella società umana: gli uomini più dotati, che più avevano contribuito
allo sviluppo, hanno acquistato progressivamente sempre maggiore autorità.
[40] a seconda… la forza: i reges si circondano di un’aristocrazia di
proprietari, a cui assegnano le proprietà in virtù delle doti personali di
bellezza e forza dell’ingegno.
[41] più tardi… di chi è più ricco: subentra poi una nuova casta di
privilegiati, fondata non su doti personali, ma sul censo: la bellezza e la
forza vengono sottoposte alla ricchezza.
[42] fino… Tartaro: la mitica regione sottoterra.
[43] sullo stretto sentiero dell’ambizione: il sentiero è stretto perché
affollato di ambiziosi le cui mire si escludono a vicenda.
[44] Uccisi dunque i
re…: alla cacciata dei re è seguito un periodo di anarchia, in cui ciascuno
cercava di imporre con la forza la propria volontà sugli altri (vv. 1136-
1160).
[45] Poiché… una vita violenta: l’insostenibilità di tale situazione è stata
la causa delle prime leggi e delle prime istituzioni civili, quando gli uomini
si sono stancati di perseguire privatamente le proprie vendette e di farsi
giustizia da soli.
[46] Da allora… le gioie dell’esistenza: il rispetto della giustizia fu
imposto per mezzo della prospettiva del castigo.
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