I
Pastori
di
Gabriele D'Annunzio
Settembre,
andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?
Autunno
di
Giovanni Pascoli
Al cader delle foglie alla massaia
non piange il vecchio cuor, come a noi grami,
chè d'arguti galletti ha piena l'aia;
e spessi, nella luce del mattino,
delle utili galline ode i richiami:
Al cader delle foglie alla massaia
non piange il vecchio cuor, come a noi grami,
chè d'arguti galletti ha piena l'aia;
e spessi, nella luce del mattino,
delle utili galline ode i richiami:
zeppo
il granaio, il vin canta nel tino,
cantano a sera intorno a lei stornelli,
le fiorenti ragazze, occhi pensosi,
mentre il grano turco sfogliano; i monelli
ruzzano nei cartocci strepitosi.
cantano a sera intorno a lei stornelli,
le fiorenti ragazze, occhi pensosi,
mentre il grano turco sfogliano; i monelli
ruzzano nei cartocci strepitosi.
Ottobrata
di
Gabriele D’Annunzio
Ridono
tutte in fila le linde casette
ne 'l dolce sole ottobrino,
quale colore di rosa,
qual bianca, come tante comari vestite
de 'l novo bucato a festa.
ne 'l dolce sole ottobrino,
quale colore di rosa,
qual bianca, come tante comari vestite
de 'l novo bucato a festa.
Su
le tegole brune riposano enormi
zucche gialle e verdastre,
sembianti a de' crani spelati,
e sbadiglian da qualche fessura
uno stupido riso a 'l meriggio.
zucche gialle e verdastre,
sembianti a de' crani spelati,
e sbadiglian da qualche fessura
uno stupido riso a 'l meriggio.
Seduto
su un uscio
un vecchietto sonnecchia
pipando, e un gatto nero gli dorme
tra i piedi.
un vecchietto sonnecchia
pipando, e un gatto nero gli dorme
tra i piedi.
Galline
van razzolando intorno;
si sente il rumor de la spola
e d'una culla a 'l ritmo
di lenta canzone; poi voci
fresche di bimbi, risa di donne;
si sente il rumor de la spola
e d'una culla a 'l ritmo
di lenta canzone; poi voci
fresche di bimbi, risa di donne;
poi
brevi silenzi,
Il
bel vecchietto russa,
inclinato su l'omero il capo
bianco, ne il sole. lo guardo
la placida scena e dipingo.
inclinato su l'omero il capo
bianco, ne il sole. lo guardo
la placida scena e dipingo.
Novembre
di
Giovanni
Pascoli
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Gèmmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate
fredda, dei morti.
Poesia
per il mese di dicembre
di Giovanni Papini
Anche se Cristo nascesse mille e
diecimila volte a Betlemme,
a nulla ti gioverà
se non nasce almeno una volta nel tuo cuore.
Anche se Cristo nascesse mille e
diecimila volte a Betlemme,
a nulla ti gioverà
se non nasce almeno una volta nel tuo cuore.
Ma
come potrà accadere
questa nascita interiore.
questa nascita interiore.
Eppure
questo miracolo nuovo
non è impossibile
purché sia desiderato e aspettato.
non è impossibile
purché sia desiderato e aspettato.
Il
giorno nel quale non sentirai
una punta di amarezza
e di gelosia dinanzi alla gioia
del nemico o dell'amico,
rallegrati perché è segno
che quella nascita è prossima.
una punta di amarezza
e di gelosia dinanzi alla gioia
del nemico o dell'amico,
rallegrati perché è segno
che quella nascita è prossima.
Il
giorno nel quale non sentirai
una segreta onda di piacere
dinanzi alla sventura e alla caduta altrui,
consolati perché la nascita è vicina.
una segreta onda di piacere
dinanzi alla sventura e alla caduta altrui,
consolati perché la nascita è vicina.
Il
giorno nel quale sentirai il bisogno
di portare un pò di letizia a chi è triste
e l'impulso di alleggerire il dolore o la miseria
anche di una sola creatura,
sii lieto perché l'arrivo di Dio è imminente.
di portare un pò di letizia a chi è triste
e l'impulso di alleggerire il dolore o la miseria
anche di una sola creatura,
sii lieto perché l'arrivo di Dio è imminente.
E
se un giorno sarai percosso
e perseguitato dalla sventura
e perderai salute e forza,
figli e amici
e dovrai sopportare l'ottusità,
la malignità e la gelidità
dei vicini e dei lontani,
ma nonostante tutto non ti abbandonerai
nè lamenti né a bestemmie
e accetterai con animo sereno il tuo destino,
esulta e trionfa perché il portento
che pareva impossibile è avvenuto
e il Salvatore è già nato nel tuo cuore.
e perseguitato dalla sventura
e perderai salute e forza,
figli e amici
e dovrai sopportare l'ottusità,
la malignità e la gelidità
dei vicini e dei lontani,
ma nonostante tutto non ti abbandonerai
nè lamenti né a bestemmie
e accetterai con animo sereno il tuo destino,
esulta e trionfa perché il portento
che pareva impossibile è avvenuto
e il Salvatore è già nato nel tuo cuore.
Non
sei più solo, non sarai più solo.
Il buio della notte fiammeggerà
come se mille stelle chiomate
giungessero da ogni punto del cielo
a festeggiare l'incontro
della tua breve giornata umana
con la divina eternità.
Il buio della notte fiammeggerà
come se mille stelle chiomate
giungessero da ogni punto del cielo
a festeggiare l'incontro
della tua breve giornata umana
con la divina eternità.
Gennaio
di
Giovanni
Pascoli
Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
passa
una madre; passa una preghiera!
Febbraio
di
Vincenzo
Cardarelli
Febbraio
è sbarazzino.
Non
ha i riposi del grande inverno,
ha
le punzecchiature,
i
dispetti
Dalla
bora di febbraio
requie
non aspettare.
Questo
mese è un ragazzo
fastidioso,
irritante
che
mette a soqquadro la casa,
rimuove
il sangue, annuncia il folle marzo
periglioso
e mutante.
Alla primula
di
Riccardo Bacchelli
Pochi versi sono
bastati al poeta per rivolgere un tenero saluto al grazioso fiorellino,
sbocciato quasi timidamente al tepore ancora debole ed incerto del sole di
febbraio. La primula, come dice il suo stesso nome, per prima ci offre, con la
sua grazia delicata, il dolce presentimento di prossimi tepori.
Nel
nome hai la modesta
tua grazia, e col tuo timido colore,
o primula , sei lesta
più di qual si sia fiore.
ad inseguir la neve spaventosa.
Tu credi a primavera dubitosa.
tua grazia, e col tuo timido colore,
o primula , sei lesta
più di qual si sia fiore.
ad inseguir la neve spaventosa.
Tu credi a primavera dubitosa.
Che dice la pioggerellina di marzo?
di
Angiolo Silvio Novaro
Il poeta ascolta
il leggero rumore della pioggia picchiettante sul tetto della sua casa e sulle
piante del giardino, piene di gemme. Il ticchettìo della pioggia sottile, che
cade in marzo, sembra parlare al cuore di chi l'ascolta. Ciò che dice è un
canto lieto ed esultante per l'arrivo della primavera. La pioggia che d'inverno
è noiosa ed insistente, in primavera sembra allegra e piacevole perchè è
sottile, fa bene alle piante, alla campagna e dura poco.
Che
dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell'orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d'oro?
Passata è l'uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia
domani uscirà Primavera
guernita di gemme e di gale,
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d'aie,
di nidi,
di gridi
di rondini, ed anche
di stelle di mandorlo, bianche...
Ciò dice la pioggerellina
di marzo che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell'orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d'oro.
Ciò canta, ciò dice;
e il cuor che l'ascolta è felice.
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell'orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d'oro?
Passata è l'uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia
domani uscirà Primavera
guernita di gemme e di gale,
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d'aie,
di nidi,
di gridi
di rondini, ed anche
di stelle di mandorlo, bianche...
Ciò dice la pioggerellina
di marzo che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell'orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d'oro.
Ciò canta, ciò dice;
e il cuor che l'ascolta è felice.
Primavera
Ed
ecco che un susino
bianco sbocciò sul verzicar del grano.
Come un sol fiore gli sbocciò vicino
un pesco, e un altro. I peschi del filare
parvero cirri d'umido mattino.
Uscìano le api. Ed or s'udiva un coro
basso, un brusìo degli alberi fioriti,
un gran sussurro, un favellar sonoro.
Dicean del verno, si facean gl'inviti
di primavera. Per le viti sole
era ancor presto, e ne piangean, le viti,
a grandi stille, in cui fioriva il sole.
bianco sbocciò sul verzicar del grano.
Come un sol fiore gli sbocciò vicino
un pesco, e un altro. I peschi del filare
parvero cirri d'umido mattino.
Uscìano le api. Ed or s'udiva un coro
basso, un brusìo degli alberi fioriti,
un gran sussurro, un favellar sonoro.
Dicean del verno, si facean gl'inviti
di primavera. Per le viti sole
era ancor presto, e ne piangean, le viti,
a grandi stille, in cui fioriva il sole.
Prato d'aprile
di Ada
Negri
C'era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull'erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell'aerea danza
ove l'ala era il fiore e il fiore l'ala.
C'era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull'erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell'aerea danza
ove l'ala era il fiore e il fiore l'ala.
Il
fiore sul tetto
di Ada Negri
di Ada Negri
Ieri
non c'era. Or vive, tra due vecchi
embrici. Se per poco io m'arrischiassi
sovra il muretto del terrazzo, cogliere
lo potrei. Non ardisco. E' troppo bello
così: troppo mi piace, erto sul gambo,
dalle muffe dei tegoli sgorgante
senza una fronda, ma col serto d'oro
di un reuccio di fiaba. E' un fior magato.
Il suo germe, quassù, lo portò il vento.
Il suo nome lo cantano le stelle.
Nulla sa delle selve e dei giardini
sparsi pel mondo; sta, fra tetti e cielo,
felice: al mondo unico fior si crede,
ed io l'amo per questo...
embrici. Se per poco io m'arrischiassi
sovra il muretto del terrazzo, cogliere
lo potrei. Non ardisco. E' troppo bello
così: troppo mi piace, erto sul gambo,
dalle muffe dei tegoli sgorgante
senza una fronda, ma col serto d'oro
di un reuccio di fiaba. E' un fior magato.
Il suo germe, quassù, lo portò il vento.
Il suo nome lo cantano le stelle.
Nulla sa delle selve e dei giardini
sparsi pel mondo; sta, fra tetti e cielo,
felice: al mondo unico fior si crede,
ed io l'amo per questo...
La luna, l'usignolo e le rose di Angiolo Silvio Novaro
Bella è
l'introduzione di questa poesia che, con poche indovinate espressioni, ti aiuta
a penetrare nell'armonia del tramonto.
L'aggettivo
bianca, attribuito alla luna; efficacemente presenta il nuovo chiarore che, col
suo apparire improvviso, turba e stupisce il povero usignolo.
La ripetizione
di alcune parole, riesce a dare una dolce cadenza di nenia a questi versi.
Mostrandoti muto l'uccellino dal canto armonioso, e vanitosamente loquaci le
rose, l'autore è giunto, pur attraverso l'irrealtà della favola, ad una
conclusione che contiene una profonda giustizia. La luna, infatti,
disdegna la superbia ed invia un raggio solo, che, con tocco delicato, bacia il
povero uccellino.
Nell'ora
che ogni vetta
diventa violetta
e dondola ogni cuna,
uscì la bianca luna.
La luna uscì sul mare.
e il mùsico usignolo,
che addormiva il suo duolo
sotto un dolce cantare,
ammutolì: stupore
gl'invase il picciol cuore.
Preso ebbe il cuore, e tacque
l'usignol, sì gli piacque
la bianca e schietta luna
nell'ora che ogni vetta
diventa violetta
e dondola ogni cuna.
L'usignolo tacque, assorto;
ma le rose dell'orto,
chine a specchiarsi al fonte.
alzarono la fronte
verso la bianca luna,
e momrorava ognuna:
Bacia me, bacia me,
che son la più bella;
bacia me, bacia me,
che sono tua sorella.
Appena udì le rose,
la luna si nascose
sdegnata e pallidetta
dietro una nuvoletta;
ma poi vi aperse un foro,
e con un raggio d'oro,
che parve una saetta,
baciava l'usignolo,
lui che tace a, lui solo.
diventa violetta
e dondola ogni cuna,
uscì la bianca luna.
La luna uscì sul mare.
e il mùsico usignolo,
che addormiva il suo duolo
sotto un dolce cantare,
ammutolì: stupore
gl'invase il picciol cuore.
Preso ebbe il cuore, e tacque
l'usignol, sì gli piacque
la bianca e schietta luna
nell'ora che ogni vetta
diventa violetta
e dondola ogni cuna.
L'usignolo tacque, assorto;
ma le rose dell'orto,
chine a specchiarsi al fonte.
alzarono la fronte
verso la bianca luna,
e momrorava ognuna:
Bacia me, bacia me,
che son la più bella;
bacia me, bacia me,
che sono tua sorella.
Appena udì le rose,
la luna si nascose
sdegnata e pallidetta
dietro una nuvoletta;
ma poi vi aperse un foro,
e con un raggio d'oro,
che parve una saetta,
baciava l'usignolo,
lui che tace a, lui solo.
Giugno
di Giosuè Carducci
E'
il mese dei prati erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d'oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d'oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.
Meriggio d’estate
di Umberto Saba
Silenzio!
Hanno chiuso le verdi
persiane delle case.
Non vogliono essere invase.
Troppe le fiamme
della tua gloria, o sole!
Bisbigliano appena
gli uccelli, poi tacciono, vinti
dal sonno. Sembrano estinti
gli uomini, tanto è ora pace
e silenzio… Quand’ecco da tutti
gli alberi un suono s’accorda,
un sibilo lungo che assorda,
che solo è così: le cicale.
persiane delle case.
Non vogliono essere invase.
Troppe le fiamme
della tua gloria, o sole!
Bisbigliano appena
gli uccelli, poi tacciono, vinti
dal sonno. Sembrano estinti
gli uomini, tanto è ora pace
e silenzio… Quand’ecco da tutti
gli alberi un suono s’accorda,
un sibilo lungo che assorda,
che solo è così: le cicale.
Di luglio
di Giuseppe Ungaretti
Quando
su ci si butta lei,
Si fa d’un triste colore di rosa
Il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
Macina scogli, splende,
È furia che s’ostina, è l’implacabile,
Sparge spazio, acceca mete,
È l’estate e nei secoli
Con i suoi occhi calcinanti
Va della terra spogliando lo scheletro.
Si fa d’un triste colore di rosa
Il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
Macina scogli, splende,
È furia che s’ostina, è l’implacabile,
Sparge spazio, acceca mete,
È l’estate e nei secoli
Con i suoi occhi calcinanti
Va della terra spogliando lo scheletro.
X Agosto
Giovanni Pascoli
San Lorenzo, io lo so
perché tantodi stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
Nessun commento:
Posta un commento